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   La Galleria Nazionale d’Arte Moderna è la più grande collezione di arte italiana contemporanea. Possiede oltre 4.400 opere di pittura e scultura, circa 13.000 disegni e stampe dell’Ottocento e del Novecento. Nelle sue 37 sale è possibile vedere 500 opere di 170 artisti, in questo testo si è fatta una scelta di una trentina di opere che sono state descritte in maniera accurata.

 

   Per il compositore Ennio Morricone e per l’attrice Anna Galiena la Galleria Nazionale è un luogo dell’anima, il  più bello di Roma. Ilaria Beltramme nel libro “101 cose da fare almeno una volta nella vita” la Galleria è al terzo posto[1].

   Questo è l’unico museo nazionale dedicato all’arte moderna.

 

 

STORIA DELLA GALLERIA

     La Galleria Nazionale d’Arte Moderna nasce nel 1883 con sede al palazzo delle Esposizioni di via Nazionale. Roma era diventata capitale del giovane stato unitario solo da pochi anni, si avvertì la necessità di un museo che raccogliesse pittura e scultura di artisti italiani viventi o da poco scomparsi. Il ministro Guido Baccelli fu promotore e forte sostenitore dell’iniziativa. La collezione di opere via via si ingrandì sempre più e gli spazi diventarono insufficienti.

     Nel 1911 si tenne a Roma una Esposizione Internazionale per i cinquanta anni dell’unità d’Italia, per l’occasione venne costruito il palazzo delle Belle Arti a Valle Giulia, su progetto di Cesare Bazzani[2], come sede permanente della galleria.

     Nel 1933 l’edificio venne raddoppiato, sempre su progetto di Bazzani, ma i nuovi spazi vennero occupati dalla “mostra della rivoluzione fascista”.

     Nel 1941 Palma Bucarelli divenne soprintendente della galleria, vi resterà fino al 1975, a lei spetta il merito di aver posto in salvo la collezione dai pericoli della guerra (le opere saranno riparate nel palazzo Farnese di Caprarola) e, passata la guerra, sarà l’artefice del rinnovamento della cultura italiana aprendola ai fermenti più vivi dello scenario internazionale. Inoltre la Bucarelli porterà avanti un’idea moderna di museo, con mostre, dibattiti, visite guidate e proiezioni di film, la galleria sarà dotata di un piccolo bar e ospiterà iniziative quali le sfilate di moda che la renderanno un luogo attraente e vivo. La Bucarelli si avvalse di uno staff di collaboratori di primordine: Ponente, Carandente, Maltese. Tra il 1951 e il 1964 promosse i premi di incoraggiamento per i giovani pittori italiani. Nel 1953 si tenne in Galleria una grande mostra di Picasso, nel 1956 su Mondrian, nel 1958 su Pollock, nel 1959 vinne esposto il grande sacco di Burri, nel 1971, in seguito alla mostra di Piero Manzoni, ci fu chi chiese “la sua testa”.

     Con i soprintendenti che si successero a Palma Bucarelli la Galleria vide appannato il suo ruolo di grande promozione culturale, nonostante ciò si ebbero alcune importanti donazioni, nel 1979 quella dello scultore Giacomo Manzù (che aprì al pubblico nel 1981), nel 1972 la donazione Boncompagni Ludovisi per le arti decorative, la moda e il costume (aprirà nel 1995), nel 1986 il museo Mario Praz (aprirà nel 1995), nel 1997 la donazione Schwarz di arte dada e surrealista.

     Nel 1988 si tenne in Galleria una importante mostra su Van Gogh che ottenne un grande successo di pubblico, i visitatori furono 270.000.

     In vista del grande Giubileo del 2000 si tennero grandi lavori di restauro e di riordinamento delle collezioni (1995-2000) per cui la galleria venne riportata al volto che aveva ai primi del Novecento (soprintendente Sandra Pinto).

     Dal primo luglio 2004 Maria Vittoria Marini Clarelli divenne sovrintendente. Nel 2005, nei locali della galleria, si tenne la XIV Quadriennale di Roma, nel 2009 la mostra “Palma Bucarelli, il museo come avanguardia”. Il 30 maggio 2010 si è inaugurato il MAXXI, il museo delle Arti del XXI secolo, è la continuazione ideale della Galleria.

     Il 20 dicembre 2011, in occasione dei 150 anni dell'Unità d'Italia e del 100° della Galleria nella sede attuale, si è inaugura un nuovo allestimento, non più un ordine cronologico ma per temi e tendenze.

 

     Il 10 ottobre 2016 è stato inaugurato il nuovo allestimento voluto dalla direttrice Cristiana Collu[3], tale nuova sistemazione ha per titolo “Time is out of Joint”, ovvero “Il tempo è scardinato” (o fuori asse), citazione di Shakespeare dall’Amleto. Nelle 43 sale sono in mostra 170 artisti con 500 opere (una quarantina sono in prestito), precedentemente nelle sale si trovavano 700 opere. Si è fatto un lavoro di alleggerimento, le opere sono esposte in spazi aperti, tolti tutti i divisori, pareti libere, tutte le finestre sono state aperte. Salta la dimensione cronologica del museo, le opere sono esposte mischiando stili e artisti profondamenti diversi tra loro, anche di periodi storici lontani. Anche per questo non si chiamerà più Galleria Nazionale d’Arte Moderna (Gnam) ma Galleria Nazionale. Si è voluto seguire l’esempio della Tate Modern di Londra. Il museo non è più visto come un libro ma come uno spazio fisico che deve produrre sensazioni, anche spettacolari per chi li attraversa. Il primo contrasto forte lo abbiamo nel salone dell’Ercole dove “L’Ercole e Lica” di Canova si specchia nel “Mare” di Pascali e ha sullo sfondo una grande opera di Penone.

     Questo nuovo allestimento ha aperto un dibattito tra favorevoli: “Ora è uno spazio vivo, dove l’arte stimola domande analisi e riflessioni”, e contrari: “La storia è negata, non è comprensibile agli studenti, troppe opere sono sacrificate”. Due dei quattro curatori del museo si sono dimessi. Intanto è successo di pubblico.

 

GIARDINO CHE PRECEDE

LA GALLERIA

JACQUES LIPCHITZ, Pace sulla Terra, 1969-71.

   L'opera si può riferire allo stile cubista. E' un dono dell'artista al nostro paese.

MAURO STACCIOLI, Roma, 2011.

   E' un grande anello rosso in acciaio corten. L'opera è stata collocata in occasione del riallestimento della Galleria (dicembre 2011), l'artista (Volterra, Pisa, 1937) è stato direttore del Liceo Artistico di Brera, realizza opere - segno in stretta relazione con i luoghi per le quali sono state pensate. Realizza cerchi, sfere, triangoli, quadrati, linee rette, mezzelune. Un'altra sua opera è nel parco di Villa Glori. Vive e lavora tra Milano e Volterra.

ETTORE COLLA, Grande spirale, 1962.

FABIO MAURI, Barca / Muro d'Europa, 1979.

   Esposta in questa sede dal 1982. Si sta deteriorando.

 

ATRIO

GIULIO MONTEVERDE, Idealità e materialismo, 1911.

   La Galleria possiede di Monteverde anche "Edoardo Jenner", bronzo del 1873 presente nella precedente esposizione della Galleria. Giulio Monteverde (Bistagno AL 1837 - 1917) si affermò nel 1870 con il "Colombo giovinetto", Venezia, palazzo Giovannelli, opera verista ma con toni addolciti. Questa sorta di tenerezza formale impronta anche anche opere successive come il monumento funebre Gallenga 1879, Perugia, cimitero Maldonedo, mentre la produzione più tarda risulta di maniera (Monumento alla duchessa di Galliera, Genova, 1898). E' stato consigliere comunale di Roma e senatore del Regno. A Buenos Aires, in piazza Roma, si trova una sua statua a Mazzini voluta dagli emigranti italiani.

LEONARDO BISTOLFI, A Segantini, 1906.

   In questa opera si può vedere un riferimento ai Prigioni di Michelangelo. Leonardo Bistolfi (Casale Monferrato AL 1883 - Torino 1933), studiò a Brera interessandosi a Grandi e Cremona. Dopo alcune piccole opere veriste, scolpì l'Angelo della morte a Torino per la tomba Brayda. Realizzò sculture funerarie di stile patetico, simbolista e floreale. Seguirono i ritratti per il monumento a Segantini e per quello di Garibaldi a Sanremo del 1908. Fu anche disegnatore e autore di medaglie. Da Garzanti, cit. A Casale Monferrato, nell'ex Convento di Santa Croce, al piano terra, è la Gipsoteca Bistolfi, con 180 gessi, acquistati dagli eredi dell'artista e donati alla città dal banchiere Venesio nel 1958. La raccolta comprende anche marmi, bronzi e disegni. Da Enciclopedia dell'Arte Garzanti, cit.

 

SALONE DELLE COLONNE

     Il salone delle colonne è aperto al pubblico, vi sono alcuni divani storici della galleria e un punto ristoro molto essenziale. Anche i corridoi laterali sono di libero accesso con la libreria. I bagni sono collocati nel corridoio di destra e liberamente fruibili.

 

SALONE CENTRALE

Tutte le opere sono descritte in ordine da sinistra verso destra.

1. Calder, Mobile, 1958

2. Medardo Rosso, Impression de boulevard, La femme a la voilette, 1893.

3. Emanuele Becheri, Senza titolo # 13 (Shining), 2007, Courtesy l’artista.

4. Franco Vimercati, Senza titolo (Brocca), 1980-81 (serie di 14 ph in b/n), Courtesy Archivio Franco Vimercati, Milano.

5. Giulia Cenci, Almost invisibile # 7, 2014 Pistoia, Courtesy Spazio A, Pistoia.

 Giulia Cenci, Almost invisibile # 6,    “                           “                        “     .

6. Alessandro Piangiamore, Le XXXsorelle (se Roma non brucia), 2016, Courtesy artista e Magazzino, Roma.

7. Elisabeth McAlpine, The Raid (101 minutes), 2015, Courtesy Rita Urso, Milano e Laura Bartlett Gallery, Londra.

8. Marie Lund, Stills, 2015, Courtesy Croy Nielsen, Berlino.

9.  Giorgio Andreotta Calò, Clesssidra (U) 2012,

10. Daniela De Lorenzo, L’identico e il differente, 2003, Courtesy l’artista.

11. Tatiana Trouvè, Untitle, 2009, Collezione Paolo e Alessandra Barillari, Roma.

12. Emanuele Bechieri, Uguale al 3 tranne # 7.

13. Antonio Fiorentino, Dominion Melancholie, 2014, Courtesy artista.

14. 15. 16. Hiroshi Sugimoto, Cinema Odeon Firenze, 2013; Cinema Teatro Nuovo, San gimignano, 2013; Salle 37; Palais de Tokyo, Paris, 2013; Courtesy Galleria Coninua San Gemignano.

17. Andrea Santarlasci, Casa difesa, gemmazioni, 1992, Courtesy artista.

18. Alessandro Piangiamore, come al punto 6.

19. Antonio Catelani, Concordia, 1999, Courtesy We Gallery, Berlino.

20. Barbara Probst… NYC, 2013, Courtesy De Cardenas Milano, Zuoz.

21. Medardo Rosso, Ecce puer, 1905.

 

Nella saletta sulla sinistra:

Francis Alys, Railings, Galerie Peter Kilchmann, Zurigo.

 

PRIMO SETTORE

SALONE DI ERCOLE

   In questa sala l’Ercole di Canova si specchia nel mare di Pascali, la foglia di fico sull’Ercole richiama la spoglia d’oro di Penone. Le sculture neoclassiche che precedevano l’Ercole sono disseminate nel percorso, dialogano, sono spettatori. Pino Pascali è il filo conduttore di questa esposizione. A marzo uscirà la guida della galleria, presto una audioguida.

 

1 Antonio Canova[4], Ercole e Lica, 1815, marmo 350x152x212.

   “L’episodio scolpito è tra i più terribili della mitologia greca: Ercole, impazzito di dolore per la morte del centauro Nesso, uccide il messaggero di tale notizia. Lica sta per essere scagliato ed invano si trattiene alla criniera e all’altare. Notare la circolarità dello sforzo contrapposto. La statua deve essere vista da dietro, per comprendere la disperata resistenza del piccolo Lica”[5]. Notare la pelle attaccata al corpo di Ercole[6]. La violenta tensione del gruppo sembra smentire l’idea della “nobiltà greca nella sofferenza” di Winckelmann, si avvicina al filone del “neoclassicismo orrifico”, che tende a raffigurare impulsi violenti. Fino ad alcuni anni fa la statua veniva movimentata. La statua si trovava nel distrutto palazzo Torlonia di piazza Venezia.

 

2. Pino Pascali[7], 32 metriquadri di mare circa, 1967. Le vasche quadrate di cui si compone l’opera sono riempite di acqua colorata. Pino Pascali è uno degli artisti più significativi degli anni Sessanta a Roma insieme a Mario Schifano e Franco Angeli. “E’ un anticipatore della pop art con Pistoletto”[8], ma anche “esponente dell’arte povera”[9]. Una sala gli era dedicata nella precedente disposizione delle opere.

 

3. Giuseppe Penone[10], Spoglia d’oro su spine d’acacia, 2002. Notare che le spine d’acacia formano il profilo delle labbra, una lamina d’oro è posta al centro. Al Maxxi si trova una sua installazione, le pareti di una intera sala, sono avvolte da una corteccia d’albero a sua volta ricoperte di cuoio, sembra legno; un asse di legno scavato con liquido giallastro: resina, il pavimento di marmo bianco è tutto scavato, rovinato o grattato. L’albero è il filo conduttore dell’opera.

 

4. Yves Klein[11], International Klein Blue 199, 1958. Realizzò più di mille tavole in sette anni di dipinti monocromi, fino a concentrarsi sul blu che doveva unificare il cielo e la terra e dissolvere il piano dell’orizzonte. Nel 1956 creò “la più perfetta espressione di blu”, un oltremare saturo e luminoso, privo di alterazioni, da lui brevettato l’international Klein Blue.

 

5. Enrico Castellani[12], Superficie bianca, 1964 ca. Definito padre del minimalismo, propose l’azzeramento dell’esperienza artistica con le estroflessioni della tela mediante utilizzo di chiodi e centine dietro la tela.

6. Piet Mondrian[13], Grande composizione A con nero, rosso, grigio, giallo e blu, 1919-20. I dipinti di Mondrian sono quasi ossessivamente basati su linee orizzontali e verticali che eparano settori di colore compatto, privo di sfumature, quasi sempre colore primario: rosso, giallo e blu. Mondrian tende ad eliminare ogni interpretazione soggettiva e a risolvere ogni problema compositivo come se costruisse la dimostrazione di un teorema. L’arte quindi non è più frutto di soluzioni basate sull’emotività, ma è la realizzazione di un progetto preciso. Il movimento artistico che esprime queste idee si chiama Neoplasticismo, nasce in Olanda e si diffonde attraverso la rivista De Stijl. 

     Nel 1960-61 vi fu una grande mostra in Galleria su De Stijl, al Guggenheim di Venezia: “Il mare”, 1914, e “Composizione”, 1938-39.

 

7. Cy Twombly[14], Senza titolo, 1958 ca. legato Bucarelli.

8. Cy Twombly, La caduta di Iperione / Second voyage to Italy, 1962, dono Giorgio Franchetti. Come molte delle sue opere di quegli anni, queste due tele ricordano i graffiti accumulati sui bagni di scuola, mentre quelle dei tardi anni Sessanta ricordano delle e tracciate in corsivo.

 

SALA 1

In questa sala il tempo è fermo, è un tempo metafisico, non a caso prevale De Chirico.

1 Martini, Le stelle o le sorelle, 1932.

2. Lucio Fontana, Concetto Spaziale, attese, 1959.

3. Mario de Maria, Luna sulle tavole d’osteria, 1884.

4. Mario Sironi, Solitudine, 1925-26.

5.6.7.8. De Chirico, La torre del silenzio 1932, La torre e il treno 1934, Presente e passato 1936, Piazza d’Italia con statua 1937.

 

9. De Chirico[15], Gli archeologi, 1927 circa. Il principale esponente della Metafisica è De Chirico, le tele che la Galleria possiede sono un dono della vedova dell’artista del 1987. A Ferrara nel 1917 De Chirico e Carrà avviano nel campo della pittura una nuova ricerca definita “Metafisica”, dal greco oltre il fisico. A differenza del Futurismo, nei dipinti della Metafisica regna una assoluta immobilità, le scene sono popolate di strani manichini al posto degli esseri viventi: lo spazio, sempre definito prospettivamente, è irreale, appare limitato da costruzioni o elementi di paesaggio secondo un ordine non reale, tanto da far pensare ai sogni. Per De Chirico “l’arte deve esprimere uno stato di sogno”, il suo mondo è vuoto e disabitato.  La tela ben rappresenta cosa vuol dire la Metafisica, l’immagine di sogno rappresenta due archeologi che anche nel proprio corpo sono rappresentazione vivente del proprio lavoro. La Galleria possiede una statua tratta da questa tela.

 

10. Adriano Cecioni, Il gioco interrotto, 1867-68.

11. Antonio Calderara, Misura di luce, 1963-64.

 

SALA 2

   In questa sala un tempo naturale, la mucca di Rento che fa la pipì, è un tempo fotografico.

1 Umberto Prencipe, Clausura, 1904.

2. Andrea Tavernier, Ultime gocce, 1898.

3. Mario Schifano, Grande particolare di paesaggio italiano in bianco e nero, 1963, dono de Conciliis in ricordo di Pupa Raimondi.

4. Umberto Boccioni, Stati d’animo – Quelli che vanno, 1911.

5. Giuseppe Pellizza, Il sole, 1904.   Il pittore, importante esponente del divisionismo, ha legato il suo nome a "Il quarto stato", quadro simbolo del socialismo italiano. Pellizza "fu tormentato fino alla disperazione e al suicidio dal conflitto tra l'amore per la verità pittorica e complessi problemi spirituali e sociali. Quest'opera nella sua semplicità e assolutezza, una specie di dimostrazione virtuosistica non solo dei principi del divisionismo ma anche di portare l'arte a livello della scienza e di fare della verità scientifica il simbolo e la promessa di una nuova era" Palma Bucarelli, cit. Nel febbraio del 2004 fu richiesto dal Museo d'Orsay per una mostra sulla nascita dell'astrattismo.

 

6. Giovanni Segantini[16], Alla stanga, 1886. Il quadro è precendente all’adozione del divisionismo. Un vasto altopiano (la Valsassina, nelle prealpi brianzoli) è percorso dalla luce radente del tramonto che proietta in primo piano le lunghe ombre degli animali allineati alla stanga. Uomini e animali vivono immersi nella natura, un’aria di sospensione vibra nel quadro.

 

7. Luca Rente, Mattina, 26 luglio 2010, 05.43.21, 2012, collezione dell’artista.

8. Ercole Dante, Diana, 1845.

 

SALA 3

   In questa stanza si riflette sul tempo dei ruderi, dei resti archeologici, anche con la fotografia.

1 De Chirico, Il tempio nella stanza, 1927.

2. Pascali, Ruderi sul prato, 1964, legato Bucarelli.

3. Burri, Cretto G1, 1975.

4. Alessandro Piangiamore, The Raimbow’s gravity, 2006, Magazzino di arte contemporanea, Roma.

5.6.7.8.9 Gabriele Basilico, Nice 2001, Roma 2000 (arco di Costantino), Roma 2010 (Foro Romano), 8 Federico Cortese, Ruderi di un mondo che fu, 1890 circa, 9. Roma, 1989 (tempio di Minerva Medica).

10. Giovanni Faure, Il Foro Romano, 1835.

11. Filippo Palizzi, Studio di uno scavo (Pompei), 1864.

 

SALA 4

   Nelle sale 4-5-6 il tempo, la sensualità, l’erotismo sono il tema centrale, non a caso qui c’è Venere, nella sala Cinque Cleopatra che è simbolo di sensualità. Fredda è la sensualità della Psiche svenuta di Tenerari nella sala 6, le due grande tele di Sartorio sono un grido di sensualità.

1 De Chirico, Bagnante coricata, 1932, è la moglie.

2. Gustave Courbet, La Vague, 1871. Un recente acquisto della Galleria, un mare in tempesta del più significativo esponente del realismo (Oranas 1819 – La Tour de Peilz 1877), a lui si deve il termine stesso, pittore di ritratti, paesaggi, di problematiche sociali. Venne arrestato dopo il crollo della Comune di Parigi. In Galleria anche “Bracconieri sulla neve”, terzo settore, sala 4.

3. Giorgio Morandi, Bagnanti, 1915.

4. Gino De Dominicis, Senza titolo, 1985.

5. Pino Pascali, Ricostruzione di un dinosauro, 1966.

6. Amedeo Modigliani, Giovane donna seduta, 1915 e Nudo sdraiato, 1913. Disegni.

7. August Rodin, Nudo di donna, 1905-1915.

8. Fausto Pirandello, La pioggia d’oro, 1933.

 

SALA 5

1 Francesco Hayez, Bagnante, 1844. Il caposcuola del romanticismo, vedi più avanti i “Vespri siciliani” nel III settore, sala 12.

2. Francesco Trombadori, Nudo neoclassico, 1925 circa.

3. Ignacio Zuloaga, Irene, 1910.

4. Carlo Siviero, Astera, 1917. Scritto Mario ma corretto su segnalazione di facebook.

5. Giuseppe Capogrossi, Ritratto muliebre, 1932.

6. Ottilia Terzaghi, Fiori, 1915.

7. Alfonzo Balzìco[17], Cleopatra, 1874 circa.

   La regina dell’Egitto, amante di Giulio Cesare prima, di Marco Antonio poi, è ritratta nel momento in cui si dà la morte tramite un aspide perché il suo esercito è stato sconfitto e quello di Augusto sta per giungere in Egitto. Alla metà dell’Ottocento il taglio dell’istmo di Suez (1869) portò a una rivalutazione degli studi sull’Egitto, alcuni quadri della sala hanno un’ambientazione classica.

8. Giorgio Morandi, Natura morta con piatto d’argento, 1914.

9. Amedeo Modigliani[18], Nudo sdraiato, 1918-19.   L’artista livornese non rientra in alcuna corrente artistica, ma il suo stile si avvicina a quello dell’espressionismo francese, al gruppo dei Fauves, “le belve”, nato nel 1905, l’attenzione di questo gruppo si rivolge principalmente al colore, alla pennellata larga e corposa e non a ciò che si rappresenta. Principali esponenti furono: Henry Matisse, Maurice de Vlaaminck e Andrè Derain. Questo è un ritratto della moglie, pittrice e modella Jeanne Hebuterne.  Questo quadro è simile ad altri due, uno al Moma, l’altro a Milano in collezione privata. Rispetto agli altri, in questa versione, il soggetto è trattato con una pennellata più rapida e con colori più magri e trasparenti.

 

10. August Rodin, Donna che si spoglia, 1905-15.

11. Felice Casorati, Natura morta, 1943.

 

SALA 6

1 Hans Bellmer, La Poupèe, 1934, dono di Artur Schwarz, significa bambole.

2. Giulio Aristide Sartorio, La Gorgone e gli eroi, 1899.

3. Pietro Tenerari[19], Psiche svenuta, 1869. La statua ben rappresenta lo stile purista, movimento artistico italiano sorto intorno al 1833 sulla scia dei Nazareni. Richiamandosi ad una concezione etica dell’arte, il Purismo riconosceva come modelli i primitivi da Cimabue a Raffaello. Importanti esponenti furono oltre al Tenerani, il pittore e letterato Antonio Bianchini che redasse il manifesto del Purismo nel 1849, Friedrich Overbeck, Tommaso Minardi, Augusto Mussini e altri.

 

4. Giulio Aristide Sartorio, Studi per la Gorgone, 1895-99.

5. Giulio Aristide Sartorio[20], La Diana di Efeso e gli schiavi, 1899.

   Nel quadro della corrente letteraria e artistica dannunziana estetizzante, questo dittico, fece scalpore. Diana o Artemide era venerata a Efeso (oggi in Turchia) come signora della natura selvaggia. Patrona della castità, fece sbranare dai suoi cani Atteone che l’aveva sorpresa nuda.

   La Gorgone è la Medusa, essere mostruoso con il corpo ricoperto di squame, denti come zanne, lingua penzoloni e capelli di serpenti. Qui è raffigurata come una bella giovane con i capelli di serpenti. Aveva il potere di pietrificare chiunque la guardasse. Fu uccisa da Perseo.

  

6. Emilio Franceshi, Eulalia cristiana, 1880.

 

SECONDO SETTORE

Il tema della guerra è dominante nel salone, qui non solo le grandi tele di battaglie risorgimentali ma anche il bombardamento notturno di Leoncillo, De Chirico con la lotta di centauri e Burri con le tele bruciate. Nelle altre sale, i cavalli morti e squartati (sala 3), richiamano il tema della guerra, anche se l’autrice si batte contro la vivisezione. Nella sala due il tema della ricostruzione.

 

SALONE DELLA GUERRA

1 Guttuso[21], Crocifissione, 1940-41. L’opera venne esposta nel 1942 in occasione del premio Bergamo[22], gli valse il secondo premio e grande successo di critica e pubblico. Un quadro dal forte valore espressivo e rivoluzionario per tutti i personaggi nudi, compresa la Maddalena. Le case sullo sfondo sono appena accennate, squadrate, come è nello stile cubista. La testa del cavallo è un omaggio a Guernica di Picasso.

2. Cristina Lucas, La libertè raisonnee (= la libertà motivata), 2009, collezione Maison Europeenne de la Photografhie, Parigi. Espilicito riferimento all’opera di Eugene Delacroix, La libertà guida il popolo, 1830.

2a. Leoncillo, San Seabstiano bianco, 1962.

3. Michele Cammarano[23], La battaglia di Dogali, 1896. Durante la prima guerra italo-etiopica, nel 1887, cinquecento italiani al comando di De Cristoforis, furono sconfitti dal ras Alula. “Se le battaglie di Cammarano hanno un tono oratorio, quelle di Fattori mostrano un’aderenza alla realtà data dallo studio dal vero dei campi di battaglia, senza alcuna concessione alla retorica celebrativa” dal catalogo Electa del 2004, cit.

4. Emilio Vedova, Scontro di situazioni n.4, 1959.

5. Alberto Burri, Grande rosso P.N. 18, 1964.

6. Michele Cammarano, La battaglia di San Martino, 1880-1883. “Una grande e vigorosa illustrazione dell’avvenimento storico, e il motivo patriottico si associa strettamente al gusto realistico, non senza qualche robusto spunto popolare: si osservino, oltre all’impetuoso ma ben architettato movimento dell’insieme, certi bellissimi particolari di grande forza pittorica (testa del cavallo di Vittorio Emanuele)”, da Palma Bucarelli, pag. 35, cit.

   La battaglia di Solferino e San Martino furono le battaglie decisive della II guerra d’indipendenza, nel 1859, sembrò aprire le porte alla liberazione di Venezia. Solferino e San Martino sono frazioni di Desenzano del Garda, Brescia.

6a. Leoncillo, Supplizio azzurro, 1960 circa.

 

7. Giovanni Fattori[24], La battaglia di Custoza, 1880.

   La sfortunata battaglia della prima guerra di indipendenza è raffigurata nel momento culminante, l’ultimo gruppo di soldati ha formato un triangolo ed è pronto a sostenere l’estrema difesa. L’immagine della battaglia è antiretorica, come nello stile di Fattori e dei macchiaioli. “Forse a causa delle grandi dimensioni il dipinto non ha l’intensità e la stringatezza delle opere eseguite nelle misure che l’artista preferiva, ma dimostra comunque la sua visione chiara, sincera, realistica, antiretorica della realtà, e la vigoria del disegno - asciutto e incisivo – è sempre magistrale”. Da Bucarelli, pag. 35, cit.

   Due battaglie del Risorgimento si sono svolte a Custoza, frazione di Sommacampagna, Verona, la prima nel 1848, concluse la Prima Guerra d’Indipendenza, la seconda nel 1866 durante la Terza Guerra d’Indipendenza, entrambe videro la sconfitta dell’esercito piemontese-italiano.

 

8. Leoncillo, Bombardamento notturno, 1954 circa.

9. Giorgio De Chirico, Lotta di centauri, 1909 circa. Precedente alla creazione della Metafisica, stile per il quale rimase celebre De Chirico, ma nel tema annuncia uno dei riferimenti di tale corrente artistica.

 

 

SALA 1 DI BASILICO

1 Alberto Burri, Ferro SP, 1961. Vedi nel terzo settore, salone.

2. Sophie Riestelhuber, Eleven Blowups # 1, # 5, # 10, 2006, Courtesy l’artista e Galerie Jerome Poggi Parigi.

3. Gabriele Basilico, Beirut, 1991, Studio Gabriele Basilico.

 

SALA 2 DELLA RICOSTRUZIONE

1 Pino Pascali e Sandro Lodolo, Catasta di cassette del pesce, Edifici moderni, Edifici moderni, Catasta di mattoni forati, Passarella in legno, Fruttivendolo, 1965.

2. Franco Angeli, Algeria, 1961, dono De Conciliis.

3. Alberto Burri, Grande sacco, 1952.

4. Antonio Solà, Minerva, 1839.

5. Gianni Colombo, Strutturazione pulsante, 1959.

 

6. Mario Sironi[25], Il costruttore, 1936.

   Doveva essere il cartone preparatorio di un mosaico per il palazzo della Triennale di Milano. Il murale, oggi al palazzo dei Giornali di Milano, rappresenta l’allegoria della nuova Italia fascista. Si tratta del pittore ufficiale del fascismo, realizzò grandi cicli pittorici come quello per l’Aula Magna dell’Università di Roma, nei quali trasfonde la sua visione monumentale della pittura e dello stretto rapporto con l’architettura.

 

7. come al punto 1. Pane casareccio, Sampietrini romani, Antica pavimentazione di basalto, Calzolaio, Venditore di casalinghi, Pozzanghere, 1965.

 

SALA 3 DEI CAVALLI

1 Berlinde De Bruyckere, We are all Flesh (Istanbul) 2011-12.

2. Berlinde De Bruyckere, 2012.

3. Alberto Burri, Grande legno G59, 1959.

 

SALA 4 SALETTA DI PASSAGGIO

1 – 4 Pino Pascali, 1 mc di terra, 2 mc di terra, 1967.

2. John Chamberlain, Senza titolo, 1965.   Monumento all'incidente stradale. L'opera è stata acquistata - grazie all'impegno di Palma Bucarelli - alla Biennale di Venezia. (Rochester, Indiana 1927-Manhattan, New York 21.12.2011) è considerato il Pollock della scultura, nella sua opera ha unito Espressionismo astratto e Pop Art, ha raggiunto il successo con pezzi di metallo colorati presi dalle discariche. Del 1957 sono le sue prime opere ottenute con metalli saldati insieme, nel 1961 ebbe una grande affermazione con una sua mostra al Moma di New York. Ha esposto alla Biennale di Venezia e alla galleria di Leo Castelli a Manhattan. Da archivio storico de "la Repubblica" e "Il Corriere della Sera". Alcune notizie da it.wikipedia.org.  

 

3. Getulio Alviani, Superficie a testatura vibratile 2 (opera programmata 3161), 1965.

 

SALA 5 DELLA VERANDA

1 Alighiero Boetti, Per un uomo alienato, 1968.

2. Thomas Schutte, Bronzefrau n. 10, 2002, Maxxi.

3. Gunther Uecker, Spirale sicura, 1970.

4. Pietro Galli, Apollo, 1838.

4. Alberto Burri, Nero, 1961.

6. Francesco Lo Savio, Metallo nero opaco uniforme, 1961 (due opere).

7. Gilberto Zorio, Senza titolo, 1967.

 

SALA 6 DI PASSAGGIO

Mimmo Paladino, Tana, 1993.

 

SALA 7

1 Cagnaccio di San Pietro, La ragazza e lo specchio, 1932.

2 Adrian Paci, Back Home, 2001, Courtesy Rita Urso, Milano.

3. Felice Casorati, Mele sulla Gazzetta del Popolo, 1928 circa.

4. Albin Egger-Lienz, Il pranzo, 1910 circa.

5. Silvio Rotta, Nosocomio, 1895.

6. Camillo Pistrucci, Giunone, 1840 circa.

7. Virgilio Guidi, In tram, 1923.

 

SALA 8 DEL VOTO

1 Francesco Paolo Michetti[26], Il voto 1883.

   La grande tela, raffigurante la festa di San Pantaleone, patrono di Miglianico (Chieti), realizzata tra il 1881 e il 1883, divenne la grande attrazione dell’Esposizione Internazionale di Roma del 1883, suscitando un vivace dibatito, soprattutto per il crudo realismo, assai distante dai suoi precedenti soggetti di vita agreste. Rappresenta una originale espressione del movimento verista che si manifesta anche in campo letterario con Verga (I malavoglia, 1881). “L’autore svolse anche un’intensa attività fotografica e questa tela può considerarsi un reportage fotografico”, da Gianna Piantoni, cit.

   “Trovò nel primo D’Annunzio il modello letterario della sua entusistica celebrazione dell’Abruzzo forte e gentile. In questa celeberrima tela, opera lungamente elaborata attraverso numerosi studi dal vero (alcuni posseduti dalla Galleria), si avvicina al realismo aspro, quasi aggressivo, delle novelle della Pescara. Il quadro La figlia di Jorio del 1895 – nel palazzo della Provincia di Pescara – risente del simbolismo e del ritualismo arcaizzante del teatro drammatico dannunziano”, da Bucarelli, pag. 45, cit.

 

2. Leoncillo, San Sebastiano, 1939.

3. Adolfo Wildt, San Francesco, 1926 circa.

4-5. Giuseppe Pellizza da Volpedo, Cartone per il Quarto Stato, 1898 – 1899.

6. Antonietta Raphael Mafai, Le tre sorelle, 1936 circa.

 

SALA 9 DELL’EMIGRANTE

1 Adrian Paci, The line, 2007, Galleria Kaufman Repetto, Milano.

2. Adrian Paci[27], Centro di permanenza temporanea, 2007, Galleria Kaufman Repetto, Milano.

   E’ un filmato dei primi provvedimenti di accoglienza dei migranti in Italia, fenomeno molto diffuso in questi anni. Al Maxxi si trova una sua opera la: “Cappellina Pasolini”, 2005. L’artista ha creato una baracca di legno al cui interno sono collocate scene tratte dal film “Il Vangelo secondo Matteo” 1964 di Pasolini. Paci afferma che Pasolini era partito dalla pittura e ritrovava nei volti e negli sguardi degli attori la cultura del suo Paese.

 

3. Adrian Paci, The Walk, 2011, Galleria Kaufman Repetto, Milano.

4. Angiolo Tommasi[28], Gli emigranti, 1896. E’ una eloquente scena di emigranti italiani in partenza per le Americhe dal porto di Genova a fine Ottocento. E’ il segno forte del cambiamento dei tempi.

 

CORRIDOIO DI PASSAGGIO AL TERZO E QUARTO SETTORE

1 Antonio Catelani, Limen, 2010, Courtesy Rizzuto Gallery, Palermo.

2. Daniela De Lorenzo, Contrattempi, 2014, Courtesy l’artista.

3. Tatiana Trouvè, Refolding, 2011, Collezione Gemma De Angelis Testa, Milano.

4. Giulia Cenci, Senza titolo, 2016, Courtesy SpazioA, Pistoia.

 

TERZO SETTORE

SALA 1 DI NETTUNO

1 Giovanni Boldini, Ritratto della marchesa Casati con piume di pavone, 1911-12.

2. Giuseppe Cominetti, Can can, 1911 circa.   Oltre la porta:

3. Kees Van Dongen, La donna in bianco, di fronte:

4. Alexander Archipenko, Camminando, 1912-20, scultura.

5. Luigi Russolo, Lampi, 1910.

6. Renè Magritte, Le paysage en feu, 1928, dono di Ar. Schwarz. Oltre la porta:

7. Marco Calderini, Tristezza invernale, 1884.

8. Nettuno di Rinaldo Rinaldi, 1844 circa.

 

SALA 2 DELL’ARCIERE

1 Emile Antoine Bourdelle, Ercole saettante, 1909, al centro della sala.

2. Ivo Pannaggi, Funzione architettonica H 04, 1926. Oltre la finestra:

3. Giacomo Balla, Dimostrazione interventista - Bandiere all’Altare della Patria, 1915.

Oltre la porta:

4. Giacomo Balla, Insidie di guerra, 1915. oltre la porta:

5. Lazlo Moholy Nagy, Yellow Cross Q VII, 1922.

 

SALA 3 DI KANDINSKIJ

1 Alberto Giacometti, Figura (Femme de Venise VI), 1956.

2. Giorgio Morandi, Natura morta, 1918.

3. Carlo Carrà, L’ovale delle apparizioni, 1918.

Oltre la porta del controcorridoio di collegamento tra i due settori.

4. Piero Dorazio, Composizione astratta (Ognuno tesse le sue indulgenze), 1960.

5. Max Ernst, Compendio di storia universale, 1953.

Oltre la porta:

6. Osvaldo Licini, Memorie d’oltretomba, 1938 circa.

7. Alberto Giacometti, Tete qui regarde, 1927, dono di Ar. Schwarz.

8. Ettore Spalletti, Terra bianca, 1997.

9. Vasilij Kandinskij[29], Linea angolare, 1930. Opera esemplare dell’arte astratta, nata a Monaco nel 1911 con il movimento Der Blaue Reiter, questi artisti sostenevano con i cubisti che l’immagine per comunicare non ha bisogno di rappresntare la natura, gli oggetti, le figure umane; sensazioni, emozioni, idee vengono scuscitate dai colori, dalle linee, dalle luci indipendentemente da ciò che significano. “L’artista opera in modo irrazionale” per Klee (da Margozzi). Questo astrattismo si chiamò poi Astrattismo Lirico, mentre prese il nome di Neoplasticismo, quello sorto nel 1917 in Olanda con Piet Mondrian, in cui ogni dipinto è basato quasi ossessivamente su linee orizzontali e verticali che separonao settori di colore compatto

 

SALONE   DI MOORE E GIACOMETTI

1 Gastone Novelli, Il grande linguaggio, 1963.

2. Alberto Burri, Nero cretto G 5, 1975 circa[30]. Insieme a Capogrossi e Fontana rappresenta il brusco cambiamento che l’arte italiana a conosciuto a contatto con quella nord americana ed europea. Questa si può definire arte informale, perché rinuncia alla forma progettata, riconoscibile. Il suo linguaggio è caratterizzato da velocità di esecuzione e improvvisazione. “Esprime l’angoscia dell’artista” (Margozzi). “Nessuna tra le ricerche pittoriche degli anni Cinquanta in Occidente è paragonabile alla sua opera per radicalità di innovazione e ampiezza di influssi esercitati” (Maurizio Calvesi dal catalogo della mostra su Burri alle Scuderie del Quirinale).

 

Oltre la porta, parete lunga:

3. Ettore Colla[31], Divinità industriale, 1966. Assemblaggio di pezzi di recupero, trovati nelle discariche romane e, rivitalizzati in nome di una nuova mitologia. Dal 1955 iniziò a questi assemblaggi in modo da formare personaggi inquietanti che formavano una nuova mitologia.

 

4. Giuseppe Capogrossi[32], Superficie 290, 1958. Questo quadro è tipico del suo periodo informale, una “e” capovolta o forchettone (può essere filiforme, densa o macrosegno) “si può fare la similitudine con le opere architettoniche di Nervi o Morandi, in esse il segno è elemento strutturante” (Bucarelli). I suoi quadri sono basati su “elementi belli come i graffiti rupestri” (Maria Vittoria Marini Clarelli). Per Augusto Pieroni “Capogrossi costruisce l’infinito come Mondrian”.

5. Hans Hartung, “T 1956-19”, 1956.

Oltre la porta, proseguendo sulla parete lunga.

6. Tano Festa, Armadio con elementi e figura riflessi nello specchio, 1963, dono Giorgio Franchetti.

7.  Giulio Turcato, Composizione (superficie lunare), 1965.

Parete corta:

8. Giuseppe Capogrossi, Superfiecie 512, 1963.

9. Antoni Tapies, Tabula rasa, 1958.

10. Henry Moore[33], Figura distesa (Forma esterna), 1953-54. “Si basa sulla complementarietà di forma e spazio in cui le cavità nella materia hanno la stessa importanza delle masse” (da catalogo Electa della Galleria). I suoi temi più cari furono la figura sdraiata e la donna con bambino.

Segue parete lunga:

11. Mimmo Rotella, Up tempo, 1957.

12. Mimmo Rotella, Mitologia 3, 1962, esponente del “decollage”; oltre la porta:

13. Alajn Jacquet, Le dejeuner sur l’herbe, 1964.

14. Alberto Giacometti[34], Grande donna, 1960. Sartre fu un suo esegeta, si può definire un’opera surrealista. Nelle lunghe filiformi figure di donne si può vedere un riferimento all’arte etrusca, i contorni, continuamente frantumati, suggeriscono e vanificano ad un tempo le diverse presenze, che risultano tanto più leggibili, quanto più guardate a distanza.

15. Lucio Fontana, Concetto spaziale, teatrino, 1965.

 

SALA 4 DEL GIARDINIERE

1 Giuseppe De Nittis, Le corse al bois de Boulogne, 1881.

2. Vincent Van Gogh[35], L’Arlesiana, 1890.   Raffigura Marie Ginoux, nel costume tipico di Arles, moglie del proprietario del “Cafè de la Gare” ad Arles, frequentato dall’artista. Fu acquistato nel 1962. Van Gogh si interessò a lei quando seppe della sua malattia, crisi psichiche di cui soffriva anche il pittore, in altre versioni l’autore mise il titolo del libro su cui poggia le mani.

 

3. Vincent Van Gogh, Il giardiniere, 1889.   Il dipinto fu eseguito, con tutta probabilità, nei primi mesi del soggiorno di Van Gogh a Saint-Remy (giugno – settembre 1889), si tratta di un ritratto di un contadino che vive in piena sintonia con la natura (vedi il colore del viso).

     Il dipinto fu acquistato dallo Stato italiano, con diritto di prelazione, nel 1989 presso il collezionista milanese Giacomo Juncker. Dopo una lunga controversia giudiziaria, nel maggio 2002, la Corte Europea di Strasburgo, decise che “Il giardiniere” doveva rimanere allo Stato per la somma di 1,3 milioni di euro. Lo svizzero Beyler, che vantava titoli di proprietà sul quadro, voleva 7 milioni di euro, perché per tale cifra lo avrebbe venduto al Guggenheim di Venezia. 

     Questo quadro, insieme all’Arlesien e a “Le cabanon de Jordan” di Cezanne, furono rubati alla Galleria nel maggio del 1998 e ritrovati a luglio senza cornici, gli autori del furto furono arrestati.

 

4. Cesare Benaglia, Marte, 1845.

5. Edgard Degas[36], Dopo il bagno, 1886 circa.   Si tratta di un pastello su cartone, “denota l’interesse dell’autore per le figure femminili intente a bagnarsi, in continue variazioni di pose, colte nell’immediatezza del gesto e modellate con la luce e il colore”. Da Electa, 2004, cit. Il pittore è famoso per le sue ballerine. Partecipò alla prima mostra degli Impressionisti di cui divenne un protagonista di primo piano. Il quadro fu acquistato insieme alle ninfee di Monet.

 

6. Gustave Courbet[37], Braccanieri nella neve, 1867.   Nel 1971 dopo la mostra dedicata a Courbet dall'Accademia di Francia a Villa Medici, questo dipinto del grande maestro del realismo francese venne acquisito dalla Galleria. Fa parte della produzione dell'ultimo decennio del padre del realismo, movimento artistico di cui redasse il manifesto, anticipò l’impressionismo. Condannato per la distruzione della colonna Vendome durante la Comune di Parigi.

 

SALA 5 DELLE NINFEE

1 Claude Monet[38], Ninfee rosa, 1897-99.   Fa parte di una serie di studi sulle ninfee compiuti in ore diverse della giornata, l’artista le coltivava nella sua abitazione. Si tratta di una pittura fatta di trasparenze e tessiture cromatiche. Il pittore è considerato il padre dell’Impressionismo, fra le sue opere sono celebri: “Colazione sull’erba”, “I papaveri”, “Donna con l’ombrellino”, “La cattedrale di Rouen” e le vedute di Venezia.

 

2. Luca Rento, Ninfee 17 giugno 2004, 14.6.45, 2004.

3. Luca Rento, Ninfee 17 giugno 2004, 14.6.30, collezione dell’artista.

4. Ardengo Soffici, Sintesi di un paese primaverile, 1913.

5. Medardo Rosso, Bambino alle cucine economiche, 1892-93.

6. Stefano Arienti, Ninfee (dettaglio n. 7), Maxxi, donazione Gian Claudia Ferrari.

 

SALA 6 DI BOCCIONI

1 Marcel Duchamp, Scolabottiglie, 1914, dono di Art. Schwarz.

2. Umberto Boccioni[39], Cavallo + cavaliere + paesaggio, 1913-14 circa.   “Quadro dimostrativo della tesi futurista della simultaneità dinamica e uno dei più belli da lui dipinti, sia per la perfetta misura della composizione, sia per il timbro del colore , che sale e si diffonde nello spazio, come gli squilli di una fanfara (si noti il segno di addizione del titolo, frequente nei futuristi, per indicare l’intersecarsi e il sovrapporsi delle diverse immagini)”. Bucarelli, cit. pag. 66.

 

3. George Braque, Natura morta con clarinetto, ventaglio e grappolo d’uva, 1911 circa.   Ci soffermiamo su questo quadro perché esplicativo del più grande movimento di avanguardia del secolo: il Cubismo, Pablo Picasso e George Braque ne sono i fondatori nel 1907. Oggetti e figure sono rappresentate in forme schematiche, quasi geometriche e in più vedute, da diverse angolazioni, per comunicare la totalità delle percezioni che si hanno della realtà. Per il poeta Apollinaire “con il Cubismo l’arte non è più imitazione, ma pensiero”

 

4. Giacomo Balla, Linea di velocità, 1913.

5. Alexander Archipenko, Testa, 1913.

6. Gaetano Previati, La caduta degli angeli, 1913 circa.   E’ la scena biblica della caduta degli angeli ribelli. Dopo i lavori di restauro della galleria il quadro venne rimontato con un pannello posto al contrario, se ne accorsero un gruppo di studenti giunti in visita con i loro professori.

 

7. Ugo Giannattasio, Le Tourniquet du Cafe de Paris, 1913.

8. Hannah Hoch, Il vincitore, 1930 e Il vincitore, 1930.

9. Umberto Boccioni, Antigrazioso, 1912-13. E’ il ritratto della madre, la scomposizione della testa e dei capelli rende la compenetrazione di spazio e figura.

10. Kurt Schwitters, Box-R-Bild, 1921.

 

SALA 7

1 Domenico Morelli, Le tentazioni di Sant’Antonio, 1878.

2. Franz Von Stuck, Oreste e le Erinni, 1905.

3. Pietro Tenerani, Vulcano, 1844, scultura.

4. Gaetano Previati, La creazione della luce, 1913 circa.

 

SALA 8 SALONE

1 Paul Cezanne[40], Le Cabanon de Jourdan, 1906.   Jourdan era il proprietario del fondo agricolo. In questo quadro il colore dà la forma, la porta è individuata dalla forma azzurra, forse un pozzo, un muro si individua sulla destra. Ultimo dipinto dell’artista francese, rimasto incompiuto. Acquistato nel 1986. Cezanne aderì al movimento impressionista partecipando alla mostra di Nadar nel 1874. . L’intento di semplificare la forma lo porterà alla costruzione di oggetti la cui volumetria sarà evidenziata dalla massa cromatica. Sulle numerose nature morte eseguite in questo senso l’artista scrisse: bisogna trattare la natura secondo il cilindro, la sfera, il cono, il tutto messo in prospettiva” frase che fu la premessa dei cubisti. Agli inizi del secolo aveva ormai raggiunto fama internazionale e le sue opere (paesaggi, bagnanti, nature morte) attraverso il colore costruivano le masse volumetriche. Si può considerare un precursore delle avanguardie dei primi del Novecento.

 

2. Medardo Rosso, Ritratto di Madame Nobelt, 1897-98, scultura.

3. Medardo Rosso, Yvette Guilbert, 1895, scultura.

4. Medardo Rosso, Nudo femminile, 1900-10.

5. Amedeo Modigliani, Ritratto di Hanka Zborowska, 1917. E’ la moglie del poeta Leopold Zborowski che fu mecenate di Modigliani, credeva in lui e cercava di vendere le sue opere. Il dipinto venne esposto alla Biennale di Venezia nel 1930. E’ in galleria dal 1953 con il nome “Donna dal collaretto”.

 

6. … cultura Azande, MNPE.

7. Gustav Klimt[41], Le tre età, 1905.   Una delle gemme della galleria. Il quadro rappresenta, anche in modo crudo, le tre età della donna. “E’ uno dei capolavori del maestro austriaco ed esemplare del suo stile: poetica per le immagini simboliche, musicale nella cadenza ritmica delle linee e nella sinfonia dei colori, minuziosa e preziosa come un lavoro di oreficeria nel contesto delle lamelle d’oro e d’argento incastonate nella superficie dei colori, che trapassano dalla trasparenza di un velo alla vitrea durezza di uno smalto”. Palma Bucarelli, cit. La sua opera è da collegarsi all’art nouveau, l’ornamento non è marginale rispetto al soggetto, ne diviene il centro. Celebre “Il bacio”, 1907-08.

 

8. August Rodin, L’età del bronzo, 1875-76.

9-10-11-12 … cultura Bamama, Mali. Kongo Yombe. Baga Guinea Bissau. Konso Etiopia. Figura funeraria femminile. MNPE.

13. Giacomo Balla, Villa Borghese – Parco dei Daini, 1910.   E’ una vista di villa Borghese dalla finestra di casa dell’artista, da qui la tripartizione. Questo quadro fu fatto al ritorno da Parigi dove l’artista aveva conosciuto il pointillisme di Seurat e Signac, notare l’erba fatta con tanti tratti verticali e la luce del cielo fatta con tanti cerchietti. La cornice non è quella fatta dall’artista.

 

14. Marcel Duchamp[42], Ruota di bicicletta, 1913-64, dono di Arturo Schwarz.   Questa opera fa parte della donazione Schwarz del 1998. La prima versione di “Urinatoio” è andata dispersa perchè in un trasloco gli operai la spezzarono e la gettarono in una discarica. Da visita guidata di Alessia Birri del 28.12.10. L’urinatoio si trova nell’ultima sala.

   La ruota di bicicletta è considerata la prima opera Dada, ma il movimento artistico nasce solo tre anni dopo a Zurigo dove si erano rifugiati artisti e intellettuali allo scoppio della prima guerra mondiale poichè la Svizzera era un paese neutrale. Si riunivano al Cabaret Voltaire dando vita a serate di musica e poesia dada. Partendo dalla volontà di rompere con la società e la cultura che ha portato alla guerra, questi artisti creano un movimento che infrange tutte le regole, anche quelle dell'arte, la parola d'ordine è "niente", la stessa parola Dada non significa nulla (Tzara).

   Marcel Duchamp vede un mondo pieno di oggetti realizzati in serie, per combattere tale conformità di gusto, prende tali oggetti e li espone. Nel caso dell'urinatoio lo chiama "Fontana" lo firma Mutt, lo presenta in una galleria d'arte di New York. Altri esponenti furono Man Ray (“Venere restaurata”, “Ferro da stiro con chiodi”, in galleria abbiamo foto con nudi donne nella sala 6 del quarto settore), Francis Picabia, Hans Arp. Oltre New York sorsero gruppi dada anche a Berlino, Barcellona e Hannover. Il Dada si concluse a Parigi negli anni 1919-22 dove trapassò nel surrealismo.

   Duchamp ha avviato quella concettualizzazione dell’arte che tanta fortuna ha avuto con i movimenti di avanguardia degli anni Settanta. Da Garzanti, voce Duchamp.

 

15. Marcel Duchamp, Paysage a Blainville, 1902, dono di Arturo Schwarz.

 

SALA 9

1 Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1957.

2. Michele Cammarano, Piazza San Marco, 1869.

3. Giovanni Boldini, M.lle Lanthelme, 1909. Boldini a Parigi divenne il ritrattista dell’alta società. E’ il ritratto dell’amante di Alfred Edward, personaggio dell’alta finanza e proprietario del quotidiano “Le Matin”. Cadde in acqua dallo yacht dell’amante e morì in circostnze non chiarite.  Vestita di un nero squillante, su fondo scuro, rosa il fiocco alla vita e il volto, la mano sul fianco, lo sguardo fermo di una sicurezza quasi sfrontata, esempio di femminilità parigina.

4. Paolo Troubetzkoy, Mia moglie, 1911, scultura.

5. Silvestro Lega[43], La visita, 1868. ). L’artista più completo dei Macchiaioli, ardente mazziniano, combattente di tutte le guerre di indipendenza. I temi costanti della sua opera sono il paesaggio e scene di vita familiare. “Questo è uno dei più bei quadri italiani del secolo: la composizione, a nitide e scandite macchie tonali (i grigi, i bruni, i neri degli abiti contro la luminosità dei muri e del cielo) ha una sua lucida geometria (la figura a triangolo, i piani dei muri), che derivano da un’interpretazione spregiudicata e moderna dei maestri toscani del Quattrocento”, da Bucarelli, cit. pag. 26.

   Il quadro raffigura la famiglia Batinelli morta per la tisi (da mostra sui Macchiaioli al Chiostro del Bramante del 2007/08).

 

6. Telemaco Signorini, Sobborgo a Porta Adriana a Ravenna, 1875.

7. Giacomo Balla, Ritratto all’aperto, 1902 circa.

8. Eduardo Dalbono, La terrazza, 1865-67.

 

SALA 10

1 Vincenzo Gemito, Ritratto di Michetti, 1873-74, scultura.

2. Lorenzo Bartolini, Ritratto del conte Guelfo Estense Trotti Mosti, 1830-40.

3. Marco Calderini, Le statue solitarie, 1883.

4. Filadelfo Simi, Un riflesso, 1887.

5. Alfonso Balzìco, La Margherita di Goethe, 1860 circa.

6. Alfonso Balzìco, Nello della Pietra e Pia dei Tolomei, 1868.

 

SALA 11 VERANDA

   Si presenta un’ampia selezione della collezione di opere in gesso e terracotta di Giovanni Battista Amendola, Alfonso Balzìco, Rembrandt Bugatti, Antonio Canova, Vincenzo Gemito, Edgard Degas, August Rodin, Medardo Rosso e Ettore Ximenes.

Tra le opere si segnalano: il monumento funebre all’Alfieri in Santa Croce a Firenze di Antonio Canova (1806-10), il pezzo più antico della Galleria; di Ercole Rosa il monumento ai fratelli Cairoli, di Alfonso Balzìco il monumento equestre a Vittorio Emanuele II oggi a piazza Municipio a Napoli (subito come si entra), di Ettore Rosa la testa di Garibaldi.

 

1 Ercole Drei, Eva o Eva e il serpente, 1915.

2. Mario Ceroli, L’ultima cena, 1965.

3. Alberto Viani, Nudo cariatice, 1951-2 e Nudo sdraiato 1953-54, legato Bucarelli.

 

SALA 12

1 Francesco Hayez[44], Vespri siciliani, 1846.   Il quadro rievoca un episodio realmente accaduto nel 1282 durante la dominazione angioina della Sicilia, di una donna insultata da un soldato francese, fatto che scatenò la ribellione e il ritorno degli Aragonesi. Svenuta per l’oltraggio subito, la donna è sorretta dai famigliari, mentre lo sposo, con i pugni chiusi, medita vendetta. Dietro al gruppo di figure principali: l’inizio della ribellione, il contadino che raccoglie il sasso, l’altro con il pugnale invoca Dio. Il bozzetto è nel palazzetto Cencelli, in via degli Scipioni 297, proprietà del Bnl. E' un quadro simbolo, vuole essere una esortazione agli italiani a liberarsi dallo straniero.

 

2-3-4 Mario Ceroli, Mobili nella valle 1968, due profili incassati di cui il secondo ne contiene tre.

 

CONTROCORRIDOIO

DI COLLEGAMENTO FRA IL TERZO E QUARTO SETTORE

SALETTA DELLA SCUOLA ROMANA

1 Antonietta Raphael Alberti, La sognatrice, 1946, 1946 circa.

2. Scipione, Uomini che si voltano, 1930.

2. Scipione, Piazza Navona, 1930.

3. Mario Mafai, Testa di bambola (Natura morta con maschera), 1938.

 

LUNGO IL CONTROCORRIDOIO

Davide Rivalta[45], Leoni, 2016.

 

SALETTA DE PISIS

1. Natura morta (Settembre a Venezia), 1930.

2. Natura morta nella tempesta, 1938.

3. Natura morta con bottiglia e bicchiere, 1933.

4. Natura morta con scultura, 1927.

Al centro della sala: Arturo Martini, Donna alla finestra, 1930.

 

QUARTO SETTORE

SALA 1

1 Luigi Bienaimè, Mercurio, 1844.

2. Sandro Chia, Boy and dog, 1983.

3. Ettore Tito, Autunno, 1914.

4. Jean Fautrier, Tempo d’estate, 1957.

5. Andrè Masson, Le peintre et le temps, 1938.

6. Francesco Clemente, Senza titolo, 1981.

 

SALA 2

Al centro: 1 Jean Arp, coppa chimerica, 1947-50. L’autore è esponente del Surrealismo.

2. Alberto Savinio, Souvenir d’enfance a Athenes, 1930-31.

3. Joan Mirò[46], Il compianto degli amanti, 1953. Un’opera matura dell’artista, quando il suo linguaggio poetico era ormai consolidato. L’adesione al surrealismo lo ha portato a giungere ad un particolare astrattismo, quello delle Costellazioni, un paesaggio rarefatto popolato di forme biologiche collegate da linee sottili. Influì sul movimento portandolo verso l’astrattismo. Il suo alfabeto di segni, già completo negli anni Quaranta è rimasto costante fino alla sua scomparsa.

4. Osvaldo Licini, Amalasunta n.2, 1950.

5. Jean Dubuffet, La vie pastorale II, 1964, dono Lorenza Trucchi.

6. Gino de Dominicis, Con titolo, 1984.

 

SALA 3

1 Luigi Ontani, Meditazione d’apres de La Tour, 1970.

2. Nunzio, Notte, 1986.

3. Enzo Cucchi, Roma, 1986.

4. Mario Mafai, Nudo sul divano (Nudo sdraiato), 1933.

5. Alberto Savinio, Creta, 1931-32.

6. Pietro Consagra, Forma 1, 1947.

 

SALONE

Si inizia dalla parte alta, parete lunga:

1-2 Sam Taylor-Wood, Dalla serie Selfportrait Suspended, 2004, Collezione giuliani e Nomas Foundation, Roma.

3. Marion Baruch, Sculpture (Spirito della giungla), 2015, Courtesy Otto Zoo.

4. Pino Pascali, Bachi da setola, 1968.

5. Ugo Rondinone, n. 53 Siebzehnjanearmeunzehnhundert-vierundneunzig, 1993-94.

6. Michelangelo Pistoletto[47], I visitatori, 1968. Uno delle prime opere di arte povera creata da uno dei maggiori artisti di tale movimento artistico nato in Italia negli anni Sessanta, in ambito torinese. Tale arte viene definita da Germano Celant (storico e curatore) in una articolo della rivista Flash Art e nella mostra Arte povera del 1968 alla galleria de’ Foscherari a Bologna con Anselmo, Boetti, Ceroli, Fabro, Kounellis, Merz, Paolini, Pascali, Piacentino, Prini, Zorio e lo stesso Pistoletto. Il riconoscimento internazionale avviene con la mostra nella Kunsthalle di Berna. Altri esponenti sono Gino Marotta, Fabio Mauri, Giuseppe Penone e Renato Mambor. Il movimento nasce in polemica con l’arte tradizionale, della quale rifiuta tecniche e supporti, usa materiali poveri: terra, legno, ferro, stracci, plastica e scarti industriali. Un’altra caratteristica è il ricorso alla forma dell’installazione. Celant afferma che l’arte povera “si manifesta essenzialmente nel ridurre ai minimi temrini, nell’impoverire i segni, per ridurli ai loro archetipi”. E’ evidente il rapporto con l’arte concettuale, pop, minimal e Land art.

Parete corta:

7.  Jannis Kounellis, Bianco, 1966.

8. Mario Schifano, Paesaggio versione anemica con smalto e anima, 1965.

9. Lucio Fontana, concetto spaziale-Natura (due opere), 1959-60.

Parete lunga:

10. Gastone Novelli, Poetry reading tour, 1961.

11. Piero Manzoni[48], Achrome-Bianco, 1958.   La serie di Achrome (in francese = incolore) sono le opere che gli hanno dato notorietà, ma lui è famoso per la serie di "Merda d'artista" che esposte alla Gnam fecero rischiare a Palma Bucarelli il posto da sovrintendente.

 

12. Joseph Kosuth, The gift, 1990.

13. Giuseppe Uncini, Porta aperta con ombra, 1968.

14. Jeff Vall, Young man wet with rain, 2013, Courtesy Galleria Lorcan O’Neill, Roma.

 

SALA 4

1 Pietro Consagra, Monumento al partigiano, 1947.

2. Marion Baruch, Boetti # 2, 2013 Courtesy Otto Zoo.

3. Marion Baruch, Magnifique, 2015, Courtesy Otto Zoo.

4. Man Ray, Nudo, 1930-37, otto foto in bianco e nero, dono di Arturo Schwarz.

5. Giuseppe Uncini, Senza titolo, 1963.

6. Gina Pane, J’ai jetè 4 dessins dans le torrent Chisone (Turin)… , 1969.

7. Alberto Burri, Grande bianco bis, 1968.

8. Monica Carocci, Rai 4, 1997.

9. Giosetta Fioroni, Ragazza TV o La ragazza della televisione, 1964-65.

 

SALA 5

1 Alighiero Boetti[49], Mappa, 1990, Collezione privata, Roma. E’ uno degli arazzi realizzati tra il 1971 e il 1994 da ricamatrici afgane su disegno dell’artista, un planisfero in cui gli Stati sono individuati dalle varie bandiere. L’iscrizione sul bordo integra con informazioni su circostanze, data e luogo di realizzazione. L’attualità storico politica è tra i temi prediletti dell’artista. Il suo lavoro mette in discussione il ruolo tradizionale dell’artista, interrogando i concetti di serialità, ripetitività e paternità dell’opera d’arte.

 

2. Carla Accardi, Composizione, 1964.

3. Pietro Galli, Giove, 1838.

4. Andy Warhol[50], Hammer and sickle, 1977. La principale figura della pop art. L’artista ironizza nelle sue opere sulle produzione in serie tipica della società dei consumi, celebri i “barattoli di zuppa Campbell’s”, le bottiglie di Coca Cola. Usa la stampa serigrafia, celebre il ritratto di Marilyn, Jackie Kennedy e Mao. Vuole essere una critica al consumismo e al divismo, proprio perché ripetute ossessivamente. Le immagini sono fatte con colori primari. In un suo viaggio a Roma negli anni Settanta, rimase impressionato dalle manifestazioni politiche dell’estrema sinistra, da qui questa “Falce e martello”. Per Calvesi “la Pop Art è arte di reportage, scatto della realtà”.

 

5. Gianfranco Baruchello, Louis Philippe to Miocene, 1967.

 

SALA 6

Al centro: 1 Marcel Duchamp, Fountain, 1917-64. L’opera venne rifiutata dalla Società degli Artisti Indipendenti, presentata a New York nel 1917 e firmata Mutt, è la prima opera dada americana. La prima versione venne rotta e gettata nei rifiuti dagli operai addetti al trasloco.

2. Michelangelo Pistoletto, Un giovanotto, La smorfia, 1962-75.

3. Lucio Fontana, Concetto spaziale. Attese, 1963 circa.

4. Giorgio Morandi, Paese, 1936.

5. Giorgio Morandi, Natura morta, 1946.

6. Lucio Fontana, Concetto spaziale, 1959.

7. Daniel Buren, Bandes, 1969.

8. Vincenzo Agnetti, Naked eye photograph, 1974.

9. Jackson Pollok, Watery Paths, Sentieri ondulati, 1947, dono di Peggy Guggenheim. L’opera venne danneggiata con un pennarello nel gennaio 1999. A partire dal 1946 introdusse la tecnica del dripping, sgocciolature e spruzzi di colore sulla tela stesa a terra. Divenne così maestro della concezione gestuale dell’action painting di cui fu, con De Koening, il maggiore rappresentante. Ascoltava musica jazz durante il lavoro (Mariastella Margozzi), al termine di una sofferta opera l’artista chiese alla moglie: “E’ arte questa?”. E’ morto in un incidente stradale causato dal suo stato di ebbrezza. Contro l’alcool lottò tutta la vita.

 

BIBLIOGRAFIA

     Tutte le informazioni sulla storia della galleria e per le opere in essa contenute:

Palma Bucarelli, La Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 1973, ed. Istituto Poligrafico dello Stato.

Sandra Pinto - Gianna Piantoni, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 1997, ed. Sacs.

Colombo – Lafranconi, Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 2004, ed. Electa.

Elena di Maio – Matteo Lafranconi, Galleria Nazionale d’Arte Moderna. Le Collezioni. Il XIX secolo. 2006. Ed. Electa.

Pannelli didattici presenti nelle sale della galleria stessa.

Palma Bucarelli (a cura di Lorenzo Cantatore), 1944 cronaca di sei mesi, 1997, ed. De Luca.

Mario Ursino, Capolavori della pittura italiana. ‘800 e ‘900 nelle collezioni della Galleria Nazionale d’Arte Moderna, 1999, ed. Viviani arte.

 

Tutte le notizie sui movimenti artistici, i periodi storici, i singoli artisti da:

Giulio Carlo Argan, L’arte moderna 1770/1970, 1970 ed. Sansoni.

AA.VV. Storia Universale dell’Arte, 1986, ed. Istituto Geografico de Agostini.

AA.VV. Enciclopedia dell’Arte, 2002, ed. Garzanti.

AA.VV. Storia universale dell’Arte, 1997, ed. Leonardo.

Mary Hollingswith, L’arte nella storia dell’uomo, 1997, ed. Giunti.

Bersi – Ricci, Il libro dell’Arte, 1999, ed. Zanichelli.

Formilli – Marini, Percezione immagine arte, 1993, ed. Sei.

Stefano Zaffi, La storia dell’Arte, vol. XV, ed. Electa.

AA.VV. Guida d’Italia. Roma, 1993, ed. Tci.

 

SITOGRAFIA

gnam.beniculturali.it

it.wikipedia.org

treccani.it

sapere.it

romasegreta.it

facebook/la gallerianazionale

Piero Tucci

Ottobre/novembre 2016

 

AGGIORNAMENTI

11.10.16 Gnam. Inaugurato il nuovo allestimento dal titolo: “Time is out of Joint” (“il tempo è sfasato” citazione di Shakespeare dall’Amleto) che resterà fino al 15 aprile 2018. Presenti 170 artisti per un totale di 500 opere, compresi prestiti. Per il nuovo allestimento spesi 100.000 euro, 400.000 per il recupero dell’edificio.  La Gnam riceverà 15 milioni per l’ampliamento dell’ala Cosenza. Cristiana Collu è direttrice dall’agosto 2015.

19.10.16 Gnam.La rivolta dei saggi perché il nuovo allestimento voluto dalla direttrice Collu viene snaturata la collezione, non è più un museo, appello al ministro Franceschini: “Serve un’immagine dell’arte comprensibile a tutti”. Ma è successo di pubblico. Dimissioni di due dei quattro curatori: Nigro e Zambianchi.

7.11.16 Gnam.4.500 persone alla Galleria per la prima domenica del mese a ingresso gratuito. Nel pomeriggio, con il temporale, la gente è stata mandata via senza poter entrare per problemi di sovraffolmento delle sale.

 



[1] La citazione di Ennio Morricone da Repubblica del 30.12.04, quella di Anna Galiena la Repubblica del 20.3.03.

[2] Cesare Bazzani (1873-1939) ingegnere e architetto, progettò il palazzo del Ministero della Pubblica Istruzione, l’ospedale Fatebenefratelli e la chiesa della Gran Madre di Dio a Ponte Milvio. E’ stato esponente dell’eclettismo e delle correnti tradizionaliste del Novecento italiano.

[3] Cristiana Collu (Cagliari 1969), storica dell’arte italiana, a 26 anni è stata nominata direttrice del museo d’arte di Nuoro, la più giovane d’Italia. Nel 2012 è diventata direttore del MART di Trento e Rovereto, questa direzione le ha valso il premio Art Tribune.

[4] Antonio Canova. (Possagno, Treviso 1757 - Venezia 1822) tra i massimi esponenti del neoclassicismo. Lavorò per committenti italiani e stranieri: sepolcro di Clemente XIV nella chiesa dei Santi Apostoli a Roma, sepolcro di Clemente XIII in San Pietro, sepolcro di Maria Cristina d'Austria nella chiesa degli Agostiniani, 1805, statue di Napoleone Bonaparte come Marte Pacificatore nella collezione Wellington di Londra del 1803-06 e Paolina Borghese come Venere Vincitrice alla Galleria Borghese del 1805-08. Celeberrima la statua di Amore e Psiche al Louvre del 1787-93, e quella delle Tre Grazie all'Ermitage di San Pietroburgo.

[5] Da: Bora e altri, I luoghi dell’arte, ed. Electa, pag. 13.

[6] Da: visita guidata alla Gnam del 28.12.10.

[7]Pino Pascali.(Bari 1935 - Roma 1968) Dopo gli studi all'Accademia di Belle Arti di Roma (frequentò i corsi di Toti Scialoja), lavorò come grafico pubblicitario e scenografo per la televisione proponendo interventi su grande scala e sviluppando una vocazione per le invenzioni scultoree poveriste basate su assemblaggi di materiali di recupero che, insieme a un'ironia giocosa di derivazione pop e a uno sperimentalismo neo dada, hanno rappresentato una costante della sua breve e vitalissima parabola artista , morì prematuramente in un incidente di moto. Al ciclo "Frammenti di donna"(1964), pezzi anatomici realizzati con tele sagomate e centinate, seguì quello dissacrante delle "Armi" (1965) sculture giocattolo in tela che riproducono fedelmente cannoni, mitragliatrici, bombe; dal 1966 la natura divenne la principale ispiratrice dei suoi lavori: dal ciclo "Animale" (Ricostruzione di un dinosauro, 1966), alle diverse versioni del "Mare" , dai "Bachi da seta", alla "Vedova blu" alle "Liane" di lana d'acciaio intrecciata. Fu anticipatore della Pop Art con Pistoletto e dell'Arte Povera. Nel 1969 la Gnam gli dedicò una grande mostra, dopo la quale i genitori donarono alla Galleria tutte le opere dell'artista rimaste nel suo studio.

 

[8] Definizione di Mattirolo.

[9] Dal catalogo della mostra su Burri alle Scuderie del Quirinale.

[10] Giuseppe Penone. Nato a Garessio di Cuneo nel 1947 l’artista è da sempre interessato al rapporto tra l’uomo e la natura nel loro reciproco rispecchiarsi, mentre la scultura è vista come superficie di transito delle energie. Tra i massimi protagonisti dell’arte povera.

[11] Yves Klein. (Nizza 1928 – Parigi 1962) precursore della body art, da alcuni annesso al Nouveau Realisme. Figlio di due pittori, studiò lingue orientali, praticò il judo. Amico di Arman e Claude Pascal, iniziò a dipingere, tra il 1948 e il 1952 viaggiò in Italia, Gran Bretagna, Spagna e Giappone, nel 1955 si stabilì definitivamente a Parigi dove iniziò a esporre i suoi monocromi. Morì di infarto a soli 34 anni, prima della nascita del figlio anche lui Yves e poi scultore. Oltre all’international Klein blue, di cui sopra, produsse Antropometrie, ovvero modelle si immergevano nel colore per poi stendersi su una tela e lasciare “una traccia di vita”, quindi Registrazioni di pioggia, guidando nella pioggia a 70 miglie orarie con una tela legata sull’auto, o accostando la tela al tubo di scappamento. Realizzò “performance art” nel 1960, con modelle nude e una orchestra che suonava una musica formata da una sola nota. Vendette spazi vuoti in cambio di oro puro per riequilibrare l’ordine naturale, il vuoto è per Klein uno stato simile al nirvana, senza influenze materiali, un’idea per entrare in contatto con la propria sensibilità.

[12] Enrico Castellani. (Castelmassa RO 1930), studiò arte in Belgio, si stabilì a Milano, strinse rapporti di amicizia con Piero Manzoni diverso da lui per il carattere vulcanico. Dopo le esperienze di arte informale, con la rivista Azimuth (insieme a Manzoni) propone l’azzeramento totale di ogni forma artistica con la realizzazione di tele monocrome (spesso bianche) estroflesse per creare effetti di luce e ombre. Ha esposto alla Biennale di Venezia nel 1964, 1966 (una sala), 1984 e 2003, al Moma, alla Biennale di San Paolo  in Brasile, al Guggenheim di New York e altrove. Le sue opere sono le più ricercate e costose fra quelle del Novecento italiano, la loro quotazone ha largamente superato il milione di dollari.

[13] Piet Mondrian. (Amersfoort 1872 – New York 1944) pittore olandese. Primi studi sotto la guida del padre, frequentò l’accademia di Amsterdam, per vivere dipingeva paesaggi e faceva copie nei musei. L’incontro con J. Toorop lo portò al simbolismo. Con esso si ebbe la semplificazione dell’ossatura dell’immagine e nello stesso tempo a usare un volore vivo, talora steso a zonature, altre volte accostato secondo la tecnica divisionista e fauve. Nel 1911-15 fu a Parigi dove realizza superfici divise in piccole zone. Con il rientro in Olanda (1914-19) la sua ricerca si sviluppò senza pentimenti verso il rigore astrattista e la totale semplificazione di linee e colori, i titoli continuavano a riferirsi alla natura. Il 1917 è l’anno di fondazione della rivista De Stijl e di dipinti quali questo della galleria. Nel 1919 fu di nuovo a Parigi, nel 1920 pubblicò “Il neoplasticismo” il più importante dei suoi scritti. Dal 1938 fu a Londra. Dopo la distruzione della sua casa in un bombardamento aereo, si trasferì a New York, felice dell’incontro con il nuovo mondo.

[14] Cy Twombly (Lexington 1928 – Roma 2011) Ewin Parker noto come Cy dal nome di suo padre e di un giocatore di baseball. A studiato arte a Boston e New York dove ha conosciuto Robert Rauschenberg. Ha militato nell’esercito come crytologist, decifratore e creatore di codici. Dagli anni Cinquanta ha vissuto tra Roma e Gaeta. E’ sepolto in Santa Maria in Vallicella (la Chiesa Nuova). E’ conosciuto per il suo modo di sfuocare la linea tra disegno e pittura. Ha esposto alla Biennale del 1964. Una galleria d’arte a lui dedicata si trova a Houston, progettata da Renzo Piano (1995).

[15] Giorgio De Chirico. (Volos 1888 – Roma 1978) Nato in Grecia da genitori italini, studiò a Monaco, a contatto con il mondo tedesco, conobbe la filosofia di Nietzsche, Schopenhauer e Weininger e fu colpito dalla pittura romantica decadente di Bocklin e Linger cui si univa la memoria del mondo classico in forma di ricostruzione scenografica. Nel 1910 a Parigi, amico di Valere e Apollinaire, fu tuttavia estraneo al cubismo e alle avanguardie in genere per le quali manifestò sempre un atteggiamento polemico, e ricercò il suo linguaggio autonomamente. Rappresentava le sue visioni oniriche come evasioni dal tempo. Nel 1916 all’Ospedale Militare di Ferrara conobbe Carrà: di qui ebbe inizio la teorizzazione della pittura metafisica, della quale – in seguito – si dichiarò ideatore fin dagli anni di Parigi. Riempì lo spazio architettonico di prospettive vuote che rifiutano ogni senso di abitabilità; i fondali non delimitavano spazio ma erano elementi di suggestione letterario. I quadri senza prospettiva del 1916-18 si popolavano di oggetti descritti con minuzia ma senza simpatia: oggetti di  uso comune, posti in un contesto spaziale temporeaneo ad essi estraneo. Compare il manichino, l’idea gli venne da un dramma del fratello Savinio, costruzione emblematica dell’uomo macchina contemporaneo. Dal 1918 collaborò alla rivista “Valori plastici” con Savinio e Carrà, una rivista che proclamava il ritorno alla tradizione della pittura italiana delle origini. Espose con Valori plastici: Carrà, Melli, Martini, Soffici e Morandi. A Parigi nel 1925 fu presente alla prima mostra Surrealista. Continuò la propria ricerca con salda coscienza tecnica, con rispetto della tradizione e continui richiami archeologici.

[16] Giovanni Segantini. (Arco, Trento 1858 – Schafberg, Grigioni, 1899) Dopo un’infanzia travagliata, uscito dal riformatorio di Milano, frequentò l’Accademia di Brera, dove assimilò l’esperienza del naturalismo lombardo. Si ritirò a Pusiano, in Brianza approfondendo la sua ricerca in direzione naturalistica. La tecnica del divisionismo fu seguita da Segantini a partire dal soggiorno a Savoglino nei Grigioni (1886-94) dove dipinse alcune delle sue opere più importanti (Le due Madri, Milano, Galleria d’Arte Moderna). Le sue tele annunciano interessi allegorici e simbolisti. Una vera evoluzione verso l’art nouveau divenne prevalente nelle sue opere a partire dal 1891. Nel 1894 , una volontà di meditazione solitaria, tesa a scoprire nella pittura una primaria e totale esperienza, lo portò a lavorare sul Maloja, con soggiorni a Soglio in Val Bregaglia. A Brera, molto bello, “Pascoli di primavera” del 1896.

[17] Alfonzo Balzico. Ancora neoclassico nella tomaba dell'arcivescovo Paglia nel duomo di Salerno del 1854, passò poi decisamente al verismo in alcune figurette di genere e nel monumento al duce di Genova a Torino del 1877. Notato da Vittorio Emanuele II nel 1866 fu nominato scultore di Real Casa, si trasferì a Roma nel 1875. La sua scultura "Flavio Gioia" fu premiata con medaglia d'oro all'Esposizione Internazionale di Parigi del 1900, oggi si trova ad Amalfi sulla piazza omonima (lungomare di Amalfi).

[18] Amedeo Modigliani. (Livorno 1884 – Parigi 1920). Nasce da una famiglia ebrea. Studi nella Scuola di Belle Arti di Firenze e Venezia, dal 1905 a Parigi per soggiorni sempre più lunghi. Per alcuni anni frequentò i pittori cubisti ma rimase indifferente alle loro scoperte e al clima di razionalismo severo da cui erano germinate attenendosi piuttosto a una cultura post-romantica e dalla predilezione per i pittori maledetti come Van Gogh e Gauguin, per Utrillo, Toulouse Lautrec e Boldini. Tuttavia, se la ricchezza nervosa del suo segno può richiamare Lautrec e l’esasperazione della sua tavolozza i fauves, la pennellata di colore costruttivo dentoa l’assimilazione della lezione di Cezanne. Nel 1909 si stabilisce deinitivamente a Mauntparnasse e smette di dipingere per un’intima insoddisfazione (alcool, droga), l’amicizia di Brancusi e la comune scoperta della scultura negra lo indussero a dedicarsi interamente alla scultura. La ricerca di un’arcaica semplicità lo aiutò a liberarsi dal realismo e ad accogliere il cubismo. Nel 1912 espose sette sculture al Salon d’Automne, seguirono ritratti di persone a lui care: Alexandre, Brancusi, Cocteau, Picasso, Rivera e Kisling. Nel 1914 il suo ritorno alla pittura, favorito da Zborowski mercante, aveva ormai uno stile inconfondibile, in cui vena lirica e sentimentale, quasi sensuale, viene temperata dalla purezza formale dei volumi: quei corpi allungati hanno contorni sinuosi ma non decorativi. Fino al 1920, anno della sua prematura morte, eseguì oltre 300 dipinti, ancora molti ritratti: Max Jacob, Lipchitz con la moglie, le modelle, la compagna Jeanne Hebuterne, pittrice anche lei, suicidatasi l’indomani della sua morte. E’ sepolto a Pere Lachise.

    I ritratti di Modigliani hanno uno stile inconfondibile: le forme sono molto semplificate, i volti e i colli allungati, gli occhi, due semplici mandorle, sembrano intagliati nella tela e spesso sono solo campiture di colore che danno allo sguardo un’espressione assente e malinconica.

[19] Pietro Tenerani. (Torano, Carrara 1789 - Roma 1869) si formò all'Accademia di Carrara, ebbe successo con la Psiche oggi conservata a palazzo Pitti. Con il danese Thorwaldsen eseguì monumenti e opere di soggetto mitologico avviandosi gradualmente al gusto romantico, purista nello stile, religioso e idealizzante nei contenuti che culminerà nel 1840 con il Manifesto del Purismo sottoscritto con i Nazareni Minardi e Overbeck. A questo periodo risalgono il monumento a Pio VIII in San Pietro e Pellegrino Rossi qui alla Gnam. Nella basilica di San Giovanni è sua la "Deposizione" che si trova nella cappella Torlonia (seconda cappella a destra).

[20] Giulio Aristede Sartorio. (Roma 1860 – 1932) Nipote e figlio di pittori. Iniziò facendo copie da quadri dei musei che artisti più famosi firmavano e vendevano. Per sé dipingeva nello stile verista i soggetti della campagna romana. Allievo di Nino Costa, aderisce al gruppo In arte libertas. Fece parte del gruppo dei Venticinque della Campagna Romana. Professore all’Accademia di Weimar dove conobbe Nietzsche e i simbolisti tedeschi. Elaborò uno stile attento ai suggerimenti preraffelliti e del simbolismo. Della sua prima opera, più decorativa che verista, piena di echi letterari, ricordiamo, oltre al fregio su tela nell’aula della Camera dei Deputati, il dittico alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale. Tipica espressione del gusto dell’epoca furono le sue illustrazioni di D’Annunzio. Fu insegnante all’Accademia di Belle Arti di Roma. Volontario nella prima guerra mondiale venne fatto prigioniero e liberato, tornò al fronte come pittore di guerra, ci ha lasciato 27 quadri di episodi bellici. Nel 1930 gli viene affidata la decorazione del duomo di Messina, di cui completa i bozzetti non il mosaico.

[21] Renato Guttuso (Bagheria PA 1912 – Roma 1987) giovane esponente della scuola romana, nel 1932 e nel 1934 partecipò a due mostre collettive a Milano, entrando nel gruppo antifascista di “Corrente” che aveva come organo la rivista “Vita giovanile” fondata da Ernesto Treccani nel 1938. Nel gruppo Corrente anche Birolli, Manzù e Sassu.  La sua prima opera importante è “Fuga dall’Etna” del 1938-39, punto d’avvio del Realismo italiano, omaggioa Guernica di Picasso, contiene tutti gli elementi caratteristici dei maggiori dipinti futuri: coralità della composizione, violenza espressiva del colore e dei tagli prospettici chiuse dentro un rigoroso disegno unitario. Durante la guerra dipinse “Gott mit uns” una delle più alte testimonianze della Resistenza. Nel 1947, dopo un viaggio a Parigi, entrò nel “Fronte nuovo delle arti”, che raccoglieva diverse tendenze stilistiche e poetiche sotto il segno dell’impegno sociale: “Cucitrice con drappo rosso”, 1947. A partire dal 1948 aderì sempre più programmaticamente ai temi di spirazione politco sociale “Zolfatari”, esponendo alla Biennale di Venezia il grande “Occupazione delle terre in Sicilia” 1949-50, quindi ha affrontato il tema storico in “La battaglia di ponte Ammiraglio”, 1952. Negli anni seguenti si è dedicato soprattutto alla critica di costume “Boogie Woogie” 1953-54. Dopo il 1956 il rigido realismo si scioglie sotto la spinta di una emozione più ricca e aperta a tutto il reale: “La discussione”, 1960, Londra, Tate, “La strada” San Pietroburgo, Ermitage. Negli anni Sessanta realizzò “Autobiografie”, “Divina Commedia”, “Donne, stanze, paesaggi e oggetti”. Nel 1971 la serie dei Girasoli, nel 1972 “I funerali di Togliatti” alla Galleria d’Arte Moderna di Bologna. A Bagheria si trova la Civica Galleria d’Arte Renato Guttuso dal 1973, con le principali opere dell’artista e le sue spoglie in un sarcofago opera di Manzù. A Roma ha abitato in piazza Perin del Vaga, in via Margutta 48, quindi alla Salita del Grillo dove è morto.

[22] Premio Bergamo. Promosso dal ministro dell’educazione Giuseppe Bottai in contrapposizione al premio Cremona voluto da Roberto Farinacci.

[23] Michele Cammarano. (Napoli 1835 - 1920) Allievo dello Smargiassi e del Mancinelli all’Accademia di Napoli, fu seguace del verismo della scuola di Posillipo e del naturalismo di Palizzi. I suoi interessi sociali lo indirizzarono alle scene di vita popolare: “Terremoto a Torre del Greco”, 1862, Napoli, Museo di San Martino, “Lavoro ed ozio”, Napoli, Capodimonte; e alle immagini di vita contemporanea: “Lo studente bocciato”, Firenze, Galleria d’Arte Moderna; che interpretò con robusta vena narrativa e drammatica. Grandiosi, ma di ispirazione sostanzialmente oratoria, i quadri di battaglia dipinti dopo il 1870, tra questi “La presa di Porta Pia” a Capodimonte. Da Garzanti, cit.

[24] Giovanni Fattori. (Livorno 1825 – Firenze 1908) Studiò a Livorno e a Firenze con Bezzuoli, lasciò Firenze solo per brevi viaggi: oltre a Parigi, dove conobbe Monet (1875), fu a Londra, Dresda e Filadelfia. Esordì giovanissimo con una pittura accademica e convenzionalmente storica: “Maria Stuarda al campo di Crokstone” 1859; presto cominciò a ritrarre dal vero scene di vita militare e con “Il campo italiano dopo la battaglia di Magenta”, 1861, Pitti, approdò ad una pittura felicemente naturalistica, che gli avrebbe poi sviluppato nel senso di una sempre maggiore sobrietà e solidità. Abbandonò gradatamente il chiaroscuro romantico per unaluce-colore di grande nettezza, e venne sempre più costruendo i propri quadri per zone cromatiche, di un peso quasi astratto: “La rotonda Palmieri”, a Firenze alla Galleria d’Arte Moderna, “La parete bianca”, 1868-70 a palazzo Pitti. Temi ricorrenti sono i paesaggi, la gente di Toscana e la vita militare vista senza la minima retorica. Rimase vedovo tre volte.

     Bello anche “Il carro rosso (Il riposo)” a Brera, del 1887. Il “Ritratto della seconda moglie” del 1889 a palazzo Pitti. “Lo scoppio del cassone 1878-80 alla Ca’ Pesaro.

[25] Mario Sironi. (Sassari 1885 – Milano 1961) Interruppe gli studi di ingeneria per dedicarsi alla pittura, frequentare l’Accademia di via Ripetta e lo studio di Balla dove strinse amicizia con Boccioni e Severini. La produzione di quegli anni è rivolta ad un versmo psicologico. La depressione comportò una sospensione dell’attività. Trasferitosi a Milano nel 1914, il nuovo incontro con Boccioni lo portò ad aderire al futurismo in maniera eterodossa poiché il movimento è rappresentato più dal colore (carico, scuro, fortemente espressivo) che non dal volume. L’artista poneva così sin dall’inizio le premesse della sua arte, e preparava lo sviluppo del suo futurismo, rivisto alla luce dell’esperienza metafisica: “Cavallo bianco” 1919, Milano, Collezione Mattioli.

   Sironi si interessò al paesaggio urbano (1921) offrendone una visione storicizzata e quasi antica della moderna periferia, industriale, squallida; in essa il senso di una angosciosa solitudine era sopraffatto da un principio di volontà e di ordine che rispecchia il suo orientamento psicologico. “La solitudine dei paesaggi urbani si fa specchio dell’alienazione dell’uomo” (Lara Vinca Masini, pag. 264, cit.).

   Tra i fondatori di “Novecento”: “Paesaggio urbano, 1924, Roma, Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale; “Gazometro”, 1943, Collezione Jucker Milano. Mantenne il tema della periferia urbana a cui aggiunse il nudo, il paesaggio alpestre e il ritratto. Sironi proponeva un recupero di tecniche tradizionali quali l’affresco, il mosaico e il bassorilievo. Si interessò di progettazione architettonica di ambienti industriali (Padiglioni Fiat, Fiera di Milano) e di scenografie teatrali. Divenne uno dei maggiori protagonisti del tentativo di formulare un’estetica del regime fascista

  “Negli anni Trenta Sironi si interessa al rapporto pittura-architettura, sono gli anni dell’esplosione dell’architettura razionale, di molti suoi lavori con architetti: ad es. alla Triennale di Milano con gli architetti Felice e Gio Ponti, nel 1933, realizza l’affresco “Le opere e i giorni”. La sua pittura assume una visione momunemtale. Egli si riporta allora all’arte romanica italiana, dove il senso plastico dello spazio è dominante, ma si colora di connotazioni retoriche e magniloquenti” (Lara Vinca Masini, pag. 265, cit.). In questi anni ha realizzato affreschi per l’aula del Rettorato dell’Università La Sapienza, per il Ministero dell’Industria in via Veneto e alla Casa Madre dei Mutilati al lungotevere.

   Nel dopoguerra rielaborò l’esperienza precedente senza rinunciare alla solidità rese la forma plastica più evocativa.

[26] Francesco Paolo Michetti. (Tocco Casauria, Pescara 1851 – Francavilla a Mare, Chieti, 1929). Si formò all’Accademia di Napoli con Morelli e Filippo Palizzi che lo incoraggiarono al lavoro dal vero in Abruzzo. A Parigi espose al Salon del 1872 e 1875, conobbe Fortuny. Raggiunse il successo con “Corpus Domini” esposto alla Promotrice napoletana del 1877, conobbe D’Annunzio e approfondì l’ambiente e i costumi abruzzesi. Dopo “Il voto” fece “La figlia di Jorio” nel 1895. Nel 1899 due mostre personali a Venezia e Berlino gli diedero fama internazionale. Nel 1900 presentò all’Esposizione Internazionale di Parigi due grandi tempere: Gli storpi e Le serpi. Un bellissimo autoritratto del 1895 è conservato al Museo di Capodimonte a Napoli.

   “Oggetto, un tempo di sproporzionati entusiasmi, l’opera di Michetti è stata presto riportata ai limiti segnati dal suo descrittiismo esuberante e superficiale”. Da Enciclopedia Garzanti. “Quando nel 1915 le collezioni della Galleria furono trasportate nell’edificio di viale delle Belle Arti, una commissione formata da Michetti, Bistolfi e Ojetti ne fece l’ordinamento per regioni”. Da Bucarelli, pag. 4, cit.

[27] Adrian Paci. E’ nato a Scutari in Albania nel 1969. Realizza video, pitture, installazioni, foto e sculture. Nel 1999 ha esposto alla Biennale di Venezia. Vive e lavora a Milano. Ha studiato all’Accademia di Belle Arti di Tirana con il maestro Edi Rama, già sindaco di Tirana oggi (dicembre 2016) presidente del consiglio albanese. Ha esposto al Moma di New York.

[28] Angiolo Tommasi. (Livorno 1851 – Firenze 1933) Dopo gli studi si dedicò alla pittura dal vero sotto la guida di Lega, Fattori e Signorini. Le sue opere hanno un’impronta di vivace originalità che suscitò, alle esposizioni del tempo, acerbe critiche e lodi entusiastiche. Espose alla prima Biennale di Venezia “Il canto della sioglia” e “Paese toscano”. Due paesaggi e “Lavandaie” sono alla Galleria d’Arte Moderna di Milano. Da comune.livorno.it.

[29] Vasilij Kandinskij (Mosca 1866 – Neuilly sur Seine 1944) trasferitosi a Monaco dalla nativa Russia nel 1896,  fu con Franz Marc il fondatore a Monaco del movimento del Blaue Reiter (Il cavaliere azzurro). Tra il 1909 e il 1914 realizzò i cicli delle “Impressioni” e “Improvvisazioni”, nucleo di opere che contribuì alla definizione e allo sviluppo dell’astrattismo. Elaborò un’analisi teorica sui significati astratti delle forme e del colore “Sullo spirituale nell’arte”, 1910. Alla Ca’ Pesaro: “Tre triangoli” del 1938; alla Guggenheim di Venezia: “Paesaggio con macchie rosse” 1913, “Croce bianca”, 1922; “Verso l’alto”, 1929.

[30]Alberto Burri. (Città di Castello PE 1915 - Nizza 1995) il suo percorso artistico va dai primi gobbi ai catrami, al grande sacco del 1952, ai legni, alle plastiche, ai ferri dei primi anni Sessanta, ai cellotex degli ultimi.

   Laureato in medicina, cominciò a dipingere nel 1944 mentre era prigioniero di guerra in Texas. Tornato in Italia decise di dedicarsi interamente alla pittura. Nel 1951 firmò con Capogrossi, Colla e Ballocco il manifesto del gruppo "Origine". Si impose all'attenzione allorchè i suoi sacchi sbrindellati cominciarono ad apparire in pubblico. E' l'immagine di una realtà desolata e logorata dal tempo: si vedono cuciture, pezzature, tele e lembi ammuffiti che nascondono una ferita, uno strappo fisico e morale. Nel 1956 passò dai sacchi ai legni e alle plastiche bruciate, qui gli strappi sono diventati piaghe che colano umori e patimenti. Nelle plastiche il segno di una nuova e più feroce violenza. Col biennio 1958-59 realizzò una serie di ferro.

[31] Ettore Colla. (Parma 1896 - Roma 1968) La sua opera è in stretto collegamento con quella dell'arte Informale, con gli artisti di questa corrente artistica era in contatto e aveva anche rapporti di amicizia. Forte è anche il riferimento al Surrealismo. Aveva iniziato con gessi e terracotte sotto l'influsso di Martini. Nel 1950 fondò il gruppo “Origine” con Capogrossi, Burri e altri. Sua la "Grande spirale" nel giardino che precede la Gnam, sue opere al Moma di New York, alla Tate di Londra e alla Farnesina.

[32] Giuseppe Capogrossi. (Roma 1900 – 1972) Dopo gli studi e un soggiorno a Parigi (1928-33), venne a contatto con Scipione e Mafai, fondò insieme a Cagli la scuola romana. Nel 1949 passò alla pittura astratta, partecipando con Burri al gruppo “Origine” e firmando il VI Manifesto spazialista di Lucio Fontana, Crippa e Dova (1953). In questi anni eseguì la serie delle Superfici, composizioni in cui si dispongono, in una tessitura grafica variabile, segni costanti di elementare semplicità, e rovesciate o forchette. Alla Galleria d’Arte Moderna di Roma Capitale: “Giocatori di ping pong”, qui in Galleria: “Temporale” uno zatterone sul Tevere, “Ritratto muliebre”, ma non esposti.

[33] Henry Moore. (Castleford, Yorkshire, 1898 – Much Hadham, Herdfordshire 1986), scultore inglese. Figlio di un minatore di origine irlandese, si iscrisse dopo la guerra alla scuola d’arte di Leeds e quindi al Royal College di Londra. Frequentò assiduamente il British Museum e il Museo di Scienze Naturali, interessandosi alla cultura arcaica e classica e insieme studiando le forme naturali.

   Nel 1925, con una borsa di studio si recò in Francia, Italia e Spagna. Ne ritornò con un bagaglio  di conoscenze che spaziavano dal cubismo (Brancusi, Modigliani, Lipchitz) all’arte del Rinascimento. Raggiunse così il suo stile attraverso una elaborazione lentissima di tutte queste esperienze. Le sue sculture hanno un’impronta arcaica, i suoi temi più cari resteranno: la figura sdraiata e la donna con bambino.

   Intorno al 1935 si avvicinò al Surrealismo cui presto aderì partecipando alla mostra londinese del 1935. Collaborò al manifesto Circe, accanto agli astrattisti Naum Gabo e Ben Nicholson. La scala delle sue opere si fa monumentale, anche in funzione della sua collocazione all’aperto “Ha realizzato 67 disegni dei ricoveri antiaerei di Londra negli anni” 1941-42 (da Garzanti, voce Moore).

   “Nelle sue opere si possono trovare riferimenti all’arte precolombiana (Figura distesa alla Tate) e etrusca. Tra i grandi gruppi scultorei da lui realizzati: Figura distesa del 1958 nella sede Unesco di Parigi e la serie di sculture la Fondazione Cini a Venezia (nel giardino)” da Enciclopedia Encarta 2000.

[34] Alberto Giacometti. (Stampa 1901 – Coira 1966) scultore e pittore svizzero, nato nel Cantone dei Grigioni, tra Italia e Liechtenstein. Fin da adolescente mostrò grande abitlità nel disegnare, studiò arti e mestieri a Ginevra. Compì due viaggi in Italia dove studiò i classici e conobbe i futuristi. Dal 1922 al 1925 prese lezioni di scultura da Bourdelle a Parigi, relaizzò le prime opere in cui si avverte l’attenzione dell’artista al cubismo, alle arti primitive, al surrealismo: Per un decennio collaborò con il gruppo surrealista. Dal 1935 tornò a ispirarsi alla natura, vicino a Gruber, Balthus, Tal Coat e Derain. Dal 1937 al 1947 smise di dipingere e si guadagnò da vivere creando oggetti per un arredatore. Strinse amicizia con Picasso e Sartre, suo futuro esegeta.  I ritratti del fratello Diego, le lunghe filiformi figure di donna, alcuni frammenti anatomici, i ritratti della madre, i paesaggi di Stampa furono i suoi soggetti, per essi valgono le riflessioni fatte nel testo.

   Nella collezione Guggenheim di Venezia: “Donna sgozzata, 1932; Donna che cammina, 1932, Donna in piedi, molto simile a questa opera della Galleria, 1947 e Piazza del 1947.

[35]Vincent Van Gogh. (Groot Zunder 1853 – Auvers sur Oise 1890). Pittore olandese, figlio di un pastore protestante, entrò nel 1869 come commesso alla Galleria Goupil, prima all’Aja, poi a Londra, infine a Parigi. Una crisi di misticismo lo portò a studiare teologia ad Amsterdam, nel 1879 ottenne l’incarico di predicatore libero tra i minatori del Borinage, ma viene allontanato per troppo zelo. Si iscrive all’Accademia di Belle Arti di Bruxelles (1880), si ispira a Millet, fa amicizia con il pittore Anton Von Rappard, ma anche qui non porta avanti i suoi studi.

[36] Edgard Degas. (Parigi 1834 – 1917), pittore e scultore impressionista, famoso per le sue ballerine. Nel 1855 entrò alla Scuola di Belle Arti, ma si formò soprattutto al Louvre, copiando i grandi maestri e studiando le opere del Quattrocento a Roma, Napoli e Firenze. Le prime opere sono dipinti di soggetto storico. L’incontro con Manet lo introdusse nell’ambiente dei pittori impressionisti. I suoi soggetti preferiti divennero le corse di cavalli e il mondo dell’Operà con le su ballerine. Nel 1873 si recò a New Orleans dove subì molte suggestioni esotiche. Nel 1874 partecipò alla prima mostra degli impressionisti di cui divenne un protagonista di primo piano. Altri temi cominciarono ad apparire: Le lavandaie, Le stiratrici, Donne alla toilette. Divenuto quasi cieco visse in solitudine e non espose più le sue opere.

[37] Gustave Courbet. (Omans, Franca Contea 1819 – La Tour de Peilz, Vaud 1877) Insoferrente degli studi accademici fu autodidatta copiando le opere dei grandi maestri al Louvre. Intorno al 1844 cominciò a definire la sua arte “Realista” in contrasto con romantici e neoclassici. Le sue opere vennero rifiutate al Salon del 1847 e venne criticato al Salon del 1850 dove espose lo Spaccapietra e Un funerale a Ornans. Poiché la giuria rifiutò le sue opere all’Esposizione Universale del 1855 allestì una mostra di quaranta quadri in un edificio fatto costruire a sue spese, il Pavillon du Realisme. Il catalogo da lui redatto contiene il celebre Manifesto del Realismo e le sue teorie dell’arte che contribuì all’affermazione del realismo. Dopo la caduta della Comune fu condannato a sei mesi di carcere perché accusato ingiustamente di aver partecipato alla distruzione della colonna Vendome.

[38] Claude Monet. (Parigi 1840 – Giverny 1926)

[39] Umberto Boccioni. (Reggio Calabria 1882 – Verona 1916) Il maggior rappresentante del futurismo artistico al quale contribuì anche come terorico. Dal 1901 si trasferì a Roma dove incontrandosi con Severini, frequentò assieme a Sironi e Cambellotti lo studio di Balla che gli maestro di divisionismo. Dal 1907 a Milano, l’incontro con Previati lo portò ad accentuare l’interesse psicologico per l’immagine e si impegnò in uno studio diretto della moderna società industriale. Fu molto attento alla cultura simbolista della Secessione e all’espressionismo di Munch e dei tedeschi. Firmò nel 1910 il Manifesto teorico della pittura futurista. Il quadro “La città che sale”, oggi al Moma di New York, dà l’avvio alla produzione futurista. Molti indicativo è “Rissa in galleria” del 1911, oggi a Brera. Nel 1911 iniziò anche l’attività di scultore con “Forme uniche nella continuità dello spazio”, 1913, Galleria d’Arte Moderna di Milano (moneta da 20 centesimi). Nel 1915 partì volontario in guerra. Morì per una caduta da cavallo.

   Il 18 maggio 2006 la Rai 1 ha trasmesso un film sulla sua vita, “I colori della Gioventù”, prodotto dalla Rai, puntata unica. Nella collezione Guggenheim di Venezia “Dinamismo di un cavallo in corsa + case”, 1914-15. Alla Ca’ Pesaro: “Ritratto della sorella che legge”, 1909, delicato ritratto con il volto in penombra.

[40] Paul Cezanne. (Aix-en-Provence 1839 – 1906) di origine italiana. Da giovane studente conobbe Zola col quale strinse una lunga e fraterna amicizia. Si dedicò agli studi artistici a Parigi contro il parere della famiglia. A Parigi strinse amicizia con Pissarro, Bazille, Renoir, Sisley e Monet. Alternò i soggiorni a Parigi con quelli ad Aix. Non mostrò interesse per gli impressionisti, dipinse, fino al 1873 in maniera romantica con colori cupi e fortemente contrastanti. Si trasferì ad Auvers sur Oise e cominciòa schiarire i colori fino a giungere nel 1873 con La maison du pendu a Auvers allo stile impressionista, tale tela su esposta da Nadar nel 1874. Ma le sue opere non ebbero successo per cui l’autore si staccò dagli impressionisti e cominciò a viaggiare per la Francia. L’intento di semplificare la forma lo porterà alla costruzione di oggetti la cui volumetria sarà evidenziata dalla massa cromatica.

[41] Gustav Klimt. (Vienna 1862 – 1918) Figlio di orafo e icisore, studiò scuola di Arti e Mestieri di Vienna partecipando a lavori di decorazione nei teatri. Nel 1897 fondò la Secessione viennese e ne divenne la guida. La sua opera è da collegarsi a quella dell’art nouveau. Dagli affreschi per l’Università di Vienna tende ad abbandonare la decorazione pura per una simbolica. L’ornamento non è marginale rispetto al soggetto, bensì, enfatizzato, ne diviene il centro. “Albero della vita”, “Attesa”, “Il bacio”: opere in cui i volti si incastonano come gemme in materie preziose e rilucenti. Con “La morte e la vita” del 1908-10, Klimt sostituì l’oro dello sfondo con un blu intenso che risente di Matisse: è una chiara apertura verso le correnti espressioniste. Da Garzanti voce Klimt.

[42] Marcel Duchamp. (Blainville 1877 – Neully 1968) nato in una famiglia di artisti, nei dipinti dei primi anni (1908-12) si rifece alla lezione impressionista e cubista. Nel “Nu descendant un escalier” (1912), sembra aderire al futurismo. Il grande dipinto su lastra di vetro “Marièe mise a nù par ses celibatares, del 1913, ora al Moma, assimila l’uomo alla macchina in maniera ironica. Dal 1914 andò professando il nichilismo estetico e conducendo ricerche sul valore ironico e polemico dell’oggetto prefabbricato, tolto dal suo contesto e trasformato in parodia dell’opera d’arte.

   Dall’incontro con Picabia e Man Ray nacque il dada americano (1915-19) dando vita ai ready-made = già fatto, tra i primi “Fontana” del 1917, rifiutato dalla Società degli artisti indipendenti. Negli anni Venti si dedicò all’elaborazione di delicati meccanismi privi di qualsiasi utilità, lavorò per il cinema e la fotografia. Fu scacchista professionista, riprese a lavorare negli ultimi anni realizzando oggetti ironici e assurdi: “Boite à valise”, “French window”, che riprodusse in serie. Nella Collezione Guggenheim di Venezia: “Nudo. Giovane triste in treno”, 1911-12.

[43] Silvestro Lega (Modigliana, Forlì 1826 – Firenze 1895). Studiò all’Accademia di Firenze, fu amico di Ingres e purista, con esso condivise le idee radicali e repubblicane. Fu tra i volontari toscani a Curtatone nel 1848.

   Sebbene frequentasse le riunioni del caffè Michelangelo, la sua evoluzione verso la pittura dei Macchiaioli fu lenta e graduale tanto che all’Esposizione del 1861, presentò ancora un’opera trattata in chiaroscuro: L’imboscata dei bersaglieri italiani, ma nuova nel tema. Fissò il suo studio a Pergentina (o Piagentina) che divenne luogo d’incontro dei Macchiaioli. Tuttavia l’insegnamento classico permane nell’amore per la purezza della linea e nella tavolozza chiara da “primitivo toscano”, come ne “Il pergolato”, 1868, a Brera, meraviglioso, o questo alla Galleria.

[44] Francesco Hayez. (Venezia 1791 - Milano 1882) fu capo riconosciuto della scuola romantica in Italia, veneziano, tenne a lungo la cattedra all'Accademia di Brera. Il suo capolavoro si trova a Brera "Il Bacio" del 1859, tale opera con "Malinconia o pensiero malinconico", sono stati portati a Roma in occasione della mostra dell'Ottocento alle Scuderie del Quirinale. Pittore di corte a Vienna e Milano, amico di grandi personaggi come Manzoni, Rosmini, Rossini, l'artista ci ha lasciato di loro e delle grandi famiglie lombarde ritratti nei quali un lucido decoro controlla l'intuizione del carattere.

[45] Davide Rivalta (Bologna 1974) scultore e disegnatore di animali, predilige disegni a parete tramite grafite, metodo usato dall’uomo primitivo nelle prime forme artistiche. Ha realizzato cinque bufale in bronzo collocate davanti alla basilica di Sant’Apollinare in Classe a Ravenna. Ha una figlia dalla giornalista e scrittrice palestinese Rula Jebreal.

[46] Joan Mirò. (Montroig, Barcellona, 1893 – Palma di Maiorca 1983). Fin dalle prime opere confluiscono in lui faves, Van Gogh, Cezanne, cubismo. Il primo perido di formazione si concluse con il trasferimento a Parigi (1919). L’incontro con il connazionale Picasso e gli altri artisti che soggiornavano a Parigi lo portarono verso il realismo con spunti di cubismo e astrattismo. Giunse così al Surrealismo nel quale ebbe un ruolo importante per lo sviluppo verso la tendenza astratta. Ebbe esperienze di scenografia con Ernst, altre per il balletto e realizzò una serie di collages, in queste opere espresse il mondo del sogno, dell’immaginario, del fantastico. Realizza opere nelle quali un paesaggio rarefatto è abitato da forme biologiche, tra cielo e terra, segni raccordati da intrighi sottili di linee. Stabilitosi nel 1940 a Palma di Maiorca vi compì le Costellazioni, tra le sue opere più poetiche. Gran Premio alla Biennale di Venezia del 1954, realizzò opere murali in ceramica per la sede Unesco di Parigi (1957), il suo alfabeto di segni, già completo negli anni Quaranta, si è riproposto costante fino alle ultime opere mai però noiosa ripetizione.

[47]Michelangelo Pistoletto. Pistoletto è nato a Biella nel 1933, figlio di un restauratore inizia a lavorare con  il padre sul ritratto, alla metà degli anni Sessanta aderisce all’ Arte Povera, l’opera “Venere degli stracci”, del 1967, è la sua più significativa. Negli anni Sessanta produce opere specchianti. Nel 2003 è stato insignito del Leone d’Oro alla carriera alla Biennale di Venezia. Sue opere al Maxxi. Una sua opera dal titolo “Vietnam” raffigura un gruppo di pacifisti su uno specchio, in modo che i visitatori entrano nella manifestazione (Collezione Menil Houston).

[48] Piero Manzoni. (Soncino, Cremona 1933 - Milano 1963), di nobile famiglia discendente da Alessandro Manzoni, studiò presso i gesuiti e poi all'Accademia di Brera, mentre la famiglia frequentava gli ambienti artistici milanesi e Lucio Fontana. Nel 1955 iniziò a produrre opere nelle quali riproduceva le impronte di oggetti banali (chiodi, forbici, tenaglie...). Aderì al movimento nucleare firmando il "Manifesto contro lo stile" e fondò con Castellani la rivista Azimuth sulla quale scrissero Balestrini e Sanguineti, apparvero illustrazioni di Klein, Pomodoro, Rauschenberg, Jasper Johns, Piero Dorazio, Novelli e Angeli. Nel 1958 mette a punto gli Achromes (superfici o tele bianche trattate con impasti di gesso graffiato e inciso), forse ispirati ai monocromi di Burri e Klein. Seguono i corpi d'aria, palloncini gonfiati del 1957 - 60, influenzato da Fontana. In seguito si è orientato in direzione di un neo dadaismo prefigurante successive esperienze dell'avanguardia italiana degli anni Sessanta e Settanta (poveristi, concettuali...). Nel 1959-60 ha tracciato su rotoli di carta linee di migliaia di metri, nel 1960 ha lasciato impronte digitali su uova sode, subito dopo a ideato "Sculture viventi" persone sulle quali apponeva la propria firma e rilasciava un "certificato di autenticità". Nel 1961 ha prodotto e inscatolato "Merda d'artista": tutti interventi dissacranti e polemici, accomunati dall'ironia sulle idee di consumo dell'arte e di sacralità del fare artistico. Muore nel suo studio di Milano per infarto. Il comune di Milano ha deciso di dedicargli una piccola ma suggestiva strada dove era il suo studio. La nipote Pippa Barra, anche lei artista, è morta prematuramente il 31 marzo 2008 durante una performance itinerante "Spose in viaggio", stava attraversando in autostop 11 paesi nel medio oriente dove sono in atto conflitti armati. Giunta a Gebze è stata aggredita, violentata e uccisa dall'uomo che le aveva dato il passaggio. Da: Garzanti, cit. / it.wikipedia.org /pieromanzoni.org.

[49]Alighiero Boetti.   Nato a Torino nel 1940, morto a Roma nel 1994. Ha fatto parte del gruppo dell’Arte povera. Le sue opere più celebri sono arazzi in cui sono inseriti frasi da lui inventate. Dal 1972 ha cambiato il suo nome in Alighiero e Boetti. La fondazione Boetti si trova a Roma. E’ morto nella sua casa di Roma in via del Teatro Pace.

[50] Andy Warhol (Pittsburg 1928 – New York 1987) non è stato solo pittore o scultore, ma anche regista, produttore cinematografico, direttore della fotografia, attore, sceneggiatore, montatore. E’ la principale figura della Pop art americana e tra gli artisti più influenti del XX secolo. La pop art è l’esperienza più significativa della cultura americana degli anni Sessanta. Il termine indica l’interesse del movimento per la realtà quotidiana ossessionata dalla pubblicità. I soggetti della pop-art sono tratti, oltre che dalla pubblicità, dai fumetti, dai divi del cinema. Altri esponenti furono: Roy Lichtenstein, Claes Oldenburg, George Segal e James Rosemquiest.