ANDIAMO ALLA SCOPERTA DELLE RELIQUIE ROMANE

E DELLA LORO AFFASCINANTE STORIA

 

     Questo breve testo sull’affascinante mondo delle reliquie presenti a Roma si addentra in un tema controverso che suscita passioni o indifferenza, fede o scetticismo. Roma, proprio per il suo ruolo di capitale internazionale del cattolicesimo, concentra nelle sue chiese tante e diverse reliquie, dal chiodo della croce di Cristo, alla colonna della Flagellazione, ai resti degli apostoli, dei santi, o dei martiri. Un tempo le reliquie erano molto più importanti di oggi, la fede aveva bisogno di segni, di oggetti concreti su cui trovare sostegno, forza. La presenza delle reliquie ha dato impulso al fenomeno dei pellegrinaggi. Il culto e il possesso di alcune reliquie hanno avuto un peso sia politico che religioso molto importante nella nostra storia e hanno influito anche sul piano culturale e economico.

 

LE RELIQUIE DELLA PASSIONE DI CRISTO

IN SANTA CROCE IN GERUSALEMME

     All’interno della basilica, dal fondo della navata sinistra si sale alla cappella delle Reliquie, costruita dall’arch. Florestano Di Fausto (1930) dove era la sacrestia della Basilica, qui sono conservate le reliquie della Santa Croce chiuse in sei reliquiari dell’Ottocento: tre pezzi del legno, un chiodo e parte del titolo, inoltre: due spine della Corona, tra le più importanti reliquie della cristianità. Nella cappella si trova il braccio trasversale della croce del Buon Ladrone. In una cappella laterale una copia fotografica della Sacra Sindone, il lenzuolo di lino conservato nel Duomo di Torino sul quale è visibile l’immagine di un uomo che porta segni compatibili con quelli descritti nella passione di Gesù. Nella tradizione cristiana il lenzuolo è quello usato per avvolgere il Corpo di Gesù nel Santo Sepolcro. Nel 1988, l’esame del carbonio 14 ha datato il reperto in un intervallo di tempo tra il 1260 e il 1390, periodo corrispondente alla storia documentata della Sindone.

 

     La Basilica di Santa Croce in Gerusalemme è una delle Sette Chiese visitate dai pellegrini. Secondo la tradizione fu Costantino, nel 320 che avrebbe sistemato un’aula del palazzo Sessoriano (per cui la chiesa è anche detta basilica Sessoriana) per custodirvi le reliquie della Santa Croce che sua madre Elena aveva portato dalla Terrasanta. Fu rinnovata nel 1144 e nel nel 1743.

     La facciata, fortemente chiaroscurata, spicca tra i fabbricati del monastero dei Cistercensi.  Tre portali immettono in un atrio ovale. Nel fabbricato di destra si trova la porta di Kounellis[1] (cancellata in ferro con pietre di vetro colorate) realizzata nel novembre 2007.     Interno basilicale diviso in tre navate da otto antiche colonne  di granito alternate a sei pilastri della trasformazione settecentesca, bellissimo pavimento cosmatesco. Nel presbiterio baldacchino settecentesco con bizzarro coronamento a cornici in curva e volute;  sotto l’altare maggiore bell’urna in basalto, con protomi leonine, racchiudenti i corpi di San Cesareo e Sant’ Anastasio. Nel semicatino dell’abside “Invenzione della santa Croce per opera di Sant’Elena e suo recupero per opera di Eraclio”, in alto, entro mandorla di cherubini: “Cristo benedicente” affresco attribuito ad Antoniazzo Romano, 1492. Riposa in una cappella che precede quella delle Reliquie, Antonietta Meo, bambina romana, dichiarata Venerabile dalla Chiesa Cattolica nel novembre 2007, potrebbe diventare la santa non martire più giovane della storia.

 

 

LA SCALA SANTA E

LA CAPPELLA DELLA SANCTA SANCTORUM

     Il palazzo della Scala Santa, fatto costruire da Sisto V nel Cinquecento su progetto di Domenico Fontana,contiene la scala che si ritiene salita da Gesù mentre si recava da Pilato per esserer interrogato, fu trasportata a Roma da Elena. La scala santa si compone di 28 gradini di marmo bianco rivestiti da una protezione di legno dal papa Innocenzo VIII[2]. La scala si può salire solo in ginocchio recitando preghiere. Le pareti furono abbellite con affreschi di diversi autori sotto la guida di Cesare Nebbia e Giovanni Guerra.

     In cima ad essa tre finestre con grate guardano nella cappella di San Lorenzo in Palatio o Sancta Sanctorum, ovvero la cappella privata del Papa, con una immagine di Cristo non dipinta da mano umana, detta Acheropita. Questa era il centro del culto e dell’arte di tutta la cappella, è ricordata la prima volta nel Liber Pontificalis della metà dell’VIII secolo, al tempo di Stefano II. Si ritiene che l’immagine sia stata dipinta a Roma tra il V e il VI secolo. Si tratta di un Cristo in trono con aureola e rotolo della legge nella sinistra, mentre con la destra benedice. Nel 1100 circa venne ridipinta, Innocenzo III (1189-1216) coprì la sacra icona con una lastra d’argento.

     Qui erano custodite le più preziose reliquie cristiane tra cui il prepuzio di Gesù bambino (resti del rito della circoncisione), i suoi sandali, il divano su cui assistette all’ultima cena, il bastone con cui fu percosso, le teste dei santi Pietro e Paolo e molte altre poi trasferite in Vaticano. E’ l’unico ambiente che resta degli antichi palazzi del Laterano. Come la vediamo risale al 1277-80 ed è opera di certo Magister Cosmatus che gli diede una impronta gotica. Un raro esempio di gotico oggi pienamente godibile dopo il restauro del 1994. Pavimento cosmatesco. Questa cappella, definita dal Gregorovius “il più venerato santuario di Roma” rimase aperto al pubblico fino al secolo XVI e il segno delle numerose folle che vi accorsero è dato dal consunto marmo del pavimento.

     La Scala Santa compare anche nel film “La grande Bellezza” di Paolo Sorrentino (2013), qui la “santa” muore mentre sale gli scalini della Scala Santa.

 

LA TAVOLA DELL’ULTIMA CENA

E LE TESTE DI SAN PIETRO E PAOLO

IN SAN GIOVANNI IN LATERANO

     Nella Basilica di San Giovanni in Laterano, l’altare papale è sormontato da uno spettacolare baldacchino gotico opera di Giovanni di Stefano. Sopra la volta, chiusa da una fitta grata in oro, si trovano i reliquiari contenenti le teste dei Santi Pietro e Paolo. Nella cappella del Ss. Sacramento, transetto Sud, al di sopra dell’altare c’è un bassorilievo in argento massiccio del Cinquecento che rappresenta l’Ultima Cena, dietro di esso si conserva un reliquario con un frammento della tavola dell’Ultima cena, esposta solo il giorno di Pasqua. Si tratta di due pannelli di cedro di m 1,20 x 0,60. Secondo la tradizione fu portata a Roma dall’imperatore Tito. Incorniciano l’altare quattro superbe colonne che secono la tradizione sarebbero del tempio di Gerusalemme, portate a Roma da Vespasiono. Secondo altre fonti apparterrebbero al tempio di Giove Capitolino.

 

     La Basilica di San Giovanni in Laterano è la cattedrale di Roma e quindi del mondo. Fu fondata da papa Melchiade (311-314) nelle proprietà dei Plauzi Laterani, donate a questo scopo dall’imperatore Costantino al pontefice insieme con la grande caserma degli “Equites Singulares”, sui resti della quale sorse la basilica. La facciata è capolavoro di Alessandro Galilei a un solo gigantesco ordine di semicolonne corinzie. La porta mediana ha i battenti in bronzo provenienti dalla Curia. L’interno si deve al Borromini, pavimento cosmatesco. Al primo pilastro di destra affresco di Giotto con Bonifacio VIII che indice il primo Giubileo. Tabernacolo del Trecento, tomba di Martino V del Quattrocento. Il chiostro è un capolavoro di arte cosmatesca.

 

LA COLONNA DELLA FLAGELLAZIONE

DI CRISTO IN SANTA PRASSEDE

     La chiesa di Santa Prassede si trova vicinissima alla Basilica di Santa Maria Maggiore con ingresso dalla via omonima. Oltre ai mosaici dell’abside e dell’arco trionfale realizzati per volontà di Pasquale I nel IX secolo che segnano la rinascita della scuola musiva romana, sono da notare quelli della cappella di San Zenone, seconda cappella della navata destra.

     Ci troviamo di fronte alla più significativa testimonianza della cultura artistica bizantina presente a Roma. La cappella venne costruita come mausoleo di Teodora, madre di Pasquale I e venne chiamata “Giardino del Paradiso” per la ricchezza della decorazione. Questi mosaici per complessità, fantasia creativa, ricchezza di simboli, densità di colore e profusione di oro non hanno uguali nell’arte romana medioevale. Nel piccolo vano a destra dell’ingresso della cappella di san Zenone è conservata la colonna della Flagellazione, portata da Gerusalemme nel 1223 e ritenuta quella a cui sarebbe stato legato Gesù.

 

IL PIEDE DI MARIA MADDALENA

IN SAN GIOVANNI DEI FIORENTINI

     Il frammento osseo del piede di Maria Maddalena, rivestito completamente di argento puro, è conservato nella chiesa di via Giulia, in una cappella in fondo alla navata sinistra. L’imperatore bizantino Leone VI il filosofo, fece trasportare il corpo di Maria da Efeso, dove era morta, a Costantinopoli, vicino alla sepoltura del fratello. Anni dopo il corpo della santa venne ceduto al re di Francia, nel suo viaggio passò per Roma dove ne venne tolta una parte del piede che per primo entrò nel sepolcro di Cristo Risorto, e collocato in una cappella all’inizio di ponte Sant’Angelo. La reliquia era custodita in un reliquiario di Benvenuto Cellini, portato nella chiesa di San Giovanni dei Fiorentini, pian piano venne dimenticata. Riscoperta nel 2000, il 24 maggio 2012 venne traslata nella cappella dove si trova attualmente.

 

     La chiesa di San Giovanni dei Fiorentini fu costruita per la numerosa e potente comunità dei fiorentini di Roma supportati da due grandi papi toscani: Leone X e Clemente VII e dedicata al santo protettore di Firenze. Al posto della chiesetta dei Ss. Celso e Giuliano venne eretta questa su disegno di Jacopo Sansovino a partire dal 1519. La chiesa venne costruita nell’arco di un secolo e fu continuata da Antonio da Sangallo il giovane, Giacomo della Porta e Carlo Maderno al quale si deve la caratteristica cupola (1614) detta “il confetto succhiato”. La facciata è opera di Alessandro Galilei (1734). Sul terzo pilastro di sinistra della navata centrale un’iscrizione avverte che qui è sepolto Borromini, morto suicida nel 1667, sepolto insieme allo zio Carlo Maderno.

 

LA GRATICOLA DI SAN LORENZO

IN SAN LORENZO IN LUCINA

     Nella prima cappella a destra, sotto l’altare, è conservata la graticola sulla quale San Lorenzo fu arso durante la persecuzione ordinata dall’imperatore Valeriano nel 258.

 

     Si è sempre ritenuto che “Lucina” fosse il nome di una matrona romana nella cui abitazione aveva creato un luogo di culto. Scavi recentissimi hanno riportato alla luce resti di una chiesa del II secolo e un tempio dedicato alla dea Giunone Lucina poi diventato chiesa, la dea era invocata al momento del parto “colei che fa vedere la luce al neonato”. Bel portale riquadrato affiancato da due leoni romanici marmorei e campanile del XII secolo. Ampio portico che poggia su sei colonne ioniche di granito e due pilastri corinzi, iscrizioni del XII secolo. Nel Seicento la chiesa subì una radicale ristrutturazione. In una cappella di sinistra Crocifisso ligneo attribuito a Michelangelo, sopra l’altare maggiore celebre “Crocifissione” di Guido Reni. Sotto la sacrestia resti dell’orologio solare di Augusto del 10 a.C.

 

LE CATENE DI SAN PIETRO

IN SAN PIETRO IN VINCOLI

     La chiesa di San Pietro in Vincoli è detta anche basilica Eudossiana perchè ricostruita da Eudossia moglie dell'imperatore Valentiniano III[3], per custodirvi le catene di San Pietro rivenute a Gerusalemme e a lei regalate da sua madre Eudocia, moglie di Teodosio II. La reliquia si trova sotto l’altare maggiore.

     Si tratta sia delle catene utilizzate per legare San Pietro nel carcere Mamertino, sia quelle usate nella sua prigionia a Gerusalemme. Nel quinto secolo l’imperatrice Elia Eudocia, moglie dell’imperatore d’Oriente Teodosio II, ebbe in dono dal Patriarca di Gerusalemme Giovenale, le catene con le quali San Pietro era stato impriogionato a Gerusalemme. L’imperatrice inviò le catene alla figlia Licinia Eudossia, moglie dell’imperatore d’Occidente Valentiniano III, la quale volle donarle personalmente a papa Leone I detto poi Leone Magno. Quando il pontefice accostò le due catene queste si fusero miracolosamente. In ricordo di tale miracolo fu edificata la chiesa attuale anche grazie all’aiuto dell’imperatrice per cui la chiesa è conosciuta anche come Basilica Eudossiana.

     Consacrata nel 439 da papa Sisto III; notevoli lavori vi fece il nipote di Sisto IV il cardinale Giuliano della Rovere dal 1471 al 1503, anno in cui fu eletto papa con il nome di Giulio II. Nel braccio destro del transetto è il Mausoleo di Giulio II di Michelangelo, riduzione in modeste proporzioni dell'opera colossale ordinata dal pontefice nel 1513 e concepita dall'artista che vi attese per tre anni e ne fu stornato, con suo grande disdegno, da Leone X (la definì la tragedia della sepoltura). Altre sculture destinate al monumento sono i Prigioni che si trovano tra Firenze e Parigi. Grandeggia in basso la statua seduta di Mosè che sceso dal Sinai contempla sdegnoso gli Ebrei idolatri. Lo sguardo terribile, la posa solenne, la gran barba biblica, danno a questa figura una grandiosità suprema. Le curiose corna sulla testa rappresentano i raggi della "Divina Sapienza".Sul ginocchio si può notare una lieve linea di frattura legata alla famosissima leggenda secondo la quale Michelangelo avrebbe colpito la statua con un mazzuolo gridando: "Perchè non parli?". Venne realizzata tra il 1514 e il 1516. Ai lati, entro nicchie, le due belle statue di Lia e di Rachele (1542-45) simboli della vita attiva e contemplativa, di Michelangelo che le fece ultimare da Raffaellino da Montelupo. Le restanti parti del mausoleo sono di discepoli. Significativa è la posa del pontefice rappresentato nell'atto di risorgere dal sarcofago come per destarsi dal torpore della morte fisica.

 

 

FUORI ITINERARIO

 

LA TESTA DI SAN GIOVANNI BATTISTA

IN SAN SILVESTRO IN CAPITE

     Nella cappella laterale sinistra, con ingresso da via del Gambero, si conserva la presunta testa di San Giovanni Battista. Ma non è la sola, un’altra testa del Battista è conservata nel palazzo Topkapi di Istanbul, a Monaco di Baviera, a Damasco, ad Amiens come bottino della IV crociata.

 

     La piazza prende il nome dalla chiesa, eretta sulle rovine del tempio del Sole dell’imperatore Aureliano, da Stefano II e chiamata inter duos hortos perché era circodata da orti o in capite perché vi è conservata la reliquia della testa di San Giovanni Battista.  L’aspetto attuale risale al 1595-1601, a Franceso da Volterra e Carlo Maderno. Domenico De Rossi è autore della facciata nel 1703. Il campanile è del 1210. La chiesa è officiata dai cattolici inglesi.

     La piazza è stata completamente riqualificata su progetto di Paolo Portoghesi e re-inaugurata il 30 marzo 2012, con l’eliminazione dei capolinea Atac, nuovi lampioni in ghisa, sampietrine e panchine, il costo è stato di due milioni di euro. Subito ha suscitato tante critiche perché, nelle caldi estati romane, la piazza è assolata. Il movimento salvaciclisti l’ha eletta bikesquare.

 

LA CULLA DI GESU’

NELLA BASILICA DI SANTA MARIA MAGGIORE

     Il più antico presepe conservato al mondo è questo scolpito in pietra a tutto tondo da Arnolfo di Cambio risalente al 1291.

     All’origine c’è la culla di Gesù, intorno alla quale è sorta l’idea del presepe. Secondo la tradizione arrivò da Betlemme, al tempo del papa palestinese Teodoro, intorno al 643. Una reliquia di cinque traversine di legno che ha resistito a depredazioni e profanazioni, custodita in vari reliquiari fino a quello del 1802, dentro il quale la culla è sempre stata conservata nella confessione sotto l’altare papale. Qui il 25 di ogni mese un sacrista della basilica, girando una monovella a destra dell’altare, faceva scendere lo sportello in bronzo dorato e così il visitatore poteva ammirare il reliquiario.

     L’ambulacro dietro l’altare della Cappella Sistina ha sempre conservato il primo presepio. E’ in marmo, realizzato da Arnolfo di Cambio nel 1291, costituito da solo sei figure originali: i tre Magi, san Giuseppe, il bue e l’asino, e dalla Madonna con il Bambino in braccio, opera di artista del Cinquecento.

     Oggi si trova nel piccolo museo, realizzato in occasione dell’anno santo del 2000, situato in locali sottostanti la basilica. L’entrata è subito dopo l’ingresso a destra, è aperto tutti i giorni dalle ore 9 alle 18, il costo del biglietto è di 4 €, ridotto 2 €.

 

LE IMPRONTE DELLE GINOCCHIA DI SAN PIETRO

E SAN PAOLO

IN SANTA FRANCESCA ROMANA

     Nella chiesa è conservata la lastra di basalto recantele impronte delle ginocchia degli apostoli Pietro e Paolo, murata nella parete Sud. La leggenda racconta che Simon Mago voleva dimostrare di avere poteri superiori a quelli degli apostoli lievitando sopra il Colosseo. I due apostoli pregarono Dio di punirlo e si misero in ginocchio. Simon Mago cadde al suolo e morì.

 

LA TAVOLA IN CUI APPARVE UN ANGELO

A SAN GREGORIO MAGNO

NELL’ORATORIO DI SANTA BARBARA PRESSO

SAN GREGORIO AL CELIO

     A sinistra della chiesa di San Gregorio Magno si trovano tre oratori circondati da un orto e giardino, questi furono voluti da Cesare Baronio all’inizio del XVII secolo, a memoria del monastero di San Gregorio.

     Oratorio di Santa Barbara. Ospita affreschi di Antonio Viviani (1602) con undici momenti della vita di San Gregorio e la statua di San Gregorio di Nicola Cordieri. Qui si trova il famoso triclinium dove Gregorio serviva di persona il pranzo a dodici poveri di Roma. A questo luogo è legata la leggenda che un giorno un angelo si sedette a questa tavola vestito da povero, all'improvviso sparì. Questo oratorio non è officiato.

 

 

L’ULTIMA PRIGIONE DI SAN PAOLO

NELLA CHIESA DI SANTA MARIA SCALA COELI

ALLE TRE FONTANE

     La chiesa fa parte del grande complesso abbaziale delle Tre Fontane. Il nome deriva da una visione avuta nel 1183 da Bernardo di Chiaravalle nel quale la Madonna accoglieva, dopo aver salito una lunga scala, l’anima di un defunto per il quale Bernardo stava invocando. La chiesa è una ricostruzione di una più antica voluta dal cardinale Alessandro Farnese su progetto di Giacomo Della Porta (1582-84). E’ una cappella a pianta ottagonale.

     Nella cripta sotterranea, dove la tradizione vuole che furono martirizzati Zenone e i suoi compagni dall’imperatore Diocleziano, si trova un altare con due finestrelle, quella di sinistra lascia vedere un altare pagano dedicato alla dea Dia, divinità agricola romana cui tributavano culto gli Arvali; quella di destra premette di vedere le tracce di un antico cimitero cristiano considerato l’ultima prigione di San Paolo prima della decapitazione.

 

BIBLIOGRAFIA

Per approfondimenti vedi la “Lista di reliquie cristiane” in it.wikipedia.org.

Vedi anche il sito internet nicolettadematthaeis.wordpress.com, oppure digita: andar per miracoli a roma.

Piero Tucci

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14.05.17



[1] Kounellis Jannis. Nato al Pireo di Atene nel 1936, morto a Roma nel febbraio 2017, si è trasferito a Roma nel 1956 per frequentare l’Accademia di Belle Ati e vi ha debuttato nel 1960 alla Galleria La Tartaruga con la serie pittorica degli Alfabeti, costituita da lettere, numeri, frecce e altri simboli dipinti a tempera mera su tela bianca, poi “cantati” dall’artista. E' il primo artista occidentale insignito del premio "Artista dell'anno in Cina".

     Dalla metà degli anni Sessanta, l’adozione di materiali naturali - legno, cera, piombo, terra, fiori, sacchi di iuta contenente carbone, granaglie, semi di caffè – lo ha accomunato alle coeve ricerche dell’arte povera. Nell’ambito della riflessione tra arte e natura ha utilizzato anche animali vivi come espressione di energia vitale – dal quadro con il pappagallo sul trespolo (1967), ai cavalli esposti alla Galleria romana l’Attico (1969).

     Negli anni ha continuato ad arricchire il proprio vocabolario formale di elementi carichi di suggestioni antropologiche e mitologiche: frammenti di calchi e piete, fiamme ossidriche (Margherita di fuoco, 1967), tracce di fuliggine, traversine di legno o acciaio, sassi utilizzati per ostruire porte e finestre. Da: De Vecchi – Negri, Enciclopedia  dell’Arte Garzanti, 2002.

     Una sua opera è al Museo Nazionale di Capodimonte a Napoli, una sala è piena di grandi vasi, ai lati sacchi appesi alle pareti tramite enormi ganci in ferro (dicembre 2005). Ha lavorato nella chiesa del Sacro Volto di Gesù alla Magliana. Alla Gnam: "Z44", 1960, "Bianco", 1966.

     Morto a Roma il 16 febbraio

[2] Innocenzo VIII Giovanni Battista Cybo di Genova. Papa dal 1484 al 1492. Cercò di formare uno stato per la propria famiglia i Cybo. “Durante il suo regno la scoperta di un nuovo mondo”. Perseguitò i valdesi, nominò Torquemada capo dell’inquisizione spagnola, condannò le tesi di Pico della Mirandola mandando al rogo il suo libro, lasciò lo stato pontificio nell’anarchia, Soriano del Cimino gli fu fedele contro Vignanello, la figura del Papa è ricordata nella festa della castagna. Il suo stemma presenta in alto una croce al di sotto lo scudo è attraversato da una banda diagonale a scacchiera. La sua tomba in bronzo parzialmente dorato di Antonio del Pollaiolo è in San Pietro nella navata di sinistra.

[3] Valentiniano III (imperatore romano d’Occidente 425-455) era figlio di Galla Placidia. Generale Ezio era al suo servizio, affrontò gli Unni guidati da Attila.