LA PRIMA DELLE TANTE CITTA’ CHE ROMA FONDO’ NEL MONDO

 

IN QUESTO LUOGO LA CALDA TONALITA’

DELLE MURA DI LATERIZIO CONTRASTA CON IL VERDE CUPO O BRILLANTE DEGLI ALBERI E DEI CESPUGLI,

IL TUTTO E’ CORNICE AD UNA ANTICHISSIMA CITTA’

CHE RIEMERGE ANCORA VIVA

 

 

INTRODUZIONE

   Ostia Antica si trova nel X Municipio del Comune di Roma, lungo la via Ostiense, si compone di un borgo medioevale e dell’area archeologica di Ostia Antica con i resti del porto di epoca romana.

 

INFORMAZIONI PRATICHE

     Il Parco Archeologico di Ostia Antica apre tutti i giorni alle ore 8,30 e chiude con orario variabile secondo la stagione (ultimo ingresso alle ore 18 in estate, con chiusura alle ore 19). Chiuso tutti i lunedì. Biglietto € 10, ridotto € 5 (tra i 18 e i 25 anni, per i docenti di scuole statali a tempo indeterminato). Gratuito alle persone sotto i 18 anni, alle scolaresche.

     Il Castello di Giulio II ad Ostia Antica è aperto il sabato e la domenica con visita guidata ad orario. Questi gli orari di ingresso a febbraio 2018: 10,30 – 12 -15 – 16,30.

 

OSTIA ANTICA

     La cittadina  è annunciata da due quinte di edifici eclettici realizzati dall’ICP  tra il 1919 e il 1924.

     Il piccolo borgo fu fondato da Gregorio IV nell’830 con il nome di Gregoriopoli come presidio, dogana, centro delle saline e scalo commerciale. Oggi è formato da un nucleo di vecchie case, quasi totalmente rimodernate, cui si sono aggiunti nuovi fabbricati. La parte più antica è raccolta vicino al castello di Giulio II, uno dei primi esempi di architettura militare moderna che Giulio II[1], ancora cardinale, fece costruire da Baccio Pontelli[2] (1483-86).

     Il castello venne costruito a difesa dell’ultima curva del Tevere, ha forma di triangolo scaleno, pianta imposta dalla configurazione del suolo e dalla torre di Martino V[3] (1417-31), il maschio della nuova costruzione. Gli ingressi erano muniti di ponti levatoi con i solchi della saracinesca. Nelle casematte è ancora conservato un bagno per i soldati. Dei dipinti di Baldassarre Peruzzi[4] resta qualche traccia nella rampa cordonata.

     La chiesa di Sant’Aurea – di elegante architettura rinascimentale – è stata disegnata da Baccio Pontelli. Sorge sul luogo della primitiva basilica che ospitava i resti della martire ostiense. Nella cappellina di destra un frammento della lastra marmoriea su cui Anicio Auchenio Basso fece indidere un’iscrizione in onore di Santa Monica, madre di Agostino, morta ad Ostia e ivi sepolta. Il cero pasquale accanto all’altare maggiore è un resto dell’antica basilica del V secolo col monogramma S. AUR.

     Alle spalle della chiesa è situato il Palazzo Episcopale, ricostruzione del 1472 circa di un precedente episcopio (Ostia fu sede vescovile dal sec. IV). Il primo piano è decorato da un ciclo di affreschi commissionato dal cardinale Raffaele Riario a

     Tre file di case a doppia schiera a disposizione scalettata e la mole del castello creano un cono prospettico verso la chiesa di Sant’Aurea.

 

 

STORIA

     Al tempo della fondazione di Roma, lungo la costa, le acque marine s’impaludavano e poi evaporando lasciavano il sale elemento fondamentale per conservare carni e formaggi, per conciare le pelli. Quando Roma cominciò ad espandersi, uno dei suoi primi obiettivi fu quello di controllare questo luogo, per questo vi stabilì un presidio militare. Il nome Ostium vuol dire bocca, cioè foce del fiume. La tradizione pone la fondazione di Ostia intorno al 338 a.C. e l’attribuisce ad Anco Marzio. Un insediamento più antico era Ficana, sul monte Cugno, dove oggi è Acilia. Inizialmente abitata da 300 coloni con le loro famiglie con il compito di sorvegliare il transito sul fiume, sbarrare la foce alle incursioni di pirati o nemici, di rifornire di sale la città. Ma già un secolo dopo la città si allargava oltre le mura. In breve divenne lo scalo commerciale della città.

     Nell’età di Silla (fine II sec. inizi I sec. a.C.) fu costruita una nuova cinta muraria (m 2.500) che racchiudeva un’area 30 volte maggiore quella del castrum, al suo interno ampie aree verdi come era costume dei romani. Al tempo di Augusto e di Tiberio furono costruiti il teatro, il piazzale delle corporazioni, il Foro, l’acquedotto con le terme. Rimaneva un grave problema, quello dei detriti portati a valle dal Tevere. Così la flotta alessandrina, che portava il grano dall’Egitto, doveva fare scalo a Pozzuoli.

     Per risolvere il problema l’imperatore Claudio fece costruire un altro porto a monte delle foce, a 3 Km a nord della foce del Tevere, in parte scavato nella terraferma, in parte proteso nel mare aperto con due moli “a tenaglia”. Tra i due moli era il faro fondato sull’imbarcazione fatta costruire da Caligola per il trasporto dell’obelisco vaticano. Ma anch’esso si insabbiava, quindi Traiano, all’inizio del II secolo fece costruire un altro bacino, dalla innovativa forma esagonale, arretrato rispetto alla linea di costa, collegandolo al Tevere con un canale chiamato fossa Traianea, oggi canale di Fiumicino. Accanto al nuovo porto nacque un'altra città detta Porto. Gli anni di Traiano e Adriano furono gli anni d’oro di Ostia. Fu rialzato il livello della città di circa un metro, il Foro e il Campidoglio ebbero sistemazione monumentale; si costruirono la curia, la basilica, vari collegia, sedi corporazioni, grandi magazzini. Con gli Antonini (138-192) Ostia raggiunse i 50.000 abitanti (secondo altre fonti 100.000 abitanti e 100 ettari). Al tempo dei Severi (II-III secolo) fu costruita la via Severiana che collegava Ostia con Anzio e Terracina.

     Ostia accusò la crisi dell’impero quando Roma perse il suo ruolo di capitale dell’impero. La decadenza fu lunga e lenta. Si ebbe un inatteso risveglio di attività edilizia nel IV secolo quando si restaurarono gli edifici più importanti e si costruirono nuove domus, di questo non si conoscono le ragioni e neppure i destinatari. Nel V secolo solo alcuni quartieri erano abitati, dello stato di abbandono ne parla Rutilio Namaziano, sopraggiunsero le invasioni barbariche: Goti, Vandali, Saraceni, prima di raggiungere Roma saccheggiavano Ostia. Intanto il mare si ritirava e il porto si interrava. La via Ostiense era ricoperta di boschi (Procopio). Nel IX secolo gli ultimi abitanti abbandonarono Ostia, a causa delle scorrerie saracene, per spostarsi presso la chiesa di Sant’Aurea dove si formò il nucleo del paese medioevale.

     I resti imponenti di Ostia emergevano ancora nel 1190 quando un cronista che accompagnava Riccardo Cuor di Leone alla terza crociata annotava: “Vi sono immense rovine di antiche muraglie”. Tali resti imponenti erano attraversati dai carri diretti alle saline. La città fu depredata dai marinai delle Repubbliche marinare che si rifornirono di marmi per le loro cattedrali. Ma la spoliazione peggiore fu quella dei fabbricanti di calce.

     Una rovinosa e famosa alluvione nel 1557 spostò il corso del Tevere più a Nord. Oggi la linea di costa è a circa quattro chilometri da quella di epoca romana (superstrada che collega Ostia a Fiumicino).

     Gli scavi regolari incominciarono ai primi dell’Ottocento quando Pio VII[5] ne affidò la direzione al Fea. Sotto Pio IX, nel 1855, Pietro Ercole e Carlo Ludovico Visconti ripresero le ricerche archeologiche, continuate con particolare riguardo allo studio topografico, dal Lanciani e da altri. Scavi continuativi, con rigoroso metodo scientifico furono iniziati nel 1909 dal Vaglieri e proseguiti dal Paribeni e dal Calza. Sotto quest’ultimo è stato possibile ricostruire la divisione in Regiones e Insuale.

    

ITINERARIO

     Oltrepassata la biglietteria ci troviamo sulla via Ostiense, l’ultimo tratto della strada che proveniva da Roma.

NECROPOLI

     Sulla sinistra troviamo il cimitero che, secondo la legge romana, era situata in prossimità delle strade d’accesso alla città come stabilito dalla legge delle XII Tavole (V sec. a.C.). Tutte le tombe sono nella parte meridionale della via in ottemperanza a una disposizione del pretore Caninius (150-80 a.C.) che considerava la parte di terreno vicina al fiume suolo pubblico per consentire le attività portuali. Una colonna con tale disposizione è collocata nella vicina porta Romana.

     Il sepolcro più interessante è la cd. Tomba di Ermogene del II sec. impiantata su una precedente costruzione di cui si vede la base circolare in tufo. L’epigrafe rivela il nome del personaggio C. Domitius Ermogenes, appartenente all’ordine equestre, che fu segretario degli edili, decurione e flamine, cioè addetto al culto dell’imperatore Adriano. Ebbe l’onore di un funerale pubblico con l’uso dell’esotico e costoso incenso, gli fu eretta una statua equestre nel foro.

     Parallela alla via Ostiense ecco la via delle Tombe. Tale necropoli è stata usata dal I sec. a.C. alla tarda età imperiale, adeguandosi ai vari reinterri previsti dai successivi piani regolari. Per questo si trovano tombe a livelli diversi o sovrapposte. Troviamo tombe a inumazione e a incenerazione. Si notano diverse tecniche murarie in blocchi squadrati di pietra o di tufo a cortina, oppure pareti in opus reticulatum, composte di blocchetti collocati in diagonale, a formare una rete, oppure ancora pareti di vario tipo e disposizione con archi, nicchie e modanature[6]. Qui si trova la Tomba 20 detta anche dei Colombari Gemelli, due edifici con la stessa pianta, dello stesso periodo (I sec.) e che avevano in comune, al centro, un ambiente rettangolare in cui è da riconoscere un ustrinum, cioè lo spazio destinato al rogo per la cremazione. Sul lato opposto, al di sopra di un basamento in travertino, si erge la possente mole del grande sarcofago di Carminio Partenopeo (II sec.). L’iscrizione ricorda le cariche del defunto: rango equestre, decurione, capo della corporazione dei costruttori.

 

     Giunti in fondo alla strada, pieghiamo a destra, torniamo sulla via Ostiense proprio davnti alla porta romana.

 

 

PORTA ROMANA

     Prima della cinta muraria, sulla destra, è il basamento della Salus Augusta, in marmo, che sorreggeva una statua dedicata alla Salute dell’Imperatore. Nell’iscrizione è citato Glabrio, Manio Acilio Glabrione, membro della famiglia degli Acilii, una delle famiglie più antiche e importanti di Ostia. La porta romana è un varco nelle mura repubblicane del tempo di Silla (la datazione accettata è dell’80 a.C.), in opera parzialmente reticolata. La porta è su due livelli perché al tempo di Domiziano fu ricostruita ad una quota superiore come la strada stessa. Aveva un ampiezza di cinque metri, leggermente arretrata rispetto alle mura stesse, fiancheggiata da due torri a pianta qudrata in blocchi di tufo. Sull’attico una iscrizione ne celebrava la costruzione e il restauro del I sec, quando venne rivestita di marmo, forse anche la statua di Minerva alata, cioè vittoriosa. Gli stipiti d’ingresso conservano gli incavi della saracinesca di chiusura. Hai ricostruzione ideale di questa porta.

Da qui ha inizio il decumano massimo, l’arteria principale che attraversa la città per tutta la sua lunghezza di Km 1,5 circa. Ecco sulla sinistra il

 

PIAZZALE DELLA VITTORIA

     Ha preso il nome dalla statua di Minerva Vittoria[7] eretta accanto a un fontanile dove si dissetavano uomini e animali in arrivo in città. Raffigura la divinità con elmo, peplo[8] e recante con la destra uno scudo rotondo. Si ipotizza che la statua sia stata riutilizzata per decorare la parte superiore della porta. Dirinpetto alla statua, su un muro moderno, sono stati sistemati frammenti di due iscrizioni identiche che occupavano l’attico della porta, in esse la storia edilizia della porta.  Sulla destra del decumano i Magazzini Repubblicani (in realtà una sorta di grande mercato costituito da botteghe circondate da un portico a pilastri di tufo) e subito dietro le Terme dei Cisarii, la corporazione dei carrettieri (cisia = calesse) che effettuavano il trasporto veloce di persone tra la città il porto e il suburbio con carri a due ruote, tirati da muli. Ancora più avanti sulla destra i pilastri del Portico dal Tetto Spiovente, sotto il quale si aprivano le botteghe (per oltre 100 metri). Le botteghe avevano un piano superiore, alle loro spalle si trovava un complesso di magazzini annonari (horrea), i più grandi della città, mai del tutto scavati. Nei buchi grigliati in mezzo alla strada ecco tratti di tubazione (fistula) dell’acquedotto[9]. Un pozzo scavato in tarda età si trova al centro della strada. Avanti sulla destra ecco le

 

TERME DI NETTUNO

     E’ uno dei complessi maggiori della città, che rientrano nel grande progetto di rinnovamento edilizio iniziato da Adriano e compiuto da Antonino Pio (metà del II sec.); per ammirare i vari ambienti si sale la scala che dal portico raggiunge una terrazza da cui si ha una vista d’insieme. “Nettuno sul carro circondato da Tritoni e Nereidi”[10] che cavalcano mostri marini, “Anfitrite[11] che va sposa al dio degli oceani”, sono alcuni dei soggetti dei mosaici pavimentali delle sale che affacciano sulla palestra all’aperto circondata da portici. Queste sono una delle venti terme presenti a Ostia, destinate ai residenti, le cui case non avevano servizi igienici, ma anche dei marinai e commercianti che si trovavano a Ostia di passaggio. L’acqua giungeva da un acquedotto sorto in età Giulio Claudia, la cui cisterna era sotto la palestra di queste terme, un altro acquedotto venne costruito sotto Vespasiano, la cisterna era subito fuori porta Romana. I mosaici sono coperti (gennaio 2018). Hai la ricostruzione ideale di un’aula di queste terme.

     Dal decumano, possiamo entrare nelle terme e vedere l’impianto di riscaldamento degli ambienti.

     Prendendo la via dei Vigili, che costeggia le terme, all’incrocio con via della Palestra, ecco il grande mosaico di un impianto termale più antico, posto al livello primitivo della città. Il mosaico raffigura teste maschili, personificazioni di alcune province romane (l’Africa ricoperta da pelle di elefante, l’Egitto con il coccodrillo, la Sicilia con le tre gambe, la Spagna coronata di olivo). Nell’isolato posteriore alle terme di Nettuno si trova la

 

CASERMA DEI VIGILI

     Che ospitava fino a 400 pompieri al comando di 4 centurioni. Si deve all’imperatore Adriano. L’edificio si sviluppa intorno ad un grande cortile porticato su cui affacciano le stanze di alloggio. Ai lati due grandi fontane e in fondo il caesareum, cioè la cappella per il culto degli imperatori. Per spengere gli incendi oltre a pompe ad acqua, coperte imbevute di aceto. I vigili erano equipaggiati con asce, falci e picconi.

     Uscendo si notano a fianco della porta, sulla strada, dei riquadri di mosaico con coppe di vino, è quanto rimane di tre osterie che servivano i vigili in libera uscita. Percorrendo via della Palestra e via della Fontana (così chiamata per la presenza di una fontana a bauletto, tipo molto diffusa a Ostia e ideale per mantenere l’acqua fresca) si supera un angiporto, cioè un passaggio coperto, per visitare , in fondo alla strada la

 

CAUPONA DI FORTUNATO

     E’ posizionata proprio alla fine di via della Fontana, sul decumano. E’ un’osteria decorata da un mosaico che reca, sotto la forma di un cratere la scritta: “Dice Fortunato, se hai sete bevi una coppa di vino”. Torniamo sui nostri passi, imbocchiamo l’angiporto, entriamo in via delle Corporazioni, la percorriamo verso sinistra fino a tornare sul decumano. Ecco uno dei pochi edifici cristiani di Ostia, un

 

ORATORIO

     Vi era sepolto San Ciriaco, martire del III secolo, in un sarcofago su cui è appoggiata una lastra con la scritta “Qui Ciriaco dorme in pace”, un rilievo raffigura Orfeo[12] che suona la lira, dove Orfeo è assimilato a Cristo. L’oratorio venne costruito non lontano dal sito in cui nel 269 furono uccisi diversi martiri tra cui Santa Aurea. E’ un vano con abside di età alto medioevale con murature che contengono materiali di reimpiego. L’oratorio fu oggetto di culto fino al medioevo, lo prova un documento del 1162 quando era meta di processioni che partivano da Gregoriopoli e si svolgevano lungo il decumano tra edifici ormai fatiscenti.

     Alla sinistra del decumano, a un livello più basso, sono gli Horrea di Ortensio, di età Giulio-Claudia, la più antica di questo tipo a Ostia. In corrispondenza dell’entrata principale del teatro si osservano i resti di tre piloni laterizi (erano quattro) di un arco onorario del 216 per Caracalla. Siamo giunti al

 

TEATRO

     Uno dei più antichi teatri in muratura, costruito al tempo di Augusto. Sotto il portico, tra le tabernae, c’è una scala che sala alla sommità della cavea da dove, al di sopra della scaena, vediamo il piazzale delle Corporazioni e, in lontananza, la campagna verso il fiume.

     Il teatro conteneva fino a 4.000 persone, noi lo vediamo come appariva dopo il restauro e l’ampliamento della fine del II secolo (Settimio Severo, ebbe un precedente restauro sotto Commodo). L’ultimo restauro fu eseguito nel IV secolo quando la città era in decadenza. E’ ancora in funzione, d’estate vi si tengono spettacoli.

     L’ingresso principale è costituito da un corridoio centrale con volta a botte che porta al piano dell’orchestra: questa è una singolarità del teatro di Ostia. La volta era decorata in stucco da un motivo a ottagoni e tondi alternati a riquadri figurati, se ne conserva uno con una fanciulla alta, la Vittoria, che incorona Ercole, divinità a cui Commodo era particolarmente legato. La scena, ora tenuta a giardino era sicuramente pavimentata con lastre di marmo. Le tre file di gradini marmorei vicino all’orchestra erano posti d’onore per personaggi importanti. La scena presenta in basso un prospetto con nicchie rettangolari e curvilinee; nella parte retrostante sono sistemati, su di un muro di tufo, tre maschere marmoree e alcuni elementi architettonici della decorazione del muro di fondo della stessa scena. Dietro di essa alcune colonne in cipollino. Si riconoscono alcune maschere, riproduzione di quelle realmente usate in stoffa o legno per amplificare la voce degli attori e per interpretare meglio i ruoli femminili, visto che era proibito alle donne calcare le scene. Alle tragedie e commedie si aggiunsero generi più popolareschi come il mimo e la farsa e, nel quarto secolo i tetimini, giochi acquatici. Hai la ricostruzione ideale del teatro e una foto d’epoca dello stesso luogo.

 

Usciamo dietro la scena del teatro a destra, eccoci nel

 

PIAZZALE DELLE CORPORAZIONI

     Un complesso veramente singolare che non si ritrova in nessun altra città romana a noi nota. La più importante testimonianza delle attività commerciali che si tenevano nella città. Si tratta di un vasto spazio rettangolare dove un doppio ordine di portici incorniciavano una superficie verde al cui centro si ergeva, su un alto podio con pronao a due colonne, il tempio di Cerere[13]. Sotto i portici una serie di stationes, cioè agenzie che ospitavano gli uffici di rappresentanza di varie corporazioni, chiamate scholae, di naviculari cioè armatori o di negotiantes cioè commercianti o imprenditori che trafficavano con i paesi d’oltremare. Forse il piazzale era l’ingresso del teatro dove gli spettatori si intrattenevano prima o dopo lo spettacolo, oppure potevano ripararsi in caso di pioggia. Realizzato da Augusto, assunse la forma attuale tra il II e il III secolo. Facciamo il giro in senso antiorario per vedere le 60 postazioni.

     La prima è quella degli stuppatores, i commercianti di corda e stoppa. La seconda il corpus pellion(um) ost(iensium) cioè conciatori di pelli. Nella terza si vedono due navi e in mezzo il faro di Ostia, nell’iscrizione: “Degli armatori che trasportano e commerciano il legno”, il legno era importante per la costruzione delle navi, delle case, per il riscaldamento delle terme per questo gli armatori che gestivano quel commercio godevano di privilegi. Alla quinta un commerciante di granaglie pareggia un moggio, un recipente considerato unità di misura ufficiale (circa 7 Kg). Alla quattordicesima un elefante ricorda che a Sabrata in Libia c’è disponibilità di pachidermi e di avorio. La diciottesima è l’agenzia dei naviculari di Cartagine. Nella ventunesima i naviculari Karalitani, cioè di Cagliari.

     Girato l’angolo, sul lato corto troviamo nella seconda postazione, l’illustrazione di un trasbordo d’anfore da una nave d’alto mare a una più piccola, adatta al Tevere. Appresso si vede il Nilo, con il suo delta, da cui arrivava la maggior parte del grano per Roma. Verso la metà di questo lato ecco i navi(culari) narbonenses che importavano vino dalla Francia. Alcune figure sono ricorrenti: le navi, le anfore, la torre a gradoni del faro di Claudio.

     Sull’altro lato lungo ci sono gli (ale)xandrin d’Egitto e i codicari, cioè i traghettatori. Il simbolo di un’anfora tra due palme con la scritta m(auritania) c(aesarensis) informa che la Mauritania produce e fornisce le anfore di cui si vede stipata la nave della postazione seguente. Le ultime piazzole si trovano a un livello inferiore e quindi più antico.

     Nell’ultimo ambiente del lato occidentale si trova il calco dell’altare del tempio di Cerere (originale al museo Nazionale Romano), con episodi delle origini di Roma, tra cui Faustolo e i gemelli con la lupa. Hai la ricostruzione ideale di questo luogo.

 Concluso il giro prendiamo subito a destra per la

 

DOMUS DI APULEIO

Di cui conosciamo il nome perché inciso su una tubazione. E’ un esempio di casa signorile d’età repubblicana, cioè più antica. Dal vestibolo si raggiunge il cortiletto porticato, ornato da una vasca, su cui si affacciano le camere e si apre un breve corridoio che disimpegna altri ambienti decorati con mosaici e stucchi. Tra i mosaici va segnalato quello con cerchi concentrici e triangoli convergenti al centro dove è la testa di Gorgone.

 

     Attiguo alla Domus di Apuleio si trova il Mitreo delle Sette Sfere o dei Sette Cieli dedicato a Mitra. Culto di origine persiana, introdotto a Roma dalla metà del II secolo dai militari inviati in Oriente. Qui si trova il calco del rilievo (originale ai Vaticani) raffigurante Mitra vestito di corta tunica che uccide il toro, simbolo della vittoria della luce sulle tenebre. Il pavimento è decorato da un mosaico in cui sono raffigurati i sette pianeti (Luna, Mercurio, Giove, Marte, Venere e Saturno) che rappresentano i sette gradi di iniziazione attraverso i quali dovevano passare i fedeli. Non ci si entra (gennaio 2018).

 

     A Sud del Mitreo si trova l’Area Sacra dei Quattro Tempietti, uno dei più antichi santuari della colonia di Ostia. Quando venne costruito (tra il 90 e il 60 a.C.) si trovava in zona extraurbana, fuori dalla mura del Castrum.

 

     Riprendiamo il decumano massimo. Sul lato opposto della strada, subito dopo l’Arco di Caracalla di cui abbiamo parlato prima, si trova la mole del Tempio Collegiale, costruito dalla corporazione dei costruttori, forse la più importante di Ostia. Segue, sempre sulla sinistra la via degli Augustali che porta alla Fullonica e al Mitreo di Felicissimo.

 

FULLONICA

     Era un impianto di lavanderia e tintoria dove si effettuava anche la follatura dei tessuti grezzi, cioè la lavorazione per restringerli e rassodarli. E’ la più grande e la meglio conservata delle quattro trovate a Ostia. Si presenta come un vasto ambiente scandito da pilastri, al centro sono allineati quattro vasconi, lungo il perimetro numerose vaschette. Gli operai addetti, i folloni, immergevano i tessuti in catini ripieni di liquidi speciali e li pigiavano con i piedi sorreggendosi ad appositi muretti. Dopo vari lavaggi nei vasconi, i tessuti venivano stesi ad asciugare sul terrazzo, a testimonianza resta, sulla destra, la scala di accesso.

     Per ottenere il colore desiderato le si strofinava e mescolava in liquidi a base di ammoniaca (meglio sale d’ammonio). Tra le tinte più richieste vi era il rosso, usato in particolare per il bordo delle toghe dei senatori e ottenuto diluendo con urina l’estratto di un mollusco.

 

Alla fine della strada si arriva in via della Fortuna Annonaria, subito a sinistra ecco il:

 

MITREO DI FELICISSIMO

L’interesse di questo è costituito dal fatto che il mosaico pavimentale, conservato lungo tutto il corridoio fra i podi, fornisce uno dei rari documenti per la conoscenza del culto mitriaco. Purtroppo a febbraio 2018 i mosaici sono coperti.

 

 Torniamo sul decumano massimo, sulla sinistra la:

 

SEDE DEGLI AUGUSTALI

La schola dei sacerdoti addetti al culto della casa imperiale. Era una corporazione formata da liberti che, per le funzioni che espletava, era molto appoggiata dai regnanti. Due colonne affiacavano l’ingresso, attraverso il vestibolo si raggiunge il grande cortile porticato sul cui fondo si apre l’aula absidata che custodiva le statue degli imperatori. Le decorazioni dei pavimenti a mosaico presentano vari motivi, tra cui il noto piccolo riquadro dei due amorini che sorreggono una corona. Qui dovevano trovarsi le statue degl imperatori, quelle attualmente esposte sono calchi in gesso, gli originali al museo Ostiense come la statua di Massenzio nelle vesti di Pontefice Massimo.

 

    Dopo un centinaio di metri troviamo i resti della porta orientale del CASTRUM. Prendiamo a destra la via dei Molini. Nel primo tratto le antiche mura del castrum fatte di blocchi squadrati di tufo, cioè in opus quadratum. Poco più avanti sulla destra i

 

GRANDI HORREA

     I più grandi magazzini di Ostia. Un enorme edificio rettangolare, dalle spesse mura di tufo, composto da vasti locali che circondano un grande cortile. Lo spessore dei muri impediva il propagarsi degli incendi e assicurava un buon isolamento termico, mentre i pavimenti, appoggiati su muretti che formavano una sottostante camera d’aria, proteggevano le merci dall’umidità. La facciata principale era sul lato Nord, verso il Tevere, con ingressi minori sui lati occidentale e orientale. E’ formato da 64 celle, nel cortile al centro un portico a colonne di tufo.

     Proseguendo per via dei Mulini, ecco a sinistra:

 

IL MOLINO E PASTIFICIO

     Chiamato anche “Molino del Silvano”. Risale al II secolo era un luogo di produzione semi industriale. Ad Ostia c’erano 20 aziende di questo tipo, oggi ne restano due. Tra i maggiori di Ostia, occupava diversi ambienti situati dietro le botteghe che vendevano i prodotti del forno. Il pane ostiense veniva consumato anche a Roma dov’era rinomato come oggi quello di Velletri o Genzano. In un grande ambiente sono rimaste le macine in pietra lavica (proveniente dalla rupe di Orvieto) formate da una base fissa detta meta a forma di cono, sovrapposta c’è un cono rovesciato detto capillus. Due buchi servivano per infilare un palo di legno che era fatto girare da un asino. Nel cono superiore veniva immesso il grano, che usciva farina. Notare il pavimento che era in basoli come nelle strade, un pavimento più resistente. Nel corridoio le vasche per impastare la farina. In fondo a destra un grande forno per cuocere il pane. Esistevano vari tipi di pane: il fiscalis era a prezzo controllato, il nauticus era a lunga conservazione, per i marinai, l’autopirus era un pane integrale, poi vi era il pane più pregiato fatto con miele, vino, latte, olio, frutta candita. Il pane non lievitato serviva per i riti sacri.

     Torniamo indietro di pochi passi e imbocchiamo la via di Diana, tipico esempio di via romana del tempo dell’impero, con case d’abitazione a più piani e botteghe, tra queste, sulla destra la

 

CASA DI DIANA

     Riconoscibile per la balconata che gira lo spigolo del fabbricato. E’ un’insula, cioè un edificio per abitazione collettiva, ad appartamenti o singole camere d’affitto che prendevano luce dai lati esterni oppure dal cortile centrale, poteva essere anche di 4/5 piani. L’ingresso al piano stradale è vicino alla scala. Si entra in un corridoio dove a destra c’è lo sgabuzzino della portineria e dopo ecco la latrina comune. Segue un vasto ambiente con la delicata decorazione originale che lo abbelliva prima che diventasse una stalla. Nel cortile c’è la fontana comune. Al primo piano lo stesso schema. Il nome Casa di Diana gli deriva da una lastra di terracotta raffigurante Diana[14]. Si può salire ad un punto panoramico (gennaio 2018).

     Nella via di Diana altre case con balconi, nell’ultima si aprono le tre luci del famoso:

 

THERMOPOLIUM DELLA VIA DI DIANA

    Mescita di vino e tavola calda del III secolo quando furono costruiti i muri sotto le mensole, con sedili per i clienti e decorati con motivi geometrici. Nella sala centrale c’è il bancone con i sottostanti bacini per lavare le stoviglie e una scaffalatura per i prodotti. Nel bacino o vaschetta per lavare le stoviglie è riutilizzata una lastra con dedica a Fulvio Plauziano, prefetto del pretorio ucciso da Caracalla nel 205: la lastra permette di datare il termopolium al III secolo. Una parete vicina, anch’essa a scaffali, è decorata con un pannello che reclamizza la frutta e i cibi che si potevano consumare (uova, olive e rapa piccante come antipasto). A destra c’è la cucina di cui rimane un frammento d’orcio e un fornello. Nella buona stagione si poteva stare all’aperto nel cortiletto retrostante rallegrato da una fontanella. Nel termopolio si poteva bere un vino caldo con erbe e resina di pino, una bevanda per tutte le ore, come il caffè di oggi (la pianta del caffè giunge dall’Etiopia, la portarono in Europa i veneziani nel Cinquecento, ma i primi caffè aprirono nel Seicento). Oppure il vino tiepido con il miele, unico dolcificante conosciuto (lo zucchero venne importato dagli arabi in Sicilia e Spagna nel IX secolo). Inoltre focacce, vasetti di miele e dolciumi vari. Hai una ricostruzione ideale di questo luogo, anche interno.

 

     Al termine della strada imbocchiamo, sulla destra, la via dei Dipinti lungo la quale si susseguono tre insulae signorili del II secolo, ciascuna con un solo appartamento per piano: l’insula di Giove e Ganimede, l’insula di Bacco fanciullo e infile l’insula dei Dipinti che ha dato il nome alla strada. Si può entrare nell’ultimo ambiente, si può vedere un mosaico grande con figure femminili (volti) e uccelli (gennaio 2018). In fondo sulla destra ecco il

 

CASEGGIATO DEI DOLI

     Un edificio commerciale di cui è rimasto soltanto il pavimento della cantina con 35 dolia interrati, orci di terracotta in cui si conservano olio e vino. La capacità media di questi doli, indicata su alcuni di essi, era di 40 amphorae, una anfora conteneva circa 26 litri. Circa 1.000 litri.

Subito dopo i resti di una mensola che appartiene alla sinagoga che si trova fuori porta Marina (notare il candelabro a sette braccia). La strada termina sotto una breve scalinata che porta al

 

MUSEO OSTIENSE

     Ricavato nel quattrocentesco “Casone del Sale” costruito dal governo pontificio, qui è ospitata la direzione degli scavi. Edificio con facciata neoclassica, adattato da Pio IX a museo.

     Dal portale principale si entra in un corridoio, a sinistra di esso si trovano due sale dedicate ai culti orientali, nella prima è un grande coperchio di sarcofago di un archigallo, sommo sacerdote del culto di Cibele e Attis (dall’isola Sacra); nella seconda sala il piccolo sacello di Attis dal Campo della Magna Mater presso la porta Laurentina, in fondo il gruppo statuario di Mitra che uccide il toro dal Mitreo delle Terme di Mitra (via della Foce), firmata da Kriton, artista ateniese, vicino la copia della collezioni Giustiniani.

     Scendendo alcuni scalini ecco la prima sala. Al centro della parete di fondo la grande statua di Minerva – Vittoria che si trovava sulla porta Romana. Notevole il rilievo in travertino dell’aruspice Fulvius Salvis, datato 80-65 a.C., proveniente dal tempio di Ercole, raffigura il recupero straordinario in mare di una statua di Ercole.

     La sala sulla destra presenta la centro la statua di Perseo con testa di medusa proveniente da una villa suburbana fuori porta Laurentina. Tra la statuaria minore di arredo è visibile sulla destra della sala il piccolo gruppo di Amore e Psiche, rivenuto nella omonima domus, e quello delle Tre Grazie.

     La sala sulla sinistra raccoglie soprattutto copie romane di originali greci tra cui una testa di Atena con elmo corinzio dal caseggiato dei Triclini, una statua di Artemide in veste amazzonica dalla domus della Fortuna Annonaria, una testa di Efebo del I secolo con tracce di policromia dalla necropoli dell’Isola Sacra. Sul fondo della sala è stato recentemente collocato un lungo fregio figurato in marmo lunense del II sec. raffigurante scene del mito di Atena ed Efesto, probabilmente destinato al culto di Vulcano.

     La sala centrale del museo è dedicata alla ritrattistica romana. Nella parete di ingresso la grande statua votiva in nudità eroica di Cartilio Poplicola (I sec. a.C.), dal tempio di Ercole (il sepolcro di Cartilio Poplicola è fuori porta Marina. Sulla sinistra i ritratti di Agrippa, Augusto, Marciana (sorella di Traiano), Traiano. L’imperatrice Sabina è raffigurata in due statue, sulla destra Iulia Procula da un sepolcro dell’Isola Sacra.

     La sala successiva continua la serie dei ritratti imperiali, notiamo un busto di Settimio Severo e la statua della moglie Giulia Domna. Sulla parete di fondo spicca la possente statua di Massenzio vicina alla esile statua della moglie Fausta rinvenute nel Collegio degli Augustali. La più notevole statua della sala è quella dell’Iside Pharia o Pelagia con serpente in marmo bigio che doveva essere raffigurata in piedi sulla pura di una nave oggi mancante.

     L’ultima sala che segue sulla sinistra espone diversi sarcofagi tra cui spiccano due esemplari provenienti dalla necropoli di Pianabella (a sud est dell’attuale Ostia Antica, oltre l’attuale via Ostiense). A sinistra il sarcofago con scene dell’Iliade, il mito di Achille, la vestizione dell’eroe a sinistra e la scena del pianto funebre intorno al corpo del defunto Patroclo a destra. Di fronte sarcofago con centauromachia. Tutte le notizie dal sito internet: ostiaanticatickets.it.

 

 

Usciti dal museo voltiamo subito a destra per raggiungere il Cardo Massimo, la strada che andava dal Foro al fiume. Fiancheggiano la strada i portici di Pio IX, chiamati così in ricordo di una visita del Papa. Andiamo al

 

FORO

     Il centro della città romana dove si svolgevano le attività religiose, politiche, amministrative e commerciali. I resti che vediamo si riferiscono all’età di Adriano (120), ma attraverso le cavità aperte nel pavimento della piazza si vede l’impianto precedente. Vediamo gli edifici principali, subito a destra, sul lato corto della piazza, ecco il Capitolium, sul lato lungo destro della piazza si susseguono la Curia e la Basilica. Sul fondo il tempio di Roma e Augusto. Al centro del Foro si trovano i resti di un’area circolare dedicata ai Lares[15] augusti, cioè le divinità che proteggevano l’imperatore.

 

CAPITOLIUM

     E’ il tempio dedicato alla triade Giove, Giunone e Minerva. Con lo stesso nome e con gli stessi dei fu costruito in ogni città e colonia romana in quanto era considerato il principale culto di Stato, la triade capitolina, che corrispondeva al tempio capitolino di Giove Ottimo Massimo. Salita la scalinata entriamo, attraverso i resti del colonnato, nel tempio che ci appare completamente spoglio. Non è rimasto altro che la grande soglia d’ingresso in marmo africano. Sotto si estendono tre vasti ambienti, probabile archivio di Stato e tesoro pubblico. Hai una ricostruzione ideale di questo monumento, anche foto d’epoca.

 

CURIA

     L’edificio, con sei colonne sulla fronte, ampio pronao, ospitava una grande aula rettangolare per le assemblee dei rappresentanti del popolo. L’aula era fiancheggiata da due corridoi.

 

BASILICA

     Sede del tribunale, ma anche luogo dove si trattavano affari, con la grande sala colonnata a tre navate di cui la centrale più grande. Al centro del pavimento resti cospicui in marmo. Il portico frontale dà sulla piazza del Foro e sul decumano con un doppio portico a pilastri laterizi rivestiti di marmo con un fregio di putti e festoni.

 

TEMPIO DI ROMA E AUGUSTO

     Dell’edificio restano alcuni frammenti del frontone e la statua della dea Roma in costume di amazzone che poggia un piede sul globo terrestre. E’ probabile che sulla facciata del tempio vi fosse una tribuna per gli oratori e per i giudici. Hai una ricostruzione ideale del tempio e della parte sud della piazza.

 

In fondo alla piazza, sulla sinistra, prendiamo via della Forica, subito a sinistra si trova la

 

LATRINA PUBBLICA O FORICA

     Luogo per fermarsi a fare un bisogno veloce mentre si era in giro per la città. Fu ricavata modificando una bottega di età adrianea, forse nel periodo in cui vennero costruite le terme. E’ formata da una fila di venti sedili in marmo, ciascuno con il proprio foro, al di sotto dei quali corre una canaletta per lo scolo dell’acqua. Si accedeva da una porta girevole, si conserva il foro centrale nella soglia d’ingresso.

 

Di fronte c’è l’ampio ingresso delle

 

TERME DEL FORO

     Non ci si può entrare da questo lato ma dal retrostante cardo massimo (gennaio 2018).  Le terme più grandi e sontuose di Ostia, iniziate nel 160, ancora in uso nel V secolo. Una serie di saloni suddivisi da colonne si affianca al salone centrale che era il frigidariu, destinato ai bagni freddi. Al di là vi erano le sale calde riscaldate a ipocausto, cioè per mezzo di aria calda prodotta dalla centrale sotterranea. Queste sale si aprivano su una grande palestra all’aperto circondata dai portici. Gli scavi hanno restituito molti aghi crinali, le forcine d’osso con cui le donne fermavano i capelli: quindi era frequentato anche da donne, ovviamente con orari differenti rispetto agli uomini, anche se la norma non era sempre rispettata. Hai una ricostruzione ideale di questo luogo.

 

Tra le termee il decumano si trova il caseggiato dei Triclini, sede della corporazione dei costruttori. Subito dopo  si estende un vasto piazzale della fine del IV secolo, circondato da portico colonnato, detto Foro della Statua Eroica per la presenza di una statua di uomo senza la testa.

 

Torniamo sui nostri passi, attraversiamo il Foro, imbocchiamo il decumano tra Curia e Basilica, oltrepassata quest’ultima eccoil grande piazzale che ha sul fondo il

 

TEMPIO ROTONDO

Forse un Pantheon, cioè un tempio dedicato a tutti gli dei, una scalinata sale al pronao di 16 colonne corinzie antistanti la grande cella rotonda già coperta da cupola. Due scale a chiocciola (una in parte conservata) consentivano di salire alla cupola. E’ un’opera tarda, della metà del III secolo, restaurato sotto Costantino. Si ritiene che il tempio di aspetto solenne e scenografico fosse sede del Senato in occasioni particolarmente importanti. Hai una ricostruzione ideale di questo luogo.

     Di fronte si trova il Caseggiato del Larario, si tratta di un mercato costruito nel 120. Ha il suo ingresso tra due botteghe, segue un cortile con altre taberne, ognuna ha scalette per accedere ai soppalchi abitazioni. Notare l’edicola decorata con mattoni rossi e gialli che conteneva i Lari, ovvero i protettori di questa comunità. Hai foto d’epoca del retro della Curia e di questo monumento.

 

     Proseguendo sul decumano, dopo poco, ecco la Porta occidentale del Castrum, segue una biforcazione. La biforcazione è preceduta da altre due strade, una a sinistra: via del Pomerio (che percorreremo nel ritorno), una a destra: via Epagatiana. Quest’ultima conduce all’ingresso degli Horrea Epagathiana e Epaphroditiana, grande complesso di magazzini, così chiamati su una lastra marmorea che fa riferimento ai due proprietari, dal nome erano greci, probabili liberti arricchiti con i commerci

 

     Sul punto di biforcazione, sulla sinistra si incontrano le Tabernae dei Pescivendoli, con una vasca vivaio, il tavolo della vendita, il bancone dove si cucinava il pesce e un mosaico pavimentale con un delfino (considerato disturbatore della pesca e quindi da calpestare) che addenta un polipo,

con una scritta contro il malocchio: “O invidioso ti calpesto”.

Alle loro spalle il Macellum, mercato delle carni.

 

MACELLO

Nel grande piazzale trapezoidale delimitato dal decumano e dalla via del Pomerio, pavimentato con mosaico e dotato di una vasca centrale, si svolgeva il mercato delle carni. La documentazione epigrafica ci permette di ricostruire la storia del luogo e della famiglia Gamala, una delle più influenti di Ostia.

 

     Prendiamo a destra via della Foce (la strada conduceva alla foce del Tevere), mentre a sinistra il decumano prosegue fino a porta Marina, fatti pochi passi ecco sulla destra l’

 

AREA SACRA REPUBBLICANA

     Qui si trovano alcuni tra i più antichi edici di culto della città. Li troviamo a un livello più basso, costruiti in tufo o peperino, orientati secondo gli allineamenti cittadini primitivi. Il maggiore è il tempio di Ercole del II secolo a.C. sede di un oracolo che gli ammiragli della flotta romana consultavano prima di imbarcarsi per le imprese di guerra. Al centro del pronao su alto podio c’è l’altare con la dedica: “Deo invicto Herculi”. Nel pronao il calco (originale nel museo) di una statua ritratto maschile stante, del tipo eroe in riposo, dono votivo di Cartilio Policola, lo stesso del sepolcro fuori porta Marina. Sulla parete di un edificio attiguo è murato il calco di un rilievo (l’originale nel museo) trovato presso il tempio. La scena si articola in tre momenti: la pesca miracolosa della statua di Ercole, Ercole estrae da una cassetta un oracolo e lo consegna ad un uomo, un aruspice lo consegna ad una terza persona sulla quale vola una Vittoria. Sul lato Nord si trova il tempio tetrastilo con colonne di tufo e capitello in peperino (fine II sec. a.C.). Il terzo tempio, detto dell’Ara Rotonda, per il ritrovamento di un altare circolare, si trova sotto via della Foce, quasi occultato da quello di Ercole. Hai una ricostruzione ideale del tempio di Ercole.

     Alle spalle del tempio ecco la

 

DOMUS DI AMORE E PSICHE

     Esempio di domus signorile di tarda età, del IV secolo. Forse di un funzionario imperiale che la abitava solo in estate perché in essa non è stato trovato impianto di riscaldamento. Dal vestibolo si raggiunge una galleria che, attraverso archi e colonnine si affaccia su un giardino interno. Sulla sinistra tre camere: quella di mezzo, con pavimento a specchiature marmoree, era ornata dal gruppo di Amore e Psiche ora al museo (ma sul posto un calco). La sala principale, che si apre sul fondo, aveva le pareti rivestite di marmo e un bellissimo pavimento a tarsie policrome, nell’angolo sinistro della sala una scala saliva al piano superiore (resti). Hai una ricostruzione ideale della domus di Amore e Psiche.

    Torniamo su via della Foce, avanti, ancora a destra prendiamo via delle Terme di Mitra, terme che si trovano sul lato sinistro. Anche qui si riconosce il piano interrato di servizi e cisterne. Raggiunta la sala maggiore, che si riconosce da una colonna superstite, troviamo in un angolo un’apertura da cui usciamo sul vicolo retrostante, una scaletta ci porta nel

 

MITREO

     Un tempio dove si officiava il culto del dio Mitra, religione ellenistica basata sul culto del dio persiano Mitra e da altre divinità dello zoroastrismo. Fu una religione misterica. Questa religione, nata nel Medio Oriente intorno al II-I secolo a.C. raggiunse il massimo sviluppo nel III – IV secolo, venne portata a Roma da soldati provenienti dall’Oriente, aveva ad Ostia 17 luoghi di culto, o almeno tanti ne sono stati ritrovati. La religione ruotava intorno all’idea di un’anima e della sua possibilità di diventare eterna attraverso le sette sfere planetarie. Erano escluse le donne, fu praticata da elite di militari e burocrati amministratori dell’impero. Non ebbe testi scritti, i suoi rituali erano tenuti segreti. Si spense gradualmente con l’editto di Teodosio del 390 che dichiarava il Cristianesimo unica religione dell’impero. Lungo le pareti triclini, banchi in muratura, ovvero i triclini in cui si sedevano i fedeli come a una mensa. Dal fondo emerge la statua di Mitra (originale al museo) che compie il scarificio del toro propiziatorio di fertilità e abbondanza. Ma in questo caso l’episodio è colto un attimo prima, Mitra afferra la testa del toro, alza il alto il pugnale che non c’è più. Torniamo su via della Foce, poco più avanti ecco una

 

CALCARA ?

Cioè una di quelle fornaci che nel medioevo trasfromavano in calce i marmi di Ostia.

Torniamo su via della Foce, avanziamo ed ecco, sempre a sinistra, tre edifici: uno termale e due di abitazione. Entriamo nel primo

 

CASEGGIATO O INSULA DEL SERAPIDE

Composto da tabernae al piano stradale e appartamenti ai piani superiori, disposti tutti intorno a un cortile porticato con pilastri alti due piani. Prende il nome da una raffigurazione di Serapide[16] collocata entro un’edicola nel cortile. Lo attraversiamo, eccoci nelle

 

TERME DEI SETTE SAPIENTI

     Erano a disposizione degli abitanti del complesso, ma forse anche aperte al pubblico. Entriamo nel frigidarium, sala molto grande, circolare, coperta da cupola. Sul pavimento è raffigurata un’elaborata scena di caccia. Da una nicchia a sinistra dell’entrate si passa in una saletta dove erano le immagini di sette sapienti di cui restano i nomi in greco: Solone di Atene, Talete di Mileto, Chilone di Sparta. Delle terme e dei due caseggiati hai alcune foto d’epoca.

     Dal vano centrale, attraverso ambienti decorati (Venere Anadiomene, cioè emergente dalle acque) e un’ampia sala ad arcate, si esce in uno stretto passaggio che divide le terme dal

 

CASEGGIATO DEGLI AURIGHI

     Auriga era colui che guidava la biga nei giochi del circo. Gli aurighi vittoriosi si vedono raffigurati sulla facciata, vicino all’ingresso. Raggiungiamo il vasto cortile fiancheggiato da portici, da cui partono due corridoi che disimpegnano appartamenti signorili decorati con affreschi. Sul lato Nord del portico si ammirano due interessanti quadretti raffiguranti due aurighi su bighe. Fini anche le pitture delle stanze dell’appartamento del lato destro con pannelli in cui sono rappresentati amorini, nature morte e scene di caccia al cerevo o alla pantera. Le strutture si sono conservate per circa dieci metri, fino all’imposta della volta del terzo piano.

     Lungo il corridoio di destra usciamo sulla via Tecta degli Aurighi, coperta da una serie di arcate con tabernae. Il caseggiato si affaccia sul cardo degli Aurighi che percorriamo verso sinistra fino a incontrare via delle Volte Dipinte che ha preso il nome dalla seconda casa a sinistra, la

 

INSULA DELLE VOLTE DIPINTE

     Interessante esempio di abitazione romana in età adrianea, un parallelepipedo regolare con un solo appartamento per piano. Tutte le stanze prendono luce dall’esterno, quindi il cortile è abolito. Si conserva parzialmente anche il primo piano. L’insula è nota per le pregevoli pitture sulle pareti e sulle volte (caso rarissimo). Negli ambienti di rappresentanza vi è un fondo giallo o rosso con motivi architettonici, geometrici o figurati (uomini o animali), mentre negli ambienti privati su fondo bianco vi sono elementi architettonici e decorativi schematizzati. C’è un termopolium. Di fronte abbiamo:

 

INSULA DELLE MUSE

     Contemporanea alla precedente ma di taglio più tradizionale: un grande e decorato appartamento per piano si sviluppa intorno a un peristilium su cui si affacciano le camere. Nella decorazione pittorica delle stanze si tenne conto dell’orientamento della luce per cui i vani posti in ombra avevano pitture dai colori chiari e leggeri per dare luce e spazio, invece quelli con ampie aperture erano dipinti con colori forti e scuri.

     Proseguendo raggiungiamo uno slargo (panchina di design) su cui si apre, sulla destra, il monumentale ingresso al quartiere delle

 

CASE A GIARDINO

     Altro esempio dell’evoluzione abitativa romana. Era un signorile complesso residenziale, isolato da strade e botteghe, nel verde di un giardino privato con sei fontane. E’ formato da due blocchi gemelli e paralleli, ciascuno con due coppie di appartamenti separati da un passaggio coperto sul quale si aprono gli ingressi. L’appartamento tipo del piano terreno è composto da un corridoio d’ingresso che conduce a  un ambiente largo e luminoso che disimpegna sia le camere di rappresentanza esterne, che quelle da letto e di servizio. Vicino all’ingresso c’è la scala per il primo piano. All’esterno, accanto al passaggio coperto, un’altra scala conduceva agli alloggi dei piani superiori. Hai un’immagine tratta da google maps, visione dal satellite.

     Uscendo dal quartiere delle case a giardino e piegando a destra si passa davanti alla

 

DOMUS DEL NINFEO

Del IV secolo con alte arcate su colonne e il ninfeo a nicchie rivestito di marmi.

 

     Si torna sul decumano massimo. Procedendo verso destra si arriva a:

 

PORTA MARINA

    a poca distanza dall’antica spiaggia (circa 150 metri). La porta è posta a un livello più basso rispetto alla quota imperiale.  E’ formata da un solo vano con murature in blocchi di tufo in opera quadrata fiancheggiata da due torri esterne. Presenta una struttura più poderosa rispetto alle altre porte di Ostia perché punto più esposto a eventuali attacchi provenienti dal mare. La porta venne presa d’assalto da Mario nell’87 quando era in guerra con Silla e venti anni dopo dai pirati. Sulla sinistra la Caupona di Alexander. La caupona era un’osteria/taverna di basso livello, mal frequentata. Al centro una vasca, sul lato un banco di mescita con due vaschette. Sul pavimento un mosaico con due lottatori, sopra i loro nomi, Venere nuda, con una mano regge uno specchio, con l’altra si copre le parti intime, quindi due ballerini, uno con il fallo nella parte posteriore.

 

     Subito oltre porta Marina si trova un nuovo quartiere sorto nel primo secolo dell’impero e che ebbe la sistemazione definitiva nel II secolo. Le ragioni di questa espansione sono da ricercare nella presenza della via Severiana che collegava Porto con Anzio. Subito fuori la porta si trova, a destra, un monumento funerario con basamento e corpo cilindrico con colonne, copertura conica (probabilmente del 40-30 a.C.). Sul lato opposto si apre un ampio piazzale detto Foro di Porta Marina, di età adrianea, un’area quasi quadrata circondata da colonnato. Proseguendo sul decumano ecco sulla sinistra (ma bisogna imboccare la via a sinistra) il Sepolcro di Cartilio Poplicola di tarda età repubblicana. Ovviamente è ad un livello inferiore. Non lontano si scorgono le Terme di Porta Marina, dette anche di Marciana, perché di età Traianea, Marciana era la sorella dell’imperatore. I mosaici pavimentali conservano ancora rappresentazioni di atleti premiati, soggetti ittici e scene marine.

     Ad est delle terme un sentiero mal tracciato conduce alla sinagoga del I secolo, primo esempio di tempio israelitico in Italia e nel Mediterraneo. Presso di esso si osserva il basolato stradale della via Severiana. Il tempio è del I secolo ma venne completamente rifatto nel IV in opera listata[17]. Dalla strada si entra in un nartece, quindi nell’edificio formato da due grandi vani. Il primo ha quattro alte colonne, un’edicola ornata da due colonnine con i calchi di mensole sulle quali è il candelabro a sette braccia (Menorah), era il luogo più sacro dove si custodiva l’arca delle leggi (Thorah[18]). L’altra sala era per le riunioni. Vi è inoltre un ambiente con forno e un bancone in marmo per impastare il pane. Sul lato ovest è un tratto della diga realizzata per proteggere dalle mareggiate.

 

     Torniamo indietro, ci lasciamo a sinistra il cardo degli Aurighi, ecco la Fontana a lucerna, forse la più bella di Ostia (l’acqua fuoriusciva da sette bocche a forma di lucerna), si va ancora avanti, ma sulla destra ecco la

 

SCHOLA DEL TRAIANO

sede della corporazione dei “fabri navales”, i ricchi armatori ostiensi proprietari anche del

 

TEMPIO DEI FABRI NAVALES

Che si erge di fronte alla schola. Presso il cortile sono accatastate, oltre a basi e capitelli numerose colonne di marmo greco, è pertanto probabile che in tarda età imperiale la costruzione fosse adibita deposito di marmi e officina per la loro lavorazione.

     Poco più avanti sulla sinistra ecco l’ingresso della

 

BASILICA CRISTIANA

     Il maggiore degli edifici cristiani di Ostia. Risale alla fine del IV secolo, è composta da due navate separate da una fila di colonne. Sulla navata di destra si aprivano tre cappelle, seguono altre due interne. Quella di sinistra ha un’architrave con la scritta: “In Christo…” e si conclude con “Accostatevi alle fonti dei cristiani”. A sinistra c’è una vasca semicircolare. Entrambe le navate terminano con un’abside.

     Raggiunto il bivio del decumano da cui siamo passati prima, troviamo sulla destra le tabernae dei pescivendoli. Dietro di esse il Macello.

 

MACELLO

Nel grande piazzale trapezoidale delimitato dal decumano e dalla via del Pomerio, pavimentato con mosaico e dotato di una vasca centrale, si svolgeva il mercato delle carni. La documentazione epigrafica ci permette di ricostruire la storia del luogo e della famiglia Gamala, una delle più influenti di Ostia.

     Dal retro del macello si esce sulla via del Pomerio, dopo pochi passi, svoltiamo a sinistra nella via del Tempio Rotondo che percorriamo fino a raggiungere il cardo Massimo nel ramo che, dopo l’interruzione del Foro arriva alla Porta Laurentina. Sorpassato un ninfeo ornato da cinque nicchie, in una delle quali c’è ancora una statua di Venere, incontriamo un’altra forica. Da una lastra rovesciata osserviamo che i sedili furono ottenuti riciclando i bassorilievi di monumenti più antichi.

 

     Pochi metri appresso (siamo sul cardo massimo) troviamo sulla destra, la più bella fontana della città

 

NINFEO DEGLI EROTI

     Il nome ninfeo significava originariamente santuario delle Ninfe, è stato poi adoperato per indicare fontane di particolare pregio architettonico. In questo caso si tratta di un piccolo complesso dove la fontana è racchiusa in un recinto marmoreo ornato da nicchie e, un tempo, da statue tra le quali quella di Eros, il dio dell’Amore, nell’atto di scoccare la freccia. La statua deriva da una nota scultura di Lisippo, attualmente conservata nel museo Ostiense.

     Proseguendo ci inoltriamo in una zona dove si trovano i resti di alcune tra le più belle domus di epoca tarda, del IV secolo, quando diverse insule rimaste disabitate, furono demolite per fare posto a queste nuove domus che costituiscono l’ultimo tipo edilizio della città in decadenza.

     All’angolo con via della Caupona si trova una delle più grandi, la

 

DOMUS DELLE COLONNE

     Dall’atrio si accede al cortile porticato; al centro, alla primitiva vasca con colonne, venne in seguito aggiunto un ninfeo con due absidi. Tra le camere che si affacciano sul portico c’è subito a sinistra, una saletta con un elegante ingresso decorato da due colonne. Ugualmente decorato è il tablino, la grande sala di ricevimento che si apre in fondo al cortile, affiancata da altre camere, forse cubicola, cioè camere da letto.

     Dietro questa casa, con ingresso da via della Caupona si trova un altro esemplare di domus del IV secolo.

 

DOMUS DEI PESCI

     L’ingresso sulla via è quello di servizio, quindi la visita della domus va a ritroso.  Raggiunto il salone di ricevimento, decorato con un bel mosaico geometrico con 48 formelle, usciamo sul peristilio ornato da fontane di diverse epoche.

     Dal cortile entriamo nel corridoio che lo circonda, su cui si aprono, da destra, un salottino, poi una camera più ampia fornita di riscaldamento (come si nota dalle condutture poste nello spessore delle pareti), infine l’anticamera che precede il vestibolo, cioè l’ingresso principale, con un mosaico che raffigura un pesce dentro una coppa e due pesci all’esterno. Per il significato simbolico di questa figura si pensa che la casa fosse di proprietà di una famiglia cristiana. La parola pesce in greco era la sigla di Gesù Cristo Salvatore Figlio di Dio.

     Di fronte all’ingresso di servizio da cui siamo entrati c’è la CAUPONA DEL PAVONE, osteria o albergo, già abitazione privata, che ha dato il nome alla strada. E’ chiamat così perché nel larario domestico si trova una pittura raffigurante un pavone (quasi del tutto scomparsa). Gran parte delle pareti sono decorate da affreschi dell’età severiana (210-220). Sono pannelli gialli o rossi con figure dionisiache e di muse, decorazioni vegetali e animali.

     Riprendiamo il cardo verso porta Laurentina. Proprio all’incrocio del cardo con via della Caupona, ma sulla sinistra si trova una forica triangolare. Si riprende il cammino sul cardo, prima di giungere alla porta si trova il Campo della Magna Mater, un vasto piazzale triangolare delimitato dal tratto finale del cardine e dalle mura repubblicane. Comprende templi, sacelli e scholae relativi al culto della Magna Mater, dea orientale della Fertilità, il cui culto fu introdotto a Roma nel 204 a.C.

     Si è giunti alla Porta Laurentina, la meglio conservata, con un solo vano e fiancheggiata da due torri quadrate. Da qui usciva la via che conduceva a Laurentum, oggi nella Tenuta Presidenziale di Castel Porziano. La via Laurentina partiva dalla via Ostiense all’altezza di Tor di Valle, seguiva il fosso di Vallerano, giugneva a Laurentum oppi nella Tenuta Presidenziale di Castel Porziano.

     Torniamo sui nostri, prima di giungere alla Caupona del Pavone lasciamo il cardo massimo per una piccola traversa di destra detta Semita dei Cippi. In essa c’è un altro grande

 

MOLINO E PASTIFICIO

Conserva molte attrezzature e il forno. La SEMITA DEI CIPPI, unica strada ostiense di cui si conosce il nome originale: “Haec semita hor(rreorum)… est”, questa è la strada dei magazzini. La percorriamo a sinistra fino a raggiungere la via della Fortuna Annonaria, che ha preso il nome dalla casa d’angolo.

 

 

 

DOMUS DELLA FORTUNA ANNONARIA

     Un altro esempio di domus di tarda età ricavata dalla ristrutturazione di una casa più antica. L’ingresso a “protiro”, cioè con portichetto antistante, ci introduce, tramite un vestibolo, nel vasto cortile porticato su tre lati e chiuso sul quarto da un muro decorato da nicchie e statue; la statua a destra, con cornucopia e remo è quella della Fortuna che ha dato il nome alla casa.

   Nel cortile c’è una  vera di pozzo decorata. Sulla destra si apre la sala principale – per banchetto -  con tre arcate su colonne abbellita da un ninfeo e chiusa in fonda da un’abside; ha pavimento e pareti rivestiti di marmi. Sul lato opposto del cortile c’è un’altra sala con pavimento musivo a figure, tra le quali la Lupa che allatta i gemelli.

 

   In fondo alla via della Fortuna Annonaria si trova il Mitreo di Felicissimo, quindi a sinistra per la via degli Augustali con la Fullonica si sbocca sul decumano tra gli Augustali a sinistra e il tempio collegiale a destra. Siamo poco prima del teatro.

 

RICORDI DI ANZIANI

“Il professore di Lettere, era così bravo! Una volta ci ha portato agli scavi di Ostia, che credo fossero stati aperti da poco. Andammo con il treno e dopo ci portò a vedere il mare. Ostia! Beh! E’ stata la prima volta che ho visto il mare! Ostia è a un passo da Roma!” Dal racconto di Emma Castelnuovo, in AA.VV. I nonni di Roma raccontano la storia, ed. Comune di Roma, 2006, pag. 24.

 

OSTIA ANTICA AL CINEMA

     Nel film “Ex – Amici come prima” (2011) di Fausto Brizzi, diretto e co-sceneggiato da Carlo Vanzina, la scena iniziale del film è ambientata nella piazzetta davanti alla chiesa di Sant’Aura. Nel cast Enrico Brignano, Alessandro Gassman, Vincenzo Salemme, Tosca D’Aquino, Natasha Stefanenko, Gabriella Pession e altri.

   Nel film tv “Non è mai troppo tardi” che racconta la vita del maestro Alberto Manzi, interpretato da Claudio Santamaria, la storia d’amore tra il maestro e la futura moglie è ambientato nel borgo di Ostia Antica, si vede distintamente la piazza con la chiesa di Sant’Aurea, la fontana e di scorcio il Castello di Giulio II. Il film è andato in onda in prima serata su Rai Uno in due puntate nel febbraio 2014.

 

 

BIBLIOGRAFIA SITOGRAFIA

Guida di Roma del Tci,

Giulio Massimi, Scoprire i dintorni di Roma, ed. Nuove edizioni romane, 1992.

AA. VV. Ostia Antica, guida agli scavi, Soprintendenza Archeologica di Ostia, 2000.

AA.VV. Ostia Antica, un porto per Roma, ed. Vision, 2015. Con ricostruzioni.

 

AGGIORNAMENTI

4.4.14Ostia e Fiumicino. Un archobus per scoprire Porto, Isola Sacra e Ostia Antica con la sua necropoli durante lo scalo tra un aereo e l’altro. Stanno per partire il restauro delle due navi romane scoperte nel 2011. Potrebbe partire già dall’estate, un  idea del comune di Fiumicino (Esterino Montino) e della Soprintendenza.

 

 17.4.14 Ostia Antica. Oltre l’ansa del Tevere, sull’Isola Sacra, riaffiora dalle ricerche archeologiche l’altra metà della città romana finora sconosciuta. Mura possenti circondavano 70.000 mq di magazzini, trovato un edificio con portico ancora misterioso, strade e domus. Era il doppio di Pompei. Le scoperte fatte con il magnetometro in grado di rivelare strutture sepolte senza scavare. E’ dal 2007 che vanno avanti queste indagini. Prima sono state scoperte le mura, poi quattro grandi complessi di età imperiale, tre erano magazzini, uno misterioso, forse magazzino, forse deposito di navi, forse una residenza monumentale, forse un edificio con funzioni pubbliche. L’archeologo Fausto Zevi scavò nell’area nel 1968, trovò resti archeologici ma non capì la loro importanza.

 

18.7.14 Ostia Antica. Ritrovata tomba di bimbo con un anatema contro i profanatori nel parco dei Ravennati. Nuove scoperte dalle sepolture del mausoleo circolare tardo repubblicano foderato in travertino appartenuto a una famiglia aristocratica riportato in luce durante l’estate scorsa insieme ad una strada basolata di età imperiale, forse la prosecuzione della via Ostiense. Ancora ritrovamenti di una domus arsitocratica del IV secolo , tombe del III – IV secolo, molte furono rimaneggiate anche successivamente, fra le tombe a inumazione c’è quella del bamino protetta da un anatema.

 

03.11.17 Ostia Antica. Domus, portici e tabernae dopo il restauro durato quattro anni splende il Decumano. Recuperati i 187 ambienti posti sul lato sinistro della via che attraversava l’intera cittadina. Franceschini: “Come Pompei”. 187 gli ambienti recuperati tra edifici pubblici negozi e magazzini. 13.000 i mq liberati da erbacce e aperti al pubblico. 1,8 i milioni spesi, 138 euro al mq.

1.2.18 Ostia Antica. Demolito antico mulino e casale degli anni Venti per far posto ad un centro commerciale con supermercato.

26.2.18 Oggi chiusa per neve l’area archeologica.

1.3.18 Ostia Antica. Fondi e progetti per la valorizzazione e la riapertura di alcune aree di Ostia Antica  ma anche un nuovo sistema di visita che riconnetta il complesso di Portus. Dei circa 40 milioni di euro deliberati oggi dal Cipe per Roma e il Lazio, Ostia se ne aggiudica 32, utili per una nuova Pompei.

28.3.18 Ostia Antica. Una laguna nel porto di Ostia che collegava la foce del Tevere direttaemnte a Portus, l’attuale Fiumicinio, questa la scoperta fatta in questi giorni e spiega il ritrovamento di navi da fiume all’isola sacra. Oggi saranno presentate le scoperte archeologiche relative al porto di Claudio del I secolo d.C. Con la costruzione del molo meridionale si bloccarono le correnti che spingevano a nord le sabbie del tevere. I detrici formano un tombolo, una duna, che intrappola il mare e crea una laguna con acque stagnanti. La scoperta con i lavori del 2011 per il nuovo ponte della Scafa. Sotto la medioevale tor Boacciana (via Tancredi Chiaraluce) si trova il basamento del faro romano.

19.5.18 Ostia Antica. Liberati dai ponteggi le mura del borgo dopo 12 anni. Lavori di restauro mai completati, impossibile risalire alla proprietà.

 

 



[1] Giulio II. Giuliano Della Rovere (1503-13).Detto il papa terribile dai contemporanei, promosse la lega contro Venezia e la lega Santa contro i francesi per cacciarli da Milano. Chiamò Michelangelo a lavorare nella cappella Sistina. Celebre il suo ritratto di Raffaello ora al National Gallery di Londra.

[2] Baccio Pontelli. (1450-1495) architetto, soprattutto militare ed ebanista nativo di Firenze. Rocca di Ostia e chiesa di Sant'Aurea, rocca di Senigallia, mura di Jesi, progetto della Cappella Sistina realizzata da Giovannino De Dolci. Chiesa di San Pietro in Montorio. Sue le tarsie nello studiolo di Federico da Montefeltro ad Urbino.

[3] Martino V Colonna. Papa dal1414 al 1447. Eletto dal Concilio di Costanza che depone tre papi contemporaneamente per risolvere i problemi insorti con il trasferimento della sede papale da Avignone a Roma.

[4] Baldassarre Peruzzi. (Siena 1481 - Roma 1536) architetto, ingegnere militare, pittore, e archeologo. A Roma fu a contatto con Bramante e gli altri artisti che lavoravano in Vaticano divenendo così uno dei maggiori architetti del Cinquecento, realizzò la villa Farnesina con l'originale pianta ad U, il palazzo Massimo alle Colonne, palazzo Altemps. A Bologna la cappella Ghisilardi in San Domenico. Introdusse nell'architettura temi manieristici.

[5] Pio VII Barnaba Chiaramonti, papa dal 1800 al 1823 di Cesena.

[6] Modanatura. Una modanatura è una fascia sagomata secondo un profilo geometrico, contnuo per tutta la sua lunghezza che si trova nella decorazione architettonica con la funzione decorativa di sottolineare la suddivisione in parti dell’oggetto, oppure mediare il passaggio tra due superfici disposte ad angolo, per esempio le parti sporgenti. Le modanature possono essere lisce oppure intalgiate con decorazioni, prevalentemente a motivi vegetali stilizzati o geometrici.

[7] Minerva. Dea della lealtà nella lotta, della saggezza, delle strategie e tessiture. Protettrice degli artigiani. Corrisponde alla greca Atena. Animale sacro la civetta, figlia di Giove, nata dalla testa.

[8] Peplo. Abito unicamente femminile di colore bianco dell’antica Grecia indossato dalle donne prima del 500 a.C. Consisteva essenzialmente in un panno di lana fissato al fianco da una cintura che forma le tipiche pieghe, normalmente aperto sul lato destro e fermato sulla spalla da fibule.

[9] Acquedotto di Ostia. Costruito da Caligola (31-41), captava le acque nei pressi di Trigoria, seguiva il corso del fosso di Malafede, resti sono venuti alla luce nei primi anni Novanta presso il casale di Malafede. La carta di Eufronio della Volpaia del 1547 ne riporta i resti imponenti.

[10] Nettuno. Dio del mare, delle acque correnti, equivalente di Poseidone greco. Viene rappresentato ritto su un carro trainato da cavalli marini, con un tridente nella mano destra, simbolo di comando. Nereidi  ninfe marine figlie di Nereo e della Oceanina Doride, immortali e benevole, facevano parte del corteo di Poseidone insieme ai tritoni, a cavallo di delfini o cavalli marini, capelli ornati di perle. Anfitrite era la più nota nereide

[11] Anfitrite. Sposa di Poseidone e madre di Tritone. E’ una delle Nereidi ed ha i capelli neri e veste un’armatura color verde. Nella mitologia romana viene chiamata Salacia.

[12] Orfeo. Figura mitologica greca che con il suo canto ammaliò Caronte e potè entrare agli inferi, raggiugnere la sua amata Euridice e riportarla sulla terra.

[13] Cerere. Dea delle messi e dell’abbondanza, quindi in senso lato della prosperità derivata dai commerci.

[14] Diana. Dea della caccia, signora delle selve, protettrice delle donne, dea della Luna. Corrisponde ad Artemide nella mitologia greca. Figlia di Giove e Latona, è gemella di Apollo o Febo.

[15] Lari e Penati. I Lari (dal latino lares = focolare) sono figure della religione pagana che rappresentano gli spiriti protettori degli antenati defunti, che vegliavano sul buon andamento della famiglia e delle sue attività in genere. I Penati sono esseri spirituali simili agli angeli custodi del Cristianesimo. Proteggono la casa e la famiglia, ma esistevano anche i Penati pubblici che proteggevano lo Stato, tale culto era connesso a Vesta. I Penati familiari risiedevano nella parte più interna della casa dove si teneva il cibo.

[16] Serapide. Dio greco-egizio il cui culto fu introdotto ad Alessandria da Tolomeo I, dove fece costruire il Serapeo.

[17] Opera listata. E’ una tecnica edilizia romana nella quale il paramento del nucleo cementizio è costituito da filari di laterizi alternati a filari di altri materiali (soprattutto blocchetti di tufo, poco più grandi dei mattoni),

[18] Thorah o Torah, si tratta dei primi cinque libri della Bibbia.

STORIE D’AMORE ED EVENTI POLITICI,
FESTE POPOLARI E FUNZIONI RELIGIOSE,
I BALCONI SONO AUTENTICI OSSERVATORI DELLA VITA CITTADINA E PRESTIGIOSE RIBALTE DEL POTERE


INTRODUZIONE
     I balconi sono un segno di nobiltà, posti al piano nobile e strettamente collegati con il portone principale, hanno la chiara funzione di ostentazione del potere. Tanti sono i balconi di Roma, ognuno ha la sua storia, che è il riflesso di quella del palazzo, del contesto urbanistico e delle vicende della famiglia che lo hanno abitato.
     Così lord Byron durante le sue passeggiate notturne amava soffermarsi al vicolo Scellerato, ora Salita dei Borgia, e fantasticare sulla loggia di casa Borgia, immaginava la bella figlia di Alessandro VI affacciata alla balconata con il tormento delle sue passioni. La grazia di quel balcone con le sue tre leggiadre finestre contrasta nettamente con la fosca muraglia del palazzetto dove si apre sulla gradinata l’arco, il luogo suscita i ricordi degli intrighi e degli assassini dei Borgia.
     La rampa di scale tra via Leonina e via Cavour venne chiamato vicolo Scellerato perché nel 535 a.C. la scellerata Tullia passò sopra il corpo del padre morente, il re Servio Tullio, con il cocchio. Era l’atto finale di una congiura per portare sul trono il cognato Tarquinio. Nel palazzo abitava Vannozza Cattanei, amante di Rodrigo Borgia poi papa Alesssandro VI, con i suoi quattro figli. Qui Cesare uccise il fratello Giovanni, forse con il contributo di Lucrezia che in quanto a veleni era esperta.
     In piazza Venezia, in angolo con via del Corso c’è una loggettaverde a persiane sempre chiuse dietro le quali guardava, non vista, Letizia Ramorino, la madre di Napoleone. Siamo a palazzo Bonaparte. “Qui il sole viene a farmi visita ma io non posso vederlo”, disse la madre di Napoleone quando giunse la cecità nel 1830, ma la sua fedele dama di compagnia Rosa Mellini, le raccontava cosa succedeva sulla strada a lei che non usciva più di casa. Il Belli così commentò la sua presenza: “Cala ogni giorno e va sfuammo a occhio. / Semo all’ammen, semo allo sgommero / semo all’urtimo conto cor facocchio”. Non si sbagliava, sarebbe morta il 2 febbraio dell’anno successivo.
     A questo punto non si può non citare il celebre balconcino di palazzo Venezia, a cui si affacciava Benito Mussolini in occasione delle adunate oceaniche del Ventennio. Tra i discorsi celebri avvenuti in questa sede ricordiamo la “Proclamazione dell’impero”, al termine della guerra d’Etiopia, 9 maggio 1936, e la “Dichiarazione di guerra” del 10 giugno 1940.Bisogna notare che la sua esistenza non inizia con il palazzo stesso, ovvero nel 1467, ma nel 1715, quando l’ambasciatore della repubblica di Venezia Niccolò Duodo lo fece aprire sulla facciata principale.
     Ma tornando a Mussolini, è rimasto storico il balcone di palazzo Chigi ad angolo con via del Corso che doveva essere lo scenario di un attentato contro il Duce ad opera di un ex deputato socialista Tito Zaniboni, il 4 novembre 1925, ma fu scoperto e arrestato in anticipo nell’hotel Dragoni situato di fronte a palazzo Chigi, allora sede del ministero dell’Interno e del Capo del Governo.
     Un altro osservatorio – balcone era quello di palazzo Borghese, in via Ripetta, il “Cembalo Borghese” da cui provengono la maggior parte delle opere oggi nella Galleria Borghese, che permetteva alla vista di spaziare sul Tevere, al di là la piana acquitrinosa e in parte boscosa dei Prati di Castello, fino a Monte Mario, mentre sulla destra San Girolamo degli Schiavoni con il traffico del porto di Ripetta. Con l’erezione degli argini tutto è cambiato.
     In piazza Navona abbiamo il balcone di palazzo Doria Pamphili, al piano nobile, voluto dalla Pimpaccia, progettato dal Rainaldi come prestigioso palcoscenico della messa in scena del potere ma anche palco reale sullo spettacolo quotidiano della vita offerto dalla piazza che era sede di mercato.
     Tutti i balconi del Corso erano preziosi palchi del Carnevale romano con i suoi cortei di maeschere, per la corsa dei berberi, tanto da essere affittati. Da notare i balconi dei palazzi Colonna e Odescalchi in Santi Apostoli, quello michelangiolesco di palazzo Farnese dal quale si potevano seguire giostre e corride di cavalieri e tori in feste aristocratiche che trasformavano la piazza in un’arena.
     Per passare alle logge di valore religioso, non possiamo dimenticare quelle del Vaticano e del Laterano, dove erano soliti affacciarsi i papi per le solenni benedizioni. Nel periodo di rottura dei rapporti tra Stato e Chiesa, tra il 1870 e il 1929, queste pubbliche esibizioni dei papi si interruppero. Lo scenario che la piazza presentava era veramente spettacolare con le guardie svizzere e le nobili schierate a quadrato, le bandiere dei vari ordini militari, inni e canti non esclusivamente religiosi, poi la schiera di cardinali, i nobili, in fondo il popolo. La loggia della Basilica di San Pietro è riservata alla presentazione del nuovo papa ai fedeli con la frase “Nunzio vobis, magnum guadium, habemus papam”.
     Una loggia laica è quella del Quirinale, qui si affacciavano i Savoia in occasioni particolari, ricordiamo il ricevimento di Mussolini dopo la marcia su Roma, il matrimonio di Umberto II con Maria Josè del Belgio avvenuto l’8 gennaio 1930 nella cappella Paolina.
     Più laica di così non si può, è la loggia del palazzo Montecitorio, dove avveniva l’estrazione dei numeri del lotto legalizzata da Clemente XII nel 1731. Un balcone laico, rinascimentale e poco conosciuto è quello del palazzo della Cancelleria, ad angolo con via del Pellegrino.

ITINERARIO

SALITA DEI BORGIA – SAN PIETRO IN VINCOLI
Vedi la premessa

BASILICA DI SAN GIOVANNI IN LATERANO

PALAZZO DEL QUIRINALE

VIA RIPETTA – PALAZZO BORGHESE

PIAZZA NAVONA

PIAZZA VENEZIA


Piero Tucci
16.6.18
 

POSIZIONE GEOGRAFICA

     Il quartiere si estende nel settore Nord di Roma ad Ovest della via Trionfale. I confini del quartiere sono largo Trionfale, via Leone IV, viale Vaticano (che costeggia le mura Vaticane con l’ingresso ai celebri musei), via Anastasio II, via di  Valle Aurelia, via del Pineto Torlonia e della Pineta Sacchetti fino a ricongiungersi con via Trionfale. Prende il nome dalla via così chiamata perché percorsa dagli eserciti vittoriosi di Roma quando rientravano in città.

     Il quartiere si può dividere in due parti nettamente distinte, il primo, quello più vecchio è il vero e proprio Trionfale intorno a via Andrea Doria  e via Cipro, di edilizia economica e popolare (fa parte del I municipio del comune di Roma), e il più recente detto comunemente Balduina, di edilizia signorile, intorno a viale delle Medaglie d’Oro  e via della Balduina (fa parte del XIV municipio). Del quartiere fanno parte il parco Regionale Urbano del Pineto, la vasta area del Policlinico Gemelli con l’Università Cattolica del Sacro Cuore, la pista ciclabile Monte Ciocci – Monte Mario aperta nel giugno 2014 (Km 5).

 

STORIA

 

Hai foto del Trionfale dei primi del Novecento, visto dalla cupola di San Pietro con il cortile della Pigna in primo piano, le fornaci sullo sfondo.

 

TOPONOMASTICA

     Il quartiere prende questo nome dalla via Trionfale, una deviazione della via Cassia e a questa preferita quando il Tevere allagava la zona di ponte Milvio e limitrofe. Era una antica strada romana che ricalcava il percorso dell’attuale tranne la curva imposta dalla costruzione del forte di Monte Mario o Trionfale. Era così chiamata perché percorsa dagli eserciti vittoriosi che entravano in città dopo vittoriose campagne militari, ovviamente per chi proveniva da Nord. Il generale vittorioso era cinto da una corona di alloro, uno schiavo lo affiancava e lo ammoniva a non inorgoglirsi troppo viste le alterne vicende della vita umana. Il bottino di guerra veniva depositato nel tempio di Giove Ottimo Massimo sul Campidoglio. Una parte di esso veniva divisa tra i combattenti reduci dalla campagna militare.

     Il quartiere nasce lungo via Andrea Doria e nel primo tratta di via Trionfale agli inizi del Novecento, ma è soprattutto degli anni Venti e Trenta che si popola e assume la fisionomia attuale. Nel secondo dopoguerra si ha invece l’urbanizzazione della Balduina per una edilizia borghese di qualità, non i villini che un progetto del 1920 dell’ing. Carlo Pomilio voleva ad imitazione dei Parioli.

 

PRIMO ITINERARIO

LA VIA TRIONFALE

     La via Trionfale origina dal largo omonimoche si trova al termine di viale delle Milizie. All’inizio della strada si trova sulla sinistra, al civico 21, il vasto isolato dell’AUTOPARCO CENTRALE DELLA PUBBLICA SICUREZZA, edificato negli anni Trenta su progetto di Gaetano Vinaccia[1]. Subito dopo l’autoparco, ad angolo con via Bernardino Telesio si trova il CHIOSCO di GRATTACHECCA SORA MARIA, nelle sere d’estate c’è la fila per prendere un bicchiere di grattachecca. Più avanti sulla destra ecco la

 

PALAZZINA DEL FALCONE

antico casolare di caccia, storica osteria molto apprezzata, purtroppo chiusa al pubblico da pochi mesi. L’osteria era aperta dal 1877, il nome gli deriva dai prati della Farnesina, siamo di fronte ad un raro esempio di edilizia quattrocentesca anteriore a quella introdotta sotto il pontificato di Sisto IV[2] (1471-1484).

     Le finestrine al primo piano, ad arco con rustiche cornici di peperino, hanno sapore trecentesco e appartengono a uno stile ancora in auge per buona parte del Quattrocento. Al piano terra, dove era il salone dell’osteria “Antico Falcone”, era sistemato un porticato aperto sul lato interno della casa a formare uno spazio in cui potersi trattenere per prendere il fresco. Il porticato, successivamente murato, è sorretto da pilastrini ottagonali in cotto con capitelli in travertino detti a “foglia d’acqua” che costituiscono un tipico esempio dei lavori degli scalpellini romani della prima metà del Quattrocento, come si vede nell’albergo dell’Orso in via dell’Orso. Sempre nel salone, al centro della volta campeggia lo stemma degli Strozzi. Dal catasto (istituito nel 1871) gli Strozzi risultano proprietari fino al 1909.

 

     La trattoria e l’antico edificio che la ospita risalgono al 1400, quando nacque come “stazione di posta” lungo la Via Trionfale, che collegava Roma al Nord Italia, ed offriva un pasto caldo, un letto per la notte, oppure un “cambio dei cavalli” per il viaggiatore che aveva urgenza di ripartire.

Piatti classici romani: rigatoni alla nasona, gnocchi al sugo, carciofi alla giudia, suppli, polpettine al sugo con spinaci, abbacchio allo scottadito, etc.

 

 

     Ancora più avanti, ma sulla sinistra si trova il

 

MERCATO DEI FIORI

     Un trionfo di colori, forme, varietà e profumi: questo è il mercato dei fiori di Roma, un luogo suggestivo interamente dedicato ai fiori recisi, ai fiori secchi e rami, alle piante aromatiche e ai generi affini. Un luogo in cui la primavera non lascia mai il posto alle altre stagioni.

     Il mercato all’ingrosso dei fiori si trova in via Trionfale n.45 in un edificio realizzato nel 1965, precedentemente si trovava in via Urbana nel rione Monti. Il fabbricato si sviluppa su un’area di 4.750 mq ed è strutturato con due sale una soprastante l’altra; la prima è per le piante ornamentali, la seconda per i fiori recisi. In tutto la superficie è di 7.500 mq.

     Il mercato ospita mediamente 150 produttori di tutta la regione: Santa Marinella, Nemi, Genzano, Latina e Fondi, ma anche provenienti dalle regioni vicine (Napoli e Terni). Oltre ai produttori vi sono 33 ditte di grossisti. Ha un bacino di utenza di circa 1.000 dettaglianti

     Nel mercato vengono commercializzati fiori recisi, piante ornamentali e generi affini. La sala piante è aperta al pubblico il martedì dalle ore 10 alle 13. Per lo scarico merci è aperto dalle ore 3,30, per la commercializzazione dalle ore 4 alle ore 10. La domenica è chiuso.

     In futuro il mercato dei fiori sarà trasferito all’Ostiense, a questo scopo è stata istituita la Centro Fiori Spa società partecipata del Comune e della Camera di Commercio[3].

 

In questo punto della strada, fino a ottanta anni fa, confluiva la via vecchia della Balduina, un sentiero che seguendo il corso di un torrente detto Sposatella saliva su Monte Mario.

 

     Dopo l’incrocio con la circonvallazione Trionfale/Clodia, la strada inizia a salire, sulla destra si stacca

 

BORGO SAN LAZZARO

luogo di sosta e ricovero per i pellegrini che arrivavano a Roma. L’ospizio si poteva vedere fino al 1937 quando, ormai malconcio e abbandonato, crollò durante un temporale. Dell’antico ospedale resta soltanto un muro esterno, lo si vede a destra della chiesa con sopra lo stemma (doppia croce) del pio Istituto di Santo Spirito che amministrò ospedale e chiesa fin dal 1645.

     La chiesa di San Lazzaro ha un aspetto rustico per il campaniletto a vela, l’interno ha uno stile romanico, tre navate divise da colonne di spoglio con capitelli appena abbozzati. La leggenda dice che un medico francese, giunto a Roma in pellegrinaggio nel 1187, si accorse di aver contratto la lebbra in questa chiesa, invoca la Madonna e il giorno dopo scopre di essere guarito. Allora il medico fonderà l’ospizio per curare i lebbrosi e la chiesetta (che risale al Mille) cambia nome da Maria Maddalena a Lazzaro. Da qui il termine di Lazzaretto dato all’ospedale che fu il primo d’Europa. Accogliendo malati affetti da tutti i tipi di malattie della pelle il lazzaretto anticipa le funzioni dell’ospedale San Gallicano voluto da papa Benedetto XIII nel 1725. E’ eccezionale il fatto che la chiesa ebbe funzioni di parrocchia per lo meno dalla metà del Cinquecento al 1828. Era una parrocchia vastissima (da Castel Sant’Angelo a ponte Milvio, a Monte Mario ai Monti di Creta), frequentata da vignaroli, per cui qui era la sede della Congregazione dei vignaroli di cui Maria Maddalena è la protettrice. E’ aperta la domenica per la messa delle ore 10,30 (sopralluogo luglio 2014).

 

     Sulla sinistra invece, tra le vie Platone e Plotino, si trova una interessante costruzione con due ordini di logge sorrette da colonne e culminanti in un gradevole timpano. L’edificio si deve alla Chiesa Metodista che nel 1914 aveva iniziato l’acquisto di alcuni appezzamenti di terreno per la creazione di un tempio e di un centro studi internazionale che rivaleggiasse con San Pietro. Sei anni dopo riuscirono anche a comprare villa Miani. L’aspetto che ha oggi tale villa si deve all’architetto Arturo Pazzi, che in quegli anni aveva sistemato largo del Tritone, e fatto villini in Prati. Ma il 26 giugno 1936 villa e territori annessi vennero venduti dai metodisti a Luigi Miani anche per le pressioni del regime fascista che aveva stipulato il Concordato con la Santa Sede.

 

     Al secondo tornante è l’ingresso alla VILLA MIANI, al civico 151, venne costruita tra il 1873 e il 1874, la sua destinazione iniziale era quella di luogo di svaghi e attrazioni, doveva chiamarsi Tivoli, attorno ad essa dovevano sorgere vari padiglioni e ben 100 villini. Per risolvere i problemi di comunicazione con la città fu progettata una ferrovia a cremagliera che doveva partire da piazzale Maresciallo Giardino e attraversare Prati per giungere di fronte al porto di Ripetta (ponte Cavour). Il progetto non ebbe successo, ai primi del Novecento, la villa fu affittata per diventare un sanatorio per malattie respiratorie, il Bellosguardo. Oggi è una dimora storica, utilizzata per matrimoni, meeting ed eventi, dispone di un parco con alberi secolari attraversato dal viale di ingresso lungo quasi un chilometro e di quasi 2.000 mq di saloni interni. Nell’interno si conserva una interessante collezione di livree e una preziosa collezione di ricette.

 

     Continuando a salire si incontra l’ingresso di servizio del HOTEL CAVALIERI HILTON, progettato da Luccichenti[4], Pifferi e Ressa, inaugurato nel 1963 tra le proteste degli ambientalisti guidati da Antonio Cederna, questi erano contrari perché l’albergo era un “muro di 100.000 mq, nel punto più bello di Monte Mario e su un terreno vincolato a verde pubblico. In quel caso si parlò di “sacco di Roma”. Oggi si chiama Rome Cavalieri, Waldorf Astoria Hotels & Resort, ha il suo ingresso principale in via Alberto Cadlolo 101. Situato su sei ettari di parco mediterraneo privato con vista su Roma offre 345 camere spaziose e 25 suite arredate lussuosamente; il rinomato ristorante La Pergola (l’unico tre stelle di Roma della guida Michelin), la più ricca collezione d’arte al mondo presente all’interno di un hotel e il grande fitness center ne fanno un posto esclusivo.

 

     Pochi metri dopo ecco, alta su una doppia scalinata la facciata della

 

CHIESA DI SANTA MARIA DEL ROSARIO

     Nel convento annesso visse a più riprese il grande compositore ungherese Franz Litz[5] tra il 1863 e il 1868.

      La prima chiesa risale al 1628 e si deve al letterato Gian Vittorio De Rossi che la volle per i vignaioli della contrada. Alla sua morte, avvenuta nel 1647, lascia per testamento i suoi beni ai padri gerolamini alla condizione che questi erigano nuova chiesa e convento. Fin dal 1651 la chiesa viene via via trasformata da Camillo Arcucci, a lui si deve lo schema a pianta ellittica poi modificata da Filippo Raguzzini nel 1726. Nel 1709 viene posto sull’altare maggiore il quadro della “Madonna della Febbre” di Giacinto Calandrucci, oggi nella cappella a sinistra. Inoltre viene portato nella chiesa il corpo di Santa Colomba martire, questo nel 1940 viene trasferito sotto l’altare maggiore. Nel 1725 Benedetto XIII, domenicano anche lui, frequentatore della chiesa, fa ricostruire gli altari in marmo e aggiungere un coro dove campeggia ancora il suo stemma. Nel 1828 Leone XII eleva la chiesa a parrocchia, tale resterà fino al 1904. Dieci anni dopo Gregorio XVI fece restaurare l’edificio e ricostuire la scalinata per il riassetto della sottostante via Trionfale. Nel 1931 il convento viene affidato alle suore dominicane di clausura appartenti alla congregazione dei Santi Domenico e Sisto a Magnanapoli che ancor oggi vi risiedono. Esse portano con se la preziosa icona bizantineggiante su legno di noce, posta oggi a sinistra dell’altare maggiore, che la tradizione assegna a San Luca. Hai incisione del Vasi di questa chiesa.

 

     La via Trionfale continua a salire, si lascia sulla destra VILLA MELLINI, il FORTE DI MONTE MARIO e il PARCO DELLA VITTORIA che ricadono nel quartiere Delle Vittorie ma per praticità ne parliamo qui.

 

     Viale dei Cavalieri di Vittorio Veneto è per tutti i romani semplicemente “la Panoramica”, è stata realizzata in anni recenti, nel 1979 vennero messe a dimora circa 5.000 piante grazie al Rotary. Verso la fine della strada si trovano i Casali Strozzi che risalgono al Cinquecento. In questa area verde si nasconde VILLA MAZZANTI, raggiungibile da una strada che parte da piazzale Maresciallo Giardino. La villa appare per la prima volta in una pianta del 1891. Ovviamente a darle il nome fu la famiglia che la acquistò e restaurò nel 1884. Spicca una vistosa loggia neoclassica a colonne architravate. E’ stata espropriata e aperta al pubblico nel 1971, da allora è in abbandono.

 

     Alla VILLA MELLINI conduce il viale omonimo che parte da un antico portale situato al crocicchio tra le vie Trionfale, Evangelisti e Cavalieri di Vittorio Veneto.

      La villa compare per la prima volta nel catasto alessandrino del 1660 circa, ma risale a due secoli prima, al 1470, quando venne costruita da Mario Mellini. Sorge a quota 139 m slm, forse sul luogo della villa di Marziale. Della costruzione originaria resta traccia nei grandi muri portanti e nelle antiche scuderie; tre vasti ambienti che si estendono, con copertura a volta, lungo la facciata a valle. Un ambiente sotterraneo con volta a botte corrisponde all’antica sala di ingresso. Risale al tardo rinascimento la facciata a monte con una scala a due rampe che conduce al portone di pietra da cui si accede al piano nobile. L’edificio attuale risulta dai lavori eseguiti nell’Ottocento, epoca alla quale si riferiscono gli affreschi al piano rialzato. I dipinti di soggetto aeronautico al primo piano testimoniano l’uso militare e scientifico a cui la villa fu destinata dopo la costruzione del Forte. Per la sua posizione strategica passò vari brutti momenti nei periodi di guerre, ricordiamo il sacco di Roma del 1527, l’occupazione francese di fine Settecento. La villa fu usata per esperimenti radio, nel 1935 vi si trasferirà dalla torre del Campidoglio l’osservatorio astronomico e meteorologico, con annesso museo inaugurato nel 1938. Al fianco dell’Osservatorio sorge la torre Trigonometrica dalla quale vengono calcolate le longitudini e quindi il primo meridiano d’Italia.

 

     Il FORTE DI MONTE MARIO è uno dei quindici forti di tipo prussiano, con muro a terra, costruiti tra il 1878 e il 1884 a una distanza di circa quattro chilometri dalle mura Aureliane e di tre/quattro chilometri l’uno dall’altro, abbracciando una circonferenza di circa 40 chilometri. Il forte si trova nel punto più alto del colle m 146. Per la sua posizione privilegiata fu qui collocato, dal primo agosto 1903 al 24 gennaio 1904, il cannone che annuncia il mezzogiorno ai romani, precedentemente era a Castel Sant’Angelo, poi al Gianicolo. Il forte inglobò villa Mellini, ed era al centro di un fossato fortificato che andava dal Tevere (piazza Maresciallo Giardino) all’Aurelia e che ritarderà di alcuni decenni lo sviluppo urbanistico di questa parte di Roma.

 

     Il PARCO DELLA VITTORIA si può dividere in due parti. La pinetina con la scuola Leopardi di Ignazio Guidi (già scuola Rosa Maltoni, madre di Benito Mussolini) e la passeggiata che conduce allo Zodiaco, questo è il luogo cantato da D’Annunzio, Henry James, Stendhal, Goethe e molto prima di loro Orazio e Marziale.

 

     Di fronte al parco della Vittoria si apre PIAZZALE DELLE MEDAGLIE D’ORO più noto come BELSITO che ricorda il nome di una trattoria scomparsa negli anni Cinquanta insieme al Casale della Meridiana che la ospitava a pianterreno. Era una severa costruzione del 1925 opera dell’architetto Roberto Marino che doveva servire a centro commerciale a servizio dei villini progettati da Pomilio e che non sono mai sorti. Hai foto d’epoca di piazzale delle Medaglie d’oro con insegna del cinema Belsito s.d. Hai un’altra foto aerea del 1930 in cui si vede sullo sfondo l’attuale parco della Vittoria con, sulla sinistra, la scuola Leopardi.

 

     Ancora in salita la via Trionfale prosegue, a destra ecco VILLA STUART, oggi sede di una clinica, segue la CASA DEGLI SPIRITI, casale di campagna restaurato negli anni Ottanta e un’edicola con Crocifisso.

     Di fronte al civico 6053 si estende il parco di villa MALVEZZI CAMPEGGI nota anche come villa Monte Mario o Blumenstihl dal cognome della nobile alsaziana che dopo aver acquistato diversi terreni tra Trionfale e Camilluccia, si stabilì in questa villa a fine Ottocento. La villa risale al periodo tra il Seicento e il Settecento è caratterizzata per i colori giallo e rosso della facciata e per i vani aperti e chiusi che si alternano. Rilievi antichi sono incorporati con gusto nella costruzione. Davanti alla villa un edificio basso era un tempo la scuderia, oggi uffici del vivaio.

 

     Lasciata a sinistra via Filipponi, la strada si anima con sali-scendi detti “Montagne russe”. Prima di giungere in largo Cervinia, incrocio con via Igea, si vede sulla sinistra l’ex villa Montefiori, poi Castelnuovo quindi Spiga, ormai lottizzata e edificata. Oltre la piazza, al civico 6909 è l’ingresso alla ex villa Sansoni meglio nota come delle Rose per il bel vivaio installato novanta anni fa. Al civico 7077, un po’ infossato rispetto al livello stradale, si trova il villino Baynes. Prima degli ultimi restauri aveva un’aria di campagna che gli valse il nome di chalet, era l’osteria Gambadoro, ai primi del Novecento qui funzionava una scuola elementare rurale, fra le primissime, se non la prima, per il borgo Clementino.

 

Sulla destra della via ecco la

 

BORGO CLEMENTINO

cuore del borgo è la chiesa di San Francesco, esistente dal Settecento, il nome, probabilmente, risale a Clemente XI Albani che eresse la chiesa e la parrocchia. Ci troviamo in una zona che era di confine tra il suburbio, coltivato intensivamente e la campagna vera e propria, coltivata in modo estensivo con tenute agricole che oggi corrispondono a quartieri intensivi: Prima Valle, Pigneto Sacchetti, Insugherata, Casal del Marmo, Acqua Traversa, Tomba di Nerone e altri. Nella parrocchia vivevano, fino alla fine dell’Ottocento circa 500 anime, per la maggior parte braccianti stagionali. Per volontà di Pio IX venne realizzata una deviazione dell’acquedotto Paolo per le necessità idriche della popolazione. E’ ancora visibile la FONTANA, progettata da Antonio Sarti, del 1866, oggi ad un livello più basso rispetto alla strada.  Si tratta di una robusta costruzione con tetto poggiante su su sei pilastri in seguito murati, all’interno ci sono i vasconi per la lavanderia, mentre verso la Trionfale, una bassa vasca semicircolare svolgeva funzioni di abbeveratoio. Dopo l’unità d’Italia, l’abolizione dell’asse ecclesiastico con il conseguente frazionamento delle proprietà ecclesiastiche, comportò un aumento di popolazione. Nascono così il forno Moretti, mentre il conte Blumenstihl reputa conveniente costruire alcuni caseggiati a tre piani, i cosiddetti “Tre palazzi” ancor oggi esistenti in via Fornalli. Nell’estate 1887 il borgo sarà collegato a ponte Cavour da una linea di omnibus a cavalli, integrata sette anni dopo dalla ferrovia Roma Viterbo la cui stazione di Monte Mario non era proprio vicinissima. La ferrovia influenzerà anche la decisione di costruire nelle vicinanze il nuovo manicomio della città. Nel 1911 arriverà la luce e intorno al 1925 il tram 23 con capolinea a piazza Barberini e poi il 39 per piazza delle Carrette (oggi scomparsa, dove sono i Fori Imperiali). Le due nuove linee transitavano, su binario unico, per il nuovo viale delle Medaglie d’Oro fino al Santa Maria della Pietà. Nel 1931 apre la SCUOLA ELEMENTARE NAZARIO SAURO davanti al Forte Trionfale o caserma Ulivelli. La scuola è opera dell’architetto Roberto Marino.

 

     La chiesa di San Francesco o Sant’Onofrio in Campagna, ha una facciata settecentesca che scompare messa in relazione con le vicine costruzioni moderne. Negli anni Sessanta la chiesa è stata rimodernata, purtroppo senza tener conto delle opere d’arte precedenti. Rimane l’Arco Trionfale di Carlo De Dominicis, le figure degli angeli “dalle mammelline piccole come mezzo limone”, come dice un viaggiatore dei primi del Novecento. Anche questa chiesa, come la Madonna del Rosario, ha un antico convento unito ad essa, purtroppo rimodernato anch’esso senza rispettare lo stile originario. Anche questa chiesa, come la Madonna del Rosario, nasce a seguito di un lascito a vantaggio dei gerolamitani, il donatore fu Bartolomeo Neri canonico dei Santi Celso e Giuliano. La sua consacrazione avvenne il 21 maggio 1676, diventerà parrocchia nel 1708. Al fianco della chiesa vi era un piccolo cimitero scomparso a fine Ottocento e sostituito da un campo di calcio. Hai un disegno della chiesa di San Francesco di Pinelli.

 

     Prima di arrivare alla chiesa di San Francesco, la prima a destra dopo via Igea, è VIA MARIO FANI, dove avvenne il rapimento (angolo via Stresa) dello statista, presidente della DC, Aldo Moro e l’uccisione di cinque uomini della sua scorta il 16 marzo 1978. Il rapimento si concluse 55 giorni dopo con il ritrovamento del corpo senza vita di Moro nel bagagliaio di una Renault4 rossa in via Michelangelo Caetani. A morire subito furono due carabinieri Oreste Leonardi e Domenico Ricci, tre agenti di Pubblica Sicurezza Francesco Zizzi, Giulio Rivera e Raffaele Iozzino. L’agguato avvenne alle ore 9. Moro abitava in via del Forte Trionfale 79, come sempre faceva una sosta nella chiesa di Santa Chiara. A sbarrargli la strada fu una Fiat 128, tra i testimoni Francesco Pannofino, allora giovane studente universitario. Nella strada abitava l’on. Pino Rauti che avvertì subito dell’accaduto dichiarando di aver visto uomini vestiti da ufficiali dell’aeronautica e di aver visto allontanarsi una Fiat 132. In base alle dichiarazioni dei brigatisti stessi, parteciparono all’agguato in veste di coloro che dovevano aprire il fuoco: Valerio Morucci, Raffaele Fiore, Prospero Gallinari e Franco Bonisoli, erano vestiti da avieri Alitalia.

     Una lapide è posta in ricordo degli uomini della scorta morti nei tragici fatti.

    

SECONDO ITINERARIO

IL TRIONFALE VERO E PROPRIO

     Riprendiamo l’itinerario sempre da largo Trionfale, andiamo verso piazzale degli Eroi, percorriamo così VIA ANDREA DORIA. Questa via è la prosecuzione di viale delle Milizie, quest’ultima strada è fiancheggiata da caserme, che segna il confine tra il rione Prati e il quartiere Della Vittoria. Via Andrea Doria ricorda l’ammiraglio genovese, capitano di ventura al servizio del papa, della Francia e infine di Carlo V, sempre per salvare quanto era possibile della sua città, riconquistò la Corsica e tenne negli ultimi anni di vita il potere assoluto a Genova.

   Parallela Sud di via Andrea Doria è via Candia, la prosecuzione di via Giulio Cesare. Parallela Nord di via Andrea Doria è via Bernardino Telesio dove si trova la parrocchia del quartiere. Tutte le strade del quartiere si tagliano ad angolo retto come avviene in Prati, lungo via Andrea Doria è stata recentemente realizzata una pista ciclabile. Unica strada che fa eccezione è via La Goletta, questa ha un percorso diagonale, tale anomalia si deve ad un progetto degli anni Venti per cui un binario doveva uscire dalla ferrovia per Viterbo e raggiungere la Piazza d’Armi. Dalla costruzione del nuovo mercato del Trionfale la strada è divisa in due tratti staccati uno dall’altro.

     Sulla destra di via Andrea Doria si vedono le CASE DEI DIPENDENTI DEL GOVERNATORATO ai numeri 1-27. Sono tre palazzi collegati dal basso volume dei negozi, realizzati tra il 1927 e il 1930 su progetto di L. Ciarrocchi e M. De Renzi[6]. Hai foto d’epoca di queste case.

     Sempre sul lato destro si trova il CINEMA TEATRO DORIA, costruito su progetto di Innocenzo Sabatini[7], del 1926, con due portoni ai numeri 56 e 58, in seguito ristrutturato e per lungo tempo chiuso. Trasformato in multisala, oggi dispone di tre sale di 213, 133 e 100 posti. Più avanti, sullo stesso lato la SCUOLA ELEMENTARE CAIROLI con ingresso da via Giordano Bruno 2 e liceo ginnasio statale Tacito con ingresso dal civico 4.

     In via Giordano Bruno 47 si trova la Biblioteca del Comune di Roma Giordano Bruno.

     Sulla sinistra si trova il nuovo MERCATO DEL TRIONFALE, inaugurato l’11 marzo 2009; con i suoi 273 banchi è il più grande Roma. Storicamente si trovava in via Giulio Cesare. Il 15 giugno 2015 sulle due scalinate del mercato sono stati realizzati da Diavù[8], due murales con il volto di Anna Magnani. I murales sono larghe 7 metri e profonde 15. Nel murales di sinistra l’attrice romana è raffigurata con uno dei suoi amati cani, in quello di destra con un gatto.

Davanti al mercato si trova una delle botteghe storiche di Roma, il BAR RISTORANTE LA FIORENTINA.

     Sulla destra si trovavia Giannone, qui è conservata una lapide – insegna della sez. Pci Trionfale, con bandiera e simbolo della falce e martello.

 

     Per la via Girolamo Savonarola giungiamo in breve a via Bernardino Telesio dove si trova la

 

CHIESA DI SAN GIUSEPPE

     La chiesa ha il titolo di basilica dal 1970. L’edificio di culto e tutto il vasto complesso che la circonda si devono a don Guanella[9], con l’aiuto di papa Pio X[10] Giuseppe Sarto, a cui è intitolata. Don Guanella nel 1908 acquistò dalla Banca d’Italia 7.400 mq di terreno. Subito sorsero una cappella, una cucina per i poveri e un asilo. Il 6 giugno 1909 venne posata la prima pietra della futura chiesa, il progetto si deve a Aristide Leonori[11]. Nel 1912 venne aperta al culto. Con il tempo oltre alla chiesa vennero edificati il cinema, le scuole, campi sportivi, ma soprattutto la “Residenza San Giuseppe” sede della più importante scuola di infermieri di Roma a impronta religiosa.

     La basilica è dotata di un importante concerto di otto campane in mi naturale fuse dalla fonderia Bianchi e Colbachini: queste campane, oltre a suonare a distesa, eseguono tre volte al giorno diverse melodie che variano a seconda del periodo liturgico o del giorno della settimana. L’architetto, devotissimo, ebbe l’onore di servire la prima messa celebrata da Luigi Guanella il 19 marzo 1912.

 

     E’ un edificio a tre navate divisi da colonne di granito di Baveno[12] e soffitto a cassettoni. Interno spoglio, risaltano i dipinti di Virginio Monti sull’altare maggiore e nella volta della navata di mezzo.

     La processione del 19 marzo, con la statua portata a spalla per le vie del quartiere, è una delle caratteristiche del quartiere, le sue bancarelle sono tra le poche sopravvissute nella città. Finita la processione, si legge nella guida rossa del Tci “ogni mensa è ricolma di frittelle di farina in forma di ciambelle o di riso a forma di palle, fritte nell’olio e preparate e cotte nella via”.

 

     Al momento della sua costruzione, erano già presenti gli edifici che la fronteggiano e le case di via Campanella risalenti all’esposizione del 1911, tali edifici sono opera di Giulio Magni[13] (autore del ministero della Marina, delle case per ferrovieri in Santa Croce e la facoltà valdese) e Innocenzo Sabbatini[14]. Di questo architetto è tutto il lotto compreso tra via Telesio, la circonvallazione Trionfale e le vie Doria e Giannone. Di Sabbatini è anche il cinema teatro Doria (1926). Al civico 28 di via Ruggero di Lauria si trova la Casa dei Bambini progettata tra il 1919 e il 1924, sempre di Sabbatini, venne poi trasformato in bagno pubblico, quindi uffici dell’IACP. Tra le vie Caracciolo, Doria e Pisani si trova il primo complesso di case di Sabbatini.

     Hai foto d’epoca della processione di San Giuseppe in via della Giuliana (1937).

 

In fondo a via Pisani si trovala piazza Santa Maria delle Grazie, già piazza Francesco Morosini[15]:

 

CHIESA DI SANTA MARIA DELLE GRAZIE

     E’ una parrocchia santuario. Costruita su progetto di Tullio Rossi[16] nel 1940, consacrata il 13 agosto 1941, ha preso il titolo dalla omonima chiesa demolita nel 1936 per la ristrutturazione di via di Porta Angelica. Sopra il portone centrale lo stemma di Pio XII. La chiesa conserva opere provenienti dalla demolita chiesa, l’icona bizantineggiante, racchiusa in un’edicola ottocentesca, portata da Gerusalemme dall’eremita Albenzio De Rossi (nella navata sinistra), la pala barocca della Madonna che mostra il Bambino a San Francesco di Carlo Maratta (sull’altare maggiore) e alcune lapidi. Sopra i pilastri portanti si trovano quattordici affreschi di Giuseppe Ciotti raffiguranti i misteri del Rosario, nella controfacciata “Apparizione della Vergine a Pio V” in occasione della vittoria di Lepanto, tela di Umberto Colonna.

 

In fondo a via Andrea Doria si trova il

 

PIAZZALE DEGLI EROI

     Il piazzale è dedicato ai soldati che si sono distinti nella Prima Guerra Mondiale, a quelli decorati con medaglie d’oro sono intitolate le strade della Balduina. Al centro si trova una moderna FONTANA MOSTRA DELL’ACQUEDOTTO DEL PESCHIERA, considerato uno dei maggiori acquedotti d’Europa, la cui entrata in servizio fu celebrata con una solenne manifestazione alla presenza del presidente della Repubblica Luigi Einaudi. Doveva essere una fontana provvisoria, venne realizzata in fretta in vista dell’Anno Santo del 1950, la fontana definitiva doveva sorgere in piazzale Clodio. La fontana si ispira a quella delle Najadi a piazza della Repubblica (Pia Antica Marcia), è costituita da una grande vasca circolare all’interno della quale si erge una composizione a più livelli a base ottagonale. La struttura centrale presenta i lati maggiori concavi, in cui si aprono valve di conchiglie, il suo aspetto scenografico è costituito dai numerosi giochi d’acqua che coronano l’alto zampillo centrale.

     L’acquedotto del Peschiera-Capore è il principale di Roma, convoglia le acque del fiume Peschiera e delle Capore, in provincia di Rieti, è uno dei più grandi del mondo a trasportare solo acqua di sorgente, ha una portata di 14.000 litri al secondo, ha una lunghezza di 130 Km, il 90% sotterraneo. Oggi fornisce l’85% delle acque di Roma. I lavori per la realizzazione dell’acquedotto sono iniziati nel 1937 secondo un progetto del 1908, parte da una grande caverna di circa 20 metri di diametro sulle pendici delmonte Nuria. L’acquedotto sotterraneo è interrotto da tre ponti canali che superano i fiumi Salto, Turano e Tancia, compiendo un salto che aziona dal 1940 la centrale elettrica di Salisano. Prosegue il percorso con due ponti che sostengono le condotte in acciaio per attraversare la ferrovia Roma-Firenze e il fiume Tevere presso la stazione di Poggio Mirteto. Le vasche di carico si trovano a Ottavia, un’altra di smistamento a Trionfale nella zona di Monte Mario. La portata d’acqua è stata aumentata nel 1980 con la captazione di altre sorgenti del fiume Farfa presso Capore. L’acqua impiega 18 ore prima di giungere nelle case dei romani.

     La cerimonia di inaugurazione della fontana fu di grande effetto, il 27 ottobre 1949, l’ing. Giuseppe Ferrari, presidente Agea offrì l’acqua al presidente della Repubblica in un bicchiere utilizzato ottanta anni prima da Pio IX nel corso della identica cerimonia per la fontana dell’Acqua Marcia Pia, poi delle Najadi[17].

 

     Sul lato Ovest si trova la SCUOLA ELEMENTARE GIANBATTISTA VICO, oggi Istituto Comprensivo Via Luigi Rizzo, là dove era una collinetta alta quanto la scuola attuale, a Sud l’OSPEDALE OFTALMICO per le malattie degli occhi costruito in sostituzione di quello voluto dai Torlonia sul Gianicolo nel 1866, costruito come dispensario del governatorato dall’architetto Ignazio Guidi[18]; a Est le case popolari di via Andrea Doria con la LAPIDE IN RICORDO DI ERRICO MALATESTA[19] (qui morì nel 1932). In questa parte di Roma gli anarchici erano molto forti tra i lavoratori delle fornaci di Valle Aurelia.

 

 

TERZO ITINERARIO

LA BALDUINA

     Riprendiamo il nostro vagabondare nel quartiere dal piazzale degli Eroi, dove si era interrotto il precedente. Questa volta saliamo verso Monte Mario per conoscere la Balduina.

     Il toponimo Balduina discende quasi sicuramente da Baldovino Del Monte – fratello di Giovanni Maria, ovvero papa Giulio III (1550-1555) – che nella zona possedeva una considerevole proprietà.

     Prendiamo a destra della scuola elementare viale delle Medaglie d’Oro. Questa era la strada approntata dall’ingegnere Carlo Pomilio per la lottizzazione che aveva in mente di fare su un’area di 80 ettari, il versante di Monte Mario dove poi è sorta la Balduina. La via si chiamerà inizialmente via Tito Livio, poi di Monte Mario. Doveva essere un quartiere di villini, da rivaleggiare con i Parioli, ma nel dopoguerra tali villini sono stati sostituiti da palazzi signorili, ma pur sempre palazzi. Nel 1923 inizia la lottizzazione tra le attuali via Tito Livio e Cecilio Stazio. Viene chiamato l’architetto Marcello Piacentini a garantire il rispetto di criteri edilizi di qualità, la scelta dell’alberatura delle strade e il colore degli edifici stessi. Purtroppo di queste realizzazioni resta ben poco. Hai foto d’epoca di viale delle Medaglie d’Oro.

     Salendo per viale delle Medaglie d’Oro, al civico 134 troviamo il VILLINO TASSONI, uno dei pochissimi sopravvissuti della prima lottizzazione, più avanti, ad angolo con via Tito Livio ai numeri 148-156, il primo edificio costruito nel viale. Risale al 1923, fu presto chiamato Belsito dal nome della trattoria che ne occupò il pianterreno e primo piano prima di trasferirsi alla meridiana. Sulla scalinata di via Svetonio rimane il CASALE DEL BELVEDERE che risale al Settecento, ristrutturato dal celebre architetto Gino Coppedè[20]; un rustico pronao, servito da una doppia scala elicoidale, è la soluzione per l’accesso all’abitazione. Lo stesso Coppedè progettò il VILLINO BALDONI al civico 400 di viale delle Medaglie d’Oro e un altro demolito. Viale Tito Livio è quello che meglio conserva l’aspetto di un tempo, nel punto più alto si trova l’imponente costruizione dell’ISTITUTO DI MARIA AUSILIATRICE, negli anni Trenta e Quaranta scuola per le famiglie migliori della Balduina.

 

     A metà del viale delle Medaglie d’Oro si apre PIAZZA DELLA BALDUINA, anche se la piazza è preceduta da uno slargo chiamato via Mario Romagnoli. La piazza venne realizzata tra il 1952 e il 1958 dalla Società Generale Immobiliare divenuta proprietaria dell’intera area appartenuta in precedenza a Pomilio. Nella vicina piazza Carlo Mazzaresi si trova il mercato rionale coperto, hai foto d’epoca del mercato in costruzione (1960).

     La piazza è dominata dalla

 

CHIESA DI SAN PIO X

     E’ situata sopra una collinetta prospiciente la piazza. Progettata da Alberto Ressa e consacrata nel 1961. La parrocchia è presente dal 1957. Al di sotto della chiesa sono stati ricavati il teatro-auditorium (prima chiesa in attesa della sua ultimazione), una piccola cripta ottagonale al di sotto del sagrato e con ingresso diretto sulla piazza.

     La facciata è posta scenograficamente sopra una doppia scalea marmorea ed è in mattoncini alternati a fasce di marmo orizzontali. La canonica è alla destra della chiesa, il piano superiore è caratterizzato da un loggiato con pilastri di marmo.

 

     Prendiamo via della Balduina, dopo circa un chilometro in salita arriviamo al civico 292 dove si trova l’ex VILLA MASSIMO dal nome degli antichi proprietari, oggi sede delle Suore Catechiste Missionarie della Dottrina Cristiana. E’ una costruzione che risale al Cinquecento, ma nelle attuali forme, con le due ali laterali leggermente avanzate e la torretta-belvedere incompiuta, appartengono alla seconda metà del Seicento. L’ingresso era in via Massimi (già vicolo).

     Su questa strada va segnalata al civico 103 una lapide che ricorda una villa e un ospite di eccezione, si tratta della villa di Maurizio Mario Moris, padre dell’aeronautica italiana, che ospitò il Mahatma Gandhi quando venne in visita a Roma nel 1931.

     Attraverso via Lucilla Domizia arriviamo al CASALE CIOCCI. Si tratta della VILLA DI BLOSIO PALLADIO, nome umanistico del segretario dei papi Leone X, Clemente VII e Paolo III. La costruzione mantiene l’aspetto di una villa rinascimentale. Al suo interno è scomparso il ciclo di affreschi sui “Lavori delle Stagioni”, restano i 12 riquadri con il culto della prosperità ricostruito attraverso mitologie di vari popoli antichi. E’ sede di una scuola agraria.

     Da giugno 2014 è stata qui creata una pista ciclabile e un percorso pedonale di Km 5 (dopo sette anni di lavori) che da monte Ciocci arriva a Monte Mario sopra la linea ferroviaria per Viterbo.

 

 

QUARTO ITINERARIO

LA PARTE NORD DEL QUARTIERE

     In via del Forte Trionfale(dopo lo snodo nel quale la galleria Giovanni XXIII si immette sulla via Trionfale), al civico 2 troviamo il bel VILLINO abitato dal pittore Scipione oltre 70 anni fa. Una sua parallela è via della Tenuta di Sant’Agata, dal nome della proprietà dell’omonima chiesa esistente in zona fin dal secolo XIII. Questi furono i terreni scelti dalla cooperativa “Le nostre case” di dipendenti delle Poste e Telecomunicazioni per fondare un insediamento moderno su Monte Mario, si tratta di villini unifamiliari, era il 4 aprile 1919. Dei 300 villini previsti sulla carta se ne realizzarono solo una cinquantina. Nel bel mezzo delle “Case Nostre” (sulla Trionfale, dopo l’incrocio con via di Torrevecchia, nel quartiere che è sulla destra) venne elevata la CHIESA DI NOSTRA SIGNORA DI GUADALUPE che ricorda il celebre santuario messicano. Ovviamente sull’altare maggiore è l’immagine di quella Madonna, opera di un artista messicano, offerta nel 1880 a Leone XIII e nel 1929 da Pio XII alle Figlie di Maria Immacolata di Guadalupe. La chiesa divenne parrocchia nel 1936, diede ospitalità ai granatieri della divisione Sassari dopo l’8 settembre 1943.

     Sull’altro lato della Trionfale si trova l’EX OSPEDALE PSICHIATRICO DI SANTA MARIA DELLA PIETA’. Deriva da una confraternita del 1548 che in piazza Colonna, organizzò il primo ospedale per la cura dei pazzarelli. Nel 1904 la Provincia di Roma acquistò terreni per un impianto all’altezza dei tempi, dopo tre concorsi il progetto sarà affidato agli architetti Negri e Chiesa. La prima pietra viene posta l’8 giugno 1909 presenti il re e il ministro Tommaso Tittoni, l’inaugurazione avverrà quattro anni dopo. L’ospedale si estende su un’area di 130 ettari, 32 dei quali coperti da 43 edifici a formare una sorta di villaggio. Hai foto aerea del’Ospedale Psichiatrico del 1914.

     Lungo via della Pineta Sacchetti si trova il POLICLINICO GEMELLI con l’Università Cattolica del Sacro Cuore. Il complesso venne costruito tra il 1962 e il 1964 su progetto di Gaetano Minucci[21].

     Poco più avanti, sempre su via della Pineta Sacchetti, ma con ingresso da via Vittorio Montiglio, ecco la chiesa di GESU’ DIVIN MAESTRO progettata da Carlo Bevilacqua[22], del 1967. Parrocchia dal 1964. La chiesa è a pianta circolare, la pavimentazione in porfido arrotato è in leggera discesa verso il centro da cui si solleva con tre gradini il prebiterio. L’ampia parete di sfondo presenta un grande mosaico che manifesta con tre immagini la figura di Gesù Divino Maestro: a 12 anni dialoga con i dottori del tempio, a sinistra il Maestro delle Beatitudini e al centro Cristo Servo in Croce che veste la dalmatica bianca per indicare come il Maestro educa il suo popolo al servizio del Padre.

 

Nel quartiere si trova la pista ciclabile Monte Mario – Monte Ciocci aperta a giugno del 2014 (sette anni di cantiere), è completamente pianeggiante, è lunga Km 5. E’ detta anche parco lineare Monte Ciocci – Monte Mario.

Nel quartiere si trovano due stazioni della metro A: Cipro e Valle Aurelia. Vedi documento Tuscolano.

 

 

IL QUARTIERE NEL CINEMA

A Monte Ciocci è stato girato il film “Brutti sporchi e cattivi” di Ettore Scola (1976) con Nino Manfredi. Vinse il premio per la miglior regia al 29° festival di Cannes. Hai foto del film.

 

DA: I NONNI DI ROMA RACCONTANO

   “Moro diceva, quando incontrava le famiglie che erano pugliesi come lui e non avevano niente, ma vivevano di sussidi: “Ma perché non ve ne tornate in Puglia, vi pago io il viaggio”. Loro rispondevano: “No, perché lì nessuno ci dà i sussidi e qui c’è il cinema. Almeno andiamo al cinema”, la miseria di allora per noi è inconcepibile oggi”. Testimonianza di Rinaldo Santini, già sindaco di Roma, che con Moro portava sussidi alle famiglie tra via Barletta e piazza Trionfale; da: AA.VV. I nonni di Roma raccontano la storia, ed. Comune di Roma, 2006, pag. 116.

 

Tucci Piero

Agosto 2015

 

AGGIORNAMENTI

5.5.15 Trionfale. Il municipio va nella vecchia caserma. Iniziata la procedura. Tutti gli uffici in via Mattia Battistini e al Santa Maria della Pietà, risparmio di 800.000 €.

30.9.15 Ospedale Santa Maria della Pietà. Due padiglioni dell’ex ospedale diventeranno un ostello in vista dell’Anno Santo, in tutto 140 posti per i pellegrini. I costi (500.000 euro) a carico della Regione. E’ stato sede del manicomio più grande d’Europa fino al 1999.

12.2.16Un'altra storia, questa volta tipicamente italiana. Si inaugurerà dopo tredici anni alla PINETA SACCHETTI un auditorium da 200 posti. Una volta di legno sormontata da una cupola rivestita di lastre di rame. Già si stanno togliendo le impalcature e presto si cominceranno a montare gli arredi. E così potrà vivere ed essere salvato dal degrado il sogno di un quartiere, in via Albergotti, tra il parco e la circonvallazione Cornelia, finalmente completato dal Municipio.

12.2.16Infine FORTE TRIONFALE. Più di venti ettari di parco di cui quattro già resi agibili agli abitanti dai lavori di manutenzione e una gara già pronta per aprire al suo interno la nuova sala del consiglio municipale in attesa del trasferimento di tutti gli uffici.

Ecco alcune immagini di come è oggi Forte Trionfale, dopo la manutenzione del verde di quattro dei ventuno ettari del parco. Costruito tra il 1882 e il 1888, è composto, oltreché dai giardini, da uffici, parcheggi e un grande hangar che serviva per il ricovero dei dirigibili. Dato in consegna al IV Municipio nel 2015, ora è stata avviata la procedura per la ristrutturazione dell'ex sala mensa che diventerà la sede del Consiglio municipale. E entro l'estate ci si trasferiranno gli altri servizi del municipio stesso di cui diventerà il quartier generale. “E' un'operazione” spiega il minisindaco Barletta “che consente un risparmio per le casse del Comune di circa 800 mila euro di fitti attualmente versati per le due sedi del municipio e che ora potranno  essere impiegati per nuovi servizi e investimenti”. Da: Repubblica on line.
7.5.16 # Pista ciclabile in via Andrea Doria.   Il I Municipio ha deciso la riqualificazione di via Andrea Doria (Prati-Trionfale) e con questi lavori sarà costruita una nuova pista ciclabile che collegherà le numerose già esistenti in Prati con la fermata Cipro della metro A. I lavori partiranno a breve, sarà completamente rifatto il manto stradale, la segnaletica, i marciapiedi saranno ricostruiti completamente, verranno abbattute tutte le barriere architettoniche, ci saranno nuove panchine, parapedonali, cestini per i rifiuti, saranno ricollocate le bancarelle del commercio ambulante. La spesa complessiva di questi lavori sarà di mezzo milione di euro.

14.6.16 Murales. Street art. Via Andrea Doria. Al mercato Trionfale spunta il volto di Anna Magnani è opera di Diavù David Vecchiato. I ritratti sono in due scalinate larghe 7 metri e profonde 15. Domani a mezzogiorno la presentazione delle opere. Dopo Ingrid Bergaman in via Fiamignano a Ottavia e Michele Mercier a Corso Francia, Elena Sofia Ricci in via Ugo Bassi ispirata a In nome del popolo sovrano, una eroina della repubblica romana, ora il nuovo intervento nelprogetto Popstairs.

2.11.16 Libreria Tirelli alla Balduina. In piazzale delle Medaglie d’Oro sta per chiudere dopo 60 anni, è la libreria cara a Parise.

1.12.16 # Trionfale. In fiamme l’auditorium in via Albergotti in costruzione da 13 anni, la struttura è costata al municipio ben 2 milioni di euro e 13 anni di cantieri (vicino a via Domenico Tardini). Le fiamme partite da una fiamma ossidrica.

6.3.17 Cronaca. Trionfale. Povero ruba gli abiti per i poveri nella chiesa Santa Maria Mater Dei in via della Camilluccia 120. Con un cacciavite ha forzato l’ingresso della canonica, scoperto dal viceparroco, inseguito, lo ha minacciato con lo stesso cacciavite. E’ stato arrestato in largo Cervinia.

18.3.17 Cronaca. Trionfale - Balduina. Auto distrutta a mazzate per un tamponamento in largo Damiano Chiesa, è successo ieri pomeriggio alle ore 16.

15.2.18 Cronaca. Trionfale. Si apre voragine in via Livio Andronico. Sette auto precipitate nel vuoto e due palazzi evacuati, nessun ferito. La Procura apre un fascicolo: nei giorni scorsi era stata segnalata una copiosa perdita d’acqua.

16.2.18  Cronaca. Trionfale. Per la voragine di via Livio Andronico indagati il costruttore e il padrone dell’area. Il terreno in cui si stanno facendo lavori per la costruzione di tre palazzi al posto del complesso Santa Maria degli Angeli è stato sequestrato. Fondamentale la consulenza tecnica affidata a due ingegneri e un geologo.Il terreno franato era zuppo e il crollo si sarebbe verificato per la rottura di due condutture Acea. Gli inquilini dei palazzi evacuati avevano presentato denunce per rumori eccessivi e vibrazioni interne agli appartamenti a gennaio.

 

 

 

 



[1] Gaetano Vinaccia. Architetto nato a Napoli nel 1889 e morto nel 1971. Oltre all’autoparco ha progettato un palazzetto in via Donizetti. E’ stato un pioniere nell’uso dell’energia solare che lo ha fatto conoscere in tutto il mondo.

[2] Sisto IV. Giovanni Angelo Medici, di Marignano MI. Papa dal 1559 al 1566. Era fratello della madre di San Carlo Borromeo, Margherita Medici. Discendente di un ramo milanese dei Medici. Conclude il Concilio di Trento, emana la "Professio Fidei Tridentinae" il 13 nov. 1564. Diede incarico a Michelangelo di disegnare porta Pia. E' sepolto in Santa Maria degli Angeli.

[3] Mercato dei Fiori. Tutte le notizie da: comune.roma.it.

[4] Luccichenti Ugo. (1898-1976) Palazzina in piazza delle Muse nel 1940, Casa popolare in viale Libia 14 nel 1954, Villini a Casal Palocco, isola 10 prima del 1960, Albergo Cavalieri Hilton con altri nel 1961-63, svincolo della Nomentana su linea ferroviaria nel 1966.

[5] Franz Litz. (Raiding 1811 – Bayeruth 1886) compositore, pianista, direttore d’orchestra e organista ungherese. Studiò e suonò a Vienna e Parigi, viaggiò in tutta l’Europa tenendo concerti un po’ ovunque. Fu uno dei grandi virtuosi del pianoforte dell’Ottocento, rivoluzionò la tecnica pianistica e il rapporto tra pubblico ed esecutore. Fu legato a Chopin e Schumann da amicizia e stima. Nel 1865 divenne accolito nell’ordine francescano della Chiesa Cattolica. Era suocero di Richard Wagner, avendo quest’ultimo sposato su figlia Cosima. E’ stato abate della cattedrale di Albano Laziale.

[6]De Renzi Mario. (1897-1967) Casa ICP in piazza Perin del Vaga, Casa per dipendenti del governatorato in via Andrea Doria, casetta modello alla Garbatella in via delle Sette Chiese nel 1929, casa convenzionata per l'impresa Federici in viale XXI Aprile nel 1937, palazzo delle Poste in via Marmorata con Libera nel 1933, palazzo oggi dell'Archivio di Stato all'Eur nel 1938, palazzina Furmanik al lungotevere Flaminio nel 1942, il quartiere Stella Polare a Ostia nel 1949, il quartiere INA Casa Valco San Paolo con altri nel 1950, il quartiere INA Casa Tuscolano II in via del Quadraro con altri nel 1951.

[7] Innocenzo Sabbatini. Vedi nota 14.

[8] Diavù, nome d’arte di Davide Vecchiato. E’ autore anche del dipinto sulla scalinata di via Ronciglione che raffigura l’attrice Michele Mercier (nota per il ruolo di Angelica in una serie di film degli anni Sessanta), dei murales al cinema Impero in via dell’Acqua Bullicante a Tor Pignattara.

[9] Don Guanella. (Fraciscio di Campodolcino SO 1842 – Como 1915) presbitero fondatore delle congregazioni cattoliche dei Servi della Carità e delle figlie di Santa Maria della Divina Provvidenza. Proclamato santo da papa Benedetto XVI nel 2011. Conobbe Don Bosco e la sua opera, il Cottolengo, rimanendo con lui tre anni. Il corpo è custodito nel santuario del Sacro Cuore di Como. Le attività di don Guanella sono rivolte “al sostegno dei più abbandonati, di coloro che sono poveri nell’ingegno, nella salute o nelle sostanze”.

[10] Pio X Giuseppe Sarto, di Riese TV. Papa dal 1903 al 1914. Eliminò il divieto ai cattolici di partecipare alle elezioni politiche (patto Gentiloni), condannò il modernismo. La sua festa è il 20 agosto. Santo dal 1954. Il suo stemma presenta nella parte alta il leone di Venezia, nella parte alta un'ancora con una stella e le onde del mare. E' sepolto in San Pietro, cappella della Presentazione, navata sinistra.

[11] Aristide Leonori. Ingegnere romano (1856-1928).E’ autore della chiesa di Santa Croce al Flaminio in via Guido Reni, del Sacro Cuore di Gesù a via Piave (1914-16), la basilica di San Giuseppe al Trionfale e della chiesa di San Patrizio a via Boncompagni. Sue opere al Cairo, negli Usa e altrove. Una via gli è dedicata al quartiere Ardeatino (Grotta Perfetta), una scuola ad Acilia. Da: inforoma.it e it.wikipedia.org

[12] Baveno. Il granito di Baveno è di colore rosa, si estrae dalle cave sul lago Maggiore, sulla sponda piemontese del lago, dove è il Mottarone, è uno dei graniti più usati nell’edilizia. Con questo granito sono fatti l’Operà di Parigi, la chiesa di San Carlo a Vienna, il monumento a Colombo a New York, la Galleria Vittorio Emanuele a Milano.

[13] Giulio Magni. (Velletri 1859 - Roma1930) Figlio di un noto storico dell'arte, ha operato in Romania. Case popolari a lungotevere Testaccio nel 1905-06, Facoltà teologica Valdese a via Cossa nel 1907-09, Case popolari a santa Croce in Gerusalemme nel 1907-15, Villa Marignoli a via Po nel 1910, Ministero della Marina Militare al lungotevere nel 1919-28, Chiesa Regina Pacis a Ostia nel 1924-28. La biblioteca di Velletri conserva il suo archivio. Partecipò al concorso per la Gnam.

[14]Innocenzo Sabbatini.(Osimo 1891-Roma1984) Case alla Garbatella in piazza Brin nel 1920, il Cinema Garbatella oggi teatro Palladium nel 1927, La casa dei bambini in via di Lauria nel 1924, quartiere ICP via Andrea Doria, casa ICP in via della Lega Lombarda, gli alberghi suburbani alla Garbatella, le case ICP in via Oslavia e in via Marmorata tra il 1927 e il 1930. E' stato presidente dell'Icp dal 1925 al 1931. Ha progettato il Palazzo Pubblico sulla piazza di Montesacro. Casa in piazza dell’Alberone.

Da De Guttry. Per "Archivio Storico Iacp" l'architetto è morto a Osimo nel 1983. E' autore delle case che affacciano su via Marmorata a Testaccio ang. via Vanvitelli. TrionfaleII, lotto I, prospetto sulla via R. Di Lauria.Trionfale III, cinematografo su via Andrea Doria. Trionfale III, lotto VII. Progetto Piazza d'Armi I via Monte Santo, Sabotino, Plava, Montenero, viale Angelico.Progetto per la piazza della città giardino Aniene. Progetto Tiburtino II Portonaccio in piazza Pontida via Adalberto.Progetto Tiburtino II Sant'Ippolito in via della Lega Lombarda (citato sopra).Palazzina sul Gianicolo in via Dandolo. Progetto Pamphili I, via di Donna Olimpia, anno 1930.

 

[15] Francesco Morosini. Noto come il Peloponnesiaco (Venezia 1619- Nauplia 1694) è stato il 108° doge della Repubblica di Venezia dal 3 aprile 1688 fino alla sua morte. E’ sepolto nella chiesa di Santo Stefano a Venezia.

[16] Tullio Rossi. aaa Roma 1903 – Milano 1997) Dopo la laurea in architettura lavorò nello studio di Busiri Vici, collaborò nel restauro di villa Spada, progettò ville a Forte dei Marmi, a Cortina, il comprensorio di Calamoresca a Porto Santo Stefano. Vinse il concorso per il restauro di Ponte Vecchio a Firenze. Redasse il piano paesistico dell’Olgiata e numerose ville in quel comprensorio tra il 1960 e il 1963. Realizzò circa 50 chiese a Roma come architetto della Pontificia Opera Nuove Chiese, tra queste la Natività di via Gallia, San Tarcisio al Quarto Miglio nel 1939, San Giovanni Battista de Rossi nel 1940, Santa Maria della Fiducia a Finocchio nel 1940, Santa Maria delle Grazie a via Angelo Emo, San Francesco e Santa Caterina da Siena patroni d'Italia alla circonvallazione Gianicolense, Regina Pacis a Monteverde Vecchio, Santa Galla alla circonvallazione Ostiense, Sant'Emerenziana al quartiere Trieste, di Santa Maria Assunta in via Capraia al Tufello ma è anche la parrocchia del complesso Icp Vigne Nuove, la chiesa di Santa Maria Causa Nostra Letiziae in piazza Siderera al Villaggio Breda, sulla Casilina, altezza Grotte Celoni (da Irene de Guttry, cit. e casa della architettura.it). Di ben diverso tenore è la chiesa di Santa Maria Goretti nella via omonima al quartiere Trieste del 1956.

[17] Acquedotto del Peschiera. La notizia della cerimonia di inaugurazione da: la Repubblica del 27.10.2013, articolo “L’acqua del Peschiera da Rieti a piazzale degli Eroi” a firma di Claudio Rendina.

[18] Ignazio Guidi. (Roma 1904-1978) Nel 1931 scuola Guglielmotti ora Manzoni, la scuola Rosa Maltoni Mussolini (la madre del futuro duce) poi Leopardi a Monte Mario (scuola all'aperto), nel 1936 caserma dei Vigili del Fuoco a via Genova, nel 1936-39 scuola Fratelli Garrone a Ostia in corso Cardinal Consalvo, edifici per il Comune nell'attuale via Petroselli (anagrafe) con Cesare Valle, nel 1960 sottopassaggi di corso Italia, nel 1961 progetto per il quartiere INCIS di Decima con altri (Libera, Moretti, Cafiero).

[19] Errico Malatesta. (Santa Maria Capua Vetere 1853 – Roma 1932) è stato tra i principali teorici del movimento anarchico non solo italiano. Passò più di dieci anni della sua vita in carcere e parte in esilio. Collaborò a testate anarchiche, è nota la sua amicizia con Bakunin, con Proudhon è considerato uno dei pensatori più importanti della corrente libertaria. Nel 1916 era convinto dell’avvento di una rivoluzione anarchica, pochi mesi dopo scoppiò la rivoluzione Russa che – all’inizio – ebbe il supporto degli anarchici.

[20] Gino Coppedè. (Firenze 1886 - Roma1927) Architetto, scultore e decoratore. Elaborò uno stile eclettico, ornamentale che coincise con il liberty. Sposò nel 1889 Beatrice Romanelli figlia dello scultore Pasqulae da lei ebbe tre figlie, è sepolto in San Miniato. Ha progettato il quartiere omonimo intorno a piazza Mincio tra il 1919 e il 1923. Il progetto originario prevedeva 18 palazzi e 27 villini, non tutti costruiti. Suo primo successo fu il castello Mackenzie a Genova nel 1890. Realizzò, castelli, ville e villini in varie parti d'Italia, arredamento dei piroscafi, hotel di lusso, stabilimenti balneari. A Roma ha realizzato il palazzo al n.7 di via Veneto ornato con iscrizioni latine e un'altana a colonne, si tratta della sua ultima opera (1925-27). L'arch. siciliano Gaetano Rapisardi (mausoleo di Ciano a Livorno, chiesa di Don Bosco a Roma) sposò  una delle figlie di Coppedè, insieme realizzarono alcuni lavori.

[21] Gaetano Minucci. (Macerata 1896-Roma1980) Casa della Giovane Italiana all'Aventino nel 1934 oggi Scuola di Danza, Casa della Gioventù Italiana in viale Adriatico a Monte Sacro nello stesso anno, ancora nel 34 il Dopolavoro dell'Università con il teatro Ateneo all'interno della Città Universitaria. Nel 1937-38 il Palazzo dell'Ente Eur nel quartiere omonimo. Centrale Idroelettrica sul Tevere nel 1950. Ministero della Marina Mercantile all'Eur nel 1958-59, la Facoltà di Economia e Commercio in via del Castro Laurenziano nel 1961, il Policlinico Gemelli nel 1962-64 in via della Pineta Sacchetti

[22] Carlo Bevilacqua. Oltre alla chiesa di Gesù Divin Maestro, ha progettato: la chiesa di Santa Maria Maddalena de’ Pazzi nel 1966-67, la Chiesa di San Bruno alla Pisana nel 1990; la chiesa di San Vincenzo Pallotti nel 1990; la chiesa di Sant’Igino Papa al Collatino nel 1991, la Chiesa di Sant’Enrico a Casal Monastero nel 1999. Da: info.roma.it. E’ nato a Roma il 5.5.1934, laurea in architettura a Roma nel 1961, progettista e direttore dei lavori di chiese a Milano e Perugia. E’ progettista e direttore di lavori di numerosi arredamenti di interni, pittore nelle varie tecniche dell’acquerello, dell’acrilico, dell’olio e di tecniche miste. Scultore con materie plastiche in argilla e caolino bianco. Da: carlobevilacqua.net.

STORIA E POSIZIONE GEOGRAFICA

 

L’Aventino è uno dei sette colli di Roma[1].

Pur essendo incluso nel perimetro delle mura serviane, il colle rimase a lungo disabitato.

Fu sede della scissione dei plebei nel periodo repubblicano (V sec. a. C.).

Nel periodo imperiale divenne un quartiere aristocratico e sede di importanti templi.

Nel 410 subì il saccheggio dei Goti di Alarico[2].

Dopo di ciò cadde in abbandono, fu sede di conventi, area agricola con vigne.

Con gli anni Trenta del Novecento iniziò la sua edificazione con ville per l’alta borghesia. L’Aventino è chiamato “quartiere del silenzio” per il suo aspetto appartato, fa parte del rione XII Ripa, a sua volta parte del I Municipio del Comune di Roma.

 

ITINERARIO

 

L’itinerario alla scoperta del quartiere non può che iniziare dal belvedere Romolo e Remo, uno degli affacci più belli di Roma[3]. Suggestionati dalla bellezza del luogo sono stati molti poeti tra i quali Gabriele D’Annunzio e Giosuè Carducci. Lo stesso Giuseppe Mazzini, affacciandosi da questo belvedere abbassò gli occhi davanti a tanta bellezza[4].

 

CIRCO MASSIMO

     Lungo quasi 500 metri. Sempre utilizzato per manifestazioni sportive, secondo la leggenda qui si ebbe il “Ratto delle Sabine”. I circhi erano edifici pubblici destinati alle gare di cavalli ma, eccezionalmente, vi si tennero cacce e battaglie. Costruito in legno al tempo dei re Tarquini nel VI sec. a.C., un crollo delle tribune – al tempo di Antonino Pio – uccise oltre 1.000 spettatori. Nel lato verso la Fao[5] avanzi della costruzione con la torre dei Frangipane detta “Moletta”. La spina era ornata da sette uova in marmo e sette delfini che con il loro movimento indicavano il numero dei giri effettuati dai cavalli, inoltre vi erano due obelischi provenienti dall’Egitto, uno posto da Augusto ora a piazza del Popolo, l’altro posto da Costanzo II, figlio di Costantino, ora è al Laterano. Vi si svolgevano gare di quadrighe che dovevano percorrere sette giri in senso antiorario[6]. Sabato 16 luglio 1916 concerto di Bruce Springsteen detto il Boss.

 

Il piazzale alle spalle del belvedere è intitolato a Ugo La Malfa, qui si trova il

 

TORRE DELLA MOLETTA

Via dei Cerchi

     E’ sorta sul perimetro del Circo Massimo, sorta a difesa di un mulino, nel punto in cui passava il fosso dell’Acqua Mariana, nei terreni di proprietà della famiglia Frangipane per cui è anche chiamata torre dei Frangipane. Secondo la leggenda, nel 1233 la vedova di Graziano Frangipane ospitò nella torre san Francesco d’Assisi. Nel medioevo la zona era fuori dalla città, era tutta orti e piccoli monasteri con chiese.

 

 

MONUMENTO A MAZZINI

     di Ettore Ferrari[7], inaugurato nel 1949, 20 anni dopo la sua realizzazione, per il centenario della Repubblica Romana.  Presenta un’ara al centro di una scalinata e quindi degli altorilievi che circondano su tre lati l’alto podio sul quale è posta la statua bronzea dell’ “apostolo del Risorgimento italiano”. Ampi settori della Democrazia Cristiana, che in quegli anni esprimeva il sindaco Salvatore Rebecchini (1948-56), erano contrari all’inaugurazione di questo monumento e – addirittura – avrebbero voluto la rimozione della statua di Giordano Bruno da Campo de’ Fiori. Il Pci e il Psi, allora uniti, condussero una fiera battaglia capeggiati da Edoardo D’Onofrio[8].

 

Monumento a Giuseppe Mazzini di Ettore Ferrari, da: Tagliaferri – Varriale, Il colle della poesia, ed. Apt Roma, 2006.

 

Si prende via di Valle Murcia, da alcuni anni pedonalizzata, a sin. e destra il:

 

ROSETO COMUNALE

     Qui vengono coltivate oltre 5.000 piante di rose, a maggio vi si tiene un concorso internazionale e quindi si arricchisce sempre di più. Il terreno sul quale sorge ospitava un tempo uno dei cimiteri ebraici della città in cui era fatto divieto di collocare lapidi o iscrizioni. Chiuso nel 1895, venne demolito negli anni Trenta per l’apertura di via del Circo Massimo. E’ aperto a maggio e ai primi di giugno.

 

Si percorre via di Valle Murcia e il suo prolungamento via di Santa Sabina, ecco sulla destra il:

 

PARCO SAVELLO O

GIARDINO DEGLI ARANCI

     cinto dalle mura del castello dei Savelli[9] del XII sec. Il giardino è stato realizzato da Raffaele De Vico[10] nel 1932, presenta uno dei panorami più belli e conosciuti di Roma, sul Tevere, il Gianicolo e San Pietro.

 

GIARDINO DEGLI ARANCI

     Si trova in piazza Pietro d’Illiria. Cinto dalle mura del castello dei Savelli del sec. XIII (costruito a sua volta su un castello dei Crescenzi del sec. X) per cui è chiamato anche parco Savello. E’ stato realizzato da Raffaele De Vico nel 1932, là dove era l’orto dei domenicani della vicina chiesa di Santa Sabina, presenta uno dei panorami più belli e conosciuti di Roma. Ha una estensione di mq 7.800. Il giardino è piantato ad aranci con riferimento all’arancio piantato da San Domenico, fondatore dell’ordine, conservato nel vicino chiostro di Santa Sabina e visibile tramite un foro nel muro perimetrale del chiostro. E’ un giardino simmetrico, il viale centrale – che porta al belvedere – è stato intitolato a Nino Manfredi (Castro dei Volsci 1921 – Roma 2004), ciociaro di origine ma romano di adozione. Nella parte destra (per chi entra) vi era la fontana di piazza Montanara di Giacomo della Porta, collocata nel 1973 in piazza San Simeone ai Coronari. La piazza centrale è stata intitolata a Fiorenzo Fiorentini, un attore romano che ha recitato per più stagioni in questo luogo. L’ingresso principale del giardino fu arricchito, nel 1937 con portale di villa Balestra sulla Flaminia. D’estate vi si tengono spettacoli teatrali all’aperto, in particolare di teatro romano classico o romanesco.

     A sinistra dell’entrata si trova una fontana (vasca termale romana) con mascherone, formata con materiale di spoglio, proviene dal Campo Vaccino.

 

     Restaurato grazie al gruppo Fondazione Sorgente Group e riaperto per il Natale di Roma il 21 aprile 2016. Spesi 250 mila euro, lavori per 5 mesi. Il giardino degli Aranci, ha nuove panchine in travertino e ghisa e nuovi cestini, sistemati gli arbusti, le aiuole e il brecciolino. Nuovo l’impianto di irrigazione. La fondazione si occuperà anche della manutenzione. Sembra che un cartello vieti l’ingresso alle bici.

 

     Nel film La grande Bellezza dopo la festa pe ri suoi 65 anni, Jep  va a passeggiare all’Aventino, oltre al Giardino degli Aranci si riconosce la chiesa di Santa Sabina con un gruppo di suore bambine, il fontanile e la fontanella a cui si ferma a bere il protagonista..

 

 

SALITA DELL’AVENTINO

     Nel luglio 2017 è stato riaperto al pubblico il sentiero / scalinata che sale all’Aventino dal lungotevere omonimo al Giardino degli Aranci. Uno dei luoghi più belli di Roma è stato così valorizzato. I lavori sono partiti nel 2011 nel quadro del rafforzamento della rupe. Una passeggiata indimenticabile.

 

 

Giunti in piazza San Pietro d’Illiriasi nota la

FONTANA CON MASCHERONE

     vasca egizia di granito, già in campo Vaccino. Sulla piazza affaccia il fianco destro della chiesa di Santa Sabina con 13 grandi finestre centinate, due cappelle e un elegante portico a tre navate del Quattrocento.

 

CHIESA DI SANTA SABINA.

     Rappresenta il tipo più perfetto di basilica cristiana del V secolo. La chiesa fu fondata da Pietro d’Illiria tra il 422 e il 443 su la casa di Sabina, nobile convertitasi al cristianesimo per gli insegnamenti di un suo schiavo e martirizzata sotto Adriano. Nel 1222 Onorio III[11] la dette a San Domenico[12] per il suo ordine che eresse il campanile e il chiostro (ancora appartiene ai domenicani). Restauri condotti nel 1914-19 e nel 1936/38 da Munoz le ridiedero il volto antico.

Si passa nell’atrio dove si trovano i battenti della porta principale della chiesa in cipresso del V secolo, su di essa rimangono 18 scene del Vecchio e del Nuovo Testamento.

     L’interno è suddiviso in tre navate divise da 24 colonne corinzie. A sinistra dell’ingresso, ad angolo, su colonna antica, una pietra a forma di ciambella, detta “la pietra del diavolo”, perché secondo un’antica tradizione venne scagliata contro san Domenico raccolto in preghiera che non voleva accogliere le lusinghe del diavolo. Ovviamente lo mancò. In controfacciata fascia a mosaico del V secolo con due donne che rappresentano la chiesa di Gerusaleme con l’Antico Testamento e la Chiesa Romana con il nuovo, sopra la porta un frammento di iscrizione (attribuito a Paolino da Nola) commemora Pietro d’Illiria e papa Celestino I in essa si afferma la supremazia del vescovo di Roma. Lungo la navata centrale raro fregio di marmi policromi del V secolo, anche nell’abside. Il soffitto ligneo è dell’ultimo restauro. Al centro della navata centrale pietra tombale di uno dei primi generali domenicani Munoz de Zamora (1380). La schola cantorum con gli amboni è stata ricostruita con vari pezzi antichi ritrovati nel pavimento e nei muri.

Nella navata destra colonna interrata per 2/3, indica il livello della più antica costruzione. La cappella di San Giacinto reca la pala d’altare: “Vergine e San Giacinto” (1600) di Lavinia Fontana[13].

 

CONVENTO

     fondato nel 1220 da San Domenico, in esso tenne la cattedra San Tomaso d’Aquino[14], chiostro romanico del XIII secolo.

Da una finestra si vede la pianta d’arancio che la tradizione vuole piantata da San Domenico stesso.

 

Si prosegue per via di Santa Sabina(attenzione siamo contromano!), subito si trova la:

 

CHIESA DEI SANTI BONIFACIO E ALESSIO

anteriore al X secolo, rifatta nel 1750 da Tommaso De Marchis, nell’attiguo convento ha sede l’Istituto di Studi Romani dotato di una biblioteca con 26.000 volumi e 1.500 riviste[15]. La facciata è del Settecento, il campanile è romanico. Sotto il portico, a destra, statua di Benedetto XIII Orsini[16].

Nell’interno, nella navata destra si trova la tomba del pittore Antonio Mancini[17]. In fondo alla navata destra, all’ultima cappella si trova un’icona russa della Vergine Maria dell’Intercessione dei sec. XII-XIII, venerata anche dagli ortodossi.

Più avanti tomba con bel busto tardo barocco di Eleonora Boncompagni Borghese (1695).

Subito a sinistra dell’entrata, in una teca di vetro, la scala di legno di Sant’Alessio tenuta da angeli dove visse come estraneo nella sua stessa casa. Alessio, figlio di un senatore romano, converitosi al cristianesimo, sarebbe fuggito la sera prima del matrimonio e avrebbe trascorso diciassette anni in pellegrinaggio in Oriente. Ritornato a Roma si presentò come schiavo nella casa dei genitori che non lo riconobbero e morì sotto la scala mentre narrava la propria vita a papa Clemente[18]. Questa leggenda ebbe larga diffusione nel Medioevo tanto da ispirare fra l’altro un ciclo di affreschi nella basilica di San Clemente e una composizione musicale di Stefano Landi nel XVII secolo.

 

Di fronte alla chiesa, a sinistra, si trova la Scuola Elementare Badini, costruita in padiglioni circondati da giardini, certo tra le più belle di Roma. Di fronte a destra la casa in cui visse Vittorio Gassman, poco prima la casa in cui visse Ceccarius[19].

 

Si prosegue per via di Santa Sabina finchè la strada non confluisce in:

 

PIAZZA DEI CAVALIERI DI MALTA

Disegnata da G. B. Piranesi[20] nel 1765 su commissione di Giovanni Battista Rezzonico nipote del papa Clemente XIII e priore dei Cavalieri di Malta. Le mura sono ornate da specchiature neoclassiche e da piccoli obelischi, edicole e stele con emblemi navali e religiosi dell’ordine[21]. Al centro lapide a Clemente XIII[22]. Sul lato sinistro si trova l’ambasciata d’Egitto presso la Santa Sede. Sul lato destro della piazza affaccia la:

 

VILLA DEL PRIORATO DI MALTA

Appartenente al Sovrano Militare Ordine dei Cavalieri di Malta, luogo appartato di straordinaria bellezza chiuso al pubblico, anch’esso disegnato da G. B. Piranesi, insieme alla piazza rappresentano le uniche opere architettoniche dell’artista. La sua realizzazione fu voluta da Giambattista Rezzonico, gran maestro dell’ordine di Malta e nipote di Clemente XIII. Guardare il buco della serratura che inquadra perfettamente la cupola di San Pietro incorniciata dalle siepi del parco, il campanile che si vede subito sotto è della chiesa di San Crisogono a Trastevere (p. Sonnino, inizio vl. Trastevere). Nella villa si trova la CHIESA DI SANTA MARIA DEL PRIORATO anch’essa del Piranesi, dove è sepolto.

 

Si imbocca via di Porta Lavernale, ecco subito a destra l’ingresso della:

 

CHIESA DI SANT’ANSELMO[23]

e al Seminario Internazionale Benedettino (1892-96), eretta sulle fondamenta della casa di Traiano. La chiesa è stata realizzata in stile romanico lombardo dall’architetto Francesco Vespignani[24]. Interno basilicale a tre navate con colonne di lucido granito, abside decorata a mosaico, vasta cripta.

     Raccomandabile una sosta nell’ombreggiato giardino della chiesa con una rivendita di prodotti dei frati. Prima di entrare in chiesa, a sinistra del quadriportico, chiedere in portineria di entrare nel seminario per visitare il mosaico romano raffigurante Orfeo che con la sua musica soggioga il mondo animale (attualmente – marzo 2010 – chiuso per restauri).

 

Dalla chiesa si prende via San Domenico fino alla piazza Giunone Regina, che ricorda uno templi romani di età imperiale presenti sul colle, dalla piazza, guardando di fronte a noi, si vede un palazzo con tre archi per il sottopassaggio pedonale e veicolare (via Ciacconio), questo è il luogo di alcuni spot Infostrada con Mike Bongiorno e Fiorello. Si prende a destra via Malabranca e in breve giungiamo in piazza del Tempio di Diana, sempre con il significato della precedente. Su di essa affaccia il casolare della vigna Maccarini Torlonia ricordo del tempo in cui tutta la zona aveva un regime agricolo pastorale.

     In un tombino presente sulla piazza, lato casolare, è l’ingresso alla

 

CASA DI TRAIANO

     cinque stanze, perfettamente conservate, a dieci metri di profondità, con soffitti alti sei metri, decorate con un disegno geometrico su fondo bianco (sia le pareti che i soffitti) ed elementi vegetali e animali. Era la sua casa prima che diventasse imperatore. Hai delle foto nella cartella “Rione Ripa”.

 

     Per queste strade ecco riaffiorare quella piacevole atmosfera dell’Aventino: “questo quartiere recluso e verdeggiante, arieggiato, colmo di silenzio dove in effetti pare sempre che un occhio vi segua lungo le vie frondose e che sembra difeso più degli altri contro chi vi passeggia” Julien Gracq[25].

 

Quasi di fronte a noi la via del Tempio di Diana porta in piazza Santa Prisca.

 

CHIESA DI SANTA PRISCA.

     Una delle più antiche chiese di Roma eretta sulla casa di Aquila e Priscilla, coniugi cristiani ricordati da San Paolo, la leggenda vuole che ospitassero San Pietro. La figlia Prisca, battezzata a tredici anni, fu condannata sotto Claudio ad essere sbranata dai leoni ma, miracolosamente salvatasi, fu decapitata. Subì danni in seguito alla scorreria dei Normanni del 1084. Fu ricostruita più volte l’ultima da Carlo Lamberti nel 1660.

L’interno è diviso in tre navate da 14 colonne antiche inglobate in pilastri barocchi, a destra dell’entrata battistero con capitello dorico usato da San Pietro, all’altare dipinto con “San Pietro che battezza Santa Prisca” capolavoro del Passignano, 1600. Una scala nella navata destra conduce al sotterraneo mitreo[26].

     Gli scavi avviati nel 1944 hanno portato alla luce, accanto alla cripta, un ricco mitro (cappella per il culto di Mitra[27]) ricavato nei locali di una casa antecedente.

 

Dalla piazza imbocchiamo via di Santa Prisca verso Nord, in breve eccoci in largo Arrigo VII qui si trova la:

 

CASA DELLA GIOVANE ITALIANA

     di Gaetano Minnucci[28], oggi sede dell’Accademia Nazionale di Danza, adiacente al roseto comunale. Si tratta dell’adattamento di un edificio agricolo, indicato come “Castello d’acqua” dalla carta del Nolli del 1748, poi trasformato in ristorante. Il proprietario donò l’edificio, ormai in abbandono, a Mussolini che a sua volto lo donò all’ Opera Nazionale Balilla. Gaetano Minnucci ebbe l’incarico di adattarlo elaborando un progetto fedele al linguaggio razionalista e mantenendo la scala esterna e la torretta. Anche la scritta che ricorda il dono è stata da lui progettata[29]. Il 3 agosto 1935, alla presenza del Duce, il palazzo fu inaugurato. Nell’interno il pittore Corrado Cagli[30] affrescò a tempera “La corsa dei berberi” nella sala adibita a biblioteca. Nel 1954/55 il ministro della Pubblica Istruzione Gaetano Martino decise di destinare l’edificio a sede dell’Accademia Nazionale di Danza[31].

 

Poco oltre l’appartata via Sant’Alberto Magno che ricorda il più grande filosofo e teologo tedesco del Medioevo (1206-1280), fu il maestro di San Tommaso d’Aquino.

 

Si torna in piazza Santa Prisca imbocchiamo via San Giosafat, stranamente chiusa al traffico veicolare, in breve si giunge in piazza Albina[32] dove è stato girato quasi tutto il film di Nanni Moretti “Caos Calmo” (2008) tratto dal romanzo di Sandro Veronesi vincitore del premio Strega nel 2006[33].

 

Dalla piazza imbocchiamo via di Sant’Alessio, quindi la prima a sinistra via di Santa Melania in discesa per breve tratto, subito a sinistra per via di Sant’Anselmo fino a:

 

PIAZZA ALBANIA

Nell’ultimo tratto della via e sulla piazza si trovano le:

mura Serviane, è conservato un tratto di circa 30 metri, alto fino a 16 filari di massi. Si tratta della prima cinta di mura che racchiudevano i sette colli. Costruita, secondo la leggenda dal re Servio Tullio, ma è certamente di epoca repubblicana.

Al centro della piazza il monumento equestre a GIORGIO CASTRIOTA SCANDERBEG[34], eroe dell’indipendenza albanese, opera di Romano Romanelli[35] del 1940.

 



[1] Sette colli di Roma. Sono Palatino, Campidoglio, Quirinale, Viminale, Esquilino, Celio e Aventino.

[2] Sacco di Roma. Il secondo  saccheggio di Roma ci fu nel 455 ad opera dei Vandali di Genserico.

[3] Belvedere Romolo e Remo. Questo sarebbe il punto in cui Remo si mise in attesa di vedere gli uccelli, chi avrebbe visto più uccelli tra lui e il fratello avrebbe deciso il luogo dove fondare la nuova città: Roma.

[4] Poeti all’Aventino. Da: Tagliaferri – Varriale, Il colle della poesia, ed. Apt Roma, 2006.

[5] Palazzo della FAO, progettato da Vittorio Cafiero come Ministero dell’Africa Italiana ma inaugurato nel 1951. Aveva progettato il Comando Carabinieri in viale Romania (Parioli), dopo la guerra il Villaggio Olimpico, il Ministero delle Finanze all’Eur e il quartiere Incis a Decima.

[6] Panorama. Di fronte il Palatino con la domus degli imperatori romani. Al n.8 di via dei Cerchi spicca il Casale, oggi sede dei padri Olivetani, risalente al Seicento con una facciata dall’aspetto di un fondale scenografico. Al n. 43 una casa barocca ha sulla facciata una curiosa mano, oggi di stucco, ma in origine di marmo, con l’indice alzato, detta la Mano di Cicerone. Da: AA.VV. I rioni e i quartieri di Roma, Newton

[7] Ettore Ferrari (Roma 1845 – 1929) Scultore. Professore di scultura e preside dell’Accademia di Belle Arti di Roma, deputato dal 1882 al 1892. Nella sua prima attività trattò soggetti di gusto romantico, poi si volse verso opere di carattere monumentale come il monumento a Garibaldi a Vicenza, Pisa, Macerata, Rovigo e Catania, il monumento a Vittorio Emanuele a Venezia, quelli a Giordano Bruno, a Quintino Sella a Roma.  Alla Gnam di viale delle Belle Arti di Roma calco della statua di Giordano Bruno. Da Enciclopedia dell’Arte Garzanti.

[8] Storia inaugurazione statua Giordano Bruno. Da ricostruzione storica del comune di Roma fatta dal quotidiano Paese Sera nel 1981.

[9] Savelli. Famiglia medioevale di Roma, trasformò in fortezza il teatro di Marcello e la tomba di Cecilia Metella.

[10] Raffaele De Vico, architetto del verde, ha sistemato a verde il Parco di villa Glori nel 1925, il monumento ai caduti della I guerra mondiale al Verano nel 1927, il serbatoio dell’acqua a porta Maggiore, il parco Virgiliano a piazza Crati e il Giardino Zoologico nel 1930, nel 1960 i giardini al disopra del laghetto dell’Eur.

[11] Onorio III (Cencio Savelli, m 1227) proseguì la lotta contro gli albigesi, approvò gli ordini domenicano 1216 e francescano 1223. Incoronò imperatore Federico II nel 1220, determinando l’unione personale delle corone imperiale e siciliana cui il papato era stato sempre ostile.

[12] San Domenico (Domenico di Guzman 1170 c. – 1221) religioso spagnolo, santo (festa il 7 agosto). Inviato in Linguadoca a convertire gli albigesi, nel 1215 fondò l’ordine dei predicatori (domenicani).

[13] Lavinia Fontana (Bologna1552 – Roma 1614) pittrice, figlia e allieva di Prospero, interpretò in maniera elegante modelli di Raffaello, Parmigianino e T. Zuccari. Il genere che la rese celebre fu il ritratto ed espresse le esigenze di severità morale della Controriforma. Un suo “Autoritratto alla spinetta” è all’Accademia di San Luca a Roma.

[14] Tommaso d’Aquino (Roccasecca, Aquino 1225 c. – Fossanova Latina 1274) filosofo e teologo, santo (festa il 28.1). Discepolo di Alberto Magno, insegnò a Parigi, fu teologo della Curia papale. Tra le sue opere i numerosi Commentari di Aristotele e la Summa theologica del 1267-73 Tommaso opera una netta distinzione tra filosofia e fede: la ricerca razionale è sostenuta da principi evidenti, mentre la fede presuppone la rivelazione divina. La prima è giunta con Aristotele al massimo livello, oltre il quale non c’è che la verità soprannaturale della fede.Integrare filosofia e fede, aristotelismo e cristianesimo è il compito che Tommaso si assume. Da Enciclopedia Universale Garzanti.

[15] Istituto di Studi Romani. Fondato dal bibliotecario Carlo Galassi Paluzzi (1893-1972) nel 1925 si occupa di ricerca scientifica e alta divulgazione di tutti gli aspetti della storia e della civiltà romane. Dal 1939 bandisce un concorso internazionale di prosa e poesia latina denominato “Certamen Capitolinum”. Tutte le notizie dal sito internet dell’associazione stessa.

[16] Benedetto XIII (Gravina di Puglia 1649-Roma 1730) al secolo Pietro Francesco Orsini, papa dal 1724. Condannò l’eresia dei giansenisti francesi, pretese una condotta di vita morigerata dalla gerarchia ecclesiastica. Nel 1725 inaugurò la scalinata di Trinità de Monti, due anni dopo volle l’Università di Camerino. Dopo l’elezione papale continuò a dirigere la diocesi di Benevento che visitò due volte, la città lo considera il suo secondo fondatore. E’ sepolto in Sant Maria Sopra Minerva.

[17] Antonio Mancini (Roma 1852 – 1930) allievo di Morelli e amico di Michetti si richiamò al verismo napoletano sviluppando una pittura dal cromatismo assai succoso. Nei loro esiti estremi i quadri di Mancini si affidano ad audacissimi impasti che nel colore più denso inglobano anche stoffe e vetri colorati. Nonostante il carttere talora stucchevole, questo stile “materico” possiede un’indubbia originalità. Un suo autoritratto è a Capodimonte a Napoli.

Alla Gnam di Roma gli è dedicata quasi una intera sala, tra i quadri: “Carminella” del 1870, “Il malatino” del 1878. Da: Enciclopedia dell’arte Garzanti.  

[18] Clemente papa dall’89 al 97, terzo successore di Pietro. Nel IV seolo a lui fu dedicata la chiesa di San Clemente sullo stradone di San Giovanni, interessantissima tra le antiche basiliche anche per la presenza di due chiese sovrapposte a loro volta su case romane.

[19] Ceccarius.  Nome d’arte di Giuseppe Ceccarelli, scrittore di cose romane, giornalista, studioso di cultura e tradizioni popolari romane (1889-1972). Compì importanti ricerche sulle grandi famiglie romane. Il suo archivio e la sua biblioteca sono stati acquistati dallo Stato e donati alla Biblioteca Nazionale di Roma. Un viale gli è dedicato nel parco che circonda Castel Sant’Angelo.

[20] Giovanni Battista Piranesi (Maiano di Mestre1720 – Roma 1778) incisore, architetto e scrittore. Di formazione veneta operò a cavallo tra la declinante civiltà barocca cui appartengono i suoi capricci e grotteschi (Carceri d’invenzione), e la nascita di una nuova architettura d’ispirazione classica (come in questa piazza). Anticipò l’archeologia moderna studiando i monumenti antichi con metodo filologico.

[21] Piazza dei Cavalieri di Malta. Ricorrono la torre, l’aquila, la mezzaluna e la croce, emblemi araldici dei Rezzonico. Da rivista: Roma ieri, oggi, domani, n.79, pag. 51.

[22] Clemente XIII (Carlo Rezzonico Venezia 1693 – Roma1769) papa dal 1758. Avversò l’illuminismo mettendo all’Indice sia l’Enciclopedia che gli scritti di Rousseau. Figlio dell’uomo che acquistò e completò Ca’ Rezzonico sul Canal Grande, ora museo del Settecento veneziano. Famoso per il suo nepotismo, si trovò a fronteggiare l’espulsione dei gesuiti da vari stati europei sulla via del riformismo.

[23] Sant’Anselmo. (1033-1109) entrò nell’ordine benedettino dopo essere fuggito di casa. Teologo di chiara fama, divenne arcivescovo di Canterbury e fu tra i fondatori della filosofia scolastica.

[24] Francesco Vespignani (1842-1899), architetto, figlio del più famoso Virginio, autore del rifacimento del presbiterio e dell’abside di San Giovanni in Laterano.

[25] Julien Gracq, scrittore francese surrealista morto ad Angers nel 2007 all’età di 97 anni. Da it.wikipedia.org. La citazione in corsivo è presa dalla Guida di Roma della Gallimard Tci.

[26] Mitreo sotto Santa Prisca. Per la visita rivolgersi a Pierreci.

[27] Mitra. Culto iranico babilonese si diffuse in Italia  nei porti e nelle città sede di guarnigione imperiale dell’Occidente romano nel II secolo. Dopo un breve periodo di concorrenza con il cristianesimo, cadde nell’oblio sul finire del IV secolo. Religione della luce che propone ai suoi iniziati la sicurezza della salvezza dell’aldilà, il mitraismo composrtava un ricco rituale incentrato sulla figura del sacrificio del toro, simbolo della vittoria della vita sul male.

[28] Gaetano Minnucci (Macerata 1886 – Roma1980) era in quegli anni redattore della rivista Architettura e assistente alla facolta di Architettura di Roma. Ha realizzato il dopolavoro della Città Universitaria, la casa della Gioventù Italiana a Montesacro in viale Adriatico ora ufficio Pt. Nel dopoguerra il ministero della Marina Mercantile all’Eur oggi in via di demolizione e il Policlinico Gemelli con altri. Da: Irene di Guttry, Guida di Roma Moderna, ed. De Luca.

[29] Scritta su facciata della Casa della Giovane Italiana. Mai iscrizione fu così falsamente profetica. Ad ogni buon conto recita: Su questo colle donato dal Duce cresce ai nuovi destini la giovinezza di Roma. Mai vestigia di più glorioso passato videro promessa di più splendido avvenire. Da sopralluogo nel marzo 2010.

[30] Corrado Cagli (Ancona 1910 – Roma 1976) pittore italiano tra i protagonisti del dibattito culturale sull’evoluzione della pittura. In contatto con i pittori della scuola romana, fu figurativo prima della guerra. La sua attività artistica ha uno stacco segnato dalle leggi razziali e dalla emigrazione in America, riuscì a farsi arruolare nell’esercito Usa, partecipò allo sbarco in Normandia, alla battaglia delle Ardenne fino a giungere in Germania. Nel dopoguerra fu tra i promotori della corrente Informale contribuendo al successo di Giuseppe Capogrossi. Da: it.wikipedia.org

[31] Accademia Nazionale di Danza, tutte le informazioni da accademianazionale di danza.com

[32] Albina. Ricorda la matrona Albina, patrizia romana del V secolo, accreditata nella leggenda di eccezionali virtù. Da: AA.VV. Le strade di Roma, Newton Compton editori.

[33] Il film Caos Calmo è stato diretto da Antonello Grimaldi e interpretato da Nanni Moretti (che è anche uno degli sceneggiatori) con Valeria Golino, Isabella Ferrari, Alessandro Gassman e Silvio Orlando. Il film è stato in gara al Festival di Berlino. La piazza in cui è ambientato fu arricchita di un chiosco bar e un edicola per giornali, la scuola in realtà è un convento (San Basilio) e per l’occasione fu rimossa la statua di San Giuseppe posta all’ingresso. Il film ha vinto tre David di Donatello.

[34] Scanderbeg nome turco di Giorgio Castriota (1403-1468), eroe nazionale albanese. Allevato presso il sultano turco Murad II, divenne musulmano e comandò le forze ottomane contro serbi e ungheresi. Nel 1443 riprese la fede cristiana e dalla fortezza di Croia (oggi Kruje in Albania) guidò la resistenza anti turca per 24 anni.

[35] Romano Romanelli (Firenze 1882 – 1969) scultore, accademico d’Italia dal 1930, figlio d’arte, con l’avvento della Repubblica si ritirò nelle sue tenute in Somalia perché convinto monarchico. E’ sepolto a Firenze. E’ sua la statua di Gesù Divin Maestro sull’entrata laterale della Cappella Universitaria alla Sapienza. Da it.wikipedia.org

DALLO STATUARIO AL QUARTO MIGLIO

A SAN GIOVANNI, LA VIA APPIA RISERVA TANTE SORPRESE.

 

     Percorriamo la via Appia Nuova al contrario, a partire dallo Statuario fino a porta San Giovanni; raggiungiamo la borgata romana dal parco degli Acquedotti.

 

LA VIA APPIA NUOVA

“Nella bella Campagna Romana a volte passavano i cavalieri in giacca rossa e le amazzoni della caccia alla volpe. Via Appia era molto romantica: la vista era aperta verso gli acquedotti e i Castelli Romani, nei campi fra le rovine pascolavano greggi”[1].

 

    La strada venne delineandosi tra il XIV e il XV secolo in seguito al declino della via Appia Antica, alla fine del Cinquecento (1574) fu sistemata da papa Gregorio XIII[2], prese il nome di via Campana, anche papa Pio VI Braschi alla fine del Settecento fece importanti lavori di sistemazione; nel 1940 fu ampliata e portata alla larghezza attuale di 40 metri fino a ponte Lungo.

 

STATUARIO

     Si trova lungo l’Appia Nuova, fa parte del VII Municipio. Il quartiere prende il nome dall’abbondanza di statue rinvenute nella zona per la vicinanza alla villa dei Quintili e della stessa via Appia Antica. Le statue venivano sciolte nelle calcarare per ottenere della nuova calce. Il suo nome è molto antico, compare per la prima volta in un atto di compravendita del 1393.

     Nel 1940 vi furono costruite due borgate urbano-rurali chiamate Tempio della Salute e Roma Vecchia (entrambe nel parco degli Acquedotti). Nel 1941 sorse la borgata privata detta Caroni dal nome dell’ingegnere proprietario della zona. Nel 1948 cominciò la sistemazione urbanistica della zona con la costruzione di strade, scuole e della chiesa. Lo sviluppo edilizio della zona si deve anche alla linea tramviaria per Capannelle che collegava con la stazione Termini, è rimasta in servizio fino al 1978, di essa rimane in piedi la stazione Statuario sulla via Appia. Anche la vicinanza con l’ippodromo delle Capannelle per il galoppo (il trotto era a Tor di Valle) e la caserma dei Vigili del Fuoco (progettata nel 1939 e inaugurata il 4 agosto 1941) con la sua Scuola Centrale Antincendi che ha formato migliaia di giovani italiani e somali (all’interno anche il museo del Corpo dei Vigili del Fuoco con ingresso da piazza Scilla 2), sono tra le ragioni di sviluppo della borgata. Non è da sottovalutare la presenza della fonte Capannelle che i romani raggiungevano i bicicletta. La viabilità è rimasta essenzialmente la stessa, tutte le strade sono a senso unico, spesso senza marciapiedi. Le case sono basse, a due, massimo tre piani, anche per la vicinanza con l’aeroporto di Ciampino che impedisce costruzioni più alte. L’unica strada larga, via Polia, è sede di un piccolo mercato rionale.

     Nel 1970 aprì il primo asilo nido comunale della zona, si trova in via del Calice. Le novità degli ultimi anni sono l’inaugurazione di un grande albergo, nel 2001, l’Hotel Capannelle, di via Siderno, un albergo a quattro stelle con 252 camere, con sala congressi, piscina scoperta e ristorante. Altra novità è l’attività di un comitato di quartiere che è riuscito a strappare al degrado l’unica area verde della zona ora chiamato “Uscita 23. Centro Civico Polivalente”.

 

Via Appia Nuova.

Edifici della borgata Caroni. Sarcofago romano. Torre dell’orologio. Lapide con la dicitura “Cantieri Caroni”. Obelisco con i nomi delle strade della borgata. Stazione Statuario del tram Termini – Capannelle.

 

Chiesa di Sant’Ignazio di Antiochia. Costruita fra il 7 ottobre 1956 e il 1957 su progetto dell’arch. Tullio Rossi[3], consacrata il 12 ottobre 1957. E’ sede parrocchiale dal 1952 (territorio desunto da San Tarcisio al Quarto Miglio). Fu visitata da Giovanni Paolo II il 16 marzo 1980. Sulla facciata la statua di Cristo Redentore, sulla destra massiccia torre campanaria. L’interno è a pianta longitudinale con abside e tre cappelle sulla sinistra. Nell’abside mosaico con la Vergine in trono con il Bambino e sant’Ignazio nelle vesti episcopali mentre un angelo gli consegna la palma del martirio. E’ opera di Gilda Nagni e Franco d’Urso. La Via Crucis è di Alessandro Monteleone[4].

     Nei locali della parrocchia si riunisce la Statuario Band, orchestra di fiati di 40 elementi. Nasce dall’omonima associazione musicale senza fini di lucro.

 

Biblioteca Statuario.Via Squillace 3, nei locali della parrocchia Sant’Ignazio di Antiochia, basato sull’impegno volontario di un gruppo di persone qualificate. E’ inserita nel Servizio Bibliotecario Nazionale e quindi consente di effettuare ricerche bibliografiche in internet. Propone incontri con gli autori. Possiede 10.000 volumi e 3 postazioni anche in rete. Possiede anche un fondo antico con testi del Settecento e Ottocento. E’ aperta i giorni dispari di pomeriggio e la domenica mattina.

 

 

Via Bisignano. Sepolcro detto Tempio di Coriolano. L’edificio sorge lungo una deviazione della via Appia che conduceva a Castrimoenium, oggi Marino. Si tratta di un sepolcro a pianta quadrata, costituita da due camere sovrapposte, quella inferiore era la cella funeraria illuminata da strette finestrelle e coperta da volta a crociera di cui rimangono solo i pennacchi agli angoli delle pareti. La camera superiore, destinata ai riti funerari, era decorata da una nicchia per lato, contenenti i ritratti dei defunti. Anche questo ambiente era coperto da una volta a crociera di cui restano i pennacchi. L’esterno è in laterizi: mattoni gialli per la cortina e rossi per le decorazioni. E’ simile alla Sedia del Diavolo e al tempio del Dio Redicolo in Caffarella. Datato al II secolo d.C. Nel medioevo fu torre di guardia.

 

Piazza Mileto. Edicola votiva dedicata alla Madonna.

 

Uscita 23. Centro Civico Polivalente. Via Amantea. Prende il nome dall’uscita del Gra.  La struttura risale al 2001, si deve alla Società Edilizia del Sole e del Mare Srl che ha dicharato fallimento, la proprietà è del municipio. Nel 2011 il presidente dell’allora decimo municipio Sandro Medici ha assegnato l’edificio a quattro associazioni del territorio. Sembra che l’edificio non ha mai avuto il collaudo. Un incendio lo ha danneggiato il 31 gennaio 2014.

 

Piazza Rosarno. Uno dei centri della borgata.

 

QUARTO MIGLIO

     Il nome ufficiale del quartiere è Appio Pignatelli ma è conosciuto da tutti come QUARTO MIGLIO, fa riferimento al quarto miglio della via Appia Antica, indica la distanza dal Campidoglio. Fa parte del VII Municipio del Comune di Roma.

     Alla fine del II secolo esisteva in questo tratto della via Appia Antica una vasta borgata che prese il nome “ad Quartum”. Ricordiamo che un miglio romano equivale a m 1482.

     Nel medioevo la famiglia Caetani prese possesso della tomba di Cecilia Metella, la fortificò e impose un pedaggio. Questo fatto impose gradualmente un cambiamento negli itinerari dei viaggiatori, per cui molti deviarono su quella che poi è diventata la via Appia Nuova. Nel Settecento la via Appia Antica veniva definita “abbandonata e deserta nella desolazione della campagna malarica e spopolata”. A metà Ottocento la strada venne restaurata ad opera dei papi, tra  i più impegnati Pio IX, e di grandi artisti.

     Le rare abitazioni di campagna della zona facevano riferimento alla parrocchia di San Sebastiano affidata ai francescani, la parrocchia fu istituita nel 1826. Nel 1919 venne eretta la parrocchia di Ognissanti sulla via Appia Nuova, finalmente nel 1935 la parrocchia di San Tarcisio, sempre affidata ai francescani (Padre Leonardo Bello fu ministro generale dei frati minimi), il suo territorio si estendeva da via dell’Almone alle Capannelle di Marino. Il 10 aprile 1927 viene aperta al pubblico la chiesetta dedicata a San Tarcisio tra la via Palazzolo e via Galloro. I frati di via Merulana venivano a celebrarvi messa nei giorni di festa. Intorno a questa data risale la costruzione di baracche in legno adibite a scuole Elementari dall’Ente Scuole Rurali, sono ancora visibili in via Galloro. Nel 1930 la bonifica dell’Agro Romano interessò la zona come si può vedere nell’iscrizione sulla Casa Cantoniera in via Appia Pignatelli. Nel 1932 il Governatore di Roma denominava la località: Borgata di San Tarcisio. Scrive padre Bello nel 1935: “Dalla prima visita fatta alle famiglie della parrocchia, si può constatare che si tratta di famiglie di agricoltori e pastori provenienti dalla Bassa Italia, per coltivare e condusse le vaccherie dell’agro romano; vi sono famiglie pisare addette all’ippodromo delle Capannelle, del resto poveri e addetti ai depositi di materiali da costruzione. Le famiglie sono 349 e formano una popolazione di 1558 persone, l’igiene lascia a desiderare, l’educazione elementare quasi non esiste”. Nel 1939 viene consacrata la nuova chiesa – parrocchia.

     Nel 1945 sorge il Comitato Parrocchiale, sotto la direzione del parroco, si occupa dei bisogni della borgata. Cucine per i poveri, case per i senza tetto e gli sfollati, assistenza sanitaria, strade, luce, acqua, scuola, tram. Nel 1946 Colonie estive nella pineta di viale Appio Claudio. Il 21 luglio 1948 in via Annia Regilla, presso la chiesa, il Comune installa una fontanella. Nel 1948 nuovo ponte in muratura su via di San Tarcisio, il precedente è pericolante. Nel 1948 arriva il telefono. Il 1° gennaio 1951 inizia il servizio di autobus STEFER Statuario – Quarto Miglio – San Giovanni, poi prolungato a piazza Vittorio, il servizio alleggerirà quello del tram su via Appia Nuova. Nel 1952 viene inaugurato il campo sportivo Gerini, un campo di calcio. Prime scuole Elementari in via Galloro nel dopoguerra, il 16 gennaio 1954 il sindaco Rebecchini inaugura la scuola posta all’angolo tra la via e il vicolo di San Tarcisio (presenti il prefetto Binna e assessori). Nel 1949 arriva il telefono. Il 19 marzo 1961 arriva il nuovo organo, costo 700.000 £. Nel 1963 visita di Giovanni XXIII. Nel 1974 nasce il Consiglio Pastorale Parrocchiale. Nel 1978 viene soppresso il tram per Capannelle.

VIA APPIA PIGNATELLI

    Sistemata nel Settecento da papa Innocenzo XII Antonio Pignatelli. Una strada sterrata esisteva su questo tracciato e univa la via Ardeatina con la Latina.

 

CASTELLETTO O CASTELLO AL IV MIGLIO

     Si trova in via Appia Pignatelli al civico 235, sulla sinistra della strada venendo dal centro, tra via San Tarcisio e via del Quarto Miglio. Sembra abitato da artisti, ma la notizia è da confermare.

 

CHIESA DI SAN TARCISIO

     La parrocchia è stata creata nel 1933 e retta dai francescani di via Merulana diretti da padre Leonardo Bello a cui è dedicato un busto davanti alla attuale chiesa. L’edificio di culto, eretto su progetto dell’arch. Tullio Rossi, è stato consacrato il 13 giugno 1939. La chiesa è stata visitata da Giovanni XXIII nel 1963 e da Giovanni Paolo II nel 1985 per i 50 anni della parrocchia.

     La facciata è a capanna, cioè l’altezza è minore della larghezza. Interno a due navate divise da colonne con soffitto a capriate.

 

Tarcisio è un giovinetto romano, martire, a cui papa Damaso[5] dedicò uno dei suoi carmi più belli nelle catacombe di San Callisto. E’ patrono del quartiere.

 

 

TOR FISCALE

     Tor Fiscaleè una magnifica costruzione del XIII secolo alta circa 30 metri, costruita proprio nel punto in cui si incrociavano gli acquedotti Marcio e Claudio in modo che si potesse rilevare maggiormente. Detta anche Torre Branca, dal nome del tesoriere (fiscale) proprietario delle vigne della zona nel secolo XVII, permetteva il controllo della via Latina e di un vasto tratto di campagna romana. La torre è situata all’incirca al IV miglio della via Latina. Anche a monte di Tor Fiscale gli acquedotti Marcio e Claudio si intersecano nuovamente tra loro, racchiudento uno spazio trapezoidale. Questo luogo così singolare porta ancora oggi il nome di Campo Barbarico perchè nell'assedio di Roma del 539 da parte dei Goti di Totila, questi, per controllare le vie di accesso alla città tenuta da Belisario, costruirono proprio qui un campo trincerato, utilizzando la particolare conformazione degli acquedotti e chiudendo con pietre e terra le luci. L’area era delimitata dall’acquedotto Marcio (oggi Felice) e da quello Claudio, i vertici erano Tor Fiscale e dove oggi passa via del Quadraro. All’interno passava la via Latina.

     Nel Seicento la torre e la tenuta divennero proprietà del fiscale o tesoriere pontificio Filippo Foppi che nel 1650 chiese al Capitolo Lateranense che venisse deviata parte dell’Acqua Mariana per irrigare la sua vigna.

     La torre venne realizzata con la tecnica a blocchetti che prevedeva l’uso di piccoli blocchi rettagnolari di peperino, alternati spesso a corsi di laterizi, ben rifiniti sulla fronte tanto da garantire un gradevole aspetto esteriore. L’interno era suddiviso in tre piani oggi non più conservati, si conserva la copertura originaria. La torre recintata all’esterno da un muro di cinta che in parte si conserva nell’angolo sud-ovest, lungo il sentiero che la fiancheggia, dove passava la marrana.

 

     Tor Fiscale è una borgatanata con funzioni agricole poi popolata di immigrati dall'Italia meridionale e dalle campagne del Lazio. All'ultimo censimento vi abitano 2.174 persone. Tra il 1970 e il 1980 il Comune avviò alcune opere di urbanizzazione primaria: rete idrica, fognaria, illuminazione e gas metano), il 24 aprile 1976 venne perimetrata l’area di Tor Fiscale in funzione di un suo recupero urbanistico. Negli anni Novanta, a causa del calo demografico, la chiusura della scuola Media prima, e della scuola Elementare poi, tolsero un importante servizio al quartiere. In quegli anni, all’interno di un deposito Cotral dismesso, si stabilirono degli extracomunitari, che vivevano in gravissime condizioni igieniche, l’accampamento venne eliminato dal Comune di Roma dopo alcuni mesi.

     A Tor Fiscale Madre Teresa di Calcutta[6] aprì nel 1968 un centro di accoglienza e sostegno ai poveri della zona. Le Missionarie della Carità avevano la loro sede in vicolo di Tor Fiscale 73, un refettorio, una cappellina e qualche servizio. Si conserva una stanza dove Madre Teresa soggiornava abitualmente quando veniva a Roma. Le suore Missionarie della Carità soggiornarono in questo luogo dal 1968 al 1973, a loro sono subentrati i Padri Missionari della Carità, la comunità di sacerdoti fondata da Madre Teresa di Calcutta.

     Dalla via Appia si volta a sinistra su via Anicio, quindi a sinistra su via Monte d'Onorio fino a via del Campo Barbarico. All'incrocio di queste due ultime vie, sotto l'apparenza di un VECCHIO FIENILE si conserva in tutta l'altezza un sepolcro rettangolare laterizio di età antonina. Al suo interno si noterà sul fondo una grande nicchia tra due minori e superiormente un'abside con copertura a catino, sempre tra due minori a fondo piano e copertura ad arco ribasssato, sono visibili resti della decorazione a stucco.

     “Si tratta di un colombario di ragguardevoli dimensioni… dell’ingresso antico non c’è più traccia, così come è andata del tutto distrutta la volta del primo piano allorquando il monumento fu trasformato in fienile. Il rivestimento interno conserva stucchi originari e delle decorazioni in cotto. Lo stato di conservazione generale è discreto”[7].

     In questa via, ma ad angolo con via di Torre del Fiscale si trova il CASALE RAMPA e il suo borgo, il cuore della borgata, il casale era un'antica vaccheria (quest'ultima notizia da: comune.roma.it / municipio IX / parco di tor fiscale). “La cisterna, di cui rimangono solo alcuni tratti di muratura in opera reticolata, è inglobata nell’antico casale Rampa, nel mezzo di alcuni casali della stessa età. Lungo la strada che fiancheggia la costruzione e che ricalca sempre il tracciato della via Latina, si possono riconoscere alcuni blocchi di marmo romano e frammenti di materiale archeologico[8]”. Il casale Rampa è chiamato anche Vigna Silvestrelli in documenti di fine Ottocento (da Paolo Montanari, cit, pag. 138).

     Nella stessa via si trova la CHIESA DI SANTO STEFANO PROTOMARTIRE costruita nel 1955 prende il nome dal santo a cui è dedicata la basilica del V secolo voluta da Leone Magno nel vicino parco delle Tombe Latine. La chiesa fu visitata da papa Paolo VI il 10 aprile 1966 e da papa Giovanni Paolo II il 26 aprile 1998. E’ a pianta rettangolare, presenta sull’altare maggiore una statua in ceramica che raffigura colui che la Chiesa ritiene il primo martire della sua storia ucciso il giorno di Pentecoste, come raccontato negli Atti degli Apostoli. Sopra il portone d’ingresso il santo è raffigurato tra due palme che simboleggiano il martirio. Campanile a vela.

     Via di Campo Barbarico ricalca il percorso della via Latina.

 

IL PARCO DELLE TOMBE LATINE

     L’ingresso è ad angolo con via dell’Arco di Travertino. Nel parco è conservato un tratto della via Latina di 450 metri posta al III miglio, fiancheggiata da alcuni sepolcri, mansiones (stazione di sosta) e dai resti della chiesa di Santo Stefano. Gli scavi che hanno riportato alla luce i resti archeologici sono del 1857 – 58 e sono dovuti ad un privato, un insegnante di nome Fortunati, che ottenne dallo stato Pontificio l’autorizzazione ad effettuare le ricerche quando tutta l’area faceva parte della Tenuta del Corvo di circa 46 ha che apparteneva alla famiglia Barberini Lante della Rovere. Dopo il 1870 lo Stato italiano ha espropriato l’area. Gli scavi proseguirono sotto la direzione di Rodolfo Lanciani e destinata a parco pubblico dal ministro Baccelli ai primi del Novecento. Agli anni Ottanta risalgono gli scavi nell’abside della basilica. Con i fondi per il Giubileo del 2000 sono state condotte campagne di scavo intorno ai sepolcri principali. Negli anni 2011 e 2012 si è pianificata una risistemazione complessiva dell’area. Purtroppo ancora oggi una parte della villa di Demetriade è occultata da un campo di calcio della società Almas e non è visibile la basilica di Santo Stefano utilizzata come deposito dalla Soprintendenza.

 

CHIESA DI SAN GASPARE DEL BUFALO

     Nella piazza omonima, presso via Mondragone, via Rocca di Papa. La chiesa è stata consacrata il 24 ottobre 1981 dal cardinale Poletti, la parrocchia esiste dal 1956. Il progetto è dell’arch. Pier Luigi Nervi[9]. L’edificio è una costruzione ardita, ha la base circolare e si sviluppa in altezza quasi fosse una tenda. La copertura è eseguita con speciali guaine protettive, con pannelli di coibentazione e una copertura in rame pesante. Il campanile è staccato dal corpo principale e realizzato da sette pilastri in cemento armato che sorreggono le campane. Come ricorda una lapide all’interno la chiesa fu visitata da Giovanni Paolo II alcuni mesi dopo l’attentato che lo vide coinvolto in piazza San Pietro. L’interno si presenta con un piano di calpestio in leggera discesa verso l’altare e i banchi disposti a semicerchio. Fa da sfondo all’altare una grande struttura in ceramica, in essa è riprodotta l’immagine di San Gaspare del Bufalo, vi è inserito il tabernacolo. Di notevole è la Via Crucis opera bronzea del sacerdote francescano Andrea Martini le cui scene si susseguono senza interruzione lungo le pareti, i bozzetti in vetroresina sono nella chiesa di san Frumenzio ai Prati Fiscali. Secondo una fonte la via Crucis è in stile “maconde” proveniente dalla Tanzania.

     “Si racconta che quando proposero all’architetto Nervi di pensare al progetto, questi prese un fazzoletto al centro, lo sollevò con due dita per una decina di centimetri e ne scaturì una specie di tenda: su questa concezione biblica lo studio avviò il progetto”[10].

     San Gaspare del Bufalo (Roma 1786-1837) è stato un sacerdote italiano fondatore della congregazione dei Missionari del Preziosissimo Sangue, beatificato da Pio X nel 1904 e proclamato santo da Pio XII nel 1954. E’ sepolto nella chiesa di Santa Maria in Trivio presso la fontana di Trevi, la ricorrenza è il 28 dicembre. E’ ricordato come il predicatore dei briganti che cercò di convertire, operò nelle zone di confine tra Lazio e Campania. Si incontrò con il brigante Antonio Gasbarrone di Sonnino che convinse a costituirsi.

 

VELODROMO APPIO

     In piazzale dei Castelli Romani. Costruito nel 1911 per il 50° dell’unità d’Italia, in sostituzione di un’analoga struttura nei prati di Tor di Quinto, ospitava gare ciclistiche su pista e l’arrivo di gare su strada. Aveva un tribuna coperta con sotto gli spogliatoi e gradinate che potevano ospitare forse 3 – 4.000 persone. Al centro vi era un campo di calcio, intorno la pista con curve molto ripide, “sembrava una ciotola lasciata sul prato”. Vicino vi era l’osteria di Scarpone con un campo di fave. I giovani venivano a sostenere gli atleti di Roma, i ciclisti Lazzaretti e Frascarelli. Gli anziani ricordano ancora quando nel dopoguerra arrivò Fausto Coppi, tale fu la ressa che il campionissimo dovette rifugiarsi nella salsamenteria Fiorucci posta all’angolo tra via Appia e via S. Maria Aus. detta il “bottegone”. Sul campo di calcio negli anni ’20 si allenava la squadra di calcio Roma, poi andava a giocare le partite di campionato a Testaccio. La Roma giocò qui la sua prima partita il 16 luglio 1927 con gli ungheresi del Ujpest, alcuni giorni prima della nascita ufficiale della squadra il 22 luglio 1927 in via Uffici del Vicario. La Roma vinse 2 a 0. Il 25 settembre giocò la prima partita di campionato con il Livorno, di nuovo vittoria per 2 a 0. Si allenarono lì anche squadre minori: la Stefer, la Mater (allenata da Fulvio Bernardini, giunse alla serie B nazionale), la Chinotto Neri. Prima delle Olimpiadi del 1960 la struttura fu abbattuta[11].

 

VILLA LAZZARONI

     Alla fine dell’Ottocento il barone Michele Lazzaroni acquistò l’area della Vigna Peromini per farne una villa suburbana della sua famiglia. Si tratta di una famiglia proveniente da Torino, finanzieri legati alle vicende della Banca Romana, che arrivarono rapidamente a grandi ricchezze sfruttando il bisogno di case e di edifici pubblici in una Roma che da poco aveva assunto le funzioni di capitale d’Italia.

     La famiglia, per ostentare il livello sociale raggiunto, riuscì ad ottenere il titolo di baroni dal re Umberto I nell’aprile 1879. Possedevano il palazzo Grimaldi a largo de Lucchesi (Fontana di Trevi) e alcune tenute nella Campagna Romana, come quelle di Tor di Quinto (Ponte Milvio) e Leprignana. In questo contesto la vigna di Pontelungo doveva diventare una villa di delizie. La zona a Nord divenne un giardino con piante di ogni tipo e finti reperti archeologici, la zona a Sud e Ovest era divisa in vari settori ma comunque utilizzata a scopo agricolo.

     Il prospetto settentrionale dell’edificio della villa, o casino, corrisponde al lato corto del rustico preesistente ai Lazzaroni. La facciata è disegnata in stile neoclassico con portico aggettante in tre aperture, sovrastato da un terrazzo cinto da balaustre. Gli spigoli del prospetto sono risaltati da finte bugnature angolari. Il corpo occidentale fu realizzato per dotare l’edificio di un grande salone da ballo e ricevimento, ed è caratterizzato da grandi finestroni ad arco. Una grotta decorata in stile rustico completava la decorazione. Nel parco si possono ancora riconoscere le fontane rustiche a scogliera di tufo, sistemate nei punti cruciali del sistema viario e l’area antistante il prospetto nobile e il salone dei ricevimenti. Verso via Fortifiocca vi era un’area a uliveto, oltre di questa si estendeva un’area coltivata a frumento che arrivava a via Latina e forse oltre. Un’entrata doveva esserci da questa via perché un doppio filare di cipressi giunge da quel lato fino alla piazzetta dell’attuale municipio. Alcuni cipressi sono sopravvissuti anche nel giardino della scuola Media al di là di via Fortifiocca. Tutti questi interventi di sistemazione della villa furono portati a compimento entro il 1893, anno in cui lo scandalo della Banca Romana travolse la famiglia visto che il barone Michele era l’amministratore.

     Le vicende successive hanno alterato proporzioni e aspetto della villa. Nel 1908 la villa venne utilizzata come ricovero per gli orfani del terremoto di Messina da parte dell’orfanotrofio Pio Benedettino. Dopo l’ultima guerra fu acquistata dalle Suore Francescane Missionarie di Maria. Negli anni 1960-61 fu costruito un orfanotrofio poi diventato asilo e scuola, contemporaneamente una chiesa, alterando la pianta dell’edificio. Negli anni immediatamente successivi i due ettari di parco verso Nord sono ceduti al Comune mediante permuta e viene realizzato un muro divisorio. Il decadimento del giardino è immediato vista l’alta densità abitativa del quartiere.

     Negli anni Settanta l’apertura di via Raffaele De Cesare determina l’arretramento del muro di cinta del parco e l’abbattimento del portale d’ingresso. Finalmente nel 1979[12], anche la parte ancora privata, viene acquisita dal Comune e viene aperta al pubblico nella sua totalità. La villa raggiunge un’estensione di 54.000 mq. Il palazzo principale viene adibito a sede del IX Municipio (dal 2013 è stato unito al X e prende il nome di VII Municipio con sede del consiglio municipale e del presidente in piazza di Cinecittà, qui restano gli uffici), le stalle e il fienile saranno sede dei Vigili Urbani, oggi sede dei gruppi consiliari.

     Attualmente un edificio ospita il servizio giardini, la scuola continua la sua funzione, la chiesa è diventata teatro, è stato aggiunto un centro anziani, campi da bocce, una pista di pattinaggio e un parcheggio. La pista di pattinaggio è stata una delle prime di Roma aperte a tutti in una villa pubblica (testimonianza orale di Antonella Giuliani nella pagina facebook Sei dell’alberone se…). E’ intitolata alla memoria del carabiniere Otello Stefanini ucciso a Bologna il 4 gennaio del 1991 per opera della cosiddetta banda della Uno bianca. Otello abitava in via Furio Camillo dove un’altra lapide lo ricorda, era stato alunno della Cagliero.

     La villa ha ospitato negli anni Sessanta e Settanta le feste dell’Unità e dell’Avanti. Attualmente vi si svolgono iniziative dell’Estate Romana (nel 2010: “Le arene di Roma”, ciclo di film a 6-4 €) e del Carnevale rivolte alle scuole e ai bambini.

     Il 24 giugno 2010 il municipio ha presentato un progetto di riqualificazione e  risistemazione della villa chiamando tutta la cittadinanza ad esprimere opinioni, idee, suggerimenti. Il 10 settembre 2011 è avvenuta l’inaugurazione del restauro della villa.

     L’8 marzo 2009 si è tenuto nella villa un concerto di Franco Califano contestato dalle associazioni femminili e femministe per le affermazioni maschiliste dell’artista.

     Dall’entrata principale di via Appia Nuova si giunge in breve alla Rotonda, luogo così chiamato per la presenza di un’aiuola circolare che ha all’interno una fontana purtroppo non attiva. All’interno dell’aiuola circolare piante di lagerstroemia. All’esterno alte palme, cedri, una magnolia. All’inizio della strada di destra l’albero di Giuda. Si continua nel viale centrale, ancora palme, una pianta di acacia sulla destra, un ligustro sulla sinistra, un tasso posizionato subito dopo la strada che va al teatro. Si giunge sul piazzale di quella che era la facciata principale della villa. Spiccano una araucaria, tante palme, un grande platano, siepi di alloro. Sul fianco sinistro un cipresso del Giappone. Giriamo intorno all’edificio per giungere finalmente alla piazzetta del municipio. Al centro c’era una giovane mimosama è stata sostiutita con un altro albero ornamentale, un grande eucalipto ombreggia l’entrata degli uffici. Ulivi e cipressi circondano il parcheggio. Si torna sulla piazzetta dove prospetta la facciata del Casino. Avanziamo di fronte a noi, incontriamo alcuni pini di Aleppo, quindi una piazzola circolare delimitata da alloro con al centro un mandorlo di oltre 130 anni. Tra la pista di pattinaggio e il campo di bocce ecco alcuni pioppi. Verso le uscite di via Fortifiocca ancora molti ulivi. Tornando sui nostri passi, procediamo verso la giostra e la nuova uscita di via Appia Nuova ecco il gincko. Quest’ultima è una pianta originaria della Cina, il nome è stato attribuito dal famoso botanico Carlo Linneo nel 1771. E’ un albero le cui origini risalgono a 250 milioni di anni fa (Permino) per questo è detto “il fossile vivente”. E’ anche chiamato albero di capelvenere. Sembra che sia sopravvissuto all’esplosione atomica di Hiroscima.

     Questa è la poesia che gli ha dedicato Goethe.

Le foglie di quest’albero

Dall’Oriente venuto

A ornare il mio giardino

Celano un senso arcano

Che il saggio sa capire.

C’è in esso una creatura

Che da sola si spezza?

O son due che per la scelta voglion

Esser una sola?

Per chiarire il mistero

Ho trovato la chiave:

non senti nel mio canto ch’io

pur essendo uno anche duplice sono?

 

PIAZZA DELL’ALBERONE

che ha questo nome per la presenza di una quercia, questa ha dato il nome al quartiere. Nel 1988 la vecchia quercia è seccata ed è stata ripiantata a cura di un vivaio dell’Umbria, recentemente è stata rivalutata con un muretto-sedile, per cui è tornata punto di incontro per gli abitanti del quartiere. Il 7 novembre 2014 una bomba d’acqua si è abbattuta su Roma e l’alberone è crollato alle 7 di mattina. Il 20 novembre 2014 è stato ripiantato e il giorno successivo inaugurato alla presenza degli alunni delle scuole e del sindaco Ignazio Marino. Si tratta di un leccio di 150 anni, alto 10 metri e con il diametro di m 1,60. A luglio del 2015 l’albero era secco. Il 28 ottobre è stato ripiantato ma nell’operazione di spostamento dal camion al terreno il tronco si è squarciato. Un nuovo albero, l’ultimo è stato piantato il 30 ottobre 2015 alle ore 12 (è un alberello di 6 m). Negli anni Venti la città arrivava fin qui, sotto l’Alberone stazionava un barbiere con una sedia, una valigetta e tutto l’occorrente per barba e capelli, vivere qui era come trovarsi in un piccolo paese. Ai primi del Novecento intorno all’Alberone è sorto un MERCATO per il semplice motivo che la cinta daziaria coincideva con il vallo ferroviario, era quindi il punto naturale di incontro tra le merci che arrivavano dai Castelli e i romani della zona. Aveva banchi e carretti di legno privi di ancoraggi al suolo, sempre più grande, negli anni Sessanta si estendeva anche per via Paolo Paruta, ricordo un venditore di lumache, le teneva in una grande cesta, ogni tanto le rimetteva dentro perché gli animaletti tendevano ad uscire. Sul lato sud della piazza, al civico15-17 di via Gino Capponi, aprì il suo primo negozio di salumeria-pizzicheria il fondatore dell’azienda Innocenzo FIORUCCI. La sua famiglia, proveniente da Norcia, negli anni Venti gestiva solo quell’esercizio nella Capitale[13]. Oggi l’azienda Fiorucci ha sede a Pomezia, ha 4.000 dipendenti e un fatturato di 300 milioni di euro (2010). Fino al gennaio 2016 i locali a piano terra erano usati come rimessa dei banchi del mercato. La bella palazzina ad angolo con via Carlo Sigonio è stata per tanti anni sede della DC. La quercia, o meglio il leccio, ha dato il nome alla sezione del Pci che si trovava nelle vicinanze, ora Pd, nei giorni successivi alla liberazione la sezione era in circonvallazione Appia dove fino a pochi anni fa è stata una condotta medica (ora una copisteria). Durante i nove mesi di occupazione tedesca di Roma, uno dei partigiani più attivi della zona, Antonio Lalli, venne arrestato e torturato a via Tasso, quindi venne portato dai nazisti sotto l’alberone, quasi cieco e lasciato apparentemente solo, la speranza era che qualcuno lo riconoscesse per poter arrivare ai complici. Nessuno lo riconobbe. Dopo la liberazione la sorella raccontò che in un colloquio, al momento dell’abbraccio disse che aveva riconosciuto due compagni di lotta ma di non averli chiamati per non coinvolgerli nella repressione. Antonio Lalli è stato fucilato a Forte Bravetta il 4 marzo 1944.

     Sulla PIAZZA DELL’ALBERONE si trova, al civico 15, un PALAZZO ICP PONTE LUNGO del 1927, dell’arch. Camillo Palmerini[14]. Sul portone vi sono due volute, al termine delle volute due balconcini. Sulla verticale dell’entrata si trova un cerchio incorniciato che dà origine ad una semisfera scavata. Ai lati dell’entrata principale due grandi arcate trasformate in negozi. Nella parte centrale alta, si trovano tre finestre ad arco con colonnette, ai lati elementi decorativi detti “a fontanella”. Sono gli stilemi tipici del tardo barocchetto romano. Ad angolo con via Veturia si trova la gelateria Petrini, una delle più apprezzate di Roma, prima era sempre su via Appia Nuova ma ad angolo con via Orazio Coclite.    

Dalla piazza inizia, a destra, via Gino Capponi con lo storico mercato dell’Alberone, all’inizio della via si trova la pizzeria DAL BERSAGLIERE riconosciuto locale storico dal Comune di Roma, esisteva anche prima dell’ultima guerra. All’interno si trova una pittura murale del quadro di Michele Cammarano “La presa di Porta Pia” che si trova al museo di Capodimonte. In un quadro è esposto un ritaglio di giornale nel quale Francesco Totti dice di frequentare tale pizzeria con Ilary Blasi (negli anni in cui erano fidanzati); Totti era di Porta Metronia, non lontano da qui.

 

CHIESA DI OGNISSANTI

Una delle prime chiese di Roma sorta fuori le mura su terreni della ex villa Colonna[15], già appartenenti alla famiglia del sindaco Prospero Colonna. La prima chiesa costruita fuori le mura Aureliane fu la chiesa di San Gioacchino in Prati, in via Pompeo Magno, nel 1898, ma siamo sempre in un rione. La prima chiesa costruita nei quartieri fuori le mura fu Santa Teresa d’Avila a corso Italia nel quartiere Pinciano nel 1902.

     Questa chiesa è opera dell’arch. Costantino Sneider (autore anche della chiesa dell’Immacolata a San Lorenzo), la posa della prima pietra avvenne il 29 giugno 1914, i lavori furono interrotti per la guerra mondiale, la chiesa fu ultimata nel 1920, secondo modelli di ispirazione romanica con elementi bramanteschi. La parrocchia si estendeva dalle mura Aureliane a Capannelle, fino ai confini con la diocesi di Albano. Le cinque campane furono consacrate ed issate sul campanile il 29 giugno 1927. La facciata presenta dei rilievi nelle lunette, al centro “Gloria della Madonna”. All’interno la chiesa è divisa in tre navate da pilastri alternati a colonne di granito. Il tetto presenta la copertura a volte a crociera. Una serie di finestre, nella navata centrale, hanno le vetrate con santi, tra questi Don Bosco. In questa chiesa papa Paolo VI celebrò la prima messa in lingua italiana (7 marzo 1965) dopo la riforma del Concilio Vaticano II.[16]

     Una piccola cappella esisteva in zona già dal 1908 affidata da Pio X a Don Luigi Orione[17] come ricorda una lapide posta su via Appia Nuova dopo via don Orione. Si racconta che quando don Orione chiese al Papa di aprire una missione in Sud America, egli, riferendosi ai prati fuori porta San Giovanni gli disse: “Quella è la tua Patagonia. Là c’è tutto da fare”.

 

PIAZZA RE DI ROMA

uno dei centri del quartiere e uno dei luoghi più conosciuti della città.  Al centro ha dei giardini che sono stati intitolati a Fernando Masone, prefetto della Repubblica, capo della Polizia dal 1994 al 2000. I giardini sono stati riqualificati nel febbraio 2013. Un tempo la strada tagliava a metà il giardino, vi erano giostre e d’estate una bancarella vendeva cocomeri. E’ una delle poche piazze a pianta stellare volute dal piano regolatore del 1909. Al centro passava la tramvia dei Castelli per Albano e Genzano, il tram diretto a Cinecittà (che proseguiva seguendo la via Anagnina fino a Grottaferrata) e quello diretto a Capannelle (lo gestiva la società STFER, tramvie e ferrovie elettriche di Roma; poi STEFER). La linea tramviaria fu realizzata nel 1903 e arrivava fino a via delle Cave. Tra il 1909 e il 1916 la linea venne completata. Nel film “Intervista” (1987) Federico Fellini raccontò il suo primo viaggio verso Cinecittà con il tram. “Seduto sul tranvetto, Fellini ha visto cascate, palazzi, radure, indiani. Più si avvicinava alla Mecca del cinema, più il viaggio diventava stupefacente. Il tram era la diligenza di Ombre Rosse, la nave degli Argonauti, l’Orient Express, era Ronzinante e Pegaso, era un piccolo razzo sparato verso la meraviglia, era il destino. Fellini ci spiegava che non ha importanza quanto lungo sia il viaggio che dobbiamo fare, quanto lontano ci porta, ciò che conta davvero è la nostra disposizione alla sorpresa: ogni tragitto, anche il più breve, può essere uno spaesamento, un’avventura straordinaria”[18]. Sul lato destro della piazza si trova il supermercato Sma, uno dei primi supermercati di Roma. Oggi al di sotto si trova la fermata della metro A Re di Roma.

 

PIAZZALE APPIO CON

PORTA SAN GIOVANNI

     Di fronte a porta San Giovanni si apre la via Appia Nuova, a destra via Magna Grecia e ancora a destra, ma lungo le mura, via Sannio (queste fanno parte del quartiere Appio Latino). Sulla sinistra si apre largo Brindisi da cui si dipartono via Taranto e via La Spezia, ancor più a sinistra, lungo le mura è viale Castrense. Il palazzo tra le ultime due strade conserva sul terrazzo la sirena metallica per l’allarme antiaereo dell’ultima guerra mondiale, è a forma di cono rovesciato con tagli orizzontali. Questo palazzo ha un celebre negozio per le mamme e i neonati, si chiama Cicogna, prima di questa costruzione vi era un forno e un’ostreria detta Vanicore, dal nome del proprietario.

     In quest’area, il 24 giugno, si tenevano i festeggiamenti per la FESTA DI SAN GIOVANNI, una delle feste religiose e profane più sentite nella città. La festa iniziava la notte della vigilia, la cosiddetta “Notte delle streghe” durante la quale la tradizione voleva che le streghe andassero in giro a catturare le anime. Al lume di torce o lanterne la gente arrivava a San Giovanni, pregava il santo, cenava nelle osterie e nelle baracche improvvisate a base di lumache affogate nel sugo pepato  perché le corna rappresentavano discordie e preoccupazioni, mangiarle voleva dire distruggere le avversità, la cena avveniva tra profumi di spighetta e suoni di campanacci. Durante e dopo si ballava il Saltarello[19]. Si faceva rumore con campanacci, tamburelli, trombette e petardi per impaurire le streghe. Si metteva l’aglio sulle porte e le finestre di casa per tenerle lontano. La festa si concludeva all’alba con l’arrivo del Papa per celebrare la messa e impartire la benedizione dalla loggia della basilica. Nell’antica Roma, il 24 giugno, si festeggiava la dea Fortuna, della casualità, che non poteva essere adorata se non in questa data. La religione cattolica, conscia dell’importanza del solstizio d’estate e dei festeggiamenti ad esso associati, sovrastò con le proprie celebrazioni. Così il solstizio d’Estate è diventato la festa di San Giovanni il Battista, nato sei mesi prima di Cristo.

     Nel 1891 iniziò il Festival della Canzone Romana, il proprietario dell’osteria Facciafresca aveva fatto allestire un palco con l’orchestrina, ma tale fu la ressa che il palco crollò inghiottendo cantante e orchestrali. La manifestazione fu spostata al teatro Grande Orfeo sotto la Galleria Regina Margherita in quella che oggi è via Depretis, vinse “Le streghe” cantata da Leopoldo Fregoli in procinto di diventare il trasformista per eccellenza.. Da allora ogni anno si tenne il festival, qualche volta si spostò al teatro Morgana ora Brancaccio o al cinema teatro Massimo dove oggi è Coin. Quante canzoni nacquero in questa occasione? Affacciate Nunziata (considerata una delle più belle canzoni di fine secolo), Nina si voi dormite, Appresso alla reale, Casetta de Trastevere, Vecchia Roma, Serenata Celeste… Il festival ha perso via via importanza come la stessa festa di San Giovanni. Dal 1991 è rinato sotto la direzione artistica di Edoardo Vianello, nel 2013 è giunto alla XXIII edizione, si svolge al teatro Olimpico[20].

 

    Al di sotto del piazzale Appio si trova la stazione San Giovanni della metro A.

 

METRO A ANAGNINA-BATTISTINI

     E’ la linea arancione, è stata inaugurata il 16 ottobre 1980 dal sindaco Luigi Petroselli (tratto Ottaviano – Cinecittà, pochi mesi dopo giunse ad Anagnina l’attuale capolinea), oggi è lunga Km 18,4 con 27 stazioni (m 682 in media tra una stazione e l’altra), trasporta 450.000 viaggiatori al giorno, 164 milioni l’anno. La frequenza nelle ore di punta è di 2 minuti che scende a 10/15 nelle altre.

     Fu costruita parte a cielo aperto, parte con il sistema della talpa che non creava problemi alla viabilità. Nel 1959 venne decisa la sua costruzione, i lavori iniziarono nel 1964 dalla Tuscolana e comportarono la deviazione della linea tranviaria Stefer. I ritrovamenti archeologici, soprattutto nella zona tra Termini e Repubblica richiesero la progettazione di alcune varianti, di questi diede una memorabile rappresentazione Federico Fellini nel film “Roma” (1972 con Anna Magnani e Fellini stesso). Fu prolungata tra il 1999 e il 2000 fino a Battistini. La sua inaugurazione venne salutata dai romani come la prima vera metropolitana cittadina, visto che la B era poco utilizzata e di superficie. Contestualmente venne chiusa la linea tramviaria Termini Cinecittà. Nel mese di agosto 2011 si rese necessario interrompere la metro per i lavori di consolidamento del terreno sotto la stazione San Giovanni dove era in costruzione la metro C.

     All’apertura dell’esercizio sono stati impiegati i convogli MA100 della Breda Costruzioni Ferroviarie. Dal gennaio 2005 hanno iniziato a circolare i treni S/300 dotati di impianto di aria condizionata, tutte le vetture sono intercomunicanti e più spaziose delle precedenti per la mancanza di alcuni posti a sedere. Questi attuali convogli sono stati costruiti dalla spagnola CAF e denominati MA300. Da allora i convogli MA100 sono stati progressivamenti trasferiti sulla Roma-Ostia.

     Il deposito della linea A si trova ad Osteria del Curato, negli anni Settanta aveva una estensione di 67.000 mq, serviva al ricovero e alla manutenzione dei rotabili. La superficie coperta era di 9.200 mq. Per l’aumento dei passeggeri (da 150.000 a 450.000) si rese necessaria la riqualificazione del deposito stesso, tali lavori terminarono nel 2004 che portarono l’estensione a 78.000 mq, di cui 15.000 coperti.

     Dal giugno 2013 tutta la linea è coperta dal segnale GSM e UMTS/HSPA.

     E’ allo studio un prolungamento da Battistini a Casal Selce di quasi 7 Km con 5 stazioni. Verso sud è allo studio un prolungamento, tramite metropolitana leggera, fino alla stazione Torre Angela della metro C con 10 fermate. Un altro progetto prevede il collegamento con l’aeroporto di Ciampino e il paese stesso[21].

 

     Il piazzale ha sulla destra il palazzo di Coin del 1973 che sostituisce una bassa costruzione con cinema Massimo di terza visione. In viale Castrense, appoggiate alle mura due lapidi ricordano i caduti nella guerra di liberazione dal nazifascismo del quartiere e i caduti della guerra 1915-18 del quartiere. Poco più oltre si conserva un edificio industriale con tetto a tegole, era una filanda.

 

TRAMVIA DEI CASTELLI

     In questa piazza si attestava la tramvia per i Castelli realizzata dalla Stfer e inaugurata l’8 novembre 1903 fino a via delle Cave. Nel 1905 il capolinea fu spostato in piazza di porta San Giovanni aprendo un nuovo fornice nelle mura Aureliane, in seguito fu portato in via Principe Umberto oggi Giovanni Amendola, (presso la stazione Termini). Nel 1906 la linea fu prolungata fino Grottaferrata con diramazione per Frascati. Nello stesso anno aprì la linea Grottaferrata – Genzano con diramazione per Valle Oscura, da qui una funicolare conduceva a Rocca di Papa. Visto il successo del collegamento nel 1912 fu realizzata la linea tramviaria che seguiva l’Appia fino ad Albano (4 marzo 1912), prolungandola poi per Genzano e Velletri (12 settembre 1913). Nel 1916 fu realizzata una diramazione per Lanuvio. Nel 1928 la Stfer diventò una società a capitale pubblico passando sotto il controllo del Governatorato di Roma e cambiando la sua denominazione in Stefer. Negli anni Trenta venne raddoppiato il binario tra Roma e Capannelle visto l’incremento demografico della zona. Fra il 1943 e il 1944 il traffico fu sospeso su tutta la linea. Nel 1953 viene raddoppiato il binario tra via delle Cave e Cinecittà. Nel 1954 chiude la linea nel tratto tra Velletri e Genzano. Il 15 dicembre 1963 chiude la Cinecittà Grottaferrata. Il 3 gennaio 1965 si effettua l’ultima corsa tra Roma e Genzano. Nello stesso anno le linee Stefer conoscono una deviazione a causa della costruzione della metro A. Viene abbandonato il binario tra San Giovanni e piazza Re di Roma, sostituito da via di Santa Croce in Gerusalemme e via Monza. Nel 1970 la linea tramviaria viene spostata dalla Tuscolana a viale dei Consoli sempre per i lavori della metro A. Nel 1976 la Stefer viene assorbita dall’Acotral (Azienda Consortile Trasporti Laziali). Il 30 giugno 1978 viene chiusa la linea per Capannelle e il 15 febbraio 1980 si effettua l’ultima corsa per Cinecittà, perché apre la pubblico la metro A. A ricordo di questa rete tramviaria, nella stazione Anagnina si trova una motrice extraurbana Stefer n. 82.

 

   Secondo il ricordo di un anziano del quartiere “negli anni Trenta e Quaranta, dopo piazza Re di Roma, il tram andava… andava” nel senso che andava veloce per la mancanza di abitazioni.

 

 

METRO C PANTANO-CLODIO

     E’ la linea verde di Roma. Una delle più avanzate al mondo, senza conducente, vetture climatizzate, La metro taglierà la città da Est a Ovest per una lunghezza di 25 Km circa con 30 stazioni passando per il centro storico, si incontrerà con la metro A a San Giovanni e ad Ottaviano, con la B a Colosseo. I convogli sono senza conducente. Il costo (3 miliardi circa) è sostenuto al 70% dallo Stato, al 18% dal Comune e al 12% dalla Regione. La costruzione di questa è iniziata nel 2006 (con indagini archeologiche, nel 2007 i lavori veri e propri), nel luglio del 2011 è finita la costruzione delle gallerie da Giardinetti a San Giovanni. Il pre-esercizio è iniziato dal 15 dicembre 2013, il tratto Pantano Centocelle doveva aprire nel giugno del 2014, doveva arrivare a piazza Lodi ad agosto 2014 e a San Giovanni nell’agosto 2015[22]. Invece il tratto Pantano – Centocelle ha aperto il 9 novembre 2014, è di Km 13 di cui 4 interrati con 15 stazioni. Ogni treno ha sei vagoni con 204 posti a sedere e 1.200 posti totali. Seconda e quinta carrozza per bici (come nelle altre metro dalle 5,30 alle 7 e dalle 10 alle 12) e disabili, per ora passaggi ogni 12 minuti, chiude alle ore 18,30. Il deposito e la dirigenza centrale operativa è a Graniti sulla via Casilina, ha un’estensione di 217.000 mq. Si parla di un prolungamento verso Est fino alla Farnesina e addirittura sulla Cassia; verso Ovest si pensa ad una deviazione da Teano (incrocio stazione Togliatti) fino a Ponte Mammolo.

     La stazione San Giovanni dovrebbe aprire ad aprile/maggio 2018 (notizia dalla stampa del febbraio 2018).

     Durante i sondaggi del terreno fatti dalla soprintendenza, prima dell’avvio del cantiere della metro C, in via La Spezia, angolo via Altamura, è stata trovata un’ampia rete di canalizzazioni ad uso agricolo. Alcuni elementi fanno pensare ad un frutteto con alberi di pesche attivo tra l’età repubblicana e il III secolo, nonché resti di una ruota dell’acqua per il sollevamento dell’acqua stessa.

 

BIBLIOGRAFIA

- AA.VV. Guida d’Italia, Roma, ed. Tci, 1993.

- AA.VV. Roma, libri per viaggiare, ed. Gallimard – Tci, 1994.

- AA.VV. I rioni e i quartieri di Roma, ed. Newton & Compton, 1989.

- AA.VV. Le strade di Roma, ed. Newton & Compton, 1990.

- Claudio Rendina (a cura di), Enciclopedia di Roma, ed. Newton & Compton, 2005.

- Stefania Quilici Gigli, Roma fuori le mura, ed. Newton, 1986.

 

SITOGRAFIA

www.comune.roma.it

www.archeoroma.beniculturali.it

www.sovraintendenzaroma.it

www.romasegreta.it

www.romasparita.eu

Per lo Statuario:

it.wikipedia.org alla voce Appio Claudio

signaziodiantiochia.wordpress.com

vicariatusurbis.com

 

Per il Quarto Miglio:

it.wikipedia.org alla voce Appio Pignatelli

biblioteorema.wordpress.com

santarcisio.org

vicariatusurbis.com

 

 

 

 



[1] Via Appia primi del Novecento. Descrizione di Giuseppina Pignatelli Della Leonessa, in AA. VV. I nonni di Roma raccontano la storia, ed. Comune di Roma, 2006, pag. 41.

[2]Gregorio XIII (Ugo Boncompagni) papa dal 1572 al 1585. Nello stemma c'è un drago. Studente e poi docente all'Università di Bologna, fu maestro di Alessandro Farnese, Reginaldo Pole e Carlo Borromeo. Venne ordinato sacerdote a 40 anni. Riformò il calendario decidendo il salto dal 4 al 15 ottobre 1582. A Roma promosse la costruzione del Quirinale, della cappella Gregoriana in San Pietro,

 terminò la chiesa del Gesù. Adattò alcuni ambienti delle terme di Diocleziano a granaio. Ha fondato la Pontificia Università Gregoriana erede del Collegio Romano. Permise la nascita del Conservatorio di Roma. Istituì la Congregazione Romana dell'Indice organo slegato dalla biblioteca Vaticana. La sua tomba è in san Pietro, navata destra, terzo passaggio a destra. Il medico di questo Papa rese celebre la fonte dell'Acqua Santa.

[3] Tullio Rossi. (Roma 1903 – Milano 1997) Dopo la laurea in architettura lavorò nello studio di Busiri Vici, collaborò nel restauro di villa Spada, progettò ville a Forte dei Marmi, a Cortina, il comprensorio di Calamoresca a Porto Santo Stefano. Vinse il concorso per il restauro di Ponte Vecchio a Firenze. Redasse il piano paesistico dell’Olgiata e numerose ville in quel comprensorio tra il 1960 e il 1963. Realizzò circa 50 chiese a Roma come architetto della Pontificia Opera Nuove Chiese, tra queste la Natività di via Gallia, San Tarcisio al Quarto Miglio nel 1939, San Giovanni Battista de Rossi nel 1940, Santa Maria della Fiducia a Finocchio nel 1940, Santa Maria delle Grazie a via Angelo Emo, San Francesco e Santa Caterina da Siena patroni d'Italia alla circonvallazione Gianicolense, Regina Pacis a Monteverde Vecchio, Santa Galla alla circonvallazione Ostiense, Sant'Emerenziana al quartiere Trieste, di Santa Maria Assunta in via Capraia al Tufello ma è anche la parrocchia del complesso Icp Vigne Nuove, la chiesa di Santa Maria Causa Nostra Letiziae in piazza Siderera al Villaggio Breda, sulla Casilina, altezza Grotte Celoni (da Irene de Guttry, cit. e casa della architettura.it). Di ben diverso tenore è la chiesa di Santa Maria Goretti nella via omonima al quartiere Trieste del 1956.

[4] Alessandro Monteleone. (Taurianova, Reggio Calabria 1897 - Roma 1967) principalmente scultore, titolare della cattedra di scultura all'Accademia di Roma. Con Nagni ha realizzato una delle porte di San Pietro. Ha lavorato nella chiesa di Don Bosco a Roma oltre che in questa di Sant’Ignazio di Antiochia.

[5]Damaso.San Damaso (366-384), portoghese, reliquie in san Lorenzo in Damaso. Nel 381 si tiene il concilio di Costantinopoli per condannare l’Arianesimo. Fu un papa molto colto che ricercò le tracce dei primi cristiani anche nelle catacombe.

 

[6] Madre Teresa di Calcutta. Skopie 1910 – Calcutta 1997.  Anieze Gonxhe Bojaxhiu, religiosa albanese di fede cattolica, fondatrice della congregazione religiosa delle Missionarie della Carità. Per il suo lavoro tra le vittime della fame a Calcutta, l’ha resa una delle persone più famose al mondo. Ha ricevuto il premio Nobel per la pace nel 1979 è stata proclamata beata da Giovanni Paolo II nel 2003.

[7] Fienile di Tor Fiscale. Questo paragrafo è tratto da: Maria Letizia Sementilli, Il patrimonio archeologico della IX Circoscrizione, Comune di Roma, 1988, pag.75.

[8] Casale Rampa. Il paragrafo tra virgolette è preso da: Sementilli, Il patrimonio archeologico della IX Circoscrizione, Comune di Roma, 1988, pag. 76.

[9]Pier Luigi Nervi. (Sondrio 1891-Roma 1979) ingegnere italiano socio dell'Accademia Nazionale delle Scienze, autore di alcune grandi opere. Ha collaborato con architetti di fama internazionale come Le Corbusier e Louis Kahn.

     Laureatosi in ingegneria all'Università di Bologna nel 1913, lavorò per una società di costruzioni, durante la prima guerra mondiale fu nel genio. Nel 1923 fondò la sua impresa di costruzioni, l'anno dopo sposò Irene Calosi da cui ebbe quattro figli, tre di loro lo affiancarono nel lavoro. La sua prima opera fu il ponte sul fiume Cecina presso Pomarance (PI) nel 1920 (demolito nel 2001 dall'ANAS), ma il primo lavoro a destare interesse internazionale fu lo stadio di Firenze Campo di Marte oggi Artemio Franchi con le particolari scale elicoidali e la torre (1930). Realizzò degli hangar in legno e metallo a Pantelleria (unico rimasto), Orbetello, Marsala e Orvieto. Con una struttura geodedica riduceva i punti di appoggio aumentando le luci interne. Nel dopoguerra, insieme a Bruno Zevi, Luigi Piccinato e Mario Ridolfi, fondò l'Associazione per l'Architettura Organica (1945).  Nel 1950 realizzò lo stabilimento Kursaal ad Castel Fusano. Tra il 1953 e il 58 realizzò la sede dell'UNESCO  a Parigi. Tra il 1945 e il 1962 fu professore incaricato di Tecnica delle Costruzioni nella facoltà di architettura della Sapienza. Tra il 1956 e il 1961 collaborò alla realizzazione del grattacielo Pirelli a Milano e per le Olimpiadi di Roma del 1960 lavorò al Palazzetto dello Sport, allo stadio Flaminio, il viadotto di corso Francia e al Palazzo dello Sport all'Eur. Nel 1961 progettò il Palazzo del Lavoro a Torino (disegno architettonico di Giò Ponti) per l'Esposizione del centenario dell'unità d'Italia. Nel 1962 progettò la stazione ferroviaria di Savona. Nel 1964 progettò l'Aula delle Udienze in Vaticano (realizzata tra il 1966 e il 1971), oggi aula Paolo VI, ma nota a tutti come Aula Nervi (con la Resurrezione di Pericle Fazzini). Nel 1967 il palazzo della Banca d'Italia in via Tuscolana. Nel 1976 progettò l'ambasciata italiana a Brasilia.

[10] Il progetto di Nervi. Questo episodio da: AA.VV. Il patrimonio culturale del IX Municipio.

[11] Velodromo Appio. Tutte le notizie da: Trentagiorni, n. 15 articolo a firma di Ottavio Bigiaretti. Interviste a Nicola Tucci e Americo Raoli. Secondo altre fonti il Motovelodromo Appio fu costruito nel 1921. Ma anche it.wikipedia.org alla voce Motovelodromo Appio afferma che risale al 1910,  era anche conosciuto con il nome “Cessati Spiriti”.

[12] 1979. Sindaco Giulio Carlo Argan.

[13] Mercato dell’Alberone. La notizia della nascita del mercato collegata alla cinta daziaria e quella di Fiorucci è tratta dal libro di Paolo Montanari, Appio Latino Tuscolano, ed. Europa, 2015, pag. 52. Secondo Roberto Bruschi, in data 13.2.16, il negozio di Fiorucci quello alla sua destra, era dove oggi è l’Acqua e Sapone. Il sig. Bruschi sostiene che anche la palazzina dell’Acqua e Sapone come quella ad angolo di via Carlo Sigonio, già sede della DC, sono tutt’ora proprietà dei Fiorucci

[14] Camillo Palmerini.    (Roma 1893 - 1967) Ha progettato le case Icp a Ostia in corso Duca di Genova nel 1929, di fronte alla scuola Fratelli Garrone di Ignazio Guidi. Da: De Guttry.

     Per il testo "Archivio storico iconografico dell'IACP" ha progettato le case popolari a Testaccio con fronte su via Vespucci tra gli anni 10 e 20; la Borgata Giardino Garbatella, lotto XII, fabbricato 5 in via F. Passino; lotto XIII tipo T, fabbricato 4 di via F. Vettor; Progetto Appio I in piazza Tuscolo, via Soana, via Astura; Progetto Appio II in via La Spezia; Progetto Ponte Lungo II, lotto I B fabbricato 1 in piazza dell'Alberone.

 

[15] Villa Colonna. Nella carta di Roma del 1911 consultata alla biblioteca Appia oggi Mandela di via La Spezia la villa risulta con il nome di Corvisieri.

[16]Chiesa di Ognissanti. “Dal manoscritto che sto ultimando su "I Ragazzi di Via Cerveteri". Ognissanti è stata la mia parrocchia.. Di seguito ho scritto anche della prima messa in italiano di Paolo VI. Era stato Papa Pio X Sarto ad affidare al sacerdote Luigi Orione dei Figli della Divina Provvidenza la cura spirituale del nuovo quartiere. Era il dicembre del 1908 quando il Pontefice inviò don Orione fuori Porta San Giovanni, tra le baraccopoli sorte a ridosso delle mura Aureliane. Il sacerdote iniziò la sua attività in un modesto oratorio di Via Alba da ove iniziò a raccogliere tra i fedeli i fondi, per la nuova chiesa. Anche il Papa partecipò alle donazioni. Egli non si limitò alla costruzione del luogo di culto ma creò anche strutture d’incontro come una sala teatro e un campo da gioco. E’ qui che saranno ospitati alcuni degli orfani vittime del terremoto della Marsica” del gennaio 1915 che causò 30.519 morti.  Scritto da Felice Cipriani sulla pagina facebook “Sei dell’Alberone se…” il 18.12.15.

 

[17] Don Luigi Orione (Pontecurone presso Tortona AL 1872 – San Remo 1940) di padre selciatore di strade, allievo dell’oratorio di Valdocco di Torino fu notato da Don Bosco. Ordinato sacerdote nel 1895, aprì nuove case a Noto, a San Remoe Roma. Nel 1903 il vescovo di Tortona riconobbe canonicamente la Congregazione della Piccola Opera della Divina Provvidenza. Accorse a soccorrere i terremotati di Reggio Calabria e Messina per il terremoto del 1908 che fece 90.000 morti. Nel 1913 inviò una missione in Brasile. Soccorse i terremotati della Marsica nel 1915. Dopo la prima guerra mondiale si moltiplicarono scuole, collegi, colonie agricole e opere assistenziali. Nelle periferie fece sorgere i Piccoli Cottolenghi. Fondò il Santuario della Madonna della Guardia a Tortona dove è sepolto. Morì a San Remo il 12 marzo 1940. Nel 1980 Giovanni Paolo II lo iscrisse tra i Beati. Proclamato santo dallo stesso Papa nel 2004. “Il suo motto era: Ave Maria e avanti”. Da pagina facebook Sei dell’Alberone se… “Una rimessa di cavalli venne trasformata in chiesuola. Come fare per portarvi le persone? Don Orione percorse le strade del quartiere scuotendo un grosso campanello e facendo cadere ogni tanto qualche caramella e qualche soldino fino a che una piccola folla iniziò a seguirlo. Don Orione li portò in chiesa”. Da: Angelo Bertuzzo in Sei dell’Alberone se…

[18] Tram di cinecittà. La frase tra virgolette è riportata da: “Marco Lodoli, Quel viaggio fantastico sul tranvetto di Fellini” in la Repubblica, cronaca di Roma, del 25.5.14.

[19] Saltarello. Ballo tipico dell’Italia Centrale, si presenta come danza di coppia. E’ di origine rinascimentale, nel Seicento si diffuse negli ambienti popolari. E’ stato ripreso nell’ultimo movimento della Sinfonia opera 90 di Felix Mendelsshon (compositore tedesco dell’Ottocento).

[20] Festival della Canzone Romana. Al primo concorso del 1891 vinse il motivo che Ilario Calzelli aveva dedicato alle streghe: “Si tutte le streghe so’ come sei te, nun ho più pavura le voijo vedè…” interpretata da un giovanotto del rione Trevi Leopoldo Fregoli. Il cinema Massimo sarà in funzione fino al 1962, rappresenterà un punto di riferimento e di incontro per gli artisti che cercavano lavoro in un contesto territoriale già popolare nel mondo del cinema per la presenza degli stabilimenti Cines di via Veio, quelli di Virginia Genesi in via Marruvio, la SAFA di via Mondovì, la Boschi di via Saluzzo 16, la Caesar Film poi Scalera, poi Titanus in circonvallazione Appia e la Tecnostampa oggi Fono Roma in via Ceneda 8. Tra i film girati nel quartiere ricordiamo “Sotto il sole di Roma” di R. Castellani del 1945 e “Un amore a Roma” di Dino Risi nel 1960, girato proprio negli interni del cinema Massimo. Nella Safa di via Mondovì venne girato “Ladri di biciclette”.

[21] Metro A. Tutte le notizie da it.wikipedia.org e la Repubblica, cronaca di Roma.

[22] Metro C. Tutte le notizie da: La Repubblica, cronaca di Roma, alle date del7.7.06, 7.7.10, 3.7.11, 13.7.13, 31.8.13, 21.11.13.