GALLERIA NAZIONALE D’ARTE ANTICA

L’ANTICA RESIDENZA DEI BARBERINI,

IN CUI LAVORARONO SIA BERNINI CHE BORROMINI,

E’ SEDE DI UNO DEI MUSEI PIU’ IMPORTANTI DEL MONDO:

LA GALLERIA NAZIONALE D’ARTE ANTICA,

CON OPERE DEI MAESTRI DELLA PITTURA ITALIANA E STRANIERA

DAL XIII AL XVIII SECOLO.

 

INFORMAZIONI PRATICHE

Indirizzo: via delle Quattro Fontane 13. Orario di ingresso: da mar a dom dalle 8,30 alle 19,30. Biglietto € 5, ridotto € 2,50, gratuito per i cittadini italiani ed europei sotto i 18 anni e sopra i 65. Si può raggiungere con la metro A “Barberini”.

INTRODUZIONE

     La Galleria Nazionale d’Arte Antica nasce nel 1893 in seguito alla donazione della collezione Corsini avvenuta dieci anni prima ed ebbe sede nell’omonimo palazzo di via della Lungara a Trastevere. Nel 1892 la Galleria ricevette la donazione della collezione Torlonia a cui seguirono quelle dei Chigi, Hertz e altre opere provennero dal Monte di Pietà. La sede di palazzo Corsini risultò presto insufficiente anche per gli acquisti statali. In seguito alla sciagurata legge del 1934 gli eredi Barberini dispersero la loro formidabile collezione, mentre nel 1949 lo stato acquistò il palazzo che destinò a sede museale[1]. Purtroppo una parte importante del palazzo rimase in uso al circolo ufficiali (almeno tutto il piano terreno). Nel 1984 la collezione Corsini tornò nella sede storica. Finalmente il 12 dicembre 2006 il palazzo viene sgomberato dal circolo ufficiali, l’accordo con il ministero della difesa risaliva al 1997[2]. A luglio del 2007 vengono aperte al pubblico due sale del piano nobile. Ad aprile del 2008 riapre la cappella barocca di Pietro da Cortona. A luglio del 2009 è iniziato il restauro del salone di Pietro da Cortona. Nel fine settimana del 19 – 20 settembre 2010, riapre al pubblico la galleria dopo i  lavori di restauro e nelle otto sale del piano terra, occupate dal circolo ufficiali,  trovano posto le opere dal XII al XV secolo che erano nei depositi[3]. In quel fine settimana di inaugurazione hanno visitato la galleria 30.000 persone, la sera del sabato il museo è stato aperto gratuitamente fino alle ore 24. Ci sono voluti 60 anni per mandare via il circolo ufficiali, da allora sono iniziati i lavori di restauro a cui hanno partecipato 50 restauratori per una spesa di 11 milioni di euro. La possibilità di avere nuove sale ha permesso di recuperare dai depositi 200 opere d’arte che si aggiungono alle 120 già esposte al piano nobile. La sovrintendente Rossella Vodret ha iniziato un inventario delle opere prestate ai privati in tutto il mondo da Bogotà ad Asmara. Ne sono state catalogate 600, di queste sono rientrate 400. A Berlino sono state individuate 27 quadri che si pensava fossero state distrutte dai bombardamenti dell’ultima guerra, invece sono state recuperate sul mercato antiquario. Nei restauri è stata recuperata l’architettura originaria del palazzo, il salone di Pietro da Cortona è stato riportato all’originario splendore con le pareti ricoperte di tessuto con fili d’oro e d’argento (lavoro eseguito a San Leucio[4]). Lo scalone quadrato del Bernini è stato liberato da un pesante ascensore dei primi del Novecento.

     Oggi la Galleria offre una ampia panoramica sull’arte italiana, e non solo, dal XII secolo al XVIII. Fra le opere del Quattrocento spicca la “Madonna in trono” di Filippo Lippi, fra le opere del Cinquecento abbiamo la “Fornarina” di Raffaello e opere di Andrea del Sarto, Lotto, Tintoretto, Tiziano, El Greco, per il Seicento abbiamo quadri di Caravaggio (fine Cinquecento), Guido Reni, Domenichino, Pietro da Cortona. Anche il Settecento è ben rappresentato con opere di Canaletto, Batoni, Pannini e un raro nucleo di dipinti francesi provenienti dalla collezione del duca di Cervinara. Nel 1997 è giunta alla galleria la collezione Lemme[5] relativa al Settecento romano e costituita da bozzetti prevalentemente realizzati per i lavori di decorazione della navata centrale di San Clemente a Roma. Quest’ultimo secolo sarà esposto al secondo piano, aprirà al pubblico il 23 giugno 2011[6]. Allora sarà possibile visitare l’appartamento fatto decorare nella seconda metà dell’Ottocento da Cornelia Costanza Barberini[7].

 

IL PALAZZO

     Uno dei palazzi più importanti del periodo barocco, iniziato nel 1627 da Carlo Maderno[8] per volere di Maffeo Barberini papa Urbano VIII[9], che lo volle come palazzo di famiglia, una residenza fastosa degna di un sovrano. Maderno seguì il modello di palazzo Farnese inglobando la preesistente villa Sforza. In seguito il progetto venne cambiato con un prospetto ad ali aperte, trasformandolo così in palazzo villa, abitazione di rappresentanza  e villa suburbana. Alla morte del Maderno nel 1629 subentrò il Bernini trentaduenne, in questo cantiere lavorava anche il Borromini[10] che era nipote di Maderno. I lavori furono compiuti da Bernini[11] nel 1633. La loggia vetrata e il profondo portico costituiscono il fulcro dell’edificio, come il salone su due piani. Il cancello e la cancellata furono progettati dall’architetto Azzurri nel 1848 e realizzati nel 1865 con i telamoni di Adamo Tadolini.

     Il palazzo ripete nel complesso la struttura della Farnesina, attuata da Baldassarre Peruzzi[12] oltre un secolo prima, con una facciata aperta verso il giardino e serrata tra due avancorpi o ali che si prolungano fino al prospetto posteriore. Le due ali, a tre piani e nelle forme del tardo Cinquecento, si attribuiscono al Maderno (del quale è anche la parte più fastosa del prospetto posteriore, a un ordine di colonne e lesene ioniche, con loggia e terrazzo sopra l’attico). Del Bernini è la bellissima facciata su tre ordini: dorico nel porticato aperto a grandi arcate; ionico al primo piano, con amplissime finestre con colonne alveolote; corinzio nell’ultimo piano, con fasci di lesene, fra le quali si aprono finestroni con strombatura prospettica. Nei raccordi tra la facciata e gli avancorpi, ricche finestre borrominiane. Sotto il portico a destra scala a chiocciola ellittica con colonne binate, del Borromini; nel mezzo un androne che attraversa l’edificio sboccando sotto la terrazza della facciata posteriore; a sinistra bellissimo scalone a colonne doriche binate, del Bernini, al primo ripiano del quale è un grande leone marmoreo in altorilievo, di arte romana, proveniente da Villa Adriana.

 

I GIARDINI

     Intorno al palazzo si stendevano meravigliosi giardini che raggiungevano la via Pia, oggi via XX Settembre e via San Nicola da Tolentino, era sistemato come i giardini all’italiana nei quali si intrecciano viali regolari con siepi di bosso e giardini segreti verso l’ala Sforza. In questi si trovavano animali esotici: cervi, struzzi, cammelli. La loro sistemazione si deve all’umanista Cassiano Del Pozzo[13], appassionato di botanica. Verso il 1679 furono messi in comunicazione l’atrio con i giardini mediante una rampa carrozzabile che ancora oggi attraversa il palazzo. Nella corte giaceva l’obelisco di Antinoo ritrovato nel 1570 a porta Maggiore, donato al papa fu collocato nella passaggiata del Pincio nel 1822. Ai primi del Novecento con l’urbanizzazione della zona i giardini vennero sacrificati per la costruzione di palazzi, nel 1936, venne costruita la villa Savorgnan di Brazzà su progetto di Giovannoni[14] e Piacentini. In tale occasione venne scoperto un mitreo del II sec. d.C.[15]

 

LA FAMIGLIA BARBERINI

     La famiglia Barberini era probabilmente originaria di Barberino Val d’Elsa, ma si era stabilita stabilmente a Firenze fin dal XIII secolo dove svolge un’attività mercantile – finanziaria con sedi in varie città italiane ed europee. Partecipò attivamente alla vita politica e fu della fazione antimedicea, alla vittoria dei Medici si trasferì a Roma nel 1530 con Antonio strenuo difensore della Repubblica, ma ciò non valse a salvargli la vita, perché a Roma fu raggiunto e ucciso da un sicario dei Medici. A Roma i Barberini seppero assume con Francesco una posizione così eminente (membro della Curia Apostolica) da portare al soglio pontificio il nipote Maffeo con il nome di Urbano VIII. Questi si distinse per il nepotismo (nomina cardinali un fratello e due nipoti dalla vita sregolata), per il saccheggio dei monumenti antichi “Quello che non fecero i barbari fecero i Barberini”, per il mecenatismo (baldacchino di San Pietro, la demolita villa sul Gianicolo, mura di Borgo e Gianicolo, ristrutturazione di Castel Sant’Angelo, oltre naturalmente al palazzo in oggetto) e per una politica internazionale non sempre avveduta che lo portarono a diversi insuccessi come nella guerra di Castro. Alla morte del papa, il suo successore Innocenzo X Pamphili li processò, fece sequestrare i suoi beni, e li costrinse a fuggire da Roma. Grazie alla mediazione di Mazzarino, furono riammessi in città e poterono rientrare in possesso dei loro beni, inoltre il matrimonio tra il matrimonio tra Maffeo Barberini (un nipote del defunto papa) e Olimpia Giustiniani, nipote di Innocenzo X consolidò la loro posizione. I due fratelli cardinali fanno a gara ad incrementare la biblioteca di famiglia che nel 1902 confluirà nella Biblioteca Vaticana. Promuovono edizioni in latino, ebraico, greco di testi di carattere religioso, storico, giuridico. Tra i caratteri ve n’è uno chiamato “Barberini”. Una stamperia dei Barberini funzionò anche a Palestrina (loro feudo) nel Settecento. Un grosso prestito fatto alla repubblica di Venezia nel 1662 (guerra di Candia), permise l’iscrizione della famiglia nel patriziato veneto. Dopo poche generazioni nel 1728 l’ultima Barberini, Cornelia, sposa il secondogenito degli Sciarra Colonna, Giulio Cesare, nascono così i Barberini Sciarra Colonna. Il ramo principale – a fine Ottocento – confluisce nei marchesi Sacchetti, un ramo cadetto si estingue durante la seconda guerra mondiale[16].

 

ITINERARIO

PIANO TERRA

Dopo la sala adibita a biglietteria e quella a bookshop, si inizia il percorso con la sala di orientamento, detta anche sala della Scimmia. Sulla parete con le finestre si trova la statua in marmo GALATA, copia romana da originale ellenistico del I sec. d. C. Si entra a sinistra, in questo piano sono accessibili nove sale. Le prime sei sono a sinistra, le altre tre sono a destra.

SALA 1. ICONA E CROCI DIPINTE

Posizionarsi sulla parete sinistra per vedere la volta.

     Le volte delle sale di questo piano vennero decorate per volere di Francesco Barberini tra il 1670 e il 1678, gli affreschi si ispirano alla mitologia greca e al testo poetico di Maffeo Barberini, futuro papa Urbano VIII, “Poemata”. Al centro Ulisse e le sirene[17] di Giacomo Camassei, il dipinto è racchiuso in una cornice di stucco con fiori agli angoli e scudo su ogni lato.

     Ci troviamo nella sala che ospita le opere più antiche della galleria. Tra l’XI e il XIII secolo si sviluppa in Europa occidentale l’ARTE ROMANICA, in questo periodo nascono e si sviluppano le città centri economici e di vita politica, i fulcri culturali sono i monasteri e le sedi vescovili ma anche le Università. Gli artisti lavorano sia per le autorità ecclesiastiche che per quelle laiche. La pittura ad affresco viene utilizzata per decorare le grandi cattedrali, rappresentano la vita del santo a cui la chiesa è dedicata o storie della vità di Cristo. Sull’altare spesso vengono poste grandi tavole dipinte a tempera con al centro la Madonna in trono, con angeli e santi, generalmente le figure risaltano su un fondo dorato. Davanti all’altare, in alto, ben visibile, si trova una grande croce in legno con il Cristo crocifisso. Nel palazzo pubblico vengono realizzati dipinti ad affresco che rappresentano stemmi o simboli della città. I grandi protagonisti di questo periodo sono: Wiligelmo, autore dei rilievi sulla facciata del duomo di Modena, l’artista più noto verso la fine del 1100 è Benedetto Antelami che ha realizzato sculture nel duomo di Parma.  I due grandi innovatori della pittura del Duecento sono Cenni di Pepo, detto Cimabue e Duccio di Boninsegna. Gli affreschi nella basilica superiore di Assisi  denotano una grande attenzione per la figura umana e per lo spazio nel quale è inserita, i suoi personaggi sono caratterizzati da nuova sensibilità espressiva, staccandosi così dalla tradizione bizantina. Duccio di Boninsegna ha lavorato soprattutto a Siena, le sue opere sono sparse nei più grandi musei del mondo. Celebre la “Maestà”, al museo dell’Opera del Duomo di Siena, tavola di straordinaria bellezza, per l’intensità del colore e per il disegno morbido tracciato con linee fluide[18]. Per l’architettura sono esemplari di questo stile il duomo di Modena, il battistero di Parma e la cattedrale di Anagni.

Sulla parete di sinistra troviamo:

PITTORE ROMANO, MADONNA ADVOCA, opera di pittore romano attivo tra il 1050 e il 1075. Proviene dal monastero benedettino di Santa Maria in Campo Marzio[19]. La Vergine guarda lo spettatore e con il braccio destro alzato indica il Cristo benedicente, quindi intercede per noi. Notare la cornice a palmette e la scritta dedicatoria.

QUATTRO PREZIOSE CROCI DIPINTE di pittura umbra e toscana di fine XII secolo, le opere dimostrano la perizia delle botteghe e l’intima connessione fra pittura, scultura e oreficeria. La testa con l’aureola in rilievo, il Cristo è vivo, in tutte c’è Maria. Quella più grande ha i ladroni, i simboli dei quattro evangelisti alle mani e Cristo risorto in alto. Sulla parete apposta alla Madonna advoca: il primo, con il Cristo morto, era firmato e datato; nell’ultimo ai piedi di Cristo si vede il gallo e Pietro riconosciuto da una donna.

 

SALA 2. SCUOLE DEL TRECENTO

     Questo è il secolo di Dante e Giotto. Questo è il periodo dell’ARTE GOTICA che si sviluppa dalla seconda metà del Duecento e per tutto il Trecento[20]. Accanto alla nobiltà feudale, si afferma una forte borghesia cittadina: le ricche famiglie diventano importanti committenti di opere d’arte. Costruzioni, dipinti e sculture sono caratterizzati da un notevole slancio verso l’alto. La scultura viene realizzata soprattutto in pietra, marmo e legno. Grande diffusione hanno le sculture in legno policromo, che rappresentano soprattutto la Madonna con Bambino. Grandi sculture in bronzo sono poste nelle piazze e sulle porte delle città. I temi maggiormente rappresentati  sono i mesi, le stagioni, le attività lavorative o i personaggi di rilevo. Anche la pittura viene realizzata per palazzi pubblici e privati; oltre ai temi di carattere sacro rappresenta scene di vita quotidiana o allegorie delle virtù, necessarie al buon governo della città. La cultura gotica si diffonde tanto da diventare una vera moda che caratterizza stoffe, gioielli, semplici oggetti d’uso. I grandi protagonisti sono: gli scultori Arnolfo di Cambio (pulpito in san Paolo fuori le mura), Nicola (pulpito del duomo di Siena) e Giovanni Pisano (pulpito sant’Andrea a Pistoia), i pittori Giotto, Simone Martini (Guidoriccio da Fogliano, palazzo Pubblico di Siena) e i fratelli Lorenzetti (Gli effetti del buon governo, palazzo Pubblico di Siena). Nelle opere degli scultori appare evidente il recupero della tradizione classica greco – romana, derivata dallo studio delle opere dell’antichità. Le figure appaiono ben definite nel volume e nell’anatomia e attentamente studiate nelle proporzioni. In particolare nelle sculture di Giovanni Pisano appare anche la ricerca di effetti di movimento. Nelle opere dei pittori (es. Giotto negli affreschi con le storie della vita di San Francesco) la narrazione è realizzata con grande semplicità e naturalezza, i personaggi sono inseriti in un ambiente reale, le figure sono definite nei volumi compatti dei corpi e nell’espressione sempre ben caratterizzata dei volti. Lo spazio è ampio e sostituisce lo sfondo oro. Nasce una nuova attenzione al movimento e le immagini non sono mai rigidamente simmetriche[21]. Invece i dipinti della scuola senese (Simone Martini, Pietro e Ambrogio Lorenzetti) appaiono più ricercati, le figure sono caratterizzate da linee ondulate e colori generalmente piatti che pongono in particolare risalto i contorni e non i volumi. Per l’architettura prendiamo in considerazione le grandi cattedrali gotiche. Divise all’interno da tre o cinque navate coperte da volte a crociera con archi a sesto acuto, formati da archi di cerchio che si incrociano. L’abside è in genere poligonale, le vetrate sono grandi e importante elemento decorativo, queste, nel Nord Europa sostituiscono quasi completamente le pareti. Le facciate sono ricche di decorazioni a rilievo, guglie e rosone centrale. Sono esemplari di questo stile il duomo di Orvieto, san Petronio a Bologna, per rimanere in Italia.

Si segnalano due opere da Rimini, città in contatto con l’Oriente. Sulla parete di sinistra rivolgersi alla terza e quarta opera.

GIOVANNI DA RIMINI, STORIE DI CRISTO. Nella Natività, Maria avvicina il viso a Gesù, gesto di tenerezza ripetuto in quello della deposizione. Una seconda tavola è in una collezione inglese. 

GIOVANNI BARONZIO[22], STORIE DELLA PASSIONE CRISTO. Lascito Enrichetta Hertz, 1915.  Le due opere fondono i colori e le iconografie bizantine con il naturalismo e la narrazione ispirati da Giotto che fu presente nella città adriatica.

Sulla parete di fronte, al centro:

MAESTRO DI PALAZZO VENEZIA[23], MADONNA CON IL BAMBINO, già nel palazzo romano, fra le opere di pittori senesi si segnala questa che si ispira a Duccio di Boninsegna e Simone Martini, opera elegante e preziosa degna di un orafo. L’artista era fortemente legato a Simone Martini, le figure sono eleganti e preziose, i due pannelli laterali sono a Londra in una collezione privata.  A lato, nell’opera di Niccolò di Segna di Buonaventura, il Bambino prende per gioco il velo della madre. Allievo di Duccio di Boninsegna, senese come Simone Martini.

Per accedere alla sala 3 scegliere la porta che si trova davanti a quella di ingresso.

 

SALA 3. TARDO GOTICO E PRIMO RINASCIMENTO

 

Per vedere la volta – in questa sala e nelle successive – bisogna posizionarsi sulla porta della sala stessa.

Al centro della volta è Bellerofonte che uccide la chimera[24] di Giuseppe Passeri. La sala documenta la trasformazione nella pittura avvenuta fra Trecento e Quattrocento quando i pittori unirono alla ricca decorazione la ricerca della prospettiva. Qui è documentata la scuola veneta e fiorentina.

Il Quattrocento è contrassegnato da un profondo interesse per la cultura greca e romana e da una rinnovata attenzione per l’uomo, nel suo rapporto con la società e la natura. Questo considerare l’uomo il centro del mondo viene chiamato UMANESIMO , i centri più importanti di cultura sono Roma, Firenze e Venezia. Ad opera di artisti italiani le nuove idee si diffondono nelle Fiandre, in Francia e in Spagna. In architettura si comincia a progettare la città in maniera razionale, secondo le nuove esigenze dettate dai mestieri e dal commercio. I palazzi oltre ad assolvere una funzione pratica sono costruiti in modo da esaltare la potenza della famiglia proprietaria. Sono in genere a pianta rettangolare e hanno un cortile interno con pozzo centrale e loggiato. Le chiese sono generalmente a tre navate con grandi cappelle laterali per le famiglie nobilie facoltose, in esse sono caratteristiche le tombe a forma di edicola pensile, oppure quelle a forma di sarcofago sul pavimento. La facciata ha un grande frontone con ai lati due volute, al posto del rosone una grande finestra. Le lesene la ripartiscono. Sono esemplari: la piazza della Ss.Annunziata a Firenze, il palazzo dei Diamanti a Ferrara, la chiesa di Santa Maria Novella a Firenze. In pittura si evidenziano diverse scuole locali: ferrarese, bolognese, veneziana, padovana, lombarda. I soggetti sono sacri e profani, si diffonde la rappresentazione di scene di vita di corte e spesso nel dipinto è raffigurato il committente, cioè il signore che ha richiesto l’opera e che accoglie presso di se artisti per celebrare il proprio casato. La pittura non è strettamente legata alla decorazione di edifici, ma diventa una forma espressiva autonoma. Nella pittura e scultura è fondamentale lo studio della figura umana, nei suoi movimenti, negli atteggiamenti, si manifesta una nuova attenzione al paesaggio, lo spazio diventa ampio e profondo ed è rappresentato secondo regole precise che sono le leggi della prospettiva che diventa un metodo scientifico. Le figure vengono inserite in finte architetture ricche di logge che convergono verso un punto di vista centrale. I grandi protagonisti sono Filippo Brunelleschi (cupola di santa Maria del Fiore a Firenze) e Leon Battista Alberti (chiesa di Sant’Andrea a Mantova) nell’architettura, Donatello (Miracolo dell’Eucarestia nella basilica di Sant’Antonio a Padova) e Lorenzo Ghiberti (porta del Paradiso al Battistero di Firenze) nella scultura, Masaccio, Paolo Uccello e Piero della Francesca in pittura. Masaccio rappresenta lo spazio attraverso la prospettiva e rappresenta l’uomo come un essere vivo, dotato di passioni e di sentimenti e di un ben caratterizzato aspetto fisico. Le figure sono solidi nello spazio, con ombre e luci ben definiti. Le emozioni sono comunicate attraverso l’espressione degli occhi, della bocca e l’intensità dei gesti. Anche Paolo Uccello e Piero della Francesca impostano la composizione attraverso la prospettiva ma, mentre il primo crea immagini ricche di movimento e di colori vivaci e contrastanti, il secondo usa colori trasparenti e luminosi, definisce immagini quasi irreali con figure che sembrano immobilizzate.

Sulla parete d’ingresso, la seconda opera è:

MICHELE GIAMBONO, MADONNA CON BAMBINO, lascito di Enrichetta Hertz. Con grande abilità il pittore descrive lo spazio con il manto di Maria poggiato sul bordo di pietra. Michele Giambono è pittore di area veneta.

Sulla parete di sinistra:

FILIPPO LIPPI[25], ANNUNCIAZIONE E DUE DEVOTI, lascito Enrichetta Hertz. Il fiorentino Lippi fu un frate del convento del Carmine a Firenze dove potè incontrare Masaccio in attività nella cappella Brancacci ed esserne ispirato, inoltre lavorò a Padova dove fu influenzato dalle sculture di Donatello. In questa tela, l’uso di colori accesi e la cura dei particolari, denota influssi della pittura veneta e fiamminga. Si nota la prospettiva, le figure sono solide, ispirate a Masaccio

Sulla parete di fondo:

FILIPPO LIPPI, MADONNA DI TARQUINIA, 1437, dalla chiesa di Santa Maria Valverde[26]. Commissionata dal cardinale Vitelleschi, Tarquinia è evocata nella finestra a sinistra. Notare la prospettiva. Racchiusa in una cornice tardo gotica ma è caratterizzata da una moderna ricerca prospettica e da nuovi e naturali effetti di luce.

 

SALA 4. UMBRI E MARCHIGIANI

Nella volta Teseo riceve il gomitolo del filo da Arianna[27] di Urbano Romanelli, un crollo nel 1968 compromise l’affresco.

Una svolta culturale è rappresentata dalla pittura geometrica e luminosa di Piero della Francesca e dall’architettura di Donato Bramante, questi furono alla base della forza serena della pittura di Perugino prima e di Raffaello poi.

Sulla parete d’ingresso, il secondo quadro è:

PERUGINO[28], SAN FILIPPO BENIZZI[29], donazione Torlonia. Parte di un perduto altare maggiore della chiesa della Santissima Annunziata di Firenze[30]. Perugino, che subentrò a Filippino Lippi in questa opera, rese la mitezza del personaggio con il preciso ovale del viso e i tratti delicati; attraverso la coloritura a tratteggio mise l’immagine in rapporto con le fonti di luce naturale e artificiale. L’artista fu il maestro di Raffaello e tra i primi ad usare la pittura ad olio.

Parete di sinistra, il primo quadro è:

PERUGINO, SAN GIROLAMO PENITENTE CON GESU’ BAMBINO E SAN GIOVANNINO, dalla collezione del Monte di Pietà, acquistato dallo Stato nel 1895.  Dietro il santo si vede l’antro in cui vive, lo scrittore è inginocchiato davanti al crocifisso mimetizzato tra i rami, alle sue spalle l’apparizione di Gesù e San Giovannino. Il paesaggio è inquadrato dagli alberi, notare il leone vicino al santo e i castelli nordici sullo sfondo. Subito dopo:

RAFFAELLO, TESTA DI GIOVANE, (variamente attribuito a Raffaello o Perugino), la provenienza da Perugia e l’appartenenza alla collezione Enrichetta Hertz, attribuiscono l’opera ad un Raffaello giovane che a Perugia fu a contatto con Pinturicchio. Si tratta di un giovane elegantemente vestito, dietro di lui un vecchio e un’ altra figura maschile.

A questo punto tornare alla sala precedente e prendere la porta alla nostra destra.

 

SALA 5. ROMANI

Nella volta il Vascello degli Argonauti e Giasone che riporta dalla Colchide il Vello d’Oro[31], di Giuseppe Passeri, affresco all’interno di un medaglione mistilineo. Il Quattrocento romano ha due protagonisti assoluti che sono qui rappresentati.

Tra le due finestre:

 

ANTONIAZZO ROMANO[32], MADONNA CON BAMBINO TRA SAN PAOLO E SAN FRANCESCO D’ASSISI, 1487, opera firmata “Anthoniatus Romanus pinxit”, proveniente dalla chiesa di San Paolo a Poggio Nativo presso Rieti. Le figure monumentali dei santi, posti in una composizione essenziale risente di Piero della Francesca e Melozzo da Forlì. Pur legato alla tradizione, coniugò l’immagine sacra con il paesaggio e il ritratto. L’artista era a capo di una operosa bottega. Di fronte:

ANTONIAZZO ROMANO, NATIVITA’ CON SANT’ANDREA E SAN LORENZO. Dalla collezione Barberini. I pastori guardano l’angelo, altri pastori ballano, Gesù poggia la testa sul grano: allusione alla eucarestia. Davanti alla scena anemoni, simbolo di passione e ciclamini, simbolo del dolore di Maria. Sulla parete che comunica con la stanza successiva:

LORENZO DA VITERBO, Madonna col Bambino tra san Michele e san Pietro. Il quadro denota l’influenza di Mantegna e Bartolomeo Vivarini. Proviene dalla chiesa di Santa Maria Maggiore a Cerveteri.

ANTONIAZZO ROMANO, SAN SEBASTIANO E DUE DONATORI. E’ attualmente in prestito.

 

SALA 6. TOSCANI

E’ una piccola sala.

Nella volta affresco di Urbano Romanelli, Putto su anfora solcante le onde e scritta “Et ultra”, il motto di Francesco Barberini. L’arte toscana del Quattrocento risente delle grandi personalità del Beato Angelico, Donatello, Filippo Lippi, Botticelli e Ghirlandaio. Sulla parete destra (quella di fronte alle finestre), il primo quadro è:

GHERARDO DI GIOVANNI, MADONNA IN ADORAZIONE CON IL BAMBINO, pittore attivo alla corte dei Medici, fu anche miniatore e musico. Amico di Leonardo, la sua influenza si avverte negli effetti atmosferici del paesaggio e nella figura dell’angelo, mentre ad un gusto nordico per i particolari si deve la chiesa gotica posta la centro. Il cuscino rosso è simbolo di regalità, il panno bianco fa riferimento al Sudario. L’Angelo è stato preso dall’Annunciazione di Leonardo agli Uffizi.

Si torna nella sala di orientamento per proseguire con le rimanenti tre sale. Da ora le sale, a pianta rettangolare, hanno il lato sinistro con le finestre, quindi chiameremo lato destro quello subito a destra dell’entrata, lato di fondo quello che segue (di fronte alle finestre) e lato destro l’ultimo lato (sul quale si apre la porta per la successiva stanza). 

 

SALA 7. VENETI, LOMBARDI ED EMILIANI

Nella volta Muse con Apollo e Minerva[33]. Nella sala sono presenti artisti della fine del Quattrocento e inizi del Cinquecento. Parete sinistra, penultimo quadro:

LORENZO LOTTO[34], RITRATTO DI GIOVANE, donazione Torlonia, un intenso ritratto nel quale  l’influenza di Antonello da Messina è evidente nella regolarità geometrica con cui è costruito il volto e dallo sguardo pacatamente malinconico. L’artista veneziano divenne specialista degli stati d’animo. Su fondo verde, camicia bianca, berretto e vestito nero, mostra una pacata malinconia.  A sinistra di questo:

GIOVANNI BELLINI, CRISTO BENEDICENTE. Alla destra di Lotto:

GIOVANNI BELLINI, RITRATTO DI UOMO.

Sulla parete di fondo, primo quadro a sinistra:

NICCOLO’ RONDINELLI, MADONNA CON IL BAMBINO. Firmato Giovanni Bellini che era stato il suo maestro. Rondinelli e il successivo Palmezzano sono romagnoli. Madonna e Bambino guardano il cardellino che spicca il volo, il cardellino è simbolo di passione. L’autore riprende dal maestro la tenda, il paesaggio con fiume e la città fortificata. Sulla parete destra, in basso:

MARCO PALMEZZANO, SAN GIROLAMO PENITENTE. Il cartiglio reca la data e la firma, il santo cerca conforto al suo lavoro nel Crocifisso. Il leone, da lui guarito, divenne suo compagno. Mentre in alto.

MARCO PALMEZZANO, DIO PADRE E SERAFINI.

 

SALA 8. NAPOLETANI E SPAGNOLI

Nella volta: Orfeo[35] che ammansisce gli animali con la musica, di Camillo Spallucci. La sala è dominata dalla monumentale tavola degli inizi del Cinquecento, posta sulla parete di fondo, di

PEDRO FERNANDEZ, VISIONE DEL BEATO AMEDEO MENEZ DA SYLVA[36], proveniente dall’eremo di Montorio Romano in Sabina, luogo dove il mistico francescano ebbe alcune visioni. Nella rappresentazione del tempio celeste c’è un riflesso delle architetture del Bramante, come il tempietto del Gianicolo, luogo in cui fu crocifisso San Pietro. L’artista si è certamente ispirato a Raffaello nella Disputa sul Sacramento per la parte superiore del quadro. Fernandez, nativo di Murcia, soggiorno a Roma, Napoli e in Lombardia.

 

 

SALA 9. NORDICI

Nella volta: Orfeo e Euridice, di Camillo Spallucci. Scegliamo solo due quadri di artisti francesi. Il secondo quadro della parete di sinistra è:

SIMONE MARMION[37], CROCIFISSIONE, interessanti i particolari, come le figure di armigeri in abiti a foggia orientaleggiante, Gerusalemme è vista idealmente come città del mondo che racchiude in se il Colosseo ed edifici in stile nordico e orientale. Al suo fianco:

JOSSE LIEFERINXE[38], PELLEGRINI ALLA TOMBA DI SAN SEBASTIANO, 1497, era parte di un polittico realizzato con il piemontese Bernardo Sismondi per la chiesa di Notre Dame di Marsiglia. Il quadro ha un valore documentario per l’esistenza del ciborio oggi scomparso. Le espressioni patetiche dei personaggi e la stessa visulae della scena ci coinvolge in un ideale pellegrinaggio.

 

SALA DELLE COLONNE

     La sala corrisponde ad una del palazzo Sforza Cesarini, fu ingrandita dai Barberini. La FONTANA DI BACCO reca lo stemma dei Barberini e dei Giustiniani (torre sovrastata da aquila) realizzata per il matrimonio di Maffeo Barberini con Olimpia Giustiniani del 1653, è opera di Pietro da Cortona. Quando il piano divenne appartamento di Francesco Barberini vi furono collocate le quattro colonne di granito e di spoglio, come pure i capitelli. A quest’epoca risalgono le pitture prospettiche sulla parete di fondo. Le statue qui collocate erano nei giardini.

 

 

 

 

 

 

PIANO NOBILE

Si sale al primo piano dallo scalone del Bernini  a colonne doriche binate.

All’inizio della scala: Latona[39] e i figli, giunti al pianerottolo

del primo piano: leone marmoreo in altorilievo, di arte romana,

proveniente da Villa Adriana.

Si transita per la sala 14(Garofalo) e si volta subito a sinistra.

SALA 10. FIORENTINI

E’ una sala di piccole dimensioni, come la successiva.

Il percorso espositivo riprende dal Cinquecento, in questo secolo si diffonde in tutta Europa il RINASCIMENTO che propone una reinterpretazione dei modi espressivi classici. In architettura la ricerca di eleganza e armonia che aveva caratterizzato il Quattrocento, si evolve in forme maestose e imponenti. Le chiese hanno spesso la pianta a croce greca, con i quattro bracci di uguale dimensione e una grande cupolo posta al loro incrocio, l’interno è di grande semplicità: cornici in pietra sugli intonaci chiari sottolineano il disegno architettonico. Le facciate sono scandite da lesene e colonne di grandi dimensioni, il campanile si riduce a semplice torre campanaria. I palazzi signorili in città e le ville fuori città, hanno la facciata scandita da cornici marcapiano, la porta diventa sempre più alta e monumentale, porte e finestre hanno cornici in pietra messe in risalto dall’intonaco che riveste tutta la costruzione (vedi la chiesa di Santa Maria della Consolazione a Todi). La particolare attenzione all’organizzazione della città (piazze, fontane, giardini…) determinano lo sviluppo dell’urbanistica come vera e propria scienza. La scultura assume definitivamente la propria autonomia, anzi spesso l’architettura è sottomessa alla scultura che esigi spazi isolati, piedistalli, nicchie. La pittura, che già nel secolo precedente aveva rivolto una particolare attenzione all’uomo e ai suoi sentimenti, prosegue nel Cinquecento su tale linea di ricerca. Accanto ai soggetti sacri si affermano quelli profani legati alla vita delle corti. Nasce la vera e propria pittura di paesaggio, questo infatti non viene più inteso come completamento di una scena, ma come soggetto a sé, capace di esprimere stati d’animo e sentimenti. In particolare nella pittura veneziana si sviluppa lo studio del colore ricco di luci e di variazioni tonali. Il Rinascimento è un periodo dei più ricchi di grandi personalità che operano soprattutto a Firenze, Roma e Venezia. Spesso operano in architettura, scultura e pittura. Nella seconda metà del Cinquecento sorgono le prime Accademie, vere e proprie scuole. I grandi protagonisti sono Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti e Raffaello Sanzio. Nei dipinti di Leonardo le figure ben caratterizzate nei volti e negli atteggiamenti sembrano affiorare dalla penombra, attraverso passaggi graduali di tonalità che annullano la netta distinzione con lo sfondo. L’effetto di profondità viene ottenuto soprattutto attraverso il colore, scuro e intenso in primo piano e progressivamente più chiaro e luminoso in lontananza. Tra le opere più note di Leonardo: la Gioconda al Louvre e l’Ultima Cena nel Convento di Santa Maria delle Grazie a Milano. Michelangelo ottiene l’affermazione a Roma dove dipinge la Cappella Sistina: la Creazione del Mondo sulla volta e il Giudizio Universale sulla parete di fondo. La sua attività è rivolta anche all’architettura (piazza del Campidoglio, basilica Vaticana, cupola di san Pietro), è inoltre un grandissimo scultore (Pietà) dove a volte lascia il “non finito” per coinvolgere lo spettatore nell’opera di creazione artistica. Michelangelo è uno degli artisti più apprezzati di tutti i tempi, ma anche dei più discussi per l’esasperazione delle sue figure umane, la mancanza di “naturalezza” e “misura”. Raffaello, si caratterizza per una grande naturalezza delle posizioni e nelle espressioni dei personaggi. Le sue rappresentazioni della Madonna, sono quelle di una comune madre in atteggiamento affettuoso verso il figlio. Chiamato a Roma da Giulio II affresca le stanze papali (vedi la “Scuola di Atene”). Molto imitato quando era ancora in vita, Raffaello, insieme ai due artisti che abbiamo visto, viene imitato da numerosi artisti che dipingono alla “maniera di”. Questi artisti danno vita al MANIERISMO , tra i più significativi: Rosso Fiorentino e il Pontormo. A Venezia portano avanti la ricerca sul colore – luce: Giovanni Bellini, Vittore Carpaccio, Giorgione, Tiziano e Tintoretto.

Sulla parete di fondo:

PIERO DI COSIMO[40], LA MADDALENA CHE LEGGE, 1501 circa. E’ il capolavoro di Piero di Cosimo. L’elegante figura femminile è appoggiata al davanzale di una finestra illusoria che, nel segnare il limIte dello spazio dipinto vuole rendere la profondità di uno spazio reale. La Maddalena ha gli attributi caratteristici, il vaso con gli unguenti con i quali unse il corpo di Cristo e i lunghi capelli ramati sciolti sulle spalle, segno della sua passata dissolutezza. I capelli elegantemente intrecciati con fili di perle e l’abito di fattura rinascimentale rimandano a una dama dell’epoca non a una santa, se non fosse per la sottile aureola. Il ritratto è fatto di ¾ da Leonardo, presente a Firenze. Il pittore fu apprendista alla bottega di Cosimo Rosselli da cui prese il nome.

Sulla parete destra:

ANDREA DEL SARTO[41], LA SACRA FAMIGLIA, 1528-9. Proveniente dalla collezione Barberini, acquisto dello Stato nel 1935. L’opera fu eseguita per Zanobi Strozzi, passò ai Salviati, ai Colonna, quindi ai Barberini, finchè non fu acquistata dallo Stato. Si tratta di uno dei capolavori tardi dell’artista che assorbì la lezione michelangiolesca, la tavola è caratterizzata da una resa anatomica monumentale e sicura. In primo piano l’espressione di tenerezza della Madonna col Bambino che contrasta con l’atteggiamento di profonda meditazione di San Giuseppe, ritratto in disparte. Questa opera è citata dal Vasari, l’artista morì poco dopo di peste. A fianco a questa tele se ne trova un'altra di Andrea del Sarto, di età giovanile, in cui si vede Gesù che gioca con l’uccellino.

 

SALA 11. RAFFAELLESCHI

Sulla parete di ingresso:

INNOCENZO DA IMOLA[42], SACRA FAMIGLIA CON SAN GIOVANNINO, tavola, proveniente dal Monte di Pietà di Roma, per acquisto nel 1895.

 

SALA 12. RAFFAELLO

Sulla parete di fronte al nostro ingresso, tra due finestre:

RAFFAELLO[43], LA FORNARINA, 1520 circa. Proviene dalla collezione Barberini per acquisto dello Stato nel 1934. Secondo la tradizione la donna ritratta sarebbe Margherita Luti, figlia di un fornaio trasteverino, ce ne parla Vasari nelle Vite come della sua amante e modella preferita. E’ il ritratto di una popolana, il copricapo ce lo dimostra, vedere il confronto con la “Dama con unicorno” alla galleria Borghese. Raffaello la ritrae seminuda nell’atteggiamento di Venus pudica, con gli attributi della dea della bellezza e dell’amore, infatti alle sue spalle si scorge un cespuglio di mirto, pianta sacra a Venere e un ramo di melo cotogno simbolo di amore carnale. Un rubino è simbolo di passione, la perla di purezza. Il gioiello sui capelli è simile alla velata di Palazzo Pitti. Un piccolo anello è segno d’amore, come l’anello di fidanzamento o fedina di oggi. Sul braccio sinistro un’armilla[44] reca la scritta “Raphael Urbinas”, oltre che firma, maliziosa allusione di possesso della donna. L’artista muore dipingendo questo quadro. In occasione del restauro del 2000 approfondite indagini hanno rilevato la presenza di un disegno sottostante che è tipico di Raffaello. Dopo la morte di Raffaello, quest’opera che era nel suo studio, passo a Giulio Romano. F.I. è la sigla dell’inventario Barberini da cui l’opera proviene.

Sulla parete destra:

GIULIO ROMANO[45], MADONNA CON BAMBINO, 1522-23. Donazione Enrichetta Hertz, 1915. Questa piccola tavola è anche chiamata Madonna Hertz. Il dipinto risale al soggiorno romano di Giulio Romano, uno dei principali collaboratori di Raffaello. Di grande fascino è la bellezza della Madonna, dal volto dolce e dai grandi occhi scuri, secondo lo stile tipico dell’artista. L’acconciatura accurata presenta un complesso gioco di pieghe che ricadono ai lati del capo, incorniciato da capelli biondi. Per via di una certa somiglianza con la Fornarina si è ipotizzato che fosse la stessa modella. Soggettiva è l’ambientazione domestica intima e semplice, nella penombra oltre la porta una piccola colomba.

Subito a  destra di quest’ultima opera:

GIULIO ROMANO, RITRATTO DI BALDASSARRE CASTIGLIONE[46].

Subito a sinistra della tela di Giulio Romano:

BALDASSARRE PERUZZI[47], CERERE, lascito Enrichetta Hertz, 1915. L’acconciatura è formata da spighe e frutti. Sguardo malinconico per la figlia Proserpina rapita e portata nell’Ade.

Sulla parete di ingresso, subito a sinistra, al centro di tale parete:

PERIN DEL VAGA, SACRA FAMIGLIA, dalla collezione Torlonia, per acquisto nel 1892.

 

SALA 13. SENESI E LEONARDESCHI

Sulla parete destra (quella di fronte alle finestre):

SODOMA[48], MATRIMONIO MISTICO DI SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA, tavola.

BECCAFUMI, MADONNA CON BAMBINO E SAN GIOVANNINO. Dalla collezione Barberini per acquisto. Beccafumi dal nome del nobile che lo fece studiare, lui di famiglia contadina. E’ una Madonna che allatta. Si caratterizza per sprazzi di luci,  colori terrosi, sporchi. Il fondale è costituito da massi appena abbozzati.

Sulla parete di fondo, a fianco della porta che immette nella sala successiva, unico quadro della parete:

GIROLAMO GENGA,MATRIMONIO MISTICO DI SANTA CATERINA DI ALESSANDRIA CON SANTA CATERINA E SAN BERNARDINO DA SIENA, dalla collezione Chigi, per acquisto, 1918. La scena è collocata in un ambiente intimo, domestico, nella penombra. I due santi senesi sono sullo sfondo, l’abito di santa Caterina è bianco e nero come è per le domenicane, ha nelle mani due colombe.

Sulla parete di ingresso:

SODOMA, RATTO DELLE SABINE.

 

SALA 14. GAROFALO

Si torna nella sala di ingresso. Il primo quadro subito alla nostra destra:

GAROFALO[49], LA VESTALE CLAUDIA QUINTA TRAINA LA NAVE CON LA STATUA DI CIBELE, 1535 ca. Dalla collezione Sciarra Colonna, per acquisto del 1896. L’artista vuole celebrare con questo soggetto la castità. La vestale Claudia, accusata di aver tradito il voto di castità, si rivolse alla dea Cibele[50] implorandola di aiutarla. La Dea la dotò di una forza sovrumana, quindi, dimostrò la sua castità, disincagliando una nave che portava dalla Frigia la statua di Cibele e la pietra nera che avrebbe propiziato la vittoria dei romani nella seconda guerra punica. Tra la folla e la vestale ci sono due cani che sono simbolo di fedeltà. Nell’immagine ideale di Roma si vedono il Colosseo e Castel Sant’Angelo.

 

SALA 15. VENETI

E’ una sala stretta.

Per questa stanza e per la 16 e la 17

la parete destra è la parete di ingresso,

la parete sinistra è la parete di fronte,

la parete di fondo è quella di fronte alle finestre.

Nella parete di fondo, la prima da sinistra è:

LORENZO LOTTO, MATRIMONIO MISTICO DI SANTA CATERINA D’ALESSANDRIA[51], 1524. Attualmente alle Scuderie del Quirinale per la mostra su Lotto. Proviene dal Quirinale, acquistato nel 1922. Opera firmata e datata sul gradino del trono, venne commissionata durante il soggiorno a Bergamo da un mercante per decorare la camera nuziale del figlio. L’artista aveva già ritratto i due fidanzati in una tela oggi al Prado. Il quadro è particolarmente affollato di figure e rappresenta la santa già con la fede al dito e nell’atto di accettare una rosa dal Bambino, simbolo di amore e martirio. I santi hanno i consueti attributi iconografici, da destra: sant’Antonio Abate con la campanella, san Nicola con le palle d’oro, san Sebastiano con la freccia, san Giorgio con la lancia e san Girolamo con il leone.

Sulla parete destra:

TIZIANO, VENERE TENTA DI TRATTENERE ADONE, dopo 1553, dalla donazione Torlonia del 1892. Eseguito per Carlo V, appartenne anche a Cristina di Svezia. Una delle molte versioni di questo soggetto il cui prototipo è al Prado eseguito per Filippo II. In questa tela ci furono chiari interventi della bottega (copricapo di Adone che manca in quella al Prado). L’episodio è citato nelle Metamorfosi di Ovidio: Venere, colpita per errore da una freccia di Cupido, si invaghisce di un bellissimo pastore Adone. La dea lo prega di non partire per la caccia perché conosce il tragico destino che lo attende. Il giovane parte lo stesso e muore, dal suo sangue nascerà un bellissimo fiore, l’anemone. In secondo piano Cupido addormentato, segno dell’amore non ricambiato.   

Sulla parete sinistra:

TINTORETTO, CRISTO E L’ADULTERA, dono del principe Chigi. Adultera elegantemente vestita, gli apostoli hanno l’aureola. I farisei interrogano Gesù, la risposta è scritta sulla polvere, il Vangelo di Giovanni non dice le parole esatte, così nel quadro non si legge cosa ha scritto il Cristo. I farisei gettano le pietre a terra e si allontanano. Tintoretto dipinse questa tela subito prima di iniziare a lavorare nella Scuola Grande di San Marco che gli diede notorietà. Notare il punto di fuga che sembra roteare con lo spostarsi della persona che osserva il quadro.

TINTORETTO, SAN GIROLAMO PENITENTE, proveniente dal Monte di Pietà, 1895.

 

SALA 16. RITRATTI

E’ un salone, comprende la cappella.

Il primo quadro della parete di sinistra è:

HANS HOLBEIN[52], RITRATTO DI ENRICO VIII, 1540. Donazione Torlonia. E’ l’effige ufficiale del sovrano dispotico ma colto e raffinato, è la diretta derivazione del dipinto murale eseguito nel 1537 nella Whithe Hall di Londra. Il quadro venne realizzato quando il re aveva 49 anni, come si legge nell’iscrizione alle spalle, in occasione delle nozze con la principessa Anna di Cleves. Holbein aveva eseguito un ritratto così splendido della donna che Enrico fu convinto a sposarsi per la quarta volta, ma, deluso dell’aspetto sgraziato della stessa, la ripudiò senza consumare. Poco dopo sposò una dama di corte della stessa Anna. Il sovrano è raffigurato in primo piano ravvicinato e in posa frontale in modo da far pesare la sua autorità. E’ un ritratto di Stato. I gioielli e la veste sono ritratti minuziosamente. La figura del sovrano occupa tutto il quadro. E’ un’immagine vivente del potere.

Subito a destra:

QUENTIN METSYS[53], ERASMO DA ROTTERDAM,1517. L’artista realizzò un doppio ritratto ad Anversa dove Erasmo era ospite presso Pierre Gillis che era raffigurato nell’altro ora a Longford Castle. L’opera era pensata come un dono per il comune amico Tommaso Moro, a testimoniare i forti legami tra i due filosofi. Erasmo è ritratto in modo ravvicinato mentre è seduto al suo scrittoio intento a tradurre la lettera ai Romani di san Paolo. L’azione teorica del filosofo fu parte della rivoluzione che Lutero compì proprio in quel 1517. Lo studiolo è ritratto minuziosamente in ogni dettaglio (notare il disordine dei libri ma l’eleganza delle rilegature, le forbici appese allo scaffale con un chiodo) in ciò ritroviamo un quadro tipicamente fiammingo. Il volto magro, il viso affinato, le labbra sottili, mostrano la profonda spiritualità e l’impegno intellettuale incessante. La psicologia del personaggio è evidenziata dal viso inclinato.

Parete di fondo, quadro a sinistra:

BRONZINO[54], RITRATTO DI STEFANO IV COLONNA, opera firmata e datata 1546 alla base della colonna, elegante stemma della casata romana. Il celebre condottiero esercitava il mestiere delle armi per Cosimo de Medici, viene raffigurato in modo aulico e algido, stupisce per la resa quasi tattile dei contrasti materici tra l’acciaio dell’armatura e dell’elmo, il marmo della colonna e il morbido tessuto del tendaggio. Durante le esequie in San Lorenzo venne esposto al pubblico. La cornice originale reca intagliati nel legno i simboli della sua attività.

Sulla parete destra:

BRESCIANINO, RITRATTO DI SULPIZIA PETRUCCI.

 

SALA 16bis. CAPPELLA DI PIETRO DA CORTONA

Il progetto architettonico è del Bernini, gli affreschi sono di Pietro da Cortona e aiuti. Sua la Crocifissione sull’altare centrale, due mesi dopo Pietro avrebbe iniziato ad affrescare il salone di questo palazzo. I recenti restauri hanno riportato alla luce il viandante a monocromo e la testa di cavallo con un solo occhio.

 

SALA 17. MANIERISTI

Sulla parete di fondo,

a destra della porta.

EL GRECO[55], ADORAZIONE DEI PASTORI, 1596 circa. L’ultimo restauro di questo e del successivo quadro ha definitivamente stabilito che sono bozzetti per i grandi quadri destinati alla chiesa del Colegio de Dona Maria de Aragon a Madrid. Le grandi tele, di soggetto analogo sono attualmente divise tra il Prado e il Museo Nazionale di Bucarest. Lo stile è tipico della maturità del Greco, pittore dagli accenti visionari. Le figure estremamente allungate sono cariche di una profonda spiritualità, con tonalità fredde e argentee. La suddivisione in due piani sottolinea la differenza tra spazio terreno e divino. In questo quadro gli angeli recano cartigli che inneggiano a Dio. L’artista soggiornò a Venezia prima di stabilirsi in Spagna, nella città lagunare conobbe e fu colpito dalla pittura di Tintoretto.

EL GRECO, IL BATTESIMO DI CRISTO.

GIROLAMO MUZIANO, CRISTO PORTACROCE. Notare il contrasto tra l’uomo poveramente vestito che accompagna Gesù e la gentilezza dei lineamenti del Cristo.

 

 

 

 

 

SALA 18. DALLA MANIERA ALLA NATURA

Sala stretta e lunga.

Da qui si entra nelle nuove sale aperte recentemente.

La cultura del Seicento si separa nettamente dall’idale classico del Rinascimento. L’arte di questo secolo è detta BAROCCO. La grandiosità, l’imponenza, la maestosità tipiche dell’ultimo Cinquecento vengono esasperate e l’equilibrio delle forme classiche viene sostituito dalla ricerca di effetti scenografici e spettacolari. Lo scopo è stupire, provocare, meravigliare l’osservatore coinvolgendolo in un crescendo di emozioni. L’architettura religiosa e civile hanno un grande sviluppo, tanto che cambia l’aspetto di molte città. Gli edifici all’esterno e all’interno sono spesso caratterizzati da superfici curve, ricche di sporgenze e rientranze, decorazioni a stucco movimentano le pareti. La pittura è strettamente legata all’architettura, soprattutto per le grandi decorazioni ad affresco dei soffitti di chiese e palazzi. Questi creano straordinari effetti di sfondamento. Le figure, sia negli affreschi che nei dipinti su tela, sono ricche di movimento e molto caratterizzate nell’espressione. Nel seicento si sviluppa anche una pittura di quadri da stanza molto richiesta dai nobili, vengono raccolti in quadrerie, rappresentano soprattutto ritratti, nature morte e paesaggi. I grandi protagonisti sono: Gian Lorenzo Bernini e Francesco Borromini in architettura; Caravaggio, i Carracci (questi due formano una vera e propria scuola), Andrea Pozzo, il Baciccia, Pieter Paul Rubens, Velasquez e Rembrandt nella pittura. Caravaggio non vuole ispirarsi a nessun maestro “soltanto il vero e la natura devono essere guardati”, non è importante la nobiltà e la bellezza di un soggetto, ma il modo in cui l’artista propone la realtà. Abbandona lo studio dell’antico per lasciare spazio a una visione cruda della realtà, riprodotta in tutta evidenza. Caravaggio usa forti contrasti di colore, luci molto accentuate, ombre profonde; utilizza inoltre assai spesso anche lo scorcio, che permette di comunicare efficacemente il senso della profondità. Cristo, la Madonna, i santi appaiono come persone vere, prese dal popolo, spesso queste opere sono poco capite e a volte rifiutate (tra le sue opere vedi La Crocifissione di San Pietro, chiesa di Santa Maria del Popolo). I Carracci, invece, per il loro linguaggio più nobile ed elegante, sono molto apprezzati. La loro produzione determina la nascita dell’arte sacra in senso moderno, definendo schemi compositivi e disposizione dei personaggi nelle tematiche più ricorrenti: Annunciazione, Natività, Battesimo, Passione, Crocifissione e Resurrezione. I fratelli Carracci danno vita ad un nuovo genere di pittura: il paesaggio, rappresentato in modo idealizzato con alberi, rocce, paesini e rocche in lontananza, cascate, fiumi e rari viandanti (Annibale Carracci, La fuga in Egitto, galleria Doria Pamphili, Roma). Questo genere avrà vastissima fortuna.

 

 

 

 

SALA 19. PAESAGGIO E FIGURA

Sala ancora più stretta e lunga della precendente.

Tra le finestre, il primo quadro è:

GUERCINO[56], I PASTORI IN ARCADIA, 1618 circa. Il pittore era così soprannominato perché fin da bambino rimase cieco all’occhio destro. In questo l’artista celebra il tema della vanitas. Fu concepito come bozzetto per un’altra tela conservata a Palazzo Pitti. In un paesaggio arcadico, due pastori si imbattono in un teschio posto su una piccola costruzione in cui è scritto et in arcadia ego, cioè anche io in Arcadia, ovvero anche in un posto così bello è presente la morte. Un topo, dei vermi, un moscone e una lucertola si nutrono della decomposizione del corpo umano. Un pastore è stupito, l’altro malinconico e rassegnato, il quadro vuole indicarci la vanità della bellezza terrena.

Segue subito, dopo tra le finestre:

PIETRO DA CORTONA, VEDUTA DI VILLA SACCHETTI A CASTELFUSANO. E’ un paesaggio visto a volo d’uccello. Furono i Sacchetti a piantare la pineta attuale. Pietro da Cortona affrescò il castello qui ritratto.

 

SALA 20. CARAVAGGIO

Una piccola ma bellissima sala.

L’unico quadro della parete di sinistra è:

CARAVAGGIO[57], GIUDITTA E OLOFERNE, 1599 circa. A lungo ritenuto scomparso, il ritratto venne riscoperto nel 1950, si colloca in un momento cruciale dell’attività artistica del pittore, quando passa agli accesi contrasti chiaroscurali tipici della maturità dell’artista. La decapitazione del generale assiro Oloferne da parte della giovane vedova ebrea Giuditta rappresenta la vittoria sul vizio e l’eresia. A differenza del testo biblico Caravaggio fa partecipare alla scena la schiava Abra non giovane ma vecchia e sgradevole (in questo contrasto giovane / vecchia si vede il realismo di Caravaggio). Alla bellezza della giovane vedova, appena rattristata si contrappongono gli occhi rovesciati di Oloferne colto da sorpresa e terrore. Caravaggio fu ispirato ad un fatto di cronaca che destò molto scalpore, l’uccisione del padre da parte di Beatrice Cenci.

     Questo tema è stato spesso affrontato dagli artisti: Mantegna, Giorgione, Botticelli, Donatello (davanti a Palazzo Vecchio), Michelangelo, Artemisia Gentileschi e altri.

Subito a sinistra dell’entrata:

CARAVAGGIO, NARCISO ALLA FONTE, 1597-99. L’attribuzione di questa tela a Caravaggio non era sicura fino al restauro del 1995 che ha stabilito che il pittore potrebbe averla dipinta in un periodo di trasformazione del suo stile: erano gli anni in cui sperimentava contrasti più netti tra le zone di luce e ombra. Narciso che osserva la sua immagine riflessa è simbolo dell’amore verso se stessi e racchiude un monito morale. Secondo le Metamorfosi di Ovidio il giovane sarebbe morto affogato nell’acqua in cui si specchiava perché troppo assorto nella contemplazione. Venne così tramutato nel fiore che porta il suo nome. Numerose le opere d’arte ispirate a questa figura mitologica, dal 1914 con Freud il termine narcisismo indica anche un disturbo della personalità.

Subito a destra:

ORAZIO GENTILESCHI[58], SAN FRANCESCO SORRETTO DA UN ANGELO. A questo periodo appartiene un’opera con lo stesso soggetto conservata al Prado e il David alla Galleria Spada.

A questo quadro è affiancato un altro di Caravaggio, con lo stesso soggetto, per permetterne un confronto.

 

SALA 21. PRIMI CARAVAGGESCHI

Questa sala e la successiva sono piccolissime.

Subito a destra:

SIMON VOUET, BUONA VENTURA. Donazione Torlonia.

Subito a sinistra:

CARLO SARACENI, SANTA CECILIA E L’ANGELO. Dal Monte di Pietà, per acquisto dello Stato.

 

SALA 22. PITTURA DEVOTA TRA 500 E 600

 

SALA 23. CARAVAGGESCHI ITALIANI E STRANIERI

 

SALA 24. EMILIANI

GUIDO RENI[59], RITRATTO DI BEATRICE CENCI, 1600, dalla collezione Barberini per acquisto nel 1934. In prestito all’Archivio di Stato fino al 15 maggio. L’autenticità del quadro è stato messo in dubbio a lungo, nonostante la firma. Beatrice Cenci è la tragica protagonista di un famoso caso giudiziario. Violentata dal padre che conduceva una vita dissoluta, decise di ribellarsi e con i fratelli organizzò l’omicidio del padre. Gli autori dell’omicidio vennero scoperti e condannati a morte nel 1599 davanti a Castel Sant’Angelo alla presenza di una folla sterminata e sentimentalmente legata alla giovane. La sua vicenda ispirò Stendhal, Shelley, Dumas e altri artisti. Guido Reni ne eseguì il ritratto postumo nelle vesti di una sibilla con espressione mesta e melanconica.

     Sulla parete di ingresso: Guido Reni, Putto dormiente. Giovanni Lanfranco, Venere suona l’arpa. Sulla parete di fronte all’ingresso: Guido Reni, Maddalena penitente e Simon Vouet, Maddalena penitente. La parete di fronte alle finestre è tutta dedicata al Guercino, da sinistra a destra e dall’alto in basso: Matteo e l’Angelo, Saul tenta di colpire David con la lancia, Flagellazione di Cristo (al centro), San Luca (sopra) e San Girolamo penitente sigilla una lettera[60] (sotto). Il quadro in cui è ritratto San Luca e quello in cui è ritratto San Matteo facevano parte di una serie dedicata agli evangelisti. Luca non era ebreo ma di Antiochia, conobbe personalmente Maria, per cui nel suo vangelo ci sono dettagli della nascita di Gesù. Spesso è ritratto intento a dipingere la Madonna. Il toro, presente nel quadro, è il suo simbolo.

 

SALONE PIETRO DA CORTONA

IL TRIONFO DELLA DIVINA PROVVIDENZA di Pietro da Cortona[61]. Il salone è di architettura Berniniana. L’affresco è il capolavoro dell’artista che lo realizzò tra il 1633 e il 1639 per celebrare le glorie del papato e della famiglia Barberini, il cui stemma si vede portato in cielo dalle Virtù al centro dell’affresco. A sua volta l’Immortalità incorona lo stemma come gli viene ordinato dalla Divina Provvidenza che trionfa sul Tempo. Le finte trabeazioni incorniciano un cielo aperto animatto da scene che simboleggiano il buon governo e le virtù del papa e della sua famiglia. Sulla parete opposta alla facciata: “Minerva abbatte i Titani” allusione alla lotta del papa contro le eresie, sul lato sinistro “La Pace trionfa assisa in trono”, mentre si chiude il tempio di Giano, il Furore giace incatenato e la fucina di Vulcano foggia badili anziché spade. Sul lato verso la facciata “Ercole (la Giustizia) abbatte le arpie” mentre Abbandonza e Magnanimità offrono doni al popolo. Sul lato opposto al camino la “Religione e la Saggezza  trionfano sul Sileno (il Vizio) e su Venere che vede l’amor profano cacciato dalla Castità. Nei clipei a monocromo agli angoli sono raffigurate scene della storia romana riferite a virtù e corrispondenti al significato simbolico delle sottostanti figure di animali.  Il tema allegorico fu elaborato dal poeta Francesco Bracciolini[62], il testo non è stato ancora ritrovato.

SALA OVALE

SALA DEI MARMI

IL SETTECENTO E LA COLLEZIONE LEMME

Dovrebbe aprire il 23 giugno 2011[63].

UNA FRASE PER RIFLETTERE

“I tentativi per tenere in vita il ricordo degli uomini, anziché gli uomini stessi, continuano ad essere pur sempre la cosa più grande che l’umanità abbia compiuto fino a oggi”.

Elias Canetti

1905-1994 scrittore di lingua tedesca

Premio Nobel 1981

 

BIBLIOGRAFIA

AA.VV. Guida d’Italia. Roma, ed. Tci, 2002.

Claudio Rendina (a cura di), Enciclopedia di Roma, ed. Newton, 2005.

AA.VV. Enciclopedia Biografica Universale, ed. Treccani, 2006.

AA.VV. Enciclopedia dell’Arte, ed. Garzanti, 2002.

AA.VV. Enciclopedia Universale, ed. Garzanti, 2003.

R. Formilli – R. Marini, Percezione immagine arte, ed. Sei, 1993.

P.Bersi – C. Ricci, Il libro dell’arte, ed. Zanichelli, 1999.

G.C.Argan, Storia dell’arte italiana, ed. Sansoni, 1968.

AA.VV. Storia dell’arte, ed. De Agostini, 1976.

AA.VV. Arte, enciclopedia universale, ed. Leonardo, 1997.

M. Hollingsworth, L’arte nella storia dell’uomo, 1997.

E.H. Gombrich, La storia dell’arte, ed. Leonardo, 1995.

Rivista Roma ieri, oggi, domani, ed. Newton.

Archivio della cronaca di Roma del “Corriere della Sera” e de “la Repubblica”.

 

SITOGRAFIA

www.galleriabarberini.beniculturali.it

www.storiadellarte.com

www.francescomorante.it

www.artemotore.com

www.arte-argomenti.org

www.romasegreta.it

www.comune.roma.it

www.it.wikipedia.org

www.treccani.it

www.sapere.it

 

Piero Tucci

tuccigf@tiscali.it

16.04.11



[1] Palazzo Barberini negli anni 1943-44 fu occupato da un reparto di SS tedesche “Bozen”, il 23 marzo 1944 tale reparto si dirigeva per via Rasella verso il traforo Umberto I per andare a prendere servizio al Viminale. Vennero attaccati dalla formazione partigiana Gap, morirono 32 persone, per rappresaglia i tedeschi uccisero, il giorno successivo,  alle Fosse Ardeatine 335 italiani. La data dell’attacco partigiano era stato scelto perché era l’anniversario della fondazione dei Fasci 23 marzo 1919. Per un’ironia della storia, in via Rasella aveva abitato Benito Mussolini appena stabilitosi a Roma. In palazzo Barberini si tenne, l’11 gennaio 1947, il congresso fondativo del Partito Socialdemocratico Italiano (allora denominato PSLI) capeggiato da Saragat (con lui 52 deputati su 115), sorto da una scissione del Partito Socialista, che allora si chiamava PSIUP, vista la scissione prese il nome di PSI.

[2] Accordo per liberare palazzo Barberini dal circolo ufficiali firmato dall’allora ministro dei beni culturali Walter Vetroni che faceva parte del governo Prodi 1 (maggio 1996- ottobre 1998). Da it.wikipedia.org.

[3] Storia galleria tutte le date qui riportate che si riferiscono agli anni 2006-2011 provengono dall’archivio di la Repubblica, cronaca di Roma; dall’archivio del Corriere della Sera, cronaca di Roma e dal sito internet del museo.

[4] San Leucio frazione del comune di Caserta, famosa per l’antica seteria, ancora attiva che fornisce i tessuti per il Vaticano, il Quirinale, la sala Ovale della Casa Bianca e Buckingham Palace. Il sito è patrimonio mondiale dell’umanità per l’Unesco insieme alla reggia di Caserta. Da: it.wikipedia.org.

[5] Fabrizio e Fiammetta Lemme, avvocati romani, Fabrizio è famoso penalista, collezionista d’arte del periodo barocco, ha donato 128 quadri sul barocco romano a palazzo Chigi di Ariccia, altre 20 le donerà al Louvre alla sua morte. Amico di Federico Zeri e Antonio di Pietro, è molisano di Macchia d’Isernia, paesino di 800 anime. La sua abitazione in vicolo del Moro è completamente tappezzata di quadri. Da: la Repubblica del 26 aprile 1997.

[6] Apertura Settecento.  Da annuncio del sottosegretario Giro del 24.2.11 (la Repubblica del 25.2.11)

[7] Storia del museo. Tutte le notizie dal sito internet galleriabarberini.beniculturali.it, dalla guida di Roma del Tci, dall’archivio della cronaca di Roma di la Repubblica.

[8] Carlo Maderno (Capolago Canton Ticino 1553/56 – Roma 1629) sviluppò il linguaggio del Vignola in senso barocco. Autore di palazzi e chiese di Roma (Santa Susanna, Sant’Andrea della Valle, San Giovanni dei Fiorentini), autore della facciata di San Pietro e della navata longitudinale. Da: Enciclopedia Garzanti, da it.wikipedia.org.

[9] Urbano VIII (Maffeo Vincenzo Barberini, Firenze 1568 – Roma 1644) papa dal 1623. Difensore dell’ortodossia cattolica, sotto il suo pontificato si ebbe il processo a Galileo, a Campanella e la condanna del giansenismo, promosse le missioni. Grande mecenate e nepotista, estese il dominio pontificio al ducato di Urbino (1631) e fu impegnato nella sfortunata guerra di Castro nel 1641-44. Da: treccani.it e Enciclopedia Universale Garzanti.

[10] Francesco Borromini (Bissone, Lugano 1599 – Roma 1667) mirò a rifondare l’architettura come disciplina rigorosa, carica di tensioni etiche e di significati simbolici, in alternativa al naturalismo e allo storicismo di Bernini. Nel 1634 con San Carlino alle Quattro Fontane, iniziò la sua attività realizzando i suoi più originali capolavori della Roma barocca, sperimentando inedite invenzioni spaziali (planimetria ellittica, modulazione delle pareti, scenografica disposizione delle fonti luminose): Oratorio dei Filippini, Sant’Ivo alla Sapienza, Sant’Agnese in Agone, Palazzo di Propaganda Fide, cupola e campanile di Sant’Andrea delle Fratte. Villa Falconieri a Frascati. E’ morto suicida, è sepolto in San Giovanni de Fiorentini. Da: Enciclopedia Garzanti, da it.wikipedia.org.

[11] Gian Lorenzo Bernini (Napoli 1598 – Roma 1680) scultore, architetto e pittore, massimo interprete del barocco romano. Esordì con alcuni gruppi scultorei (Ratto di Proserpina, Apollo e Dafne, David). Per Urbano VIII eseguì in San Pietro il baldacchino e la tomba con la statua del pontefice. Terminò palazzo Barberini. Per Alessandro VII decorò la cappella Chigi in Santa Maria del Popolo, ideò il colonnato di San Pietro e la Scala Regia, di questo periodo anche la chiesa di Sant’Andrea al Quirinale. Per Clemente X concepì la Cattedra di San Pietro. Chiamato in Francia da Luigi XIV fornì progetti per il Louvre (non realizzati). Tra le sue opere di scultura: Estasi di Santa Teresa, fontana dei Quattro Fiumi in piazza Navona, Ludovica Albertoni in San Francesco a Ripa. Da: treccani.it ed Enciclopedia Garzanti Arte.

[12] Baldassarre Peruzzi (Siena 1481 – Roma 1536) architetto e pittore. Formatosi come pittone a Siena, si trasferi a Roma dove, a contatto con Bramante, divenne uno dei maggiori architetti del Cinquecento. Progettò la Villa Farnesina, basata su un’originale pianta a U (1509), palazzo Massimo alle Colonne (1532-36). Introdusse nell’architettura classicista temi manieristici. Splendidi i disegni per le scenografie. VEDI NOTA 22.

[13] Cassiano del Pozzo (Torino 1588 – Roma 1657) umanista, diplomatico e collezionista, fu lui a vedere il quadro di Leonardo in Francia e dargli il nome “Gioconda”, mentre Vasari l’aveva chiamato “Monna Lisa”.

[14] Giovannoni è l’architetto che ha progettato il quartiere della Garbatella e la fabbrica della Birra Peroni in via Alessandria.

[15] Giardini tutte le informazioni dal sito internet galleriabarberini.beniculturali.it e Guida di Roma del Tci.

[16] Famiglia Barberini, tutte le notizie da: AA.VV. Enciclopedia Biografica Universale, ed. Treccani, 2006, vol II; Mario SAnfilippo, I principi Barberini, nella rivista Roma ieri, oggi, domani, n. 48, settembre 1992, pag. 40; Claudio Rendina (a cura di), Enciclopedia di Roma, ed. Newton Compton, 2005.

[17] Ulisse e le sirene La loro storia è raccontata nell’Odissea di Omero, le sirene erano cantanti marine che con il loro canto ammaliavano i marinai fino a farli morire sulla loro isola che si trovava tra Scilla e Cariddi. Ulisse superò questa prova grazie ai consigli di Circe. Le sirene appaiono anche nelle avventure di Giasone e degli Argonauti di Apollonio Rodio, dove Orfeo supera con il suo canto le figure mitologiche.

[18] Arte romanica: “… la pittura romanica abbandona progressivamente i caratteri in naturalistici, astratti, inespressivi”  dell’arte bizantina “per sviluppare un maggior senso dell’espressività e della spazio”. Da: Bersi – Ricci, opera citata.

[19] Santa Maria in Campo Marzio, in via degli Uffici del Vicario, dove è la gelateria Giolitti, ogggi appartiene alla Camera dei Deputati.

[20] Arte gotica, la nascita. In Italia il gotico si sviluppa in ritardo rispetto alla Francia, viene portato dai cistercensi, nelle loro chiese  le strutture gotiche sono spoglie e disadorne, le pareti bianche, per non distogliere dalla preghiera.  Il gotico italiano è più contenuto per il permanere della tradizione classica. Nel Nord Europa hanno grande risalto le vetrare. Da: Bersi Ricci, op.cit.

[21] Giotto. Con lui “le figure diventano corporee ed espressive, lo spazio si sviluppa in profondità e il paesaggio è riprodotto in modo realistico”. Grazie a Giotto “la pittura ritorna ad interessarsi dell’uomo e del mondo naturale, per raffigurarli in modo realistico”. Da: Bersi Ricci, op.cit.

[22] Giovanni Baronzio pittore riminese morto prima del 1362, l’unica sua opera firmata e datata è alla Galleria Nazionale delle Marche a Urbino è il polittico “Madonna, santi e storie della vita di Cristo” proveniente dal convento dei Minori Conventuali di Macerata Feltria che risente fortemente di Giotto. Gli sono autorevolmente attribuite un’opera alla Pinacoteca Vaticana e gli affreschi nel refettorio di Pomposa. Un tempo gli erano attribuite tutte le opere della scuola riminese. Da Treccani.it e Enciclopedia dell’Arte Garzanti.

[23] Maestro di Palazzo Venezia (Siena, attivo verso la metà del XIV secolo), a lui sono attribuite una Maddalena e un San Pietro oggi a Londra alla National Gallery, uno Sposalizio Mistico di Santa Caterina alla Pinacoteca Nazionale di Siena, le Sante Lucia e Caterina e la Madonna in trono fra santi e angeli della Collezione Berenson a Settignano. Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti.

[24] Bellerofonte, ereo della mitologia greca, la sua maggiore impresa fu di uccidere la chimera, mostro che sputava fuoco con la testa di leone, corpo di capro e coda di serpente. Bellerofonte cavalcava Pegaso, cavallo alato di Zeus, rubatogli con l’aiuto di Atena. La sua storia è raccontata nell’Iliade di Omero e da Pindaro nelle Olimpiche.

[25] Filippo Lippi (Firenze 1406 circa – Spoleto 1469) Al realismo plastico delle opere giovanili, influenzate da Masaccio (tra cui rientra questa Madonna di Tarquinia), sostituì poi un linearismo dinamico e decorativo, esaltato dalla vivacità policroma del colore (come gli affreschi nei duomi di Prato, il suo capolavoro, e Spoleto, dove lavorò con il figlio). Nel 1456 rapì dal convento di Prato, di cui era stto nominato cappellano, Lucrezia Buti e ne ebbe un figlio. Denunciati per questa relazione fu protetto da Cosimo de Medici e il papa Pio II prosciolse dai voti i due amanti che poterono vivere come legittimi sposi. Il figlio Filippino fece gli affreschi nella cappella Carafa in Santa Maria Sopra Minerva (Storie di San Tommaso). La critica più recente ha colto la “statura” di questo artista, che fu tra i protagonisti del rinnovamento artistico nella Firenze del Quattrocento. Egli seppe tradurre in accenti piu profani le posizioni di Masaccio e dell’Angelico,  con un fare garbato e piacevole, che ha forse ritrardato, per la sua apparente facilità, la comprensione dello spessore culturale e del ruolo storico dell’artista. Da: Enciclopedia Arte Garzanti e it.wikipedia.org.

[26] Chiesa di Santa Maria di Valverde a Tarquinia, è quella chiesa che si vede – entrando a Tarquinia – alta sulla sinistra.

[27] Teseo il leggendario re di Atene. Ogni nove anni gli ateniesi dovevano mandare 7 giovani uomini e altrettante donne a Creta per essere divorati dal Minotauro (metà uomo e metà toro). Teseo si offrì di andare a Creta per uccidere il mostro, vi riuscì grazie all’aiuto di Arianna, figlia del re di Creta Minosse, che gli diede una matassa di filo con il quale ritrovare la via d’uscita dal labirinto e una spada avvelenata.

[28] Perugino Pietro Vannucci detto (Città della Pieve 1448 ca – Fontignano, Perugia 1523). Studiò le opere di Piero della Francesca e fu allievo di Verrocchio a Firenze, che lo avviò al gusto delle forme plastiche e per il disegno incisivo. Attivo nella Cappella Sistina a Roma (Consegna delle chiavi, 1481) elaborò negli anni della maturità uno stile limpido in cui figure, architetture e paesaggio si equilibrano felicemente (affreschi sala dell’ Udienza del Collegio del Cambio a Perugia, 1499-1500). La sua lezione spaziale e le sue ricerche tecniche (fu tra i primi ad utilizzare la tecnica ad olio) influirono sul giovane Raffaello, anche se ben presto l’allievo si svincolò – per la sua naturalezza – da quel tanto di atteggiato che si avverte in tutte le opere del Perugino. Le sue opere sono nei musei più importanti del mondo: al Louvre di Parigi, allo Staatler Museeum di Berlino, alla National Gallery di Londra. Fra il 1480 e il 1482 dipinse la parete di fondo della Cappella Sistina, quella dove successivamente Michelangelo dipinse il Giudizio Universale, e tre scene delle pareti laterali (Battesimo di Cristo – unica opera firmata di tutta la Sistina, La consegna delle chiavi - celeberrima, Il viaggio di Mosè in Egitto) avendo un ruolo direttivo nei confronti degli altri artisti impegnati nello stesso luogo (Botticelli, Ghirlandaio, Cosimo Rosselli). Da: Enciclopedia dell’arte ed. Garzanti e da it.wikipedia.org.

[29] San Filippo Benizi, Firenze 1233 – Todi 1285, dal 1267 superiore dell’Ordine dei Servi di Maria o Serviti, con lui l’ordine ebbe una rapida diffusione in Italia e Francia. Al Conclave di Viterbo (1.006 giorni di sede vacante – Gregorio X-) si ritenne indegno di ricoprire la carica di papa e si rifugiò in una grotta a Bagni San Filippo sul monte Amiata. Viene raffigurato con la tiara ai piedi per il rifiuto di indossarla.

[30] Santuario della Santissima Annunziata a Firenze, si trova nella piazza omonima caratterizzata da forma quadrata e circondata da loggiato. Su di essa affaccia lo Spedale degli Innocenti del Brunelleschi, al centro si trova la statua equestre del granduca Ferdinando I del Gianbologna. Dalla piazza si entra al Museo Archeologico Nazionale di Firenze. Non è lontana dal Duomo.

[31] Giasone andò nella Colchide a recuperare il Vello d’Oro (pelle di ariete dorata) sulla nave Argo e altri compagni. Dovette compiere questa impresa per recuperare il regno del padre che era stato usurpato dal fratellastro. Nell’impresa fu aiutato da Medea che poi sposò.

[32] Antoniazzo Romano Antonio Aquili detto (Roma, notizie 1452 – 1508), inizialmente legato ai modi dell’Angelico e Benozzo Gozzoli, collaborò con Melozzo da Forlì alla Biblioteca Vaticana 1480. Tradusse gli stimoli ricevuti da questi maestri in una particolare versione arcaizzante, che ebbe larga diffusione nel Lazio. Oltre a cicli di affreschi (Storie di Santa Francesca Romana, Convento di Tor de Specchi, 1468), dipinse tavole in cui i nitidi volumi delle figure si stagliano su fondi oro preziosamente damascati (Madonna degli Uditori di Rota, Pinacoteca Vaticana, Annunciazione con il cardinale Torquemada a Santa Maria sopra Minerva, 1500). Recentemente gli è attribuito l’affresco con le storie della vera Croce nella chiesa di Santa Croce in Gerusalemme a Roma. Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti, Treccani.it  e wikipedia.org.

[33] Muse sono nove personaggi della mitologia greca, figlie di Zeus e Mnemosine. Rappresentano l’ideale supremo dell’arte di cui erano patrone, Apollo (dio delle arti, della medicina, della musica e della profezia) il loro protettore. Le muse sono: Calliope (poesia), Clio (storia), Erato (poesia amorosa), Euterpe (poesia lirica), Melpomene (tragedia), Polimnia (mimo), Talia (commedia), Tersicore (danza), Urania (astronomia).

[34] Lorenzo Lotto (Venezia 1480 – Loreto 1556) formatosi probabilmente con Giovanni Bellini, ma subito interessato al gusto introdotto a Venezia da Antonello da Messina, esordì in provincia tra le Marche e Treviso. Maturò a Bergamo (1515-26), dopo un soggiorno romano (decorazione dell’appartamento di Giulio II con Peruzzi e Sodoma), uno stile antiaulico e fortemente espressivo (Madonna e Santi, San Bernardino, Bergamo), Storie di Santa Barbara (Cappella Suardi, Trescore). In seguito operò a Venezia e nelle Marche (Annunciazione). Magnifici i suoi ritratti. Artista sensibile, inquieto, coinvolto in tormentose problematiche morali e religiose, che si traducono nell’intenso appello emotivo delle opere sacre come pure nel segreto simbolismo affidato ai gesti e agli emblemi dei ritratti.  Lotto condusse un esistenza raminga e sovente misera: mal nota e sovente scarsamente valutata in passato, la sua opera è stata rivalutata dalla critica moderna a partire da Bernard Berenson (storico dell’arte statunitense 1865-1959), ed è ora riconosciuta come alternativa al linguaggio aulico del classicismo cinquecentesco. Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti, treccani.it e it.wikipedia.org.

[35] Orfeo figlio di Calliope e del re della Tracia Eagro, ebbe in dono dagli dei la possibilità di incantare con il suo canto tutti gli animali. Prese parte all’impresa degli argonauti. Ma la sua vicenda più commovente è l’amore per Euridice la quale muore perché morsa da un serpente. Inconsolabile entra nell’Ade, incanta con il suo canto Caronte, prima, Cerbero poi. Mossa a compassione Persefone (moglie di Ade) gli permette di portar via dagli Inferi la donna amata, ma a patto di camminarle davanti e di non girarsi mai a vederla prima di essere tornati sulla Terra. Impaziente per il troppo amore, si volta e perde per sempre la donna amata. La storia ispirerà poeti, scrittori, artisti classici ma anche moderni: gli scrittori Rilke, Pavese, Apollinaire, i pittori Rubens, Tintoretto, Rodin, i musicisti Monteverdi, Gluck, Offenbach.

[36] Beato Amedeo Menez da Sylva nobile spagnolo di Ceuta (Marocco) per la ferita al braccio sinistro procuratasi in combattimento contro i mori, abbandonò la vita militare e si ritirò per dieci anni tra gli eremiti di Guadalupa in Spagna. Per ispirazione divina andò ad Assisi dove si fece laico francescano. Spostatosi a Milano divenne sacerdote nel 1459, fondò un ordine di stretta osservanza francescana. Sisto IV lo volle suo confessore. Da: smariagrazie.alter vista.org.

[37] Simone Marmion Valenciennes (cittadina del Nord della Francai – Calais)1425 – 1489 circa.

[38] Josse Lieferinxe Marsiglia notizie negli anni 1493 – 1508.

[39] Latona dea che vegliava sui fabbri, generò da Zeus Apollo e Artemide.

[40] Piero di Cosimo Piero di Lorenzo detto (1461/2 – 1521) La scarsa documentazione e la mancanza di opere datate e firmate hanno reso difficile la ricostruzione del percorso dell’artista: in tal senso risulta fondamentale la testimonianza del Vasari che lo definì “ingegno astratto e difforme”. Personalità singolare poco integrato nelgi ambienti ufficiali, estraneo alla corte dei Medici, lavorò per commissioni private. Apprendista alla bottega di Cosimo Rosselli, da cui prese il nome, collaborò con il maestro agli affreschi della cappella Sistina (Predica di Cristo e Guarigione dei lebbrosi 1482), ma egli guardò più che altro a Filippino Lippi, Lorenzo di Credi e Luca Signorelli, fu sensibile al realismo fiammingo. In lui il mito classico si trasforma nell’evocazione di un’umanità primitiva e selvaggia, descritta con grande originalità di tagli compositivi, fantasioso gusto per il colore e crudezza di segno. Nell’ultima fase della sua produzione non rimase insensibile agli stimoli di Leonardo e del giovane Raffaello. Le sue opere sono presenti nei maggiori musei del mondo. Da: Dizionario Biografico degli Italiani della Treccani, dall’Enciclopedia dell’arte Garzanti.

[41] Andrea del Sarto Andrea d’Agnolo detto (Firenze 1486 – 1530) , figlio di un sarto, si formò presso Piero di Cosimo, ma determinante per lui fu la conoscenza dell’opera svolta a Firenze da Raffaello. Nonostante i due viaggi a Roma, il soggiorno di un anno in Francia presso Francesco I, lavorò soprattutto a Firenze dove tenne una fiorente bottega. Nei cicli di affreschi per i chiostri dell’Annunziata e degli Scalzi, eseguiti a più riprese in vari anni è possibile vedere il cammino artistico del pittore sempre intento a ricercare un classico equilibrio e una misurata espressione degli affetti. Nel 1526-27 lavorò al Cenacolo di San Salvi. Numerose le tavole che conservano il suo delicato colorismo. La sua opera così sicura, equilibrata, tanto da valergli la definizione di “pittore senza errori” da parte del Vasari, fu un importante punto di riferimento per la giovane generazione di Pontormo, Rosso Fiorentino e Vasari. Questi allievi avrebbero portato la pittura agli esiti del Manierismo. Da: Enciclopedia Arte ed.Garzanti, 2002, treccani.it, it.wikipedia.org.

[42] Innocenzo da Imola Innocenzo Francucci detto (Imola 1490 – Bologna 1545) giunto a Bologna nel 1506 per perfezionare i suoi studi, due anni dopo entrò nella bottega del Francia che trasmise al suo stile il dolce e convenzionale classicismo. Durante un soggiorno fiorentino nella bottega del Albertinelli assimilò schemi formali raffaelleschi di cui fu in Emilia il diffusore purista e accademico (sue opere alla Pinacoteca di Bologna e a Monaco).

[43] Raffaello Sanzio (Urbino 1483 – Roma 1520) ricevette la prima educazione artistica nella bottega paterna di Giovanni Santi attivo alla corte di Urbino e Mantova. Collaborò con il Pinturicchio a Siena e col Perugino in Umbria, divenendo ben presto uno dei maggiori pittori del Rinascimento. Le prime opere, come lo “Sposalizio della Vergine”, tradiscono l’influsso del Perugino, ma rivelano già capacità descrittiva e armonia compositiva superiori al maestro. Importante fu anche il contatto con l’opera di Leonardo conosciuto a Firenze. Trasferitosi a Roma nel 1508 (vi era già stato due volte), conobbe Bramante, divenne uno degli artisti preferiti di Giulio II. Qui sviluppò le sue qualità di ritrattista, inventando il taglio a tre quarti, creò nuovi tipi di pale d’altare come la “Madonna Sistina” per Piacenza e la “Santa Cecilia” per Bologna, decorò le celebri Stanze della Segnatura, di Eliodoro, dell’Incendio di Borgo nei palazzi Vaticani, dove architettura dipinta e reale formano un’unica identità saldamente equilibrata. Sotto Leone X si dedicò all’architettura come nella cappella Chigi di Santa Maria del Popolo, nella villa Madama a Monte Mario e nei progetti per San Pietro.La sua ultima opera “La Trasfigurazione” è il suo testamento artistico. Raffaello è sepolto al Pantheon. Da: Enciclopedia Universale Garzanti, sapere.it, it.wikipedia.org.

[44] Armilla bracciale decorativo in uso presso gli antichi romani. Anche decorazione circolare che portavano al braccio i soldati romani.

[45] Giulio Romano Giulio Pippi detto (Roma 1492/99 – Mantova 1546) architetto, decoratore e pittore. Allievo prediletto di Raffaello fu suo collaboratore in alcuni dipinti come la Sacra Famiglia oggi al Louvre e nella stanza di Borgo nelle logge in Vaticano e nella loggia di Psiche alla Farnesina. Dopo la morte del maestro ne sviluppò il programma decorativo, ebbe parte negli affreschi alle logge in Vaticano.Eseguì importanti dipinti nella chiesa di Santa Maria dell’Anima a Roma, Santo Stefano a Genova e la Madonna della Gatta oggi a Capodimonte. Eseguì una serie di disegni erotici commentati da Pietro Aretino. Come architetto fece le sue prime prove a Roma a villa Lante al Gianicolo (oggi ambasciata Finlandia presso la Santa Sede) e a palazzo Maccarani (dove oggi è il caffè sant’Eustachio). La sua fama è tuttavia legata a Mantova dove Federico II Gonzaga (presentato da Baldassarre Castiglione) lo incaricò della costruzione di palazzo Te (1524-34), il suo capolavoro, ma anche di numerose costruzioni religiose e civili tanto da dare alla città la propria impronta urbanistica. Lavorò anche per la corte di Ferrara e Verona con l’aiuto di una ben organizzata squadra di allievi. Da: Enciclopedia dell’Arte Garzanti, 2002 e it.wikipedia.org.

[46] Baldassarre Castiglione scrittore e diplomatico italiano, morto a Toledo nel 1529. La sua opera più importante è “Il Cortigiano” pubblicata a Venezia nel 1528, in questa, sotto forma di dialogo, raccomanda quali siano gli atteggiamenti più convenienti di un uomo di corte e di una dama di palazzo. Da: it.wikipedia.org.

[47] Baldassarre Peruzzi (Siena 1481 – Roma 1536) pittore e architetto. Si formò a Siena sulla scia del Pinturicchio, come pittore, e di Francesco di Giorgio come architetto. Nel 1503 si trasferì a Roma maturando il suo stile in senso classico per i contatti con il Sodoma e con Raffaello. Le pitture più celebri sono in Sant’Onofrio, nella sala delle Colonne alla Farnesina, e in santa Maria della Pace (cappella Ponzetti). Il suo capolavoro architettonico è la villa Farnesina, progettò la cattedrale di Carpi, fu architetto capo della fabbrica di San Pietro dopo Raffaello, punto di arrivo del suo percorso è palazzo Massimo alle Colonne in corso Vittorio a Roma. Dopo il sacco di Roma del 1527 tornò a Siena dove lavorò a villa Belcaro e alle fortificazioni cittadine. La sua opera è esempio paradigmatico delle inquietudini di un momento storico in cui, portando al massimo grado lo studio della classicità, se ne indagavano contemporaneamente i limiti e le possibilità di licenza in una ricerca formale eversiva e stimolante, se pure discontinua e non risolutiva.  Da: Enciclopedia arte Garzanti e it.wikipedia.org.  

[48] Sodoma Giovanni Antonio Bazzi detto (Vercelli 1477 – Siena 1549) Divenne ben presto imitatore di Leonardo, del cui senso chiaroscurale restituì sempre una versione ammorbidita e superficiale (Amore e Psiche al Louvre, Deposizione alla Pinacoteca di Siena). Passato verso il 1500 a Siena subì l’influsso del Pinturicchio e del Perugino (affreschi a Pienza e Monte Oliveto Maggiore). Chiamato a Roma nel 1508 iniziò a lavorare nella stanza della Segnatura in Vaticano dove gli subentrò quasi subito Raffaello il cui influsso si sente alla Farnesina nella camera da letto di Agostino Chigi. Quando tornò a Siena le sue opere si distinsero per l’insistito patetismo di facile effetto. La sua arte esercitò una forte influenza sui manieristi senesi, specie su Beccafumi. Da Enciclopedia Arte Garzanti, 2002.

[49] Garofalo Benvenuto Tisi, detto (Ferrara 1481- 1559) Dai suoi maestri derivò un classicismo misurato e le composizioni aperte su grandi sfondi di paesaggio. Apprese precocemente i suggerimenti coloristici e paesaggistici di Giorgione. La sua vena eclettica si arricchì delle invenzioni raffaellesche e via via delle esperienze di Tiziano e Dosso Dossi con cui collaborò nel polittico Costabili oggi alla Pinacoteca di Ferrara. Da: Enciclopedia Arte Garzanti, 2002.

[50] Cibele divinità anatolica venerata come Grande Madre, dea della natura, degli animali e dei luoghi sacri. Il centro principale del suo culto era Pessinunte nella Frigia (attuale Asia Minore centrale, confinante con la Bitinia).

[51] Santa Caterina d’Alessandria vergine e martire nel 305, santa per la chiesa Cattolica e Ortodossa. Quando nel 305 Massimino Dia divenne governatore di Siria e Egitto vi furono grandi festeggiamenti durante i quali si sacrificava agli dei pagani, in quell’occasione la giovane chiese al nuovo governatore di riconoscere Gesù Cristo redentore dell’umanità. Convocò retori per convincerla, ma fu lei a convincere loro che si fecero cristiani. Il governatore le propose di sposarlo, ma ella rifutò. Caterina fu condannata a morte tramite una ruota dentata, ma questa si ruppe, allora il governatore la fece decapitare. Per un miracolo il corpo fu portato sul monte Sinai dove nel VI secolo Giustiniano fondò un monastero. Data la scarsità delle notizie su di lei, nel 1962 la chiesa cattolica la escluse dal martirologia. Ciò nonostante è rimasta patrona di molte città italiane: Deruta, Santa Caterina dello Ionio, la sua festa facoltativa è il 25 novembre.

[52] Hans Holbein il Giovane (Augusta 1497/8 – Londra 1543) pittore e incisore, figlio del Vecchio, fu principalmente attivo a Basilea e alla corte di Enrico VIII, a Londra, dove morì di peste. Il realismo sconvolgente delle sue opere giovanili (Cristo morto) caratterizzò anche i ritratti (genere in cui eccelse) della sua stagione matura (Gli ambasciatori, 1533)

[53] Quentin Metsys (1466-1530) pittore fiammingo. Il realismo dei suoi ritratti (Il cambiavalute e sua moglie, 1514), l’espressionismo caricaturale delle opere religiose (Adorazione dei Magi) e l’amore per i dettagli influenzarono la prima generazione manierista fiamminga.

[54] Bronzino Agnolo di Cosimo detto (Firenze 1503 – 72) La sua formazione avvenne accanto al Pontormo con il quale lavorò a lungo. Dal 1539 strinse rapporti con la corte medicea in occasione delle nozze di Cosimo I  con Eleonora di Toledo. Le sue opere di questo periodo possono interpretarsi come riflesso della volontà assolutistica dei Medici, le immagini si pongono in maniera statica e sottolineate da aulica preziosità. Dopo un breve soggiorno romano nel 1548, dipinse una serie di opere religiose nelle chiese fiorentine dell’Annunziata, di Santa Croce, di San Lorenzo e quella oggi alla Galleria dell’Accademia, in cui sembra risentire del moralismo tipico della Controriforma. Ma è nel freddo rigore psicologico del ritratto che Bronzino proseguì la propria ricerca di stile. Da: Enciclopedia Arte Garzanti, 2002.

[55] El Greco Domenico Theotokopulos detto (Candia 1541-Toledo 1614) pittore spagnolo di origine cretese. Ricevette la prima formazione artistica nel monastero di Santa Caterina a Creta, nel 1567 si trasferì a Venezia, dove lavorò con Tiziano, ma fu attratto dagli effetti drammatici della pittura di Tintoretto. E’ documentata la sua presenza a Roma nel 1570 dove frequentò Muziano, Zuccari, De Vecchi, studiando e ripercorrendo le principali vicende dell’arte italiana del Cinquecento, da Raffaello a Michelangelo, orientandosi verso un linguaggio acceso e fantastico. Dopo un nuovo soggiorno veneziano dal 1575 si trasferì definitivamente in Spagna, nel 1577, forse nella speranza di lavorare all’Escorial. Del periodo italiano le principali opere sono a Capodimonte, alla Pinacoteca di Parma e due tele a Washington e Minneapolis. Le sue opere non incontrarono l’apprezzamento di Filippo II ma Toledo fu una città ricchissima di stimoli culturali per lui. Definì così il suo stile visionario, che lo staccò dalla cultura rinascimentale fortemente legata alle rappresentazioni naturalistiche e razionali. Di questi anni la Trinità conservata al Prado. Le immagini appaiono estatiche, non corporee, immerse in una spazialità non definita. La quantità e l’importanza delle commissioni a lui affidate e le numerose repliche di bottega testimoniano della sua fortuna che seppe farsi interprete della accesa e drammatica spiritualità della sua epoca. Da: Enciclopedia Arte Garzanti, 2002.

[56] Guercino Giovan Battista Barbieri detto (Cento, Ferrara 1591 – Bologna 1666) Seguì dapprima un naturalismo spontaneo e popolare. Attraverso Dossi e lo Scarsellino cercò di assimilare la lezione cromatica di Tiziano ancor prima di recarsi a Venezia, che costituisce la vera premessa della sua pittura di tocco a grandi macchie liquide e luminose. L’incontro bolognese con i Carracci allargò gli orizzonti di Guercino alla più aggiornata cultura pittorica del suo tempo. Chiamato a Roma da Gregorio XV nel 1621 decorò il Casino Ludovisi con L’Aurora, proponendo una moderna pittura illusionistica e narrativa, dove il colore deflagra. Nel 1622-23 dipinse il Seppellimento di Santa Petronilla per un altare di San Pietro ma oggi alla Pinacoteca Capitolina, opera fondamentale in cui, accanto al naturalismo quasi caravaggesco affiora una tendenza idealizzante. Alla morte di Guido Reni ereditò il ruolo di caposcuola a Bologna. Da: Enciclopedia Arte Garzanti, 2002.

[57] Caravaggio Michelangelo Merisi detto (Milano 1571? – Porto Ercole 1610) Inquieto e rissoso, dovette fuggire da Roma dove lavorava dal 1591 per rifugiarsi a Napoli nel 1606.Passò a Malta, poi in Sicilia dove lasciò le sue ultime opere. Dalle opere di Moretto, Savoldo e Moroni trasse i fondamenti della sua pittura murale che, in antitesi al manierismo, istituiva un nuovo rapporto di drammatica e potente immediatezza con la realtà, intensificato da un luminismo a forti contrasti. Rinnovò radicalmente la pittura sacra, traendo i personaggi dal popolo e le situazioni dalla vita quotidiana. A Roma le sue opere maggiori sono in Santa Maria del Popolo e San Luigi dei Francesi, a Napoli al Pio Monte della Misericordia, a Siracusa nella chiesa di Santa Lucia. Da: Enciclopedia Universale Garzanti.

[58] Orazio Gentileschi (Pisa 1563 – Londra 1639) Si formò nell’ambiente del tardo manierismo toscano. Giunto a Roma nel 1576 si inserì nell’ambiente dei pittori clementini e solo alla fine del secolo divenne amico e precoce seguace di Caravaggio. In seguito allo scandalo provocato dal processo contro il pittore A.Tassi, che aveva violentato la figlia  Artemisia, si allontanò da Roma per un soggiorno nelle Marche dove lavorò nella cattedrale di Fabriano. Soggiornò in Toscana, a Genova, quindi in Inghilterra dal 1626, dove rimase fino alla morte. Della iniziale formazione toscana conservò sempre i caratteri composti e la fredda orchestrazione dei colori, dando al realismo caravaggesco un’interpretazione rigorosa, quasi concettuale e mondana. Da: Enciclopedia Arte Garzanti, 2002.

[59] Guido Reni (Bologna 1575 - 1642)Si accostò ventenne alla Accademia dei Carracci, dove si dibattevano i problemi di un moderno naturalismo e dove potè dedicarsi allo studio dell’antico e di Raffaello. Compì un primo viaggio a Roma tra il 1599 e il 1601. Se le prime opere rivelano ancora qualche contaminazione manieristica e le successive mostrano una personale adesione ai Carracci, la conoscenza di Raffaello è già probabile frutto della sua esperienza romana. Si avvicinò allora alle rivoluzionarie idee di Caravaggio il cui influsso è evidente nella Crocifissione di San Pietro per la  chiesa delle Tre Fontane oggi alla Pinacoteca Vaticana, chiaramente derivata dall’omonima in S. Maria del Popolo. A Bologna era ormai in grado di cimentarsi con i Carracci, come avvenne nel chiostro di San Michele in Bosco, affresco oggi illeggibile. Tornato a Roma, continuò ad assolvere commissioni di massimo prestigio, come gli affreschi per la sala delle Nozze Aldobrandine e per la sala delle Dame in Vaticano, quelli per San Gregorio al Celio, la cappella dell’Annunziata al Quirinale, conclusa nel 1610 quando l’artista era già impegnato nella cappella Paolina in Santa Maria Maggiore. Il destino di Reni è ormai segnato dalla penetrazione del mondo antico e rinascimentale, riproposto come nostalgia di una bellezza solenne e insieme naturalizzata. Il vertice della poetica è raggiunta con la Strage degli Innocenti oggi alla Pinacoteca di Bologna, e l’Aurora nel casino del palazzo Rospigliosi Ludovisi. Non dimenticare Atalanta e Ippomene a Capodimonte e Cleopatra alla Pinacoteca Capitolina. Da: Enciclopedia Arte Garzanti.

[60] San Girolamo o Gerolamo (347-420) è colui che ha tradotto, per incarico di papa Damaso, la Bibbia dal greco e dall’ebraico in latino, il testo così ottenuto è detto “Vulgata”. E’ uno dei dottori della Chiesa.

[61] Pietro da Cortona, Pietro Berrettini detto (Cortona, Arezzo 1596-1669)pittore e architetto fra i protagonisti del barocco.Elaborò uno stile illusionistico come negli affreschi a Palazzo Pitti e quello in questo palazzo, mentrein architettura elaborò un linguaggio scenografico basato sul classicismo cinquecentesco come nelle chiese di Santi Luca e Martina e di Santa Maria della Pace. Da Enciclopedia Universale Garzanti.

[62] Francesco Bracciolini (Pistoia 1566 – 1645) poeta al servizio di Federico Borromeo, poi del cardinal Maffeo Barberini. E’ l’esempio tipico del poeta cortigiano. Contende a Tassoni l’invenzione del genere eroicomico.

[63] Collezione del Settecento. Dovrebbe aprire in questa data, annuncio del sottosegretario Francesco Giro del 24 febbraio 2011. Mancano dai 3 ai 5 milioni di euro per restaurare la facciata interna ma, in questa occasione il sottosegretario si è detto ottimista. Da: la Repubblica, cronaca di Roma, del 25.02.11.