SEGUIAMO IN BICI LA VIA TUSCOLANA

DALLA CITTA’ DEL CINEMA A PORTA SAN GIOVANNI,

ATTRAVERSO QUARTIERI INTESIVI,

TORRI MEDIOEVALI, ACQUEDOTTI ROMANI,

CHIESE DEL DOPOGUERRA E SCUOLE RAZIONALISTE

 

    La via Tuscolana non è una strada antica ma del Medioevo nata collegando tronchi preesistenti in origine tra loro esistenti. Il nome deriva da Tuscolo, luogo di arrivo della strada, e gli rimane anche dopo la distruzione della città avvenuta nel 1191. La via, che oggi termina a Frascati, ha assunto in epoca moderna tutte le funzioni della via Latina nel collegamento con i Colli Albani. Se anticamente usciva da porta Asinaria, con Gregorio XIII il suo inizio fu spostato a porta San Giovanni. La zona da essa attraversata conservò l'attuale morfologia fino ai primi del Novecento quando il PRG del 1909 inserì il primo tratto della via fino al vallo ferroviario tra le aree edificabili con un sistema di piazze radiali. Il piano regolatore del 1931 incrementò la densità abitativa e portò il limite edificabile agli stabilimenti di Cinecittà che sorgeranno prima dell'ultima guerra. Negli anni Cinquanta e Sessanta il percorso della via Tuscolana fino agli stabilimenti cinematografici di Cinecittà assunse l'aspetto attuale.

     Il percorso che si propone in questo itinerario è lo stesso che effettua in sotterranea la metro A nel tratto tra San Giovanni e Cinecittà (apertura della linea il 13 febbraio 1980). Tutto si svolge nel VII Municipio del comune di Roma, il più popoloso (ab.307.000 – 6.580 ab / Kmq).

 

 

CINECITTA’

     E’ un complesso di teatri di posa di eccellenza e rilievo internazionali, venne inaugurato il 28 aprile del 1937. Di proprietà statale è sotto la tutela del Mibact. Cinecittà costituisce il vertice della produzione cinematografica italiana, ma è utilizzata, dagli anni Novanta, anche per produzioni televisive. A Cinecittà sono stati girati più di 3.000 film, 90 di questi hanno ricevuto la candidatura dell’Oscar, ben 47 hanno vinto la prestigiosa statuetta. Vi hanno lavorato: Fellini, Francis Ford Coppola, Luchino Visconti, Martin Scorzese e tanti altri.

     Cinecittà si sviluppa su una superficie di 40 ha, è seconda solo a Hollywood. Consta di 22 teatri di posa (ma il 17 non viene usato per una questione di scaramanzia) di dimensioni variabili, il più piccolo è di m 15x30, il più grande è il Teatro 5 (quello di Federico Fellini) che misura m 40x80. Tutti sono insonorizzati, climatizzati, dotati di impianti elettrici, passerelle, carri ponte e botole. Ognuno ha camerini, uffici, sale trucco, magazzini.

     Nel complesso uno spazio di 10 ettari per scenografie temporanee e una piscina all’aperto di 7.000 mq profonda due metri con fondale largo 80 metri e alto 20.

     Ovviamente vi sono laboratori di sviluppo, stampa e restauro della pellicola cinematografica, laboratori per la produzione digitale, laboratori di falegnameria, carpenteria, scultura e pittura. Altrettanto ovvia è la presenza di sala per proiezioni cinematografiche, mensa, ristoranti, bar, parcheggi e servizio di sicurezza per celebrità.

 

     Il regime fascista sosteneva l’industria cinematografica come strumento di propaganda, venne creata un Direzione Generale per la Cinematografia con lo scopo di promuovere questo nuovo mezzo. Nel 1939 la cosiddetta Legge Alfieri concedeva robusti finanziamenti alle produzioni nazionali mentre costringeva all’autarchia.

     I lavori per la costruzione del centro durarono solo 15 mesi, tutti i dipendenti della Cines, distrutta in un incendio, furono ricollocati a Cinecittà. Per raggiungere gli stabilimenti c’era il tram dei Castelli e quello di Cinecittà (Stefer). I primi dodici teatri di posa furono progettati dall’arch. Gino Peressutti (autore del palazzo della Civiltà Romana all’Eur con Pietro Aschieri), inoltre venne data nuova sede all’Istituto Luce (dal 1978 sede del Municipio VII) e al Centro Sperimentale di Cinematografia.

     Negli anni della guerra, dal 1943 il Centro venne occupato dai tedeschi che lo utilizzarono come luogo di concentramento, ad esempio qui vennero condotti gli uomini arrestati in seguito al rastrellamento del Quadraro (17 aprile 1944). Dopo la liberazione della città, 4 giugno 1944, furono utilizzati come ricovero per gli sfollati, in tale occasione, per sopravvivere al freddo, gli abitanti bruciarono gran parte dei documenti di archivio.

     Negli anni Cinquanta avvenne il grande successo di Cinecittà, qui vennero girati Quo Vadis e Ben Hur, tutti colossal o peplum o sandaloni, questo successo fu occasione di lavoro per tanti romani e non solo come comparse, venne chiamata la Hollywood sul Tevere, rende bene il clima di quegli anni il film “La dolce vita” di Federico Fellini (1960), “Bellissima” di Luchino Visconti (1951) e “Roma” sempre di Fellini (1972). Con la crescita della televisione, la fine delle produzioni colossal Cinecittà perse lentamente il primato tecnico e produttivo che l’aveva resa mitica.

     Nel 1988 nasce il primo centro commerciale romano su terreni adiacenti dove era il campo di calcio Bettini. Dagli anni Settanta riprendono le grandi produzioni americane: il Padrino di Francis Ford Coppola, Il paziente inglese di Anthony Minghela, Gangs of New York di Martin Scorsese, la Passione di Cristo di Mel Gibson. Qui era la casa del Grande Fratello dal 2000 al 2013 (distrutta da un incendio).

     E’ possibile visitare il luogo “Cinecittà si mostra” tutti i giorni tranne il martedì dalle 9,30 alle 19,30 (ingresso fino alle 17,30), biglietto € 10, visite guidate ogni ora e mezza circa.

 

 

CHIESA DI DON BOSCO

La chiesa, costruita tra il 1952 e il 1959 (consacrato il 2 maggio 1959), è opera di Gaetano Rapisardi[1], che è autore anche della piazza, è a forma di parallelepipedo, su cui sovrasta una grandiosa cupola orientaleggiante visibile da vari punti di Roma (es. parco degli Acquedotti, Appia Antica, parco di Centocelle). E’ una creazione monumentale a forma rettangolare (m 45x78), contiene circa 70 opere d’arte e 100 vetrate. Sono 50 gli artisti, tra i migliori del Novecento, che hanno lavorato per la chiesa, tra questi: Marcello Avenali, Giovanni Brancaccio, Venanzo Crocetti, Pericle Fazzini, Emilio Greco, Francesco Messina, Alessandro Monteleone, Attilio Selva. La cupola è coronata da statue di bronzo di Alessandro Monteleone[2].  Nella facciata si apre un portico a tre fornici: quello mediano è sormontato da un altorilievo raffigurante il Santo titolare fra Angeli e giovinetti, di Arturo Dazzi[3], mentre quelli laterali incorniciano le statue degli Arcangeli Gabriele e Michele, di Ercole Drei[4]; nelle nicchie le statue di San Francesco di Sales, di Giovanni Amoroso, di San Giuseppe Cafasso di Antonio Venditti, di Pio IX e Pio XI di Francesco Nagni. Sotto il portico si aprono cinque porte bronzee, di cui la mediana ornata di bassorilievi di Federico Papi e le due estreme sormontate dalle statue bronzee del Redentore e di San Giovanni Battista di Attilio Selva[5].

     Nell’interno spaziosissimo e luminoso, è notevole per la ricchezza di materiali e opere d’arte. La cupola, diametro di m 31, è sostenuta da pilastri marmorei di rosso orobico, contro cui sono le stazioni della Via Crucis in bronzo di Venanzio Crocetti[6]. Grandioso presbiterio sormontato da cupola e chiuso da transenna bronzea di Luigi Venturini, altare maggiore con paliotto di lapislazzuli di sei metri quadrati e tabernacolo di ametista. Crocefisso in argento fuso, raggera, angeli e candelabri bronzei, di Pericle Fazzini[7]. Nel fondo “San Giovanni Bosco in gloria” grandissimo mosaico di Giovanni Brancaccio, fiancheggiato con otto altorilievi della vita del santo.

     La prima cappella di sinistra e la prima di destra sono affrescate da Marcello Avenali[8], quella di sinistra è dedicata agli Angeli custodi.

 

     Nella piazza si è tenuto – con rito civile – il funerale di Piergiorgio Welby nel dicembre 2006, persona gravemente e irrimediabilmente ammalata che aveva ripetutamento chiesto che venissero interrotte le cure che lo tenevano in vita.

 

 

CASALE E TORRE DEL QUADRARO

     La torre sorge su un lato non edificato di piazza dei Consoli ad angolo con via dell’Aeroporto ed è affiancata da un casale a forma di L che si appoggia alla torre, un muro recinge lo spazio antistante il casale. Un altro casale più piccolo è nel retro. Recentemente il complesso è stato restaurato dal municipio ed adibito a centro anziani “La torretta”. La torre presenta una merlatura ghibellina, è costruita su strutture di età romana repubblicana, il nome gli deriva da un certo Guadralis che nel 1164 era proprietario della torre e del terreno. Alla fine del XIII secolo è menzionato, nei documenti del tempo, un casale Quadralis, come proprietà del monastero di sant’Alessio e delle famiglie Arcioni e Astalli. Ancora nel 1358 è chiamato “Casale lo Quadraro”, e da allora in poi ha avuto questo nome e lo ha trasferito al quartiere che è sorto ad opera di immigrati impegnati nei lavori edilizi di Roma capitale alla fine dell’Ottocento. Qui, nel 1961, venne girato il film “Fantasmi a Roma[9]” per la regia di Antonio Pietrangeli con Marcello Mastroianni, Sandra Milo, Eduardo De Filippo, Tino Buazzelli, Lilla Brignone e Vittorio Gassman.

   Sull’altro lato della torre con casale si trova la Scuola Media Cecilio Secondo, mentre su via dei Consoli si trova la Scuola Elementare Puccini con la Piscina Comunale “Alma Nuoto”.

 

 

PARCO 17 APRILE 1944

MONTE DEL GRANO

     Piazza dei Tribuni, con ingresso da via Asconio Pediano. Siamo nel VII municipio del Comune di Roma (già X). Il più grande mausoleo del suburbio romano, opera del III secolo d.C., formato da un tumolo di terra alto ancora m 20, ma completamente spogliato del rivestimento esterno da tempi storici. E’ così chiamato perché era coltivato a grano e l’interno serviva da magazzino. L’interno nasconde un ambiente molto grande sotto il quale vi sono tre ambienti più piccoli. Per poterlo visitare ci si può rivolgere alla società geascarl.com. Secondo alcune fonti è detto “Mausoleo di Alessandro Severo[10]”. Al suo interno venne ritrovato, nel 1582, uno dei sarcofagi più grandi che ci siano pervenuti, oggi si trova ai musei Capitolini (palazzo Nuovo, piano terra). Si tratta del “Sarcofago attico con scene della vita di Achille”. E’ decorato su tutti i lati, presenta il retro più basso e non ultimato. Sul coperchio è sdraiata la coppia dei defunti. Quasi al centro la figura dell’eroe che brandisce la spada liberandosi degli abiti femminili.

Addossato al sepolcro si trova una vecchia stazione di posta oggi trasformata in birreria dal suggestivo nome “Taverna del grano”, una lapide all’ingresso parla di una stazione di posta del 1738 sita in via Appia Antica, miglio XXV. Alle spalle del mausoleo, che è piantato a ulivi, si trova un giardino pubblico di modeste dimensioni, con area giochi, che potrebbe essere tenuto meglio. Recentemente è stato intitolato “Parco 17 aprile 1944” data del rastrellamento del Quadraro, per ricordare il triste avvenimento relativo ai fatti della Resistenza romana. Anche una statua in gesso, del 2004, ricorda il fatto.

 

     Il quartiere era noto come covo di partigiani, di renitenti alla leva, di oppositori al regime. Da questo all'alba del 17 aprile vennero deportati nei campi di concentramento in Germania 947 uomini. Per entità fu il secondo rastrellamento di Roma dopo quello del Ghetto del 16 ottobre 1943.

     Nei giorni precedenti la tensione tra popolazione ed occupanti era cresciuta per lo sbarco degli alleati ad Anzio (22 gennaio), si temeva una insurrezione cittadina. A questo si aggiunge la mancanza di viveri per cui i tedeschi decisero di anticipare il coprifuoco alle ore 16 per gli abitanti del Quadraro, Torpignattara, Centocelle e Quarticciolo. Pochi giorni prima, il 10 aprile - lunedì di Pasqua - in una trattoria della zona Giuseppe Albano detto "il gobbo del Quarticciolo" uccise tre soldati tedeschi. Il 17 aprile, a partire dalle ore 4 del mattino iniziò il rastrellamento con un imponente schieramento di forze, le vie di accesso vennero bloccate, le case vennero passate al setaccio una a una. Vennero rastrellate circa 2.000 persone, tutti uomini tra i diciannove e i cinquanta anni, ammassati in un cinema della zona, quindi portati a Cinecittà per la selezione. Alcuni riuscirono a fuggire. Il parroco di Santa Maria del Buon Consiglio Gioacchino Rey si adoperò per far pervenire agli arrestati generi di conforto e biglietti. Le circa mille persone reclutate, divise in quattro gruppi vennero portati a Grottarossa, quindi in treno fino a Terni e di nuovo trasferite al campo di transito di Fossoli presso Carpi. Il 24 giugno vennero arruolati come "operai volontari" nei campi di concentramento in Germania. Solo la metà tornò al Quadraro.

     Il 17 aprile 2004 il Municipio X di Roma è stato insignito della Medagli d'Oro al Valor Civile. Il parco è stato dedicato alla memoria di tutti i deportati, un monumento in terracotta rievoca l'accaduto.

 

 

 

PORTA FURBA E FONTANA

- Porta Furba è un arco dell’acquedotto Felice. L’acquedotto fu il primo ad essere costruito a Roma dopo la caduta dell’impero romano. Porta il nome del papa che lo volle: Felice Peretti, ossia Sisto V. Venne realizzato in soli tre anni (1585-1587), le sue sorgenti si trovano tra Palestrina e Zagarolo, il progetto è dell’arch. Domenico Fontana (eresse l’obelisco Vaticano, progettò il palazzo Reale di Napoli e la cappella Sistina in Santa Maria Maggiore) che per la sua costruzione utilizzò gli acquedotti Marcio e Claudio. Il punto terminale dell’acquedotto Felice è in piazza San Bernardo (presso via XX Settembre) con la fontana del Mosè.

Questo arco è stato impreziosito perché in questo punto l’acquedotto passava, e passa ancora oggi, sopra la via Tuscolana. In alto una lastra di marmo ricorda che è stata voluta da papa Sisto V. Nell’arco della porta si trova una testa di leone in pietra. Stella e monti dello stemma del Papa si trovano negli angoli degli archivolti.

- La porta è realizzata in “peperino” e con parti in marmo il “travertino”. Inquadra perfettamente monte Cavo, il punto più alto dei Castelli Romani. Secondo alcuni si chiama così “Furba” dal latino “fures” che significa ladri, perché nei tempi andati si trovava in aperta campagna, lontana dalla citta e a volte i briganti assalivano i malcapitati passanti per derubarli. Secondo altri si chiama “Furba” dal latino “formae” che vuol dire conduttura, da cui acquedotto.

- Il 19 settembre 1870 la divisione italiana del generale Diego Angioletti, proveniente da Sud, mise il proprio campo presso porta Furba. Anche da questo punto venne sferrato un attacco verso il centro della città (una batteria di cannoni fu posta sul mons Calcatorius, il portone di porta San Giovanni prese fuoco) per non far capire dove sarebbe stato l’attacco principale che noi sappiamo aver avuto luogo a porta Pia.

- Il 4 giugno 1944 gli Alleati entrarono a Roma da questa porta oltre che dall’Appia e dalla Casilina.

- La fontana di Porta Furba è formata da un mascherone alato che versa acqua dentro una conchiglia. Fu voluta dal papa Clemente XII nel 1733 per rendere più gradevole questo luogo che allora era in aperta campagna, forse su progetto di Vanvitelli.

- Lorenzo Corsini diventò papa nel 1730 e scelse per sè il nuovo nome di Clemente XII, regnò fino al 1740. Clemente XII cercò di conquistare la città di Parma e il suo territorio, ma non vi riuscì. Nel 1738 condannò una associazione segreta che si chiamava Massoneria.

- In alto, al di sopra della fontana, vediamo lo stemma di papa Clemente XII, formato da tante strisce diagonali e da una orizzontale posta proprio a metà dello stemma.

 

 

 

SCUOLA CAGLIERO

SCUOLA ELEMENTARE GIOVANNI CAGLIERO

un importante indicatore geografico per questa parte di città. E’ un interessante esempio di soluzione del problema di avere la facciata posta su un angolo. “Il volume dei due corpi, di vago sapore espressionista, è esaltato dalla facciata concava, mentre la pensilina di ingresso recupera la continuità della quinta stradale”[11]. La scuola fu costruita su progetto dell’arch. Cesare Valle[12] e inaugurata il 28 ottobre 1936. Hai foto del giorno dell’inaugurazione.

 

A tagliare il nastro dell’inaugurazione fu l’alunna Chamblant Maria della maestra Ester Duelli Olivieri, rintracciata per il 70° della Cagliero, la signora Maria ha ricordato che davanti alla scuola c’era un campo di sambuco.

 

     Prima dell’inaugurazione della scuola le aule erano sistemate nel cosiddetto “Villino Berardi” in via di Vigna Fabbri 4, la direzione didattica era in via Appia Nuova 187 di fronte alla chiesa di Ognissanti. La scuola possiede, nel proprio archivio storico, registri dall’anno 1933-34, le classi erano formate in media da 40 alunni ma ve ne erano anche di 49/51, ogni anno vi erano in media 10 bocciati, 4 rimandati e 10 abbandonavano gli studi per cui vi era un buon numero di ripetenti.

 

     La scuola era dotata di un impianto radio che permetteva al direttore didattico di comunicare direttamente con tutte le aule, tale apparecchio è ancora conservato nell’ufficio del preside, dove si trovano anche due altoparlanti che erano nelle aule. La maestra Rita Rosicarelli, che ha prestato servizio per oltre trenta anni nella scuola Cagliero, ricorda che era ancora funzionante nel 1978, perché venne data comunicazione del ritrovamento del corpo di Aldo Moro (9 maggio 1978). L’ex alunno Francesco Brillante ricorda tale apparato ancora funzionante a metà anni Ottanta. L’ex alunno Enzo Montanari ricorda che attraverso la radio venne data la notizia della morte del papa Giovanni XXIII, era il 3 giugno 1963.

     Ancora oggi nell’ufficio del preside si conservano la scrivania e la libreria degli anni Trenta.

 

     Durante la guerra le lezioni venivano sospese per l’allarme aereo, e le scolaresche erano costrette a scendere nei rifugi, quindi i genitori cominciarono a non mandare più a scuola i propri figli. Un maestro della scuola: D’Arconte Ubaldo muore al fronte e gli viene dedicata un’aula (di ciò vi è traccia solo nei registri). Dopo l’8 settembre 1943 la scuola fu occupata dall’esercito tedesco e dopo la liberazione di Roma, per breve periodo dagli Alleati.

    

     Gli anziani del quartiere ricordano che durante i nove mesi di occupazione militare tedesca la scuola venne requisita dall’esercito, il 4 giugno 1944 le armate liberatrici anglo-americane entrarono in Roma per la via Tuscolana sfilando davanti alla scuola, le persone di assieparono sulle scale della scuola stessa, a sera i giovani sparsero il talco sul mattonato antistante la scuola e – con una orchestrina improvvisata – iniziarono a ballare, era la libertà e la speranza di una vita migliore con la fine della guerra.

 

     L’anno scolastico 1944-45 iniziò regolarmente. La scuola era senza vetri alle finestre, con il freddo intenso molti si ammalavano per cui i genitori non li mandavano più a scuola. Dopo la pausa natalizia i vetri furono messi in molte aule e tutte le classi facevano lezione in quelle, si faceva lezione un giorno si e uno no. Per la fine dell’anno scolastico la situazione sarà regolarizzata.

     Negli anni Cinquanta e Sessanta, a causa della edificazione intensiva del quartiere, e dell’alto tasso di natalità, la scuola Cagliero è una delle più grandi d’Italia per numero di alunni. Le classi maschili erano sul lato Tuscolano, quelle femminile sul lato Cave. Si doveva entrare a scuola in fila per uno, si ricorda il direttore Di Lollo che controllava personalmente l’ingresso degli alunni. Si usciva in fila per due, lungo le scale o lungo il corrimano per cui oggi gli scalini sono consumati in corrispondenza del passaggio degli alunni. Nell’atrio della scuola c’erano due grandi manifesti che illustravano i tipi di bombe che si potevano trovare nei prati intorno, l’ordine era di non toccarle. Per alcuni mesi gli alunni, entrando a scuola, dovevano passare dall’ambulatorio dove veniva distribuito l’olio di fegato di merluzzo in un cucchiaino che i bambini portavano da casa insieme ad uno spicchio di limone. I banchi erano in legno, con sedili fissi e il piano inclinato, la cattedra era posta su una pedana, in tutte le aule c’era un altoparlante che diffondeva la voce del direttore. Alle finestre c’erano tende di stoffa marroni a salire. Molti alunni ricordano le bacchettate sulle mani e i rimproveri ricevuti perché scrivevano con la sinistra.

     Negli anni Settanta venne costruito un teatro in legno nel piano seminterrato sul lato Cave, il palco era arricchito da scene dipinte dalla maestra D’Elia, i posti a sedere erano in ordine crescente verso il fondo della sala. Sempre nel piano seminterrato c’era il forno per la ceramica, le aule per il refettorio gestito dal Patronato scolastico. La direzione didattica era al primo piano sopra l’entrata principale e tenuta in ordine dalla mitica bidella Letizia che usava la cera per lucidare i pavimenti, era abbellita da piante ornamentali e addirittura una gabbia per uccellini. Ancora nel 1971 c’erano 112 classi, si facevano i doppi turni che ogni mese si invertiva. Negli anni Sessanta c’erano addirittura due direzioni didattiche, con due vigilatrici e una assistente sociale: Claudia Luciani. La scuola è stata tra le prime d’Italia a favorire l’inserimento dei nomadi presenti al Mandrione e all’Arco di Travertino con le “classi di recupero”. Dal 1974 è stata portiera della scuola la signora Rosaria fino al 2010, e prima di lei il marito Agostino D’Amico. Nel 1982 è stato restaurato l’intero edificio.

     Dal 1997 la scuola Rodari di via Norcia è stata aggregata alla Cagliero. Nella scuola ha sempre funzionato una scuola per adulti, oggi si chiama CTP (Centro Territoriale Permanente). Grazie al maestro Mario Albano la scuola promuove il gioco degli scacchi.

     Nel 2006 la scuola ha festeggiato i 70 anni di vita con tre giorni di festa, la creazione di un piccolo museo, di un logo della scuola e un annullo filatelico delle Poste Italiane. Dall’a.s. 2012-2013 la scuola è diventata I.C. Largo Volumnia, comprende scuola dell’infanzia, scuola primaria (Cagliero e Rodari), scuola Media Inferiore Tibullo. Da tale anno tutte le aule sono dotate della LIM (Lavagna Interattiva Multimediale). Dal marzo 2016 una antenna svetta sulla facciata della Cagliero (?), negli stessi giorni è stato installato un apparecchio per le presenze del personale di segreteria. La scuola dispone di una biblioteca con 2.354 volumi di cui 1.800 di narrativa. Vi sono tre enciclopedie Treccani perché vi è confluita parte della biblioteca della scuola media Petrocchi.

     Durante i lavori di costruzione della scuola si scoprì che, al di sotto di essa, in una cavità naturale, scorre un fiume percorribile con una piccola barca. Possiedo  una foto di tale grotta con una barca e due uomini sopra, la scuola conserva uno strumento per misurare la portata d’acqua ed è una delle poche scuole di Roma a possedere un piccolo museo della scuola stessa.    

     Di fronte alla scuola era la VILLA EINAUDI, oggi appartiene alla Banca d’Italia.

 

L’ex alunno della Cagliero Bartolomeo D’Alessandro ricorda che una volta uscirono dalla villa Einaudi, il presidente Gronchi e la regina Elisabetta in Flaminia scoperta. Gli alunni salutarono il loro passaggio con le bandierine italiane e inglesi. Da: pagina facebook Scuola Elementare G. Cagliero.

 

PIAZZA ASTI

Al centro un piccolo ma curato giardino con una statua di Annibale Maria di Francia[13], collocata nel 2006, su un lato è stato conservato il muro di cinta con il portale d’ingresso di VILLA CASTELLANI precendente all’urbanizzazione (risulta anche dalla Carta di Roma del 1911 consultata alla Biblioteca Appia oggi Mandela di via La Spezia). Su un lato della piazza si trova l’ISTITUTO DELLE DOROTEE del 1920, si vede ancora meglio da via Matera (hai foto d’epoca dell’istituto), mentre le due torri gemelle che sovrastano l’inizio di via Casalmonferrato sono dell’architetto Castello e risalgono al 1910-30, quindi rappresentano la prima costruzione della piazza e una delle prime della zona. Queste due torri caratterizzano la piazza e la rendono inconfondibile. Davanti alle torri passa via Tuscolana, nel tratto di destra, quello che va verso il centro città, si trovava fino a pochi anni fa la caserma dei Vigili del Fuoco di zona[14] (di questa erano i vigili che soccorsero il piccolo Alfredo Rampi precipitato in un pozzo di Vermicino, giugno 1981), oggi in via Scribonio Curione. Ma la piazza è caratterizzata dalla

 

CHIESA DI SANT’ANTONIO

che ha un volto moderno con qualche elemento classico. Fu costruita nel 1947-48 dall’arch. Raffaele Boccuni. E’ slanciata, con cinque grandi finestre a vetrate e alto timpano. I mosaici sopra le porte laterali raffiguranti Sant’Antonio e Annibale Maria di Francia sono di Marko Ivan Puonik artista e teologo sloveno autore dei mosaici della Cappella Redemptoris Mater in Vaticano, quelli delle basiliche di Fatima e di San Giovanni Rotondo, quello posto sulla facciata del Santuario di Lourdes. L’affianca un campanile altissimo con tre finestroni per ogni lato. E’ il campanile più alto di Roma con i suoi 47 metri, le campane sono dotate di decorazioni a sbalzo, rappresenta un indicatore geografico. All’interno, a tre navate con cappelle laterali, si trova, sulla parete destra, una scultura in bronzo di un Cristo Risorto. E’ stato completamente ristrutturato nel 2009 con un nuovo altare, ambone e battistero. Secondo alcuni testi al di sotto della chiesa passa una marrana, per questo la chiesa ha una intelaiatura in ferro e la metro, che doveva passare sotto la via Tuscolana, ha deviato per la via Appia Nuova. L’orfanotrofio, che è precedente alla chiesa si trova sulla sinistra, la parrocchia è stata creata il 27 maggio 1965 dal cardinale Luigi Traglia. Hanno visitato la chiesa Paolo VI nel 1974 e Giovanni Paolo II nel 1990 come ricordato da due lapidi interne.

     In occasione della festa del santo, il 13 giugno si organizza una processione con la statua del santo tra i gigli bianchi, bancarelle si posizionano su via Matera, la serata si conclude con i fuochi artificiali.

 

 

PORTA SAN GIOVANNI

     E' la porta da cui esce la via Appia Nuova, dopo alcune centinaia di metri, si dirama a sinistra la via Tuscolana[15] per Frascati. Voluta da papa Gregorio XIII[16], come recita la lapide posta sul lato esterno, fu progettata da Giacomo della Porta o più probabilmente Giacomo del Duca, entrambi collaboratori di Michelangelo. La tradizione insiste sul primo nome, tale architetto morì nei pressi della porta per una indigestione di meloni e cocomeri fatta durante una gita ai Castelli.

     Venne aperta nel 1574, come recita la lapide, quando si decise un nuovo tracciato della via Appia Antica (qui chiamata via Campana) e in un programma di ristrutturazione del Laterano. In conseguenza di ciò la porta Asinaria, di epoca romana, venne chiusa.

     Il disegno della porta la fa somigliare all'ingresso di una villa più che ad una struttura difensiva, mancano le torri laterali. Un mascherone sovrasta l'arco.

     Ai primi del Novecento la città cominciò ad estendersi oltre la porta per cui si rese necessario aprire altre porte laterali, venne interrato un corso d'acqua che passava subito fuori la porta stessa.

     Da questa porta il 4 giugno 1944 le truppe liberatrici anglo americane entrarono in Roma tra due ali di folla festanti.

 

    Porta San Giovanni resta cara nel ricordo dei romani per le feste legate alla notte di San Giovanni, il 23 giugno, detta la "notte delle streghe". Secondo la leggenda il fantasma di Erodiade, che aveva convinto il marito Erode Antipapa a far decapitare Giovanni Battista, riuniva tutte le streghe sui prati del Laterano. Per scacciarle i romani organizzavano una festa con fuochi artificiali per metterle in fuga. In questa occasione era tradizione mangiare le lumache le cui corna simboleggiano discordia. Celebre il festival della Canzone Romanesca nel quale vennero lanciate canzoni di grande successo. A questo è legato il nome di Romolo Balzani. Recentemente il IX Municipio ha cercato di rivitalizzare questa festa con esiti modesti.

 

     La vicinissima porta Asinaria era solo una posterula nelle mura di Aureliano, presto però ci si rese conto che tutto il tratto tra le porte Metronia e Maggiore non era sicuro. Vennero così eretto le due torri cilindriche ai lati della porta, alte 20 metri, e si provvide al rivestimento in travertino. Divenne così l'unica porta di Roma ad avere torri cilindriche affiancate a torri a base quadrata. Un struttura così poderosa ne faceva, di fatto, una fortezza. Da questa porta entrarono in città i Goti di Totila che la trovarono aperta il 17 dicembre 546, in seguito al tradimento di un manipolo di barbari in forza all’esercito bizantino, nel 1084 passarono di qui l'imperatore Enrico IV e l'antipapa Guiberto di Ravenna che scacciarono il papa legittimo Gregorio VII, ancora il re Ladislao di Napoli entrò da qui nel 1404. L'interramento della porta ne ha consentito la conservazione.

     Nel 1956 venne restaurata e riaperta al pubblico come passaggio pedonale, la vicinanza con il mercato di via Sannio trasformò il luogo in un mercato abusivo e illegale di generi varie e di nessun pregio. Negli anni Ottanta il Comune decise la chiusura di tutta l'area della porta con una cancellata. Nel settembre del 2006 si sono conclusi importanti lavori di restauro e scavo archeologico in tutta  l'area (durati due anni), in quell'occasione è stato reso accessibile il camminamento di ronda sopra la porta e fino a porta Santa Croce. I lavori hanno avuto un costo di 980.000 €[17]. Sul lato esterno delle mura, in viale castrense due lapidi ricordano i caduti nella Prima Guerra Mondiale del quartiere e i caduti nella guerra di Liberazione del quartiere.

     Il nome della porta deriva dalla via Asinaria, prosecuzione dello "stradone di San Giovanni" che confluiva nella via Tuscolana.

 

 

 

 



[1] Gaetano Rapisardi (Siracusa 1893 - Roma 1988) architetto. Sposò la figlia di Gino Coppedè. Con Piacentini prese parte al progetto della Città Universitaria. Progettò il palazzo di Giustizia di Palermo e di Pisa. Con lo scultore Arturo Dazzi iniziò a costruire a Livorno il mausoleo della famiglia Ciano, rimasto incompiuto.

[2] Alessandro Monteleone (Taurianova, Reggio Calabria 1897 - Roma 1967) principalmente scultore, titolare della cattedra di scultura all'Accademia di Roma. Con Nagni ha realizzato una delle porte di San Pietro.

[3] Arturo Dazzi (Carrara 1881 - Pisa 1966) scultore. Una delle sue prime opere I costruttori fu acquistata dalla Gnam. Lavorò con Rapisardi al mausoleo di Ciano rimasto interrotto. Realizzò un colosso marmoreo in piazza della Vittoria a Brescia, simbolo del fascismo, rimosso dopo la liberazione ed ora nei depositi comunali.

[4] Ercole Drei (Faenza 1886 - 1973) soprattutto scultore ma anche pittore e disegnatore. Ha abitato a villa Strohl Fern dal 1921 alla morte. Bassorilievi per il ponte Duca d'Aosta a Roma, la stele per il lavoro nei campi nel giardino dell'Eur, il Seminatore alla Galleria d'Arte Moderna di Roma Capitale. Presente alla Quadriennale romana e alla Biennale.

[5] Attilio Selva (Trieste 1888 – Roma 1970) studiò a Trieste, quindi si stabilì a Milano e Torino dove lavorò con Bistolfi, dal 1909 si stabilì a Roma. Realizzò la fontana di piazza dei Quiriti a Roma, la statua di San Carlo a piazza Augusto Imperatore, il monumento a Guido Baccelli in piazza Salerno a Roma, il monumento a Oberdan a Trieste, il monumento a Nazario Sauro a Capodistria, a Montecassino il gruppo bronzeo della Morte di San Benedetto e paliotto in argento nel 1970, ma la sua opera più celebre resta il monumento ai caduti di Trieste presso San Giusto.

[6] Venanzo Crocetti (Giulianova, Teramo 1913 - Roma 2003) scultore. Realizzò sculture per le città di bonifica della pianura pontina: Aprilia, Pomezia, Segezia. A soli 33 anni gli fu affidata la cattedra di scultura dell'Accademia di Venezia che era di Arturo Martini. Autore della porta dei Sacramenti nella Basilica di San Pietro. In via Cassia 492 è visitabile un museo a lui dedicato.

[7] Pericle Fazzini (Grottammare, Ascoli Piceno 1913 - Roma 1987) scultore. A Roma dal 1930 conosce Mafai, Vedova, Cagli, Trombadori, Corpora e Dorazio. Nel 1934  espone a Parigi una sua scultura è acquistata dal Jeau de Paume. Nel 1935 espone alla Quadriennale. Nel 1938 si stabilisce a via Margutta e vi rimane tutta la vita. Espone più volte alla Biennale prima e dopo l'ultimo conflitto mondiale. Fa parte del gruppo Corrente. Realizza sculture per la chiesa di San Giovanni Battista sull'A1 a Firenze Nord. Dal 1958 al 1980 insegna all'Accademia di Belle Arti di Roma. Nel 1970 inizia a lavorare alla Resurrezione dell'Aula Nervi in Vaticano, opera che viene inaugurata il 28 settembre 1977. Nel 1984 si tiene una sua antologica alla Gnam. Tra le creazioni più note e importanti il "Ritratto di Ungaretti" del 1936 sempre alla Gnam.

[8] Marcello Avenali. (Roma 1912-81) pittore e acquarellista, usò molti materiali diversi per realizzare le sue opere, docente accademia di Roma. Autore della vetrata della chiesa dell’autostrada del Sole di Michelucci. Nel 1978 divenne direttore dell’Accademia. Struttura in metallo per l’edificio della Banca Popolare di Milano opera di Luigi Moretti. Ultima opera il monumento a Moro a Brindisi.

[9] Film "Questi fantasmi" del 1961 per la regia di Antonio Pietrangeli. Secondo il Dizionario Morandini sono il distacco e l’eleganza le caratteristiche essenziali di questa preziosa opera cinematografica, una fovola surrealistica costruita su una sceneggitura brillante e spiritosa cofirmata da uno dei più grandi autori satirici del teatro e della letteratura italiana: Ennio Flaiano.

[10] Alessandro Severo imperatore romano del III secolo d.C. della dinastia dei Severi. Divenne imperatore a 13 anni, succedendo al padre adottivo Eliogabalo, governò sotto l'influenza della madre Giulia Mamea dal 222 al 235. Fu ucciso dai suoi soldati mentre era in campagna militare contro i Germani presso Magonza. Un arco trionfale,  a lui intitolato, si trova a Dougga, in Tunisia, in un'are archeologica patrimonio mondiale dell'umanità per l'UNESCO.

[11] Scuola Cagliero.  La descrizione della facciata è presa dalla Guida Rossa del Tci, cit. pag. 753.

[12]Cesare ValleRoma 1902-2000) Laureato in ingegneria e successivamente in architettura nel 1924, assistente di Gustavo Giovannoni, libero docente dal 1938, diventa professore di urbanistica alla focoltà di ingegneria della Sapienza nel 1941 e vi rimane fino al 1972. Collabora alla stesura di piani urbanistici di Roma e di altre città, progetta numerosi edifici pubblici come la Casa del Balilla "Arnaldo Mussolini" a Forlì (1933-35) e il palazzo del Collegio Aeronautico sempre a Forlì. Nel 1938 realizza il PRG di Addis Abeba insieme ad Ignazio Guidi. Si occupa dell'attuazione del piano regolatore di Roma e degli studi del nuovo piano regolatore che sarà adottato nel 1962, la sua influenza sarà determinante.

     A Roma ha realizzato: Casa Viola in lungotevere Marzio nel  1935, gli edifici del Comune nell'attuale via Petroselli (ex anagrafe) nel 1936-39, la scuola Cagliero al quartiere Tuscolano nel 1936, il liceo Giulio Cesare in corso Trieste nel 1937, il nuovo ponte alla Magliana con Guidi nel 1939-48, il palazzo dell'opera nazionale Maternità e Infanzia oggi ministero della Salute in lungotevere Ripa nel 1939. Figli e nipoti continuano l’attività professionale di Cesare nello Studio Valle.

[13] Annibale Maria di Francia. Messina 1851 – 1927) sacerdote italiano fondatore delle congregazioni dei rogazionisti del Cuore di Gesù e delle figlie del Divino Zelo. Di nobile famiglia messinese rinunciò a tutti i beni e trascorse molto empo nel degradato quartiere di Avignone aiutando poveri e malati. E’ stato proclamato santo da papa Giovanni Paolo II nel 2004. Ricorrenza il primo giugno.

[14] Caserma dei Vigili del Fuoco. Da questa partirono i Vigili che soccorsero Alfredino Rampi caduto in un pozzo a Vermicino nel  giugno 1981.

[15] Via Tuscolana. E' una via medioevale che conduceva a Tuscolo oggi Frascati. Non è certa l'esistenza di una via romana.

[16] Papa Gregorio XIII. Ugo Boncompagni, bolognese. Legò il suo nome alla riforma del calendario, contribuì a far trionfare la Controriforma in Polonia, potenziò l'università dei gesuiti che prese il nome di Gregoriana. Approvò la nascita di un Conservatorio di musica a Roma. Morì nel 1585.

[17] Ultimi restauri porta Asinaria da la Repubblica del 2.9.06.