I MOSAICI DI ROMA

GLI ANTICHI MOSAICI DI ROMA RACCONTANO

STORIE ANTICHE E ILLUSTRANO COMPLESSI

CONCETTI TEOLOGICI.

ANDIAMO ALLA SCOPERTA DI QUESTE “PITTURE” CHE OFFRONO UNA INSOSPETTATA GAMMA DI COLORI E SFUMATURE.

 

INTRODUZIONE

       Un particolare tesoro artistico di Roma è rappresentato dai mosaici presenti nelle più antiche chiese cittadine. Gli autori di queste opere sono gli eredi della grande tradizione classica. In essi è evidente l’influsso dell’arte bizantina che ha lasciato la più grande prova di sè nei mosaici presenti nelle chiese di Ravenna.

     I mosaici venivano realizzati accostando tante piccole pietre colorate, pezzi di marmo e frammenti di vetro, lo sfondo dorato era creato inserendo una sottile lamina d’oro tra due pezzetti di vetro saldati insieme nella fusione.

     In questo itinerario prenderemo in considerazione i mosaici realizzati nel medioevo, non quelli del mondo romano classico (tanti bellissimi esempi sono a palazzo Massimo) e nemmeno quelli realizzati in tempi più vicini a noi (un esempio importante sono quelli realizzati al Foro Italico).

 

BASILICA DI SAN LORENZO FUORI LE MURA

     Una delle sette chiese visitate dai pellegrini. L’attuale basilica si è venuta formando dall’unione di due distinte chiese che si trovavano contigue, una di seguito all’altra, ma con opposto orientamento, e perciò con le absidi quasi a contatto. La più antica è quella più interna, dedicata a San Lorenzo, eretta nel 330 da Costantino sul posto di un sacello del martire (m. 258) e rifatta da papa Pelagio II nel 578-590 che la decorò. L’altra dedicata alla Vergine si deve a Sisto III (432-440), secondo altri invece risale a papa Adriano (772-95). L’abbattimento delle due absidi per ottenere una sola chiesa si fa risalire a papa Adriano I (sec. VIII), secondo altri a Onorio III (1216-27). Di questo tempo è l’aggiunta del portico ad opera dei Vassalletto (1220). Il campanile romanico risale ad un secolo prima. Restaurata da Pio IX, fu gravemente danneggiata dal bombardamento del 19 luglio 1943.

     Sotto il portico, a sinistra MONUMENTO DI ALCIDE DE GASPERI, morto nel 1954, con grande cassa e basamento ornato da motivi vegetali di Giacomo Manzù.

L’interno è a tre navate divise da 22 grosse colonne di granito con capitelli ionici. Il pavimento, i due amboni e il candelabro sono cosmateschi (sec. XII-XIII). Sotto l’altare maggiore CRIPTA DELLA CONFESSIONE che custodisce i resti dei martiri Lorenzo, Stefano e Giustino. Si sale al presbiterio che occupa la navata mediana dell’antica basilica costantiniana.  Sulla parete interna dell’ARCO TRIONFALE, che in origine guardava verso i fedeli Gesù e santi mosaico bizantineggiante del VI secolo. In fondo si scende alla CAPPELLA FUNERARIA DI PIO IX.

 

BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE

     La chiesa sorge sul punto più alto del colle Esquilino (Cispio). Fu costruita da papa Sisto III tra il 432 e il 440, quindi è la prima costruita da un papa e non da un imperatore, è così chiamata perché è la più grande chiesa di Roma dedicata a Maria.

     L’arco di trionfo e la navata centrale conservano ancora i mosaici del tempo di Sisto III. Questi rappresentano l’insolito tema dell’infanzia di Gesù e scene dell’Antico Testamento. Gli antenati di Cristo sono raffigurati nei riquadri sopra le colonne (a destra le storie di Mosè e Giosuè, a sinistra storie di Abramo, Isacco e Giacobbe), mentre la vita di Gesù è raffigurata sull’arco trionfale (al sommo dell’arco “Trono di Cristo”, a sinistra dall’alto: Annunciazine, Epifania, Strage degli Innocenti e Gerusalemme; a destra dall’alto: Presentazione al Tempio, Fuga in Egitto, I magi davanti a Erode, Betlemme). Guardando attentamente i riquadri si possono notare le infinite sfumature e i contrasti di colori dei cieli, della vegetazione, degli edifici, dei volti, delle vesti, delle armi e di tutti gli altri particolari che compongono le singole scene.

     Al tempo di Niccolò IV risale invece il mosaico dell’abside che fu realizzato da Jacopo Torriti tra il 1291 e il 1296. L’artista firma il mosaico nella calotta in basso a sinistra: IACOB(US) TORRITI PICTOR H(OC) OP(US) FECI(T). Al centro dell’abside Gesù e Maria sono seduti sullo stesso trono e Cristo nell’incoronare la madre, mostra ai fedeli il libro con le parole che spiegano l’intero mosaico “Vieni mia diletta e ti porrò sul trono”. A destra il cardinale Giacomo Colonna, a sinistra il papa Niccolò IV. Ancora una schiera di angeli e santi. Ai loro piedi putti – amorini che navigano, veleggiando, le acque del fiume Giordano.

     Notare i mosaici sulla facciata esterna della chiesa realizzati tra il XIII e il XIV secolo da Filippo Rasuti[1], questi illustrano nella parte superiore Cristo benedicente, angeli, simboli degli evangelisti, la Madonna e i santi Paolo, Jacopo, Girolamo, Battista, Pietro, Andrea e Mattia. Nella parte inferiore gli episodi della miracolosa nevicata estiva legata alla costruzione della chiesa, al papa Liberio e al patrizio Giovanni.

     Entrando nella chiesa dobbiamo soffermarci su alcuni capolavori. Nell’abside affreschi di profeti opera di Pietro Cavallini, Cimabue o Giotto giovane. Nella confessione reliquia della culla di Betlemme. Nella navata di destra si trova la cappella Sistina voluta da Sisto V opera di Fontana[2]. Nella navata di sinistra si trova la cappella Paolina o Borghese ordinata da Paolo V al Ponzio[3]. Questa è l’unica delle quattro basiliche ad avere la porta santa a sinistra e non a destra come tutte le altre.

    

CHIESA DI SANTA PUDENZIANA

     La chiesa si trova in via Urbana, nel rione Monti, non lontana da Santa Maria Maggiore. Si tratta di un edificio termale del II secolo trasformato in chiesa e ridecorato a partire dalla fine del IV secolo. Secondo la tradizione fu fondata da Pudenziana sorella di Prassede sulla casa del padre, il senatore Pudente che aveva ospitato San Pietro.

     Il mosaico dell’abside fu eseguito durante il pontificato di Innocenzo I (401-417), si tratta del più antico mosaico absidale a noi pervenuto in una chiesa cristiana ed è una testimonianza fondamentale per l’arte dei primi secoli poiché quelli della primitiva basilica di San Giovanni e di San Pietro sono andati perduti.

     In questo mosaico è rappresentato Cristo in trono tra gli apostoli e due figure femminili: le sante Pudenziana e Prassede che offrono corone, sullo sfondo la croce gemmata, la rappresentazione simbolica di Gerusalemme e, in cielo, i simboli degli evangelisti.

     Approfittiamo della visita alla chiesa per notare, nella navata sinistra, la cappella Caetani, iniziata da Francesco da Volterra[4] e terminata da Carlo Maderno[5], questo ambiente è ritenuto il primo luogo di culto della domus dei Pudente, nella volta, negli sguinci delle finestre e nella parete di controfacciata mosaici su disegno di Federico Zuccari. I monumenti funebri della cappella sono del Maderno.

     Per realizzare un metro quadrato di mosaico occorrevano circa diecimila tessere, tutte posate a mano con il pollice. E’ ipotizzabile che per realizzare un mosaico di grandi dimensioni ci fosse bisogno di un’intera schiera di artigiani specializzati.

 

CHIESA DI SANTA PRASSEDE

     La chiesa si trova nella via omonima, vicinissima a S. Maria Maggiore. Oltre ai mosaici dell’abside e dell’arco trionfale realizzati per volontà di Pasquale I nel IX secolo che segnano la rinascita della scuola musiva romana, sono da notare quelli della cappella di San Zenone, seconda cappella della navata destra.

     Ci troviamo di fronte alla più significativa testimonianza della cultura artistica bizantina presente a Roma. La cappella venne costruita come mausoleo di Teodora, madre di Pasquale I e venne chiamata “Giardino del Paradiso” per la ricchezza della decorazione. Questi mosaici per complessità, fantasia creativa, ricchezza di simboli, densità di colore e profusione di oro non hanno uguali nell’arte romana medioevale. Nel piccolo vano a destra dell’ingresso della cappella di san Zenone è conservata la colonna della Flagellazione, portata da Gerusalemme nel 1223 e ritenuta quella a cui sarebbe stato legato Gesù. Quasi al centro della navata mediana un disco di porfido copre il pozzo dove santa Prassede avrebbe raccolto le reliquie dei martiri.

 

CHIESA DI SANTA MARIA IN TRASTEVERE

     Si trova nella piazza omonima, cuore del rione Trastevere, ci troviamo di fronte a uno dei gioielli medioevali di Roma. Secondo la tradizione è la prima chiesa di Roma aperta ufficialmente al culto. Fondata nel IV secolo da papa Giulio I (337-352) fu anche la prima chiesa dedicata a Maria nella città. I mosaici dell’abside con l’incoronazione della Vergine furono realizzati nel 1143, le storie della Vergine – invece – sono di Pietro Cavallini[6] (1290). Questi mosaici documentano il graduale passaggio dall’elegante ma immobile linguaggio bizantino, a composizioni tridimensionali in cui figure e architetture acquistano sempre maggiore spessore. Non si può ancora parlare di prospettiva, ma è evidente una nuova concezione dello spazio. Siamo ormai prossimi alla rivoluzione di Giotto.

     Approfittiamo della visita alla chiesa per andarne a scoprire altri capolavori. Notiamo il ricchissimo soffitto ligneo a  lacunari del Domenichino[7] (1617). All’inizio della navata centrale, sulla destra ecco il tabernacolo marmoreo firmato Mino del Reame[8] con fine bassorilievo prospettico (sec. XV). Nel transetto destro si trova la cappella del Coro d’Inverno realizzata su progetto del Domenichino (1625), sull’altare Madonna di Strada Cupa, attribuita a Perin del Vaga[9], a sinistra Fuga in Egitto di Carlo Maratta[10]. A sinistra dell’abside, in continuità prospettica con la navata sinistra si trova la cappella Altemps eretta per il cardinale Marco Sitticio Altemps, nipote di Pio IV, da Martino Longhi il Vecchio[11] (1584-85); all’altare è la celebre Madonna della Clemenza”, preziosa tavola a encausto, opera romana del VI – VII secolo.

CHIESA DI SANTA CECILIA

     Un ingresso monumentale di Ferdinando Fuga (1725) dà accesso al vasto CORTILE – piantato a giardino - che precede la chiesa, al centro di questo bellissimo grande antico cantaro marmoreo. La chiesa, fondata prima del V secolo sul luogo di una casa romana, forse quella di San Valeriano, il marito di Santa Cecilia, patrizia romana, martirizzata sotto Marco Aurelio, fu rifatta da papa Pasquale I nel IX secolo, mentre nel XII gli furono aggiunti campanile e portico, fu restaurata nel Settecento e a più riprese nell’Ottocento (card. Acquaviva e Doria Pamphilj). La chiesa è celebre per la STATUA DI SANTA CECILIA, sotto l’altare maggiore, di Stefano Maderno[12] (1600) rappresentata come l’aveva vista in occasione dello scoprimento delle sue reliquie. Il marmoreo CIBORIO dalle linee ogivali è opera firmata di Arnolfo di Cambio (1283).

     Nel catino dell’abside il grande MOSAICO di Pasquale I: il Redentore su sfondo di nuvole rosse e turchine benedice alla greca, avendo alla sua destra san Paolo, sant’Agata e Pasquale I (col nimbo quadrato perché ancora vivente e col modello della chiesa), alla sua sinistra san Pietro, san Valeriano e santa Cecilia, intorno le palme, la rossa fenice (simbolo di eternità), sotto il mistico agnello col gregge simbolico tra le due città sante.

 

CHIESA DI SAN CLEMENTE

     Tra le chiese più importanti di Roma, eretta prima del 385 e dedicata al quarto papa. Si compone di due chiese sovrapposte, sorte – a loro volta – su costruzioni romane. La chiesa inferiore, ricordata da San Girolamo, sede di concili, fu distrutta da Roberto il Guiscardo nel 1084. Nel 1108 papa Pasquale II edificava, sulle sue rovine, la chiesa superiore  che fu rimaneggiata da Carlo Fontana nel 1715-19. La chiesa meriterebbe una lunga e accurata descrizione, noi siamo qui per la semicalotta dell’abside decorata dal grandioso mosaico con il TRIONFO DELLA CROCE, di stupenda e armoniosa composizione e ammirevole per i colori. Sull’arcone in alto il Redentore tra i simboli degli Evangelisti, a destra san Pietro e san Clemente, Geremia, la città di Gerusalemme; a sinistra san Paolo e san Lorenzo (con i piedi sulla graticola), Isaia e la città di Betlemme. Nel catino dell’abside la Mano del Padreterno protende la corona del trionfo sulla CROCIFISSO CON LE DODICI COLOMBE (gli Apostoli), ai lati Maria e san Giovanni, dai piedi della croce un motivo a girali si diparte da un cespo di foglie di acanto, sviluppandosi in tutto il fondo e comprendendo le figure dei dottori della Chiesa e altre minuscole figure, eroti, volatili di ogni genere, lampade, fiori e ceste di frutta, mentre le acque della Fede scendono a irrigare i pascoli dei fedeli. Nell’orlo inferiore del mosaico l’Agnus Dei con le dodici pecore che rappresentano gli Apostoli.

     Non possiamo non citare, seppure di sfuggita, all’inizio della navata sinistra, protetta da una cancellata, la cappella di santa Caterina, affrescata da Masolino da Panicale, prima del 1431. Nella chiesa inferiore l’affresco dell’XI-XII secolo con il miracolo di San Clemente, la leggenda di Sant’Alessio e la Leggenda di Sisinnio con una delle primi frasi scritte in “volgare”. Ad un livello ancora più basso: resti di un mitreo e si vede scorrere un torrente sotterraneo.

 

BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO

     La cattedrale di Roma e del mondo, fondata da papa Melchiade su terreno dei Plauzi Lateranensi donato da Costantino. Anche questa chiesa meriterebbe una lunga e accurata descrizione tanti sono i tesori d’arte che comprende.

     Il MOSAICO DELLA SEMICALOTTA E DELL’ABSIDE sono di Jacopo Torriti e Jacopo da Camerino (1288-94), fu qui trasportato dalla vecchia abside e restaurato: in alto tra le nubi è il Salvatore a mezzo busto circondato da angeli; in basso nel mezzo è la Croce gemmata con la Colomba, posata sulla collina che racchiude la celeste Gerusalemme e da cui scendono a dissetare il gregge (cervi e pecore) i quattro fiumi che rappresentano i Vangeli. A sinistra Maria con il donatore Nicolò IV in ginocchio e san Pietro e Paolo, a destra i due san Giovanni e sant’Andrea. Le due figure di San Francesco d’Assisi e sant’Antonio da Padova sono un’inserimento voluto da Nicolò IV che era francescano. Al di sotto il Giordano con le consuete figurazioni: cigni, pesci, battelli. Più in basso, tra le finestre Nove Apostoli e due figure più piccole, sono gli autori prima citati.

 

 

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. Guida d’Italia. Roma. Ed. Tci, 1993.

Claudio Rendina, Enciclopedia di Roma, ed. Newton, 2005.

AA.VV. Passeggiate romane, ed. Apt, 1990.

AA.VV. Stradaroma, ed. Lozzi, 2004.

 

SITOGRAFIA

www.romasegreta.it

www.comune.roma.it

www.itwikipedia.it

www.maps.google.it

 

Piero Tucci

tuccigf@tiscali.it

Roma 27.02.11

 



[1] Filippo Rasuti.

[2] Domenico Fontana. (Melide Canton Ticino 1543 – Napoli 1607). Architetto. Il suo nome resta legato a opere ingegneristiche e idrauliche tra cui l’erezione dell’obelisco in piazza san Pietro e l’acquedotto Felice. Sotto il pontificato di Sisto V progettò e realizzò il rinnovamento urbanistico di Roma attraverso la creazione di grandi arterie. Progettò il palazzo del Laterano, a Napoli l’acquedotto del Sarno e il palazzo Reale.

[3] Flaminio Ponzio. (Viggiù 1559/60 – Roma 1613). Architetto. La protezione della famiglia Borghese gli assicurò molti incarichi tra cui i lavori al palazzo Borghese e al casino della villa di famiglia, la cappella Paolina in Santa Maria Maggiore. Realizzò la mostra dell’Acqua Paola e la chiesa di San Sebastiano.

[4] Francesco Da Volterra.

[5] Carlo Maderno. (Capolago 1556 – Roma 1629) architetto. Chiamato a Roma dallo zio Domenico Fontana, la sua prima opera importante è la facciata della chiesa di Santa Susanna. Sotto il pontificato diPaolo V vinse il concorso per il completamento di San Pietro, dovette procedere a cambiare l’impianto della chiesa: da croce greca a latina. Progettò e realizzò la facciata di San Pietro.

[6] Pietro Cavallini. (notizie dal 1273 al 1308) Pietro de Cerroni, detto… Pittore. La conoscenza della sua opera è sostanzialmente legata a questi mosaici e all’affresco del “Giudizio” nella basilica di Santa Cecilia in Trastevere riscoperti alla fine dell’Ottocento. Lavorò a Napoli, per conto degli Angiò, nel Duomo e in Santa Maria Donnaregina. L’importanza di Cavallini è nel superamento della tradizione tardo bizantina, le figure ritrovano il loro spessore e si inseriscono liberamente e naturalmente nello spazio. Cavallini operò questa trasformazione parallelamente a Giotto.

[7] Domenichino. Domenico Zampieri detto… (Bologna 1581 – Napoli 1641). Pittore. Realizzo gli affreschi nella abbazzia di Grottaferrata (1608-10), la caccia di Diana alla galleria Borghese. La sua attività più prestigiosa fu quella di pittore di paesaggi, come nel Guado alla galleria Doria o La fuga in Egitto al Louvre.

[8] Mino del Reame. (seconda metà del XV secolo) scultore. Forse aiuto di Mino da Fiesole nella tomba di Pio II alle Grotte Vaticane, non lasciò alcuna opera certa, gli vengono attribuiti tra l’altro il Ciborio del Cardinale d’Estouteville in Santa Maria Maggiore e questo tabernacolo.

[9] Perin del Vaga. (Firenze 1501 – Roma 1547) Pietro Bonaccorsi detto… Pittore. A Firenze lavorò nella bottega del Ghirlandaio, a Roma entro in quella di Raffaello partecipando alle decorazioni delle Logge Vaticane, eseguì in proprio la decorazione di palazzo Baldassini. Entrato al servizio dei Doria eseguì la decorazione di palazzo Fassolo in Genova, fondamentale per lo sviluppo della pittura nei palazzi genovesi. Tornato a Roma nel 1538 eseguì importanti commissioni per la corte papale come la sala Paolina e altre in Castel Sant’Angelo, il cartone per la spalliera del Giudizio nella cappella Sistina. 

[10] Carlo Maratta. (Camerano, Ancona 1625 – Roma 1713). Pittore. La sua produzione è caratterizzata da un suggestivo accademismo, realizzò grandi tele a soggetto religioso come l’Immacolata Concezione a Siena in Sant’Agostino, oppure la Morte di San Francesco Saverio a Roma nella chiesa del Gesù e ancora, la Madonna in Gloria a Roma in Santa Maria del Popolo. Ha realizzato vasti affreschi celebrativi a Roma nel palazzo Altieri e a Frascati in Villa Falconieri. 

[11] Martino Longhi il Vecchio. (Viggiù ? – Roma 1591). E’ il capostipite di una famiglia di architetti che dominarono a Roma alla fine del secolo. Progettò le facciate di San Gerolamo degli Schiavoni, di Santa Maria della Consolazione, il palazzo Borghese (che è la sua opera migliore), Santa Maria in Vallicella. Eseguì rifacimenti e completamenti di molti edifici. Il figlio Onorio iniziò San Carlo al Corso che fu completato dal figlio Martino Longhi il giovane.

[12] Stefano Maderno (Capolago, Canton Ticino 1570 – Roma 1636) pittore, questo è il suo capolavoro.